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La riscoperta del mito di Medea nell'Inghilterra vittoriana: Augusta Webster ed Amy Levy

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Academic year: 2021

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Indice

0. Motivo della scelta ... 5

1. Introduzione alla fortuna del mito ... 7

2. Euripide e il suo tempo ... 11

3. La fortuna del mito di Medea ... 14

3.1 Apollonio Rodio (Alessandria d'Egitto, 295 a.C. – 215 a.C.) Medea giovane innamorata …...14

3.2 Ovidio (Sulmona, 20 marzo 43 a.C. – Tomi, 18) Medea maga e donna tradita …... 16

3.3 Seneca (Cordova, 4 a.C. – Roma, 65) Medea cieca vendicatrice …... 18

3.4 Franz Grillparzer (Vienna, 1791 – Vienna, 1872) Medea donna discriminata …... 19

4. Il successo del personaggio di Medea nell'Inghilterra vittoriana e le condizioni socio-economiche della donna …... 21

4.1 L'evoluzione della legislazione sociale e del diritto di famiglia …... 21

4.2 Il teatro e la letteratura …... 29

5. Il modello culturale della Grecia classica e l'educazione femminile nell'Inghilterra vittoriana …... 41

5.1 “Writing about Greece was in part a way for the Victorians to write about themselves” …... 41

5.2 La nascita dei college femminili …... 44

6. Augusta Webster: Portraits - Medea in Athens …... 49

6.1 Augusta Webster …... 49

6.2 Portraits …... 50

6.3 Medea in Athens …... 54 7. Amy Levy: A Minor Poet and other Verse - Medea. (A Fragment in

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Drama Form, After Euripides.) …... 74

7.1 Amy Levy …... 74

7.2 A Minor Poet and other Verse …... 76

7.3 Medea. (A Fragment in Drama Form, After Euripides.) …... 79

8. Conclusioni …... 100

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0. Motivo della scelta

Il motivo della scelta dell'oggetto di questa tesi risale al primo incontro che ebbi con il personaggio di Medea.

Durante il mio percorso di studi, l'esame di Letterature Comparate, che mi trovavo a sostenere, verteva proprio sul mito di Medea, sulle sue origini e sulle numerose rivisitazioni che esso aveva avuto. Corneille, Grillparzer, Alvaro ed altri autori, hanno tutti ripreso la storia della madre infanticida, nella cornice dei valori della propria cultura e del proprio tempo, sottolineando le tematiche a ciascuno più care. Tra questi importanti nomi mancava però un portavoce della cultura anglosassone, qualcuno che, come Grillparzer per l'Austria, Corneille per la Francia, Alvaro per l'Italia, presentasse una rivisitazione o una riscrittura del mito di Medea fra i paesi di lingua inglese.

Sia il mio percorso di studi che il mio interesse personale per la lingua e la letteratura inglese mi hanno portata a documentarmi sull'esistenza di versioni in inglese del mito di Medea. Una prima ricerca aveva raccolto poco materiale o, comunque, non facilmente accessibile come i testi degli autori citati sopra e di altri provenienti da altri paesi. Solo un approfondimento più mirato ha portato successivamente maggiori risultati e sono emerse numerose trattazioni e riscritture del mito anche in Gran Bretagna.

La scelta di due figure come Augusta Webster ed Amy Levy, vissute in epoca vittoriana, risiede principalmente nel fatto che si tratta di autrici, entrambe impegnate culturalmente e socialmente, portatrici di istanze femministe in un'Inghilterra in cui le donne, come in tutto il resto del mondo, erano ancora discriminate, svilite e maltrattate. Era quindi interessante per me analizzare le opere di due scrittrici che avevano elaborato due versioni della storia di Medea. In questa tesi ho intenzione di mettere in evidenza come la figura di Medea, affermatasi nella riproposizione che Euripide aveva fatto del suo mito, abbia

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ricoperto un'importanza non secondaria nella battaglia culturale che, soprattutto nel mondo anglosassone e nell'epoca vittoriana, le donne in prima persona hanno portato avanti per il riconoscimento dei propri diritti.

Un altro motivo di interesse è rappresentato dal fatto che le due autrici operano in una fase storica in cui l'Inghilterra, grazie ai domini coloniali e all'egemonia della sua flotta sugli oceani, sembra avvicinarsi molto alle condizioni economiche, politiche e sociali in cui si trovava Atene nel periodo in cui Euripide scriveva le sue più grandi tragedie. Inoltre, è proprio nel periodo vittoriano che la conoscenza della cultura della Grecia classica diviene un carattere distintivo dell'élite politica e culturale inglese.

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1. Introduzione alla fortuna del mito

Da quando è stata scritta per la prima volta e recitata ad Atene nel V secolo a.C, Medea, l'intensa, ambigua e controversa tragedia di Euripide, ha misteriosamente attratto sia artisti che pubblico. La risposta alla sua prima messa in scena non fu ciò che oggi definiremmo un successo e non anticipò i due millenni e mezzo che seguirono, durante i quali, specialmente dopo il Rinascimento, sarebbe stata tradotta, adattata, riscritta e trasformata in un'immensa varietà di soluzioni.

La tragedia di Euripide si incentra su Medea, la barbara protagonista giunta in Grecia, in compagnia di Giasone, dalle lontane terre della Colchide, dove questi era approdato alla testa degli Argonauti per conquistare il Vello d'oro che lo zio Pelia, usurpatore del trono del padre, gli aveva richiesto per la restituzione del regno di Iolco.

L'amore e le arti di Medea, che avevano propiziato la conquista del Vello e la morte di Pelia, non avevano impedito al figlio di quest'ultimo di mettere al bando i due protagonisti e i loro bambini.

L'azione si apre a Corinto, dove la famiglia ha trovato rifugio. Giasone, desiderando avanzare nel suo status sociale, ha scelto di sposare Creusa (Glauce), figlia del re Creonte. Il re bandisce Medea e i suoi figli dalla città. Strappata a Creonte una dilazione, Medea, tramite i figli, fa pervenire a Creusa un prezioso abito nuziale avvelenato. Al contatto con il corpo della principessa l'abito prende fuoco, uccidendo Creusa e il padre, accorso per salvarla. Medea uccide anche i suoi bambini, disperata per la loro sicurezza e desiderando ferire Giasone. Infine, sul carro condotto da draghi e inviato da Elio, dio del sole e suo nonno, Medea fugge per trovare asilo presso Egeo, re di Atene.

Il pubblico ateniese, che vide la prima messa in scena, le attribuì solo il terzo ed ultimo posto nelle Grandi Dionisie del 431 a.C.. Forse l'infanticidio ad opera di

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Medea offese gli spettatori, oppure questi videro nell'opera una critica del “sogno imperiale” ateniese di conquistare e civilizzare le altre città-stato; dopotutto, era appena iniziata la guerra dei trent'anni con Sparta e i sentimenti di entusiasmo patriottico e orgoglio militare erano accesi. Come sostiene E. Hall, la distinzione chiave che gli ateniesi tracciavano tra loro stessi e i barbari, e in generale gli altri popoli, era politica1: gli ateniesi erano democratici e credevano nell'uguaglianza,

mentre i barbari erano tirannici e sostenitori di un sistema di rigida gerarchia. Hall, inoltre, fa notare che una delle funzioni delle tragedie ad Atene era quella di fornire una giustificazione culturale alla democrazia di cui gli Ateniesi erano così orgogliosi. Alla luce di quanto sopra, l'accoglienza negativa di Medea è comprensibile. Il pubblico ateniese assisteva ad un'opera nella quale l'eroina barbara metteva in discussione la struttura politica e i principi che erano alla base dell'organizzazione civile della città; in conseguenza di ciò, gli spettatori devono aver considerato Medea con scetticismo e molte riserve.

Inoltre, ciò che deve aver disturbato il pubblico, specialmente quello maschile, sono state le parole dell'eroina quando parla di se stessa come: “[...] implacabile con i nemici e con gli amici benigna.” (Euripide, Medea, vv. 808-809). Erano questi i valori propri dell'eroe maschile: aiutare i propri compagni e danneggiare i nemici e, facendo questo, acquisire onore e gloria. Sarà stato difficile identificarsi con una donna e con una straniera che pretendeva di incarnare le virtù fondamentali dell'uomo ateniese. Infine, Medea violava nel modo più drastico gli ideali positivi e gli stereotipi più ricercati della femminilità greca: moderazione sessuale, rispetto, prima di tutto verso il padre, verso il proprio marito e, al di sopra di tutto, devozione verso i figli.

Nonostante questa prima deludente accoglienza, Medea è stata proposta e continua ad esserlo, con grande varietà di messe in scena e diversità di forme, fino ad oggi. The Archive of Performances of Greek and Roman Drama2 elenca

1 Cfr. Hall 1989: 100.

2 APGDR è un progetto di ricerca dell'Università di Oxford che si occupa di studiare le rappresentazioni teatrali di testi antichi, dalla tragedia greca all'epica romana, dal palco allo schermo, dai tempi antichi ai

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ottocentodieci voci per le produzioni dell'opera dal 1539 al 2009. M. McDonald nomina cinquanta opere basate sul mito di Medea3, H. Foley fa notare che, dal

XIX secolo, Medea è stata l'opera teatrale più popolare anche negli Stati Uniti4.

Persino in Gran Bretagna, secondo E. Hall e F. Macintosh, ci sono stati periodi, negli anni novanta del Novecento, in cui le opere di Euripide e Sofocle sono state messe in scena nei teatri di Londra più di ogni altra opera teatrale, incluse quelle di Shakespeare5.

La vicenda di Medea è risultata così immensamente popolare non solo per le questioni che mette in primo piano, ma anche perché la sua protagonista offre uno dei ruoli più attraenti per le attrici, in tutta la storia del teatro.

La popolarità e versatilità di Medea come personaggio teatrale sono diventate evidenti nel corso delle sue apparizioni sulla scena. Il ruolo ha lanciato la carriera di molte attrici protagoniste, mentre allo stesso tempo ha accresciuto il prestigio di attrici già affermate, prime donne, prime ballerine e anche castrati. Non va dimenticata la più recente tendenza degli attori attratti da un irresistibile ruolo da travestito. Tra tutte le artiste che hanno recitato nel ruolo di Medea è importante ricordare: Elisa Vestris, Giuditta Pasta, Sarah Bernhardt, Adelaide Ristori e, in tempi più vicini a noi, Maria Callas, Diana Rigg, Fiona Shaw, Isabelle Huppert e Martha Graham.

Questa popolarità contiene uno strano paradosso. La tradizione teatrale e la coscienza popolare associano Medea con l'efferato atto dell'infanticidio che, in qualsiasi epoca, società, o religione, è probabilmente il crimine più terribile che una donna possa compiere. Ne consegue che il fascino esercitato su registi, poeti, compositori e pubblico deve avere motivazioni più complesse, che travalicano il gesto omicida e che si legano alla sfaccettata personalità della protagonista, ma anche al valore emblematico delle relazioni che intercorrono tra la protagonista,

giorni nostri. http://www.apgrd.ox.ac.uk/. 3 Cfr. McDonald 2003: 144.

4 Cfr. Foley 2005: 77-111. 5 Cfr. Hall e Macintosh 2005: vii.

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il suo amato e il re.

L'esotismo che caratterizza il personaggio non basta a spiegare la continua attrazione per quest'opera e la sua protagonista. La figura di Medea assurge ad un ruolo emblematico; la sua condizione di “diversa”, appartenente ad una cultura altra, straniera e nel contempo sapiente, pone in primo piano problemi di relazioni tra civiltà differenti. Medea è “[...] sola, senza patria, […] oltraggiata da un uomo [...]” (Euripide, Medea, v. 255). La tragedia mette in scena la potente abilità della barbara che intende recuperare la propria dignità e conquistare la giustizia, non solo vendicare un tradimento amoroso. E' un'opera “radicale” perché sradica credenze tradizionali circa il genere, la politica e la cultura che sono alla base della società ateniese del V secolo a.C.. E' questa la caratteristica dell'opera che ha ispirato un gran numero di drammaturghi ad adattarla come un'allegoria politica.

Anche il reale atto dell'infanticidio, in sé stesso estremo e radicale, non è da considerare come un atto “innaturale”, “ripugnante”, “contrario alle aspettative”, come è solitamente identificato. E' piuttosto anch'esso un atto che distrugge le tradizionali strutture egemoniche, e che funziona come una scintilla per provocare radicali e determinati rifacimenti dell'opera di Euripide.

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2. Euripide e il suo tempo

La produzione drammatica di Euripide fu valutata dai contemporanei soprattutto seguendo i canoni della politica6. Tale giudizio non fu sempre positivo

e il suo contributo, quale uomo di cultura, fu spesso rifiutato sia dai democratici radicali sia dagli aristocratici conservatori, seppure con motivazioni diverse. Euripide fu così distaccato dalla vita della polis democratica da incorrere in un “processo di scambio” promosso da un cittadino che volle attribuirgli le proprie incombenze “volontarie” per la comunità, pena lo scambio dei patrimoni. Di lui si conosce effettivamente solo la partecipazione ad una ambasceria in Sicilia7.

Euripide non fu per questo meno impegnato: scelse il teatro tragico per far giungere comunque alla città la sua voce critica, in un periodo di straordinari mutamenti economici, sociali, politici, etici e culturali, nei confronti dei quali si mostrò più attento rispetto ad altri tragediografi8. Del resto, le pubbliche

rappresentazioni drammatiche costituivano un'occasione ufficiale di intervento nella vita dell'intera comunità.

La grandezza di Atene, dal tempo delle guerre persiane, si era accresciuta sia con il rafforzamento della democrazia, di cui Pericle dal 461 a.C. divenne il più autorevole esponente, sia con il progressivo espansionismo della sua politica imperialista.

Gli Ateniesi si preoccuparono di giustificare la loro egemonia elaborando una storia partigiana della loro polis, secondo la quale la superiorità dell'ideologia democratica appariva, tra l'altro, fondata su principi etici innati: il rispetto della giustizia, la temperanza, la modestia, il disprezzo delle mollezze e degli agi, la deferenza per i padri, la venerazione delle divinità9.

Il sapiente doveva quindi considerarsi un cittadino al servizio della comunità,

6 Cfr. Lanza, Vegetti, Caiani, Sircana 1977: 1-37. 7 Cfr. Canfora 1986: 175.

8 Cfr. Canfora 1986: 175; Canfora 2011: 99-112. 9 Cfr. Tedeschi 2010: 2.

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mediatore di quelle virtù su cui poggiavano le istituzioni e che dovevano anche accompagnarsi all'esercizio della musica, della danza e della ginnastica.

Nel frattempo nuove dottrine, propugnate dai filosofi della Ionia, come Anassagora di Clazomene e Protagora di Abdera, avevano posto in discussione il ruolo degli intellettuali nella polis. Essi ora intervenivano spesso in modo critico sull'essenza di rilevanti questioni, dibattendole e prospettandone possibili soluzioni di fronte ad un pubblico sempre più vasto.

Ma quando ad un governo sensibile ai nuovi progressi culturali, come quello di Pericle, si sostituì la gestione diretta del potere da parte del popolo, i principi razionalistici, che erano stati il bersaglio degli aristocratici, divennero motivo di sospetto anche per i democratici radicali che governavano la città10.

L'approvazione del decreto di Diopeite, che colpiva chi non seguiva la religione tradizionale e diffondeva le nuove concezioni astronomiche, sconfessò il tentativo di favorire l'identificazione tra potere politico e cultura. Il momento in cui tale rifiuto si manifestò clamorosamente fu nel processo contro Anassagora, appartenente alla cerchia di Pericle, al pari dello scultore Fidia e del filosofo Protagora, coinvolti anche loro in altri processi. Iniziative simili durarono per tutto il periodo della guerra del Peloponneso, iniziata nel 431 a.C., e culminarono nella condanna a morte di Socrate.

I poeti comici furono attenti testimoni del clima di sospetti creatosi intorno agli intellettuali, poiché, non di rado, li misero in scena nelle vesti di sovvertitori della polis, nemici di Atene, filospartani e favorevoli al regime tirannico. Nel 423 a.C., ne Le nuvole, Aristofane mette alla berlina Socrate, sottolineando il pericolo che il suo pensiero poteva rappresentare per i principi che erano alla base del buon governo dello Stato11. Il tema viene riproposto nel 405 a.C., con il Coro de Le rane, che saluta l'utopistico ritorno di Eschilo dall'oltretomba e rimprovera

proprio ad Euripide (morto nel frattempo lontano da Atene) di aver ignorato la

10 Cfr. Tedeschi 2010: 3. 11 Cfr. Tedeschi 2010: 2.

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missione civile del poeta, così bene interpretata da Eschilo12.

I rapporti di Euripide con Anassagora, Protagora e Socrate sono testimoniati dalle fonti antiche e la sua produzione teatrale riflette ampiamente l'evoluzione del suo pensiero, il clima in cui visse e le tensioni politiche e culturali del tempo.

Nella Medea, è importante ricordare l'elogio dell'uguaglianza e della moderazione declamato dalla nutrice (vv. 122-130), l'esaltazione di Atene cantata dal Coro (vv. 824-845), che ci testimonia l'adesione di Euripide alla concezione della polis maturata nel periodo pericleo, e gli interventi di Medea sulle spinose questioni relative alla condizione della donna (vv. 230-251) e dei sapienti, propugnatori di nuove dottrine (vv. 293-302). Inoltre, nella prospettiva della guerra del Peloponneso, la sua tragedia va a sottolineare l'incongruenza tra l'aspirazione di Atene al dominio sulla Grecia e l'intrinseca debolezza di una società basata sulla subalternità della donna.

La situazione politica in Atene, caratterizzata, in quel periodo, da una continua lotta tra la parte democratica e quella oligarchica, fu una delle ragioni che spinsero Euripide, negli ultimi anni della sua vita, a lasciare la sua città per risiedere a Pella, alla corte del re macedone Archelao, che lavorava ad un progetto di unificazione, anche culturale, della penisola13. Ma proprio perché fu

partecipe della nuova cultura, quando essa era non solo rifiutata ma anche osteggiata, egli venne giudicato negativamente da molti concittadini. A suo merito va posto l'impegno profuso in quella battaglia culturale: non avrebbero senso altrimenti i continui riferimenti alla sua persona e alle sue tragedie nelle commedie di Aristofane che, da un'altra prospettiva, fu acuto osservatore e interprete di quanto stava succedendo in Atene in quel medesimo arco di tempo.

12 Cfr. Canfora 1986: 204-208. 13 Cfr. Canfora 1986: 178-180.

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3. La fortuna del mito di Medea

Fin dalla morte di Euripide, il personaggio di Medea, pur non avendo avuto il successo meritato presso il pubblico contemporaneo, ispirò altri autori e autrici e continua ad ispirarli anche ai nostri giorni.

Gli autori che si riportano di seguito hanno sicuramente influenzato Augusta Webster ed Amy Levy e rappresentano contemporaneamente degli snodi essenziali nel percorso della figura di Medea e del suo mito nella cultura occidentale.

3.1 Apollonio Rodio (Alessandria d'Egitto, 295 a.C. – 215 a.C.)

Medea giovane innamorata

Ne Le Argonautiche il poeta ellenistico Apollonio Rodio narra, in quattro libri, le gesta di Giasone e dei suoi compagni, diretti nella Colchide per impadronirsi del Vello d'oro. Quest'opera descrive estesamente l'antefatto del mito di Medea. Il Vello d'oro era la pelle dell’ariete che Ermes inviò a Nefele, e che in seguito Pelia ordinò proprio all’eroe greco Giasone di conquistare.

Nefele era madre di Frisso ed Elle e sposa del re greco Atamante, che tuttavia la ripudiò per sposare Ino. Comprendendo che la vita dei propri figli era seriamente minacciata dalla gelosia della matrigna, Nefele chiese aiuto agli dei. Giunse dal cielo un ariete alato, dal vello d'oro, che caricò i ragazzi sul dorso e li portò in salvo volando verso est. Ma mentre attraversava lo stretto che divide Europa ed Asia, Elle scivolò e cadde in acqua; il tratto di mare in cui annegò prese il nome di Ellesponto. L'ariete condusse Frisso al sicuro nella Colchide dove fu ben accolto dal re Eete e, per gratitudine verso gli dei che gli avevano salvato la vita, Frisso sacrificò l’ariete a Zeus.

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boschetto sacro, custodito dall'occhio vigile di un drago che non dormiva mai. Molti anni dopo, gli Argonauti, guidati da Giasone, riuscirono a impadronirsi del Vello d'oro con l'aiuto della figlia di Eete, Medea.

Proprio alla figura di Medea Apollonio Rodio ha dato, nel suo poema, grande rilievo.

L'autore riesce a tratteggiare la figura di un'adolescente innamorata, stupita e disorientata di fronte al nuovo sentimento che sente nascerle nel cuore. Dal primo momento in cui vede Giasone, Medea è affascinata da lui, grida e afferma di provare una sensazione che non è ancora amore, ma è indice di un sentimento a lei sconosciuto.

In seguito, Apollonio indugia nel descrivere Medea che pensa e ripensa a Giasone, a quell'uomo che le sembra il più bello di tutti, ai suoi gesti, al suo modo di camminare, di parlare; si sente attratta verso di lui e non sa ancora perché.

E' un sogno che rivela a Medea il suo amore, o meglio è Medea che lo confessa a se stessa attraverso l'incoscienza del sogno, arrivando addirittura ad autoconvincersi che Giasone sia arrivato fin lì solo per portarla via con sé e farla sua sposa. Perché il sogno si avveri, ella sa che Giasone deve comunque portare a termine l'impresa per cui “ufficialmente” è giunto in quella città: appropriarsi del Vello d'oro. Inoltre, l’impresa è ardua e la ragazza non può neanche sopportare l'idea che all'uomo di cui si è innamorata possa succedere qualcosa. Pertanto, decide che deve aiutarlo. Ma aiutare Giasone significa tradire la propria gente e, in particolare, la propria famiglia. Pensa allora di diventare sua complice e poi suicidarsi, ma così attirerebbe comunque il disonore su di sé e sulla propria famiglia; infine, decide di uccidersi subito, per non compiere un'azione terribile e infamante. Medea, però, è pur sempre una giovanissima ragazza e, subito dopo aver pensato alla morte, torna in lei, prepotente, la vita ed ella ricorda quanto le sia cara. Tormentata da tali pensieri, indugia qualche tempo sul da farsi. Apollonio fa un fine ritratto del personaggio di Medea, dibattuta, lacerata e

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altalenante tra vari, discordi e impetuosi sentimenti.

Questa Medea è una figura del tutto originale nell'ambito della letteratura amorosa: per la prima volta, con Apollonio, viene rappresentato il sentimento d'amore intriso di una tale passione che porta al delitto. Il destino di Medea è stato giocato a carte tra tre dee, Era, Atena ed Afrodite, che hanno convinto il piccolo Eros a provocarne l'inconsapevole innamoramento, promettendogli in cambio la magica palla luminosa con cui Zeus aveva giocato da bambino. E così, Medea fugge con Giasone, traendo in inganno il giovane fratello Apsirto, che il padre aveva mandato alla loro ricerca, provocandone la morte per mano di Giasone.

Purificati dalla maga Circe, Medea e gli Argonauti, dopo altre peripezie, riescono a fare ritorno a Iolco per riconsegnare a Pelia, zio di Giasone, il Vello d'oro.

3.2 Ovidio (Sulmona, 20 marzo 43 a.C. – Tomi, 18)

Medea maga e donna tradita

Il poeta romano Ovidio ha affrontato il personaggio di Medea in diverse opere. La tragedia Medea, ispirata ad Euripide, è andata perduta ma ebbe a suo tempo un grande successo di pubblico e fu molto apprezzata dal mondo letterario contemporaneo.

Nel VII libro de Le Metamorfosi, Ovidio si sofferma sul primo incontro tra Giasone e Medea e sulla grande attrazione di Medea nei confronti dell'eroe greco, che la spinge ad aiutarlo a conquistare il Vello d'oro con le sue arti magiche. Poi Medea, ricorrendo ai suoi poteri straordinari, ringiovanisce il padre di Giasone e, per consentire a Giasone di riconquistare il trono usurpato dallo zio Pelia, fingendo di odiare il marito, convince le figlie di Pelia a sperimentare sul padre lo stesso sortilegio che aveva avuto successo con il suocero. Ma durante la magia

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Pelia muore per mano delle stesse figlie e Medea deve fuggire a Corinto trasportata da serpenti piumati. A Corinto Giasone si allontana da Medea e progetta il matrimonio con la figlia del re, Creusa. Medea, per vendetta, uccide la rivale e i figli avuti da Giasone. E' così costretta nuovamente a fuggire su un carro guidato da dragoni, inviatole dal dio Sole, giungendo ad Atene dove sposa il re Egeo. Successivamente, Medea cerca di uccidere Teseo, ignoto figlio di Egeo, per evitare che egli erediti il trono. Il re riconosce il giovane eroe come suo figlio, distruggendo la coppa avvelenata che Medea aveva preparato. Medea è quindi costretta a fuggire da Atene come nemica dichiarata del futuro re, dissolvendosi nelle nubi magicamente evocate.

Il passaggio di Medea ne Le Metamorfosi di Ovidio è caratterizzato soprattutto dalla grande battaglia interiore tra l'amore nei confronti dell'eroe greco e la fedeltà alla sua famiglia e al suo paese, ma anche dagli eventi straordinari dei quali si rende protagonista nei suoi rapporti con i vari personaggi, compreso Giasone.

Ovidio ritorna sul personaggio di Medea nella XII lettera delle Eroidi, con puntuali riferimenti alla tragedia di Euripide e ai libri III e IV del poema di Apollonio Rodio. Mossa dal tradimento dell'amato, ma prima di mettere in atto la sua vendetta, Medea scrive la lettera a Giasone rinfacciandogli i benefici prestatigli in passato.

Pervasa di delusione, nostalgia e amarezza, Medea traccia il percorso del suo amore per Giasone dall'arrivo in Colchide degli eroi greci fino al matrimonio con Creusa. Solo negli ultimi versi, però, Medea trova spazio per le minacce e per i propositi di vendetta.

Come per le tante altre eroine, il tema del tradimento dell'amato caratterizza anche questo passaggio dell'opera ovidiana.

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3.3 Seneca (Cordova, 4 a.C. – Roma, 65):

Medea cieca vendicatrice

Fondamentale per la tradizione del mito è Lucio Anneo Seneca che, partendo dalla tragedia di Euripide, compose, tra il 61 e il 62, una propria Medea la quale risulta avere caratteristiche nuove e divergenti rispetto al modello. Sebbene la trama generale venga rispettata, infatti, vengono apportate delle modifiche piuttosto innovative.

Il prologo coglie la protagonista nel momento in cui è informata del tradimento e dell'abbandono da parte di Giasone. La sua natura di semidea e maga demoniaca, desiderosa di tremenda vendetta, prende il sopravvento sulla donna innamorata che però, in un attimo di ripensamento, propone ancora a Giasone un'ulteriore fuga da Corinto, come già da Iolco e dalla Colchide, contando che il proprio amore possa ancora vincere tutto. Il diniego del compagno scatena definitivamente le forze del Male che Medea aveva inizialmente evocato. Diversamente da Euripide, dove Medea attribuisce subito a Giasone la responsabilità di quanto sta accadendo, in Seneca, inizialmente, Medea attribuisce a Creonte la colpa del pericolo a cui è sottoposta la sua famiglia. Ma diverso è anche l'atteggiamento di Giasone: in Euripide, egli è sicuro delle proprie scelte politiche e disprezza Medea con un atteggiamento che sarà rimproverato dal Coro. In Seneca, l'eroe dichiara di sposare Creusa per il bene dei figli.

L'uccisione dei bambini, da parte della protagonista, non avviene fuori scena, ma direttamente davanti agli occhi del pubblico, elemento nuovo rispetto alla tradizione tragica del tempo.

Seneca sottolinea il potere distruttivo del sentimento amoroso non guidato dalla ragione e mette in risalto gli effetti devastanti delle passioni più violente, in questo caso l'ira. Medea rappresenta l'anti-sapiens: è guidata dal furor, che va a

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sostituirsi completamente alla ratio, cancellando ogni responsabile attenzione, anche quella materna. Secondo la filosofia senecana, solo la ragione consente all'uomo di dominare le passioni e utilizzare a pieno la libertà interiore. Senza la ragione, il mondo può diventare preda di ombre e mostri, in completa balia del Male e delle forze infernali, le forze che Medea evoca nella tragedia.

3.4 Franz Grillparzer (Vienna, 1791 – Vienna, 1872):

Medea donna discriminata

La storia di Medea, inserita nel più ampio respiro del mito degli Argonauti, fu ripresa dal poeta austriaco Franz Grillparzer. La trilogia Das goldene Vlies (Der

Gastfreund, Die Argonauten, Medea), andata in scena con scarso successo nel

1821, ha come filo conduttore il rapporto tra il destino e una responsabilità umana, ineludibile anche quando l'animo è trasformato dalle sventure.

Das goldene Vlies ripercorre in modo originale tutto l'antefatto della tragedia

euripidea, secondo le molteplici prospettive presentate dai classici, da Le

Argonautiche di Apollonio Rodio a Ovidio e Seneca, con l'intento di proporre

una Medea psicologicamente vulnerabile, vittima delle circostanze avverse e del destino, predisposta all'infelicità e al fallimento. I toni fortemente romantici, che sottolineano ansie e tormenti di quel tempo, si intrecciano al conflitto tra stato di natura e civiltà, senza trascurare altri temi: il disincanto d'amore, l'inevitabile espiazione per quanti hanno tradito i propri ideali, perché sviati da più facili lusinghe, e, infine, la maledizione che si accompagna alla cupidigia, metaforicamente rappresentata dal Vello d'oro.

Grillparzer, con la sua Medea, consegna alla letteratura successiva un personaggio assolutamente nuovo: la protagonista è un'esule infelice, migrante, isolata e discriminata per una diversità non scaturita da proprie colpe, da cui vuole assolutamente liberarsi. Gli altri, e per primo Giasone, le negano tale

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possibilità, facendola ripiombare nell'alterità assoluta, irriconoscibile persino a se stessa.

Il tema dell'alterità, anche nell'accezione razziale, latente in Euripide, è esplicitato chiaramente da Grillparzer, la cui Medea costituisce uno snodo essenziale tra l'antico ed il moderno, e ha largamente ispirato la Medea di Amy Levy e altre più recenti (Medea di J. Anouilh, Lunga notte di Medea di C. Alvaro,

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4. Il successo del personaggio di Medea nell'Inghilterra vittoriana

e le condizioni socio-economiche della donna

Tra il 1837 e il 1870, in Inghilterra, il mito di Medea ebbe un'ampia fortuna che si manifestò in quella che E. Hall e F. Macintosh hanno definito come una “mid-Victorian theatrical epidemic”14, nonostante la problematicità del tema

affrontato.

Ovviamente questo nuovo interesse per il mito fu reso ancora più appariscente dalle mutate condizioni dell'attività teatrale: dobbiamo infatti considerare l'ampliarsi del pubblico che includeva ora fasce della popolazione in precedenza escluse, ma anche la nuova dignità sociale attribuita alle attrici, in precedenza considerate quasi alla stregua di prostitute, ed anche la pratica teatrale del travestitismo.

Non va dimenticato poi che nella capitale sembrava non fosse raro tra la fascia più disagiata della popolazione il ricorso all'infanticidio (circa 16000 madri infanticide nella sola Londra)15, un'atrocità che si originava in un contesto di

grave deprivazione materiale e culturale.

4.1 L'evoluzione della legislazione sociale e del diritto di famiglia

Nel 1834, con l'introduzione del Poor Law Amendment Act, meglio conosciuto come New Poor Law, l'infanticidio divenne l'argomento all'ordine del giorno della politica nazionale e dell'opinione pubblica. Questa legge riformava il sistema di soccorso ai poveri, mettendo un freno ai costi per le spese assistenziali e portando alla creazione delle workhouse, che divennero l'unico luogo dove poter dare assistenza ai poveri. La legge vietava, infatti, qualsiasi forma di soccorso esterno, basandosi sul presupposto che la povertà avesse come causa

14 Cfr. Hall e Macintosh 2005: 393. 15 Cfr. Behlmer 1982: 23.

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principale l'indolenza degli individui e non le difficili condizioni economiche e sociali del tempo. In conseguenza di questa legge, le giovani madri non sposate, prevalentemente donne di servizio, venivano sbattute in strada o nelle workhouse dai padroni o dalle padrone, quando non potevano più nascondere la loro gravidanza. Senza dimora e ridotte in povertà, senza uno straccio di speranza di ritrovare un lavoro, finivano spesso con l'uccidere i loro bambini. E mentre la maggior parte della gente condannava queste “peccatrici” per le loro azioni immorali e pensava che dovessero essere punite per il loro crimine, molti altri invece erano consapevoli dell'esistenza di grossissime disparità in un ordinamento legale che costringeva le sole donne a farsi carico dell'onere di un figlio illegittimo16.

La vicenda di Medea, incentrata sulle ingiustizie imposte alle donne dalla natura e dalla legge sociale, colpiva ancor di più la coscienza in un periodo in cui esse stavano cominciando a combattere per i loro diritti, promuovendo campagne per l'abolizione di leggi come la già citata New Poor Law con la sua Bastardy Clause, e successivamente i Contagious Diseases Acts del 1860. L'inserimento della Bastardy Clause rendeva ancora più intricato l'iter di attribuzione di paternità e delegava alle sole madri la responsabilità sui figli illegittimi fino al compimento del sedicesimo anno d'età. Se le madri fossero state impossibilitate a mantenere sia i figli che loro stesse, sarebbero state costrette a rivolgersi alle

workhouse. Questi rigidi provvedimenti volevano scoraggiare le donne dal

rischiare gravidanze extra-coniugali, ritenendole implicitamente le sole responsabili dell'evento. I Contagious Diseases Acts, invece, permettevano alle forze dell'ordine di arrestare le prostitute e sottoporle a controlli medici forzati. Se positive ai test per le malattie veneree, le donne venivano internate negli ospedali per un periodo minimo di tre mesi. Si pensava che questo fosse il modo migliore per proteggere gli uomini dalle donne infette. Gli uomini, però, erano esclusi da questo trattamento, nonostante fossero clienti abituali delle prostitute e

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possibili portatori a loro volta di malattie veneree.

Le dichiarazioni dei medici legali del tempo rivelano che gli infanticidi si verificavano settimanalmente dopo l'introduzione della legge e rimasero un numero elevato finché alla legge non furono apportati cambiamenti nel corso del 1870. Gli infanticidi risultarono essere particolarmente numerosi a Londra dove le donne potevano nascondere le nascite e le morti dei bambini non voluti nell'anonimato di una grande città. Per gran parte del XIX secolo solo a Londra si contarono circa la metà di tutti gli omicidi a danno dei bambini, riportati nei verbali del Registrar General per l'Inghilterra e il Galles17.

Il Dottor Thomas Wakley, medico legale del Central Middlesex Hospital di Londra, affermava:

In London alone within the last five years the bodies of 500 children have been found under such circumstances as could leave no doubt that their lives had been intentionally sacrified. Upwards of sixty were taken from the Thames, or from the neighbouring ponds or canals. More than 100 were discovered stowed away under railway arches, upon the door-steps of houses, or in cellars or other out the way places[...] («Lancet», Settembre 1861)18

L'analogia tra le disperate madri londinesi che uccidevano i propri figli e la figura di Medea non consisteva esclusivamente nell'atto dell'uccisione. Erano l'abbandono e il tradimento da parte dell'uomo amato le condizioni che avvicinavano profondamente quelle povere donne alla sapiente e nobile eroina del mito. Le ragioni dell'infanticidio, infatti, sono completamente diverse: Medea veniva sempre rappresentata come una donna che aveva dato felicemente alla luce i suoi bambini e li aveva cresciuti con amore; le madri londinesi, invece, senza risorse emozionali e finanziarie per crescere i loro figli illegittimi, vedevano nell'infanticidio l'unica soluzione possibile per sopravvivere.

17 Cfr. Goc 2009: 34. 18 Cfr. Ryan 1862: 49-50.

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Nei teatri londinesi, Medea era rappresentata sia come eroina tragica che come vittima, mentre le giovani donne, nei rapporti giornalistici del «Times», erano ritratte come colpevoli di un crimine innaturale. Tuttavia, come sostiene N. Goc, in alcuni di questi rapporti giornalistici riguardanti casi giuridici discussi in seguito alla campagna per la riforma della New Poor Law, queste madri infanticide furono descritte anche come vittime di un sistema legale ingiusto e di un patriarcato che costringeva le donne a portare il fardello di una sessualità sconveniente19.

Inoltre, N. Goc afferma che questo tentativo di comprensione nei confronti delle madri infanticide da parte dell'opinione pubblica, e talvolta anche da parte degli stessi giudici, costrinse i giudici stessi a ricorrere ad un'attenuante che “giustificasse” le atroci azioni compiute dalle imputate. Pertanto, sottolineando così ancora di più l'irrazionalità del comportamento femminile, la diagnosi di instabilità mentale fu inserita tra le cause che potevano motivare le madri ad uccidere i loro figli appena nati20.

Ann R. Higginbotham, in un suo articolo sull'argomento, afferma che lo stereotipo dell'irrazionalità femminile venne successivamente istituzionalizzato nell'Infantice Act del 1922, nel quale era dichiarato che tutte le madri, nei primi mesi dopo il parto, erano soggette a comportamenti folli e fuori dalla ragione21.

Grazie ai cambiamenti apportati alla Poor Law nel 1870, che rendevano sia il padre che la madre responsabili della cura dei figli illegittimi, si verificò un rapido calo degli infanticidi a Londra e la loro concomitante riduzione tra le notizie del giorno.

E' interessante sottolineare che, contemporaneamente alla riduzione degli infanticidi, si assistette ad un calo della popolarità di Medea a teatro.

Sfidando il mondo in cui vivevano e rifiutando di sottomettere i propri figli alla povertà, alla fame e alla morte nelle case di lavoro, le giovani madri londinesi

19 Cfr. Goc 2016: 173. 20 Cfr. Goc 2009: 36.

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agirono con grande coraggio, così come l'eroina euripidea. Ma, al contrario di Medea che riuscì a fuggire sul carro alato verso una vita migliore ad Atene, le altre donne furono catturate letteralmente con le mani insanguinate e subirono l'onta di essere disonorate in pubblico e sulla stampa, finendo in carcere e, alcune, anche sulla ghigliottina.

La ricezione della figura di Medea fu dunque agevolata da una particolare sensibilità per il delitto di infanticidio, acuita dalle vicende tragiche che in quegli anni si dibattevano nei tribunali e che traevano origine dalle restrizioni introdotte negli interventi pubblici volti a migliorare le condizioni di vita dei più disagiati. Non va dimenticato poi che il dramma di Medea era particolarmente ricco di suggestioni per la società inglese del periodo, perché coinvolgeva anche la questione della dissolubilità del vincolo matrimoniale e della cura dei figli che, secondo il costume inglese, erano in ogni caso affidati al padre, quali che fossero le sue responsabilità nella frattura tra coniugi.

Contrariamente all'Inghilterra, dove il divorzio non era possibile, a meno che non si ricorresse ad un Private Act of Parliament, una misura estrema e poco utilizzata, riservata solo ai ricchi, ed esclusivamente agli uomini, tutte le altre nazioni protestanti d'Europa, inclusa la Scozia, e le colonie americane, avevano da tempo preso provvedimenti in merito alla questione sul divorzio. In assenza di una legge che dettasse le regole in materia di divorzio e di cura dei figli, i padri si arrogavano il diritto di custodia su questi ultimi, impedendo in molti casi qualsiasi contatto tra i bambini e la madre22.

Questa situazione spiega come mai la Medea di Euripide, decisa a privare il marito di qualunque potere sui figli, dovesse essere così radicalmente modificata: avrebbe provocato molte più sgradite reazioni in un tale contesto ideologico di quante ne provocò nell'Atene del V secolo, dove il divorzio era praticato, anche se, come lamenta Medea, non era “conveniente” per le donne.

La questione riguardante la possibilità dei padri di impedire qualsiasi contatto tra

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figli e madri provocò numerosi dibattiti che portarono nel 1837 all'introduzione dell'Infant Custody Act. Questa legge faceva sì che le donne potessero almeno ricevere la custodia dei bambini sotto i sette anni e potessero mantenere contatti con loro negli anni successivi. La legge venne vista come uno spartiacque: essa limitò, per la prima volta, la tradizionale autorità degli uomini e anticipò tutte le riforme seguenti riguardanti il divorzio e la proprietà delle donne. Da allora iniziò un dibattito serrato sul matrimonio e sui diritti delle donne che divenne sempre più importante nei decenni successivi23.

Dal 1850 la questione più generale della condizione delle donne, “The woman question”24, come venne chiamata, cominciò a dominare i dibattiti pubblici; fu

deciso di nominare una Royal Commission per indagare sul problema della mancanza di una legge sul divorzio, che eliminasse il double standard da sempre esistito: davanti alla legge, l'adulterio da parte maschile e quello da parte femminile erano differenti. A quelle mogli che potevano dimostrare l'adulterio era permesso separarsi dallo sposo fedifrago, ma non potevano risposarsi né tanto meno gestire la loro proprietà o ottenere diritti legali sui figli. I mariti, invece, potevano chiudere definitivamente il precedente rapporto, costruirsi una nuova famiglia e riorganizzare tutti i loro affari privati. Alle mogli riusciva molto più difficile anche recuperare il proprio status sociale e le proprie amicizie abituali. Il resoconto della Commissione che uscì nel 1853 proponeva la creazione di una corte civile che raccogliesse al suo interno i diversi organi giurisdizionali: la corte ecclesiastica per le responsabilità coniugali, la cancelleria per la custodia dei figli; la corte reale per gli aspetti della proprietà; e il Parlamento per il divorzio finale25.

Quando il progetto di legge per introdurre il divorzio arrivò finalmente in parlamento nel 1856, tutti i sostenitori e, in particolare modo le femministe, reagirono con grande fermento. Per prima cosa, portarono l'attenzione sulla

23 Cfr. Stone 1995: 178. 24 Cfr. Cvetkovich 1992: 46. 25 Cfr. Wright 2004: 912.

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disparità del trattamento riservato agli uomini e alle donne; inoltre, sottolinearono l'impossibilità per le donne sposate di mantenere una proprietà a loro nome. Con il matrimonio un uomo si assumeva tutti i diritti legali sulla proprietà di sua moglie. Ancor peggio, egli possedeva tutte le proprietà che lei acquistava successivamente, compresi guadagni, rendite, e entrate. Questo portò all'ingiusta situazione in cui le mogli, anche se abbandonate, dovevano elargire soldi al marito per il resto della loro vita. In più, erano impossibilitate a risposarsi, dal momento che il divorzio era vietato.

Il dibattito continuò fino al 1857, diventando sempre più appassionato con il passare dei mesi. La proposta di legge venne correttamente interpretata come un tentativo di alterazione dello status delle donne in un modo mai presentato prima. Non fu allora un caso che tra il 1856 e il 1857 Medea, la moglie e madre abbandonata del mito greco, divenne una delle eroine di maggior successo sui palcoscenici di Londra.

The Divorce and Matrimonial Causes Act venne approvato alla fine del 1857. Rendendo legale il divorzio tra persone comuni, questa legge costituì la più importante pietra miliare nella legislazione inglese in materia di matrimonio. La legge ridusse anche le ingiustizie che le donne subivano, dando loro un accesso più equilibrato al divorzio (sebbene una completa parità non sia stata assicurata fino al 1923), e proteggendo la proprietà e i guadagni delle donne dal sequestro ad opera dei loro precedenti mariti. Anche la custodia dei figli poteva ora essere assegnata alle madri se la corte lo riteneva appropriato (cosa che raramente accadeva). In questo momento Medea sarebbe stata in grado teoricamente, almeno, di tenere i suoi bambini, se fosse riuscita a persuadere un giudice che lo avrebbe fatto nel loro interesse. Si sarebbe anche potuta risposare o avrebbe potuto guadagnare dei soldi senza l'interferenza del suo precedente marito. La legge, però, rendeva anche molto più semplice per i Giasoni di tutto il regno lasciare le proprie mogli per nuove compagne, e abbandonare le proprie

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responsabilità verso la prole26.

La legge del 1857 consentiva alle donne un accesso equilibrato al divorzio, al quale esse potevano appellarsi solo sulla base di adulterio aggravato da incesto, bigamia o crudeltà; mentre gli uomini potevano divorziare dalle proprie mogli anche solo per adulterio.

Ma i piccoli passi che la legge aveva fatto stimolarono il riesame della questione sul matrimonio, che rimase un tema centrale affrontato dall'opinione pubblica nei venti anni successivi, e influenzò la natura delle opere letterarie dell'epoca. I diritti delle donne ricevettero nuovo sostegno con l'impulso all'attività riformatrice che seguì l'elezione di John Stuart Mill alla House of Commons nel 1865 e la pubblicazione del suo importante saggio The Subjection of Women nel 1869. Quest'ultimo sembra riecheggiare delle parole pronunciate da Medea nella tragedia di Euripide: Mill affermava, infatti, che la moglie era la schiava del marito, se non peggio, ed era impossibilitata a rifiutare le peggiori impudenze del coniuge27.

Questo decennio vide l'inizio di numerose campagne per il suffragio femminile, e l'incalzare delle femministe in lotta per i diritti delle donne alla proprietà e alla custodia dei bambini. Come risultato, i Married Women's Property Acts del 1870 e del 1882 consentirono ad ogni donna di fare testamento senza il consenso del marito, e di conservare i beni a proprio nome. Gli Infant Custody Acts del 1873 e del 1886 diedero alle madri ulteriori diritti per richiedere la custodia dei loro bambini28.

26 Cfr. Hall e Macintosh 2005: 416. 27 Cfr. Mill 1997: 30.

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4.2 Il teatro e la letteratura

La forma teatrale che ebbe più successo nella Londra vittoriana tra il 1830 e il 1890 fu il burlesque. Il burlesque era uno spettacolo comico che intratteneva la classe media e bassa prendendosi gioco o parodiando le opere, gli spettacoli, gli usi e costumi della classe alta. Questi spettacoli utilizzavano la comicità e la musica per sfidare le norme consuetudinarie. Il burlesque consisteva soprattutto in “parodying a serious literary work which served merely as a framework for songs, dances, puns, harmless topical allusions, and an imposed happy ending.”29

In questi anni, si assistette ad un ampio coinvolgimento del mito di Medea nei burlesque vittoriani, motivato, forse, anche dal fatto che la vicenda “scandalosa” trovava, in questa forma teatrale, la possibilità di essere raccontata senza generare indignazione. In Inghilterra, infatti, il successo di Medea sul palcoscenico è un evento relativamente recente. La versione di Euripide è stata rappresentata senza alterazioni soltanto nel 190730.

E' importante ricordare che nel 1826-8 al King's Theatre di Londra era andata in scena Medea in Corinto di Johann Simon Mayr, cantata da Giuditta Pasta. L’esecuzione in italiano, in un teatro d’opera, e la responsabilità del re Egeo, secondo il testo del libretto, nello spingere Medea ad uccidere i propri figli, resero, anche in questo caso, più sopportabili per il pubblico gli eventi rappresentati. Vedremo successivamente che l'“alleggerimento” della responsabilità della protagonista per la morte dei figli sarà un motivo spesso ricorrente.

Nel burlesque vittoriano, Medea faceva cose che poche eroine in altri contesti immaginari potevano osare o riuscire a fare: usciva fuori trionfante da un matrimonio rovinato, mantenendo vivi i suoi figli, o astutamente obbligava suo marito a ritornare sui suoi passi, o prendeva l'iniziativa di contrattare con la sua

29 Cfr. Mackie 1971: 160-170. 30 Cfr. Hall 1999: 42.

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rivale in amore questioni finanziarie, o argomentava, con abilità, ingegno ed eleganza, che la genia degli uomini era malvagia31.

Il primo burlesque di grande successo fu The Golden Fleece, or Jason in Colchis

and Medea in Corinth di James Planché. Questo burlesque, ispirato sia alla Medea di Grillparzer che a quella di Euripide e rappresentato per la prima volta

nel 1845, inaugurò una tradizione di divertimento basata sul mito di Medea, che durò per tutto il periodo in cui si discusse della legislazione matrimoniale, fino al 1878.

Una delle caratteristiche che colpiscono di più in The Golden Fleece è l'interazione tra la figura dell'eroina Medea, e l'identità dell'impresaria-attrice Eliza Vestris, che la impersonava. Vestris fu la prima donna a dirigere un teatro di Londra quando si fece carico della direzione dell'Olympic Theatre nel 1831, da allora uno dei locali di maggior successo della scena londinese degli anni trenta. Insieme a Planché, Vestris aveva messo in scena il primo dei burlesque classici che divennero tanto popolari nel corso del secolo. La sua chiacchierata fama, la sua conturbante bellezza, e il suo passato esotico, come diva dell'opera italiana, ma soprattutto la sua forte indipendenza, nella vita privata così come nel lavoro, fecero di lei una protagonista adatta a mettere in scena la Medea32.

Madame Vestris (come da sempre era chiamata) assunse il ruolo di Medea in The

Golden Fleece di Planché, anche se il suo ruolo più frequente era quello in

travesti, come in Giovanni in London di William Thomas Moncrieff. Nell'opera di Planché, il ruolo di Giasone venne affidato a Priscilla Horton, anche lei attrice spesso preferita per ruoli maschili. La Horton in scena non indossava indumenti propriamente maschili, ma bensì un costume che era simbolicamente differente dalle voluminose sottane vittoriane e che anticipava i famosi pantaloni alla zuava del fin de siècle. L'attrice di burlesque godeva, così, di una libertà di movimento che le altre donne, rinchiuse nelle loro sottane, non potevano certamente

31 Cfr. Hall e Macintosh 2005: 393. 32 Cfr. Hall e Macintosh 2005: 396.

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apprezzare33.

Come viene spiegato nell'Argument, Planché sceglie di “redimere il personaggio della sfortunata eroina”, facendo esplicitamente riferimento alla versione di Eliano34. In quest'ultima, ripresa anche da Christa Wolf (Medea: voci.), i Corinzi

avrebbero richiesto esplicitamente ad Euripide di scrivere il falso e addossare la colpa a Medea. Planché sceglie, inoltre, di informare il pubblico sull'antefatto della vicenda così da presentare la figura di Medea nel modo più empatico possibile, seguendo l'esempio di Grillparzer.

Alla fine di The Golden Fleece Medea trionfa e porta via con sé sul carro i suoi bambini, vivi e vegeti, verso Atene. Ma essa rimane pur sempre la donna abbandonata, maltrattata, che vede il marito allontanarsi da lei e dai figli per seguire la sua passione per Glauce. Il burlesque esplora anche, in una vena comica, la difficoltà che le donne incontravano nel momento in cui gli uomini, stanchi delle proprie mogli, utilizzavano il divorzio per sbarazzarsene. Medea, infatti, afferma che quando Giasone non avrebbe più sopportato le sue lamentele sarebbe ricorso ad uno “Scotch divorce”35: come ricordato precedentemente, la

Scozia aveva già da tempo preso provvedimenti in materia di divorzio.

Nel 1850, in corrispondenza dell'inaugurazione della Royal Commission on Divorce, fu presentata la divertente opera di Jack Wooler, Jason and Medea: A

Comic. Heroic. Tragic. Operatic. Burlesque-Spectacular Extravaganza, messa in

scena al proletario Grecian Saloon nel 1851. Come le opere di Grillparzer e Planché, la versione di Wooler cominciava con gli eventi narrati da Apollonio Rodio nel III libro de Le Argonautiche e l'effetto più significativo dell'aver incluso nel racconto gli antefatti della vicenda era quello di rafforzare la causa di Medea. L'eroina di Wooler è spinta al limite dalla crudeltà di Giasone che, una

33 Cfr. Hall e Macintosh 2005: 397.

34 Claudio Eliano (Preneste, 165/170 circa – 235), De Varia Historia: libri XIV. Diversamente da quanto affermato da Euripide, Medea non avrebbe ucciso i suoi bambini, ma questi sarebbero stati “eliminati” dai Corinzi per vendicarsi dell'uccisione di Creonte e della figlia.

35 Cfr. Planché 1879: 30, “And if I venture to grumble, he talks, as a matter of course, / Of going to modern Athens, and getting a Scotch divorce!”

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volta a Corinto, palesemente mostra a tutti la sua ultima conquista. Anche Creusa ha pietà dell'umiliazione pubblica di Medea, sebbene la sua pietà arrivi troppo tardi per evitare l'ira di Medea, che pianifica per lei una fine “scottante” in scena. Questa Medea uccide solamente la sua rivale, non i suoi figli, qui assenti36.

Nella scena finale, Wooler fa riunire Medea e Giasone, facendo pronunciare a quest'ultimo una frase che ha dell'inverosimile: “My own dear Medea, all your grief is past / You were my first love and shall be my last.”37 Il matrimonio in

Inghilterra era a tutti i costi preferibile all'abbandono, perché una Medea abbandonata in quegli anni non avrebbe avuto nessuna possibilità di futuro. Nel 1856-7 una rivisitazione franco-italiana del mito infiammò di particolare entusiasmo il pubblico: la diva Adelaide Ristori portò al Lyceum una traduzione italiana della nuova tragedia Medea di Ernest Legouvé. L'opera di Legouvé aveva reso l'antica eroina più umana, dolce e pietosa, togliendole l'altera fierezza e presentandola come una moglie abbandonata e una madre esausta. La Medea di Legouvé uccide i figli, ma la sua motivazione diventa un desiderio altruistico: evitare che i Corinzi li costringano ad una morte più drammatica, quando scopriranno che lei ha ucciso la nuova moglie di Giasone. Questa tragedia era stata scritta per Madame Rachel, ma l'attrice rifiutò il ruolo di Medea ritenendo l'eroina “innaturale”, nonostante Legouvé avesse reso meno tremendo il suo crimine. Il ruolo di Medea, del resto, respingeva molte attrici, preoccupate per la loro reputazione. Legouvé offrì, quindi, la parte ad Adelaide Ristori, la rivale italiana di Rachel, che pure aveva evitato in passato di recitare Medea. Alla fine, Adelaide Ristori accettò il ruolo perché Legouvé impresse un carattere drammatico di necessità all'uccisione dei figli: nell'ultima parte del dramma, l'odio per Giasone ha poco spazio e domina l'impeto dell'amore materno. In particolare, nel momento in cui Giasone “offre” a Medea la possibilità di

36 Wooler J., Jason and Medea: A Comic. Heroic. Operatic. Burlesque-Spectacular Extravaganza (British Library Add. MS 43036, fos. 276-307).

37 Wooler J., Jason and Medea: A Comic. Heroic. Operatic. Burlesque-Spectacular Extravaganza (British Library Add. MS 43036, fos. 276-307).

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scegliere uno dei due figli da portare con sé, nelle parole della madre leggiamo il profondo e indissolubile amore che la lega ai bambini: “Choose! Choose which? The youngest? The same love gave them birth. The most delicate? – I tremble equally for both. The best? – They are both so good.”38

Dopo il successo dell'opera di Legouvé, altri due burlesque furono rappresentati simultaneamente nel 1856: Medea, or a Libel on the Lady of Colchis di Mark Lemon e The Best of Mothers, with a Brute of a Husband di Robert Brough. L'opera di Lemon sembra descrivere la realtà che Medea avrebbe vissuto se fosse stata abbandonata da Giasone nella Londra vittoriana piuttosto che nell'antica Corinto. Il burlesque presenta, infatti, una Medea costretta ad insegnare ai figli l'arte del borseggio e un Giasone che fatica a sopravvivere in una condizione di estrema povertà, dimostrando, per questa ragione, pochissimo interesse per i figli. Poiché Giasone non può permettersi di pagare l'ingente cifra che gli avrebbe permesso di divorziare da Medea, minaccia di cacciare la moglie, pretendendo, inoltre, la custodia dei figli. Da questo momento, Medea inizia a meditare la sua vendetta e la realizza nel momento in cui Glauce viene ad avvertirla della sua imminente espulsione: i motivi altruistici della principessa sono infatti fraintesi da Medea che spalma la guancia della sua vittima con una vernice nera avvelenata. Nel momento in cui la polizia arriva con un mandato di arresto, Giasone annuncia la sua intenzione di mandare i figli in collegio. Medea, allora, chiama i bambini a sé per salutarli un'ultima volta ma, inaspettatamente, li accoltella di fronte a tutti.

Nel finale dell'opera, la protagonista si scusa per le sofferenze provocate ed espia la sua colpa facendo rivivere sia Glauce che i bambini. Infine, si ricongiunge a Giasone con un abbraccio, proclamando il suo (non ricambiato) amore immortale39.

Il tema dell'abbandono e della vessazione delle mogli da parte dei mariti è

38 Cfr. Heron 1857: 29.

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nuovamente affrontato nel burlesque di Robert Brough, Medea; or the Best of

Mothers, with a Brute of a Husband. Come Lemon, Brough mette grande enfasi

sulla povertà a cui sono ridotti Medea e i figli, e sulla loro necessità di chiedere la carità per sopravvivere. Giasone, in questo caso, offre a Medea la possibilità di risposarsi con chiunque voglia in quanto la loro separazione equivale ad un divorzio. Inoltre, insiste perché i figli gli vengano affidati non appena grandi abbastanza per ricevere un'educazione: Brough fa così un riferimento esplicito al diritto dei padri sulla custodia dei figli sopra i sette anni.

In questo burlesque, sia la nuova moglie di Giasone che bambini vengono risparmiati, ma rimane aperta la questione sul futuro di Medea. Creusa promette che le garantirà la custodia permanente dei bambini ed anche una cospicua somma di denaro:

I sympathise with your unhappy lot,

Though forced by my papa, your spouse to marry, I would not, needlessly, your feelings harry, Your children I restore. Should wants distress you, I enclose money – may the Heaven’s bless you.40

La solidarietà tra le due donne consente ad entrambe di trovare una soluzione ai problemi inflitti loro dagli uomini.

Nella scena finale dell'opera di Brough, Medea si rivolge al pubblico facendo la consueta supplica, sebbene le sue parole sembrino alludere ad una richiesta di sostegno non circostanziale: “They'd change my very nature if they could. | Don't let them”41. L'appello al pubblico è qui un appello al popolo inglese a difesa

dell'indipendenza e della libertà delle donne, che avrebbe presto trovato sostegno nel movimento delle New Women.

In corrispondenza dell'approvazione del Divorce and Matrimonial Causes Act,

40 Cfr. Brough 1856: 32-33. 41 Cfr. Brough 1856: 34.

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nel 1857 al teatro Sadler's Well venne rappresentata Medea in Corinth di John Heraud. Egli, un liberale di tradizione ugonotta, era convinto che la sensibilità del popolo potesse essere educata dal teatro. Infatti, la sua opera venne rappresentata anche allo Standard Theatre nell'East End di Londra, un teatro completamente popolare, il cui pubblico includeva gli abitanti più poveri di Londra che pagavano solo tre penny per un posto in galleria. Il successo del teatro negli anni cinquanta dell'Ottocento spinse gli spettatori ad arrivare in treno percorrendo anche più di trenta chilometri. Medea, che aveva come protagonista la figlia di Heraud, venne rappresentata nel 1859 per dodici serate. Si conta che in un solo anno sia stata vista da più di 60000 persone42. Questo impressionante

risultato confermava la tesi di Heraud, che il palcoscenico costituisse un'importante fonte per l'educazione del popolo.

Non sorprende che quest'opera suscitasse l'entusiasmo del pubblico, dal momento che, in quegli anni, la questione del divorzio e delle ingiustizie sofferte dalle donne e dai bambini erano in primo piano nell'opinione pubblica. Il dramma di Heraud prendeva spunto dal mito di Medea per mettere sotto gli occhi degli spettatori le complesse sfaccettature della spinosa questione del divorzio. Nell'opera vediamo un Giasone innamorato di Creusa e sul punto di ripudiare pubblicamente Medea, alla quale vuole anche sottrarre i figli perché intenzionato a chiedere a Creusa di adottarli. La spinosa questione del divorzio emerge nella discussione tra i due sposi, nella quale Giasone chiede a Medea di garantirgli il divorzio, sacrificando se stessa per il bene dei figli, forte della convinzione che “By our law, divorce is not | As perjury regarded”43. Nella Grecia dei secoli

VI-IV a.C, infatti, ottenere lo scioglimento del vincolo matrimoniale non era così complicato, soprattutto perché per contrarlo non era richiesto un atto legale specifico. Come afferma Sarah B. Pomeroy, nel diritto attico erano previste tre ipotesi di scioglimento del matrimonio: il ripudio, l'abbandono del tetto coniugale

42 Cfr. Hall e Macintosh 2005: 417.

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da parte della moglie, lo scioglimento da parte del padre della sposa44. Pertanto,

in questo caso, le parole di Giasone trovano giustificazione nella legge greca. Medea si oppone a questa richiesta e Giasone risponde allora rivendicando i suoi diritti sulla custodia dei figli, che avrebbero trovato un rifugio protettivo sotto il tetto di Creonte.

Come nella versione di Legouvé, anche in quella di Heraud Medea uccide i figli per salvarli dai Corinzi, ma incolpa Giasone per la loro morte.

Il ruolo di portavoce dei diritti femminili che Medea sembra assumere nelle opere citate finora è in sintonia con una nuova empatia verso il personaggio, che si riscontra nelle scrittrici progressiste del tempo. In particolar modo, troviamo i riferimenti a Medea nelle opere di George Eliot.

George Eliot (1819-1880) affronta nei suoi romanzi questioni che possono ricordare la vicenda della protagonista della tragedia di Euripide, e costruisce per alcuni dei suoi personaggi ruoli simili a quello incarnato da Medea. Nel suo primo romanzo, Adam Bede (1859), ispirato da un avvenimento effettivamente accaduto, la protagonista Hetty viene sedotta e abbandonata dal Capitano Arthur, nipote di un ricco proprietario terriero del luogo. Hetty successivamente sposa il giovane Adam, ma quando scopre di essere incinta di Arthur fugge dal villaggio per cercarlo, inutilmente. Quando il bambino nasce, per evitare la vergogna e risparmiare al figlio una vita di sofferenze, lo abbandona causandone la morte. Viene per questo arrestata e condannata all'impiccagione. Solo l'intercessione di Arthur riuscirà a salvarla, facendo commutare la pena in esilio.

In Felix Holt (1866), è la stessa George Eliot a paragonare Giasone a Jermyn45,

un rampante avvocato a cui è stata affidata la gestione del patrimonio della famiglia Transome. Jermyn in passato era stato amante della signora Transome, ma l'aveva in seguito abbandonata per sposare un'altra donna, continuando però a beneficiare a suo piacimento dei beni della proprietà della famiglia Transome.

44 Cfr. Pomeroy 1994: 61-62. 45 Cfr. Eliot 1866: 438.

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In Daniel Deronda (1876), l'autrice rende esplicito il riferimento al mito di Medea attraverso le parole di uno dei personaggi, Mr. Vandernoodt, il quale paragona il rapporto che lega Gwendolen, Grandcourt e Lydia a quello tra Creusa, Giasone e Medea46. Lydia, la precedente amante di Grandcourt viene

abbandonata dall'uomo per Gwendolen che ne diventa la nuova sposa. Lydia, come Medea, fa recapitare alla rivale i gioielli di Grandcourt che le spettavano di diritto in quanto sua nuova moglie, maledicendo i due sposi. Successivamente, invece, è Gwendolen a ricoprire il ruolo della donna abbandonata, in questo caso da Daniel che sceglie di sposare Mirah per convenienza sociale e politica.

Anche la narrativa del tempo sembrava subire il fascino del clima che si respirava attorno al personaggio di Medea. Il genere letterario più in voga a partire dagli anni sessanta dell'Ottocento fu la narrativa sensazionale, legata al melodramma. Esempi importanti furono The Woman in White (1860) di Wilkie Collins, East Lynne di Ellen Wood, uscita prima in versione seriale nel «New Monthly Magazine» nel 1860, e Lady Audley's Secret (1862) di Mary Elizabeth Braddon. Il successo di questi romanzi, la maggior parte dei quali scritti da donne, risiedeva nelle loro eroine dalla forte identità che mostravano senza filtri rabbia e frustrazione, tutte caratteristiche che appartenevano anche a Medea. Le protagoniste di questi romanzi erano spesso ritratte nel momento in cui fuggivano dalle loro famiglie e ripudiavano gli ideali convenzionali di maternità e femminilità attraverso la malattia, la pazzia, il divorzio, la fuga e, all'estremo, l'omicidio. Medea trovava finalmente delle eredi tra queste eroine della cultura popolare47.

Nel 1868 fu pubblicata la traduzione della Medea di Euripide ad opera di Augusta Webster che, come vedremo, fu anche un'attivista di spicco per il suffragio e l'educazione femminile, a fianco di John Stuart Mill. A questa traduzione l'autrice fece seguire l'originale monologo poetico intitolato Medea in

46 Cfr. Eliot 1889: 400.

(38)

Athens.

Nel 1876 la trilogia di Grillparzer venne portata al teatro Haymarket di Londra dall'attrice cecoslovacca Fanny Janauschek. L'attrice metteva in risalto soprattutto l'indole barbara e orientale di Medea in contrasto con la civilizzata Creusa. In questa versione, l'interesse non è posto tanto sulla questione del divorzio tra i due coniugi né tantomeno sulla custodia dei figli. Se i bambini preferiscano stare con la madre naturale o con la nuova bianca sposa di Giasone non è argomento di discussione. Creusa accetta i figli di Medea, spinta dall'insistenza di Giasone che, evidentemente, non voleva che i bambini crescessero sotto un'influenza straniera e barbara48.

Contrariamente a ciò che il pubblico inglese avrebbe voluto vedere, Madame Janauschek non si presentò sulla scena impersonando una povera moglie abbandonata e vittima del marito, una Medea di cui avere pietà, una madre tenera che dimostrasse la propria devozione materna. Questa scelta le costò una certa impopolarità e le fece preferire la giovane Isabel Bateman che, negli stessi anni, recitò, invece, con grande successo nella tragedia di William Gordon Wills,

Medea in Corinth (1872). Nella sua opera Wills aveva creato le condizioni per

presentare al pubblico un vicenda che rispecchiasse le problematiche del tempo circa la questione del divorzio. Medea e Giasone vengono mostrati come individui a se stanti, ognuno con le proprie difficoltà e finalità: Medea attacca Giasone per la sua ipocrisia nel mascherare i propri interessi dietro alla preoccupazione per il benessere dei figli. Giasone, d'altronde, si vede intrappolato in un matrimonio senza amore con una donna selvaggia e barbara, dalla quale intende divorziare. Creonte, che è a conoscenza della legge sul divorzio del 1857, informa Giasone che non può divorziare dalla moglie senza il consenso di quest'ultima e senza che la donna si sia resa colpevole di alcun reato all'interno del matrimonio. Secondo la legge del 1857, infatti, il marito poteva richiedere il divorzio anche con la sola motivazione di adulterio. Per la moglie,

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