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Il dibattito culturale in atto da anni nel nostro Paese sul sistema di protezione sociale, ha lasciato in secondo piano il tema dei Servizi Sociali, concentrandosi maggiormente sulle Politiche della Previdenza e della Sanità, sulle Politiche del lavoro9, della Scuola. Questo atteggiamento è del resto speculare a quello della politica nazionale, che non ha mai assunto la promozione del “welfare sociale” tra le sue priorità (Gori, 2014).

9 Anche se tale interesse è stato limitato ai temi della flessibilità e della Cassa integrazione, temi tradizionalmente cari alle Organizzazione Sindacali, mentre ancora assente è un reale interesse alla realizzazione di politiche di attivazione e di interventi di sostegno al reddito di chi il lavoro non ce l’ha.

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L’assenza di una visione di welfare sociale basato sul riconoscimento di diritti fondati semplicemente sulla cittadinanza, slegato da visioni ideologiche e da interessi corporativi, è il risultato della difficoltà di leggere l’evoluzione della società italiana e la ragione dell’assenza di politiche sociali e di interventi in grado di incidere sulla arretratezza strutturale del nostro Paese (Gori, 2014). Un contesto culturale e politico, anche quello attuale, che, come in una sorta di incantesimo, inevitabilmente perpetua la conformazione dei servizi sociali del nostro paese secondo una logica assistenzialistica/riparativa, passiva e marginale, orientata all’emergenza piuttosto che al recupero e all’integrazione reale delle aree di popolazione che esprimono maggiori difficoltà.

In questo scenario il paradigma del Social Investment offre invece agli operatori e agli stessi servizi la possibilità di mettere in discussione i principi epistemologici del modello culturale che informa il sistema dei servizi sociali in Italia, rompendo il condizionamento che esso esercita anche sulla stessa operatività professionale. Ragionare in termini di Social Investment ed impostare il lavoro di ricerca, tenendo questa prospettiva sullo sfondo, ha spinto gli operatori che vi hanno partecipato, ragionando per differenza, a focalizzare l’attenzione sulla dimensione culturale che attualmente condiziona e vincola l’operatività attuale dei servizi, a sfidare il contesto e a metterne in discussione i presupposti. Ragionare in termini di Social Investment significa rafforzare la capacità del sistema sociale di agire e di reagire alle sfide proposte dalle trasformazioni demografiche ed economiche; per questo è necessario modificare l’ottica attraverso cui guardiamo alle persone e vederle come depositarie di risorse e non necessariamente solo portatrici di problemi; per questo è necessario investire sulle persone, rafforzando complessivamente le misure di “attivazione”, anche attraverso la realizzazione di percorsi integrati, effettivi, tra servizi sociali ed i servizi formativi, del lavoro, della scuola. L’attenzione si sposta dalle “categorie di utenza” ai “diritti di cittadinanza”, dal repertorio delle prestazioni preordinate ai “rischi”, alle condizioni di vulnerabilità, con la consapevolezza dell’importanza di agire prioritariamente su queste in chiave preventiva. Intercettare i rischi nelle storie di vita delle persone e agire a sostegno degli individui e delle famiglie, nelle fasi di maggiore criticità che possono incontrare nel corso della vita, significa non solo realizzare interventi efficaci, ma anche operare in termini di efficienza, riducendo i costi maggiori che gli interventi riparativi e di emergenza comportano. Guardare alle famiglie in un’ottica di configurazione intergenerazionale, guardare alle vicende individuali e familiari come a un processo che si costruisce nel tempo, ci permette di intercettare oggi i rischi sociali che in quella situazione, in quella storia familiare, sono in azione, bloccandone la trasmissione intergenerazionale. Significa quindi prendere nella necessaria considerazione, al momento della presa in carico, elementi della storia di vita delle persone che potrebbero incidere nella loro storia futura domani.

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Occuparsi del corso di vita delle persone significa infatti domandarsi se ci sono legami tra le sue diverse fasi e se può essere utile guardare a questi legami, a queste connessioni, interrogandosi sulle ricadute che il lavoro fatto sul “minore di oggi” avranno sull’”adulto di domani”; domandoci se il lavoro di oggi sull’anziano avrà ricadute, e quali, sui componenti della sua famiglia domani. La grave non autosufficienza di un anziano o di un adulto come si incrocia con le traiettorie di vita degli altri componenti della famiglia?

Nella prospettiva longitudinale di intervento, oltre ad intervenire per garantire il benessere della persona non autosufficiente, dobbiamo anche capire con quali strumenti e percorsi possiamo sostenere il care giver e la famiglia nel suo ruolo di cura; dobbiamo agire, in chiave preventiva sui rischi derivanti dall’assunzione di un onere di cura eccessivamente gravoso. In una prospettiva di Social investment, oltre ad intervenire sull’attuale condizione dell’anziano è necessario anche chiederci come evitare che, per esempio, un eventuale indebitamento per le spese necessarie a garantire la funzione di cura, oppure che le tensioni ed i conflitti derivanti da una condizione di stress del care giver, siano origine di ulteriori problemi della famiglia in futuro.

Più in generale, da un punto di vista programmatorio, è necessario chiederci quale relazione abbia la strategia di intervento sulla popolazione anziana con la strategia complessiva di intervento sul resto della popolazione. Cioè a quali rischi andiamo incontro domani se non interveniamo sui rischi e sulle fragilità di oggi?

Il paradigma del Social Investment può infine offrire al sistema dei servizi e al sistema istituzionale, in una prospettiva di “innovazione”, nuovi strumenti di riflessività e valutazione. Può infatti attivare nell’ambito dei servizi e nel gruppo degli operatori prassi di valutazione collaborativa e partecipata, modelli di lavoro e strumenti che consentano di integrare e mettere in sinergia i diversi punti di vista su azioni e su risultati, ma anche facilitare il rapporto tra i percorsi di valutazione degli operatori e le decisioni del livello politico istituzionale, fornendo a quest’ultimo informazioni utili all’assunzione di scelte e all’adozione di programmi e politiche di intervento in grado di rispondere alle nuove sfide.

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Appendice n 1

Le Vignette

A.3.3. La Sig.ra A disabile ed il suo nucleo familiare

A.3.3.1. La storia della sig.ra A

La sig.ra A ha 78 anni, è vedova, da anni affetta da emiparesi con difficoltà a deambulare, presenta nell’ultimo periodo un aggravamento dei disturbi cognitivi con un quadro involutivo di demenza senile: è quindi dipendente dall’assistenza di altre persone per qualsiasi atto della vita quotidiana. Il servizio prende in carico la sig.ra a seguito della morte, avvenuta improvvisamente, dell’anziano coniuge, care giver principale dell’anziana, e su richiesta della figlia:Sig.ra F.

Si considerino le seguenti condizioni:

a) Con la sig.ra A vive l’altro figlio della anziana, sig. L. Il sig. L. di anni 45, portatore di handicap psichico, invalido civile all’80%, percepisce una pensione di invalidità civile. Il sig. L., anche se autonomo nella cura della propria persona, non appare in grado di occuparsi né della gestione domestica né tantomeno delle esigenze della madre. Passa la maggior parte della giornata in casa, guardando la tv.

b) L’anziana, comproprietaria con i figli dell’abitazione, è titolare della pensione di reversibilità del coniuge di circa 800,00 € mensili ed ha avuto recentemente il riconoscimento della indennità di accompagnamento.

c) L’anziana ha un’altra figlia, sig.ra F.di anni 51, che vive nello stesso paese, è sposata, ha due figli ed un’occupazione part time. F, dopo la morte del padre, è il punto di riferimento principale per l’assistenza alla anziana madre e per il fratello. E’ la sig.ra F che si è rivolta al servizio chiedendo un aiuto per l’assistenza alla madre.

A.3.3. Domande e punti di rilievo

A.3.3.A.1. Quale Servizio pubblico prenderà in considerazione la richiesta? A quale livello territoriale appartiene? Quali attori sono coinvolti? Qual è il percorso che la pratica segue (servizi e uffici coinvolti, tempi, ecc.)?

128 tipologia/categoria di utenza o bisogno predefinito?

Cosa cambia nel caso in cui la famiglia o alcuni suoi componenti sono già conosciuti dai servizi? E se sì da quali servizi e/o figure?

A.3.3.B.2. Come definireste questa situazione? Quanto è rilevante per il Servizio?

A.3.3.B. 3 I bisogni emersi trovano accoglienza nei percorsi assistenziali previsti dal sistema dei servizi per la popolazione anziana non autosufficiente? In quale misura?

A.3.3.C.1. Gli operatori che raccolgono la domanda ed entrano in contatto con l’anziana si occupano unicamente della richiesta della figlia oppure guardano anche altri aspetti e fattori? Se sì quali? E’ previsto un case management? Se sì che ne è responsabile?

A.3.3.C.2. Chi effettua la valutazione? Ci sono criteri predefiniti di valutazione?

La sig.ra A ha diritto a servizi? Se sì, chi li eroga e per quanto a lungo? Che tipo di servizi? Come si decide se la sig.ra A ha diritto o no a erogazioni monetarie e servizi? (quali sono i criteri? Chi decide?)

A.3.3.C.3. Gli altri componenti della famiglia hanno diritto a servizi? Quali sono gli ambiti tecnico-professionali coinvolti? Come si decide se gli altri componenti della famiglia hanno diritto o no a erogazioni monetarie o servizi? ( quali sono i criteri? Chi decide?) Quali sono in questo caso i percorsi di valutazione e assistenziali previsti? E’ prevista una relazione tra i diversi percorsi assistenziali che possono interessare i vari componenti della famiglia e i diversi operatori coinvolti? Se sì specificare quale.

A.3.3. Variazioni

Le risposte di cui sopra cambierebbero in considerazione delle seguenti varianti?

A.3.3.1.La sig.ra A non è proprietaria della casa in cui vive ma ha un contratto di locazione con una spesa mensile di circa 400,00 € mensili

A.3.3.2 La figlia della sig.ra A vive in un’altra città molto distante e può occuparsi della madre e del fratello solo nel fine settimana

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B.3.3.Il Sig. G., Anziano solo

B.3.3.l. La storia del sig. G

Il sig. G. ha 70 anni, è vedovo da circa 1 anno. Ha leggere disabilità fisiche (sotto il 66%) ma negli ultimi mesi ha iniziato a manifestare alterazioni del tono dell’umore con prevalenti note depressive. E mostra sempre maggiori difficoltà nella gestione autonoma della propria vita: Non è in grado di pulire il suo appartamento e di prepararsi da mangiare, non è in grado di provvedere da solo all’acquisto dei generi di prima necessità ed ha evidentemente bisogno di aiuto per lo svolgimento della maggior parte di queste funzioni.

Si considerino anche le seguenti condizioni

1 Vive da solo in un piccolo appartamento in un appartamento in locazione, per il quale sostiene una spesa mensile di 350,00 €, nella periferia del paese.

2 Ha scarse relazioni con il vicinato (ha sempre mantenuto uno stile di vita schivo e riservato)

3 E’ stato lavoratore dipendente e riceve una pensione di circa 800,00 € mensili 4 Il sig G ha una unica figlia di 45 anni, sposata, che vive nello stesso paese.

5 La figlia di G. dopo aver lavorato per anni come operaia nel settore calzaturiero ha perso, ormai da circa tre anni, la propria occupazione. La sig. ha due figli di 8 e 17 anni ed il marito è impiegato come operaio nel settore manifatturiero. La sig.ra vorrebbe reperire una nuova occupazione, poiché il reddito familiare non è sufficiente alle esigenze della famiglia ma deve occuparsi quotidianamente delle esigenze del padre, che sembra stia ulteriormente peggiorando. La sig.ra deve inoltre continuare ad occuparsi dei figli, in modo particolare del più piccolo che chiede ancora molte attenzioni e sta mostrando particolari difficoltà in ambito scolastico sia per quanto riguarda il percorso di apprendimento sia per quanto riguarda la socializzazione

6 La figlia di G si rivolge al servizio chiedendo un aiuto per l’assistenza del padre.

B.3.3. Domande e punti di rilievo

B.3.3.A.1. Quale Servizio Pubblico prenderà in considerazione la richiesta? A quale livello territoriale appartiene? Quali attori sono coinvolti? Qual è il percorso che la pratica segue (servizi e uffici coinvolti, tempi, ecc.)?

B.3.3.B.1 La storia personale e familiare che si presenta agli operatori rientra in una tipologia/categoria di utenza o bisogno predefinito?

Cosa cambia nel caso in cui la famiglia o alcuni suoi componenti sono già conosciuti dai servizi? E se sì da quali servizi e/o figure?

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B.3.3.B.3 I bisogni emersi trovano accoglienza nei percorsi assistenziali previsti dal sistema dei servizi per la popolazione anziana non autosufficiente? In quale misura?

B.3.3.C.1. Gli operatori che raccolgono la domanda ed entrano in contatto con l’anziano si occupano unicamente della richiesta della figlia oppure guardano anche altri aspetti e fattori? Se sì quali? E’ previsto un case management? Se sì che ne è responsabile?

B.3.3.C.2. Chi effettua la valutazione? Ci sono criteri predefiniti di valutazione? Il sig. G. ha diritto a servizi? Se sì, chi li eroga e per quanto a lungo? Che tipo di servizi? Come si decide se il sig.G. ha diritto o no a erogazioni monetarie e servizi? (quali sono i criteri? Chi decide?) B.3.3.C.3. Gli altri componenti della famiglia hanno diritto a servizi? Quali sono gli ambiti tecnico-professionali coinvolti? Come si decide se gli altri componenti della famiglia hanno diritto o no a erogazioni monetarie o servizi? (quali sono i criteri? Chi decide?) Quali sono in questo caso i percorsi di valutazione e assistenziali previsti? E’ prevista una relazione tra i diversi percorsi assistenziali che possono interessare i vari componenti della famiglia e i diversi operatori coinvolti? Se sì specificare quale.

B.3.3. Variazioni

Le risposte di cui sopra cambierebbero in considerazione delle seguenti varianti? B.3.3.1. Il Sig. G ha un figlio di 45 anni che vive nella stessa città.

B.3.3.2. Una persona, pagata dal figlio, si prende cura del Sig. G. B.3.3.3. Il sig. G è proprietario della casa in cui vive.

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C.3.3 La Sig.ra I., ammalata di Alzheimer

C.3.3.1. La storia della sig.ra I

La sig.ra I ha 80 anni, è vedova, da anni ammalata di Alzheimer, con disturbi comportamentali. E’ stata riconosciuta invalida civile al 100% anche per malattie osteo-articolari, senza che però le sia stata riconosciuta l’indennità di accompagnamento. E’ affetta da depressione da anni: il quadro depressivo è insorto dopo la morte di un figlio avvenuta circa 8 anni fa.

Si considerino le seguenti condizioni

a) La sig.ra I vive con la figlia, Lina, di anni 45, in appartamento di edilizia residenziale pubblica.

b) La figlia Lina è nubile e disoccupata ormai da 3 anni. Precedentemente Lina ha lavorato per circa 18 anni in un calzaturificio ma, da quando questo ha cessato l’attività, Lina non è più riuscita a reperire un’occupazione stabile e lavora qualche ora alla settimana come domestica. E’ lei che si occupa stabilmente dell’assistenza della madre.

c) l’unico reddito certo è costituito dalla pensione di reversibilità della sigra I (invalidità e reversibilità ) per circa 800,00 € mensili

d) E’ la figlia che si rivolge al servizio chiedendo aiuto al momento della dimissione dall’ospedale della madre, dove l’anziana era stata ricoverata per una frattura dovuta ad una caduta accidentale. La sigra dovrà rimanere a letto per 40 gg e la figlia chiede aiuto per la cura, l’igiene e la mobilizzazione della madre. Lina appare molto stanca.

C.1.2. Domande e punti di rilievo

C.3.3.A.1. Quale Servizio Pubblico prenderà in considerazione la richiesta? A quale livello territoriale appartiene? Quali attori sono coinvolti? Qual è il percorso che la pratica segue (servizi e uffici coinvolti, tempi, ecc.)?

C.3.3.B.1 La storia personale e familiare che si presenta agli operatori rientra in una tipologia/categoria di utenza o bisogno predefinito?

Cosa cambia nel caso in cui la famiglia o alcuni suoi componenti sono già conosciuti dai servizi? E se sì da quali servizi e/o figure?

C.3.3.B.2. Come definireste questa situazione? Quanto è rilevante per il Servizio?

C.3.3.B.3 I bisogni emersi trovano accoglienza nei percorsi assistenziali previsti dal sistema dei servizi per la popolazione anziana non autosufficiente? In quale misura?

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occupano unicamente della richiesta della figlia oppure guardano anche altri aspetti e fattori? Se sì quali? E’ previsto un case management? Se sì che ne è responsabile?

C.3.3.C.2. Chi effettua la valutazione? Ci sono criteri predefiniti di valutazione? Ia sig.ra I. ha diritto a servizi? Se sì, chi li eroga e per quanto a lungo? Che tipo di servizi? Come si decide se la sig.ra I ha diritto o no a erogazioni monetarie e servizi? (quali sono i criteri? Chi decide?) C.3.3.C.3. Gli altri componenti della famiglia hanno diritto a servizi? Quali sono gli ambiti tecnico-professionali coinvolti? Come si decide se gli altri componenti della famiglia hanno diritto o no a erogazioni monetarie o servizi? ( quali sono i criteri? Chi decide?) Quali sono in questo caso i percorsi di valutazione e assistenziali previsti? E’ prevista una relazione tra i diversi percorsi assistenziali che possono interessare i vari componenti della famiglia e i diversi operatori coinvolti? Se sì specificare quale.

C.3.3. Variazioni

Le risposte di cui sopra cambierebbero in considerazione delle seguenti varianti? C.3.3.1 La sig.ra I ha altri 2 figli maschi di 54 e 50 anni.

Entrambi operai, coniugati e con figli, vivono in paesi limitrofi. Si occupano della madre soprattutto nel fine settimana facendole visita e aiutando la sorella in occasione di quelle visite. La famiglia di uno di loro è già impegnata nell’assistenza al suocero convivente, in condizioni di totale non autosufficienza.

C.3.3.2 La figlia della sig.ra, Lina ha appena ottenuto un contratto di lavoro a tempo determinato per 6 mesi.

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Appendice n 2

Sintesi raccolta interviste primo Focus group

La titolarità della presa in carico. Percorsi e Servizi coinvolti

3.3.A.1

Aree dell’intervista Posizioni condivise dal gruppo Punti di vista particolari Quale Servizio pubblico prenderà in considerazione la richiesta? A quale livello territoriale appartiene? Quali attori sono coinvolti?

In 3 casi su 3 la titolarità della presa in carico è della SDS e l’ambito di riferimento è il distretto socio sanitario del Valdarno Inferiore.

In 2 casi su 3 (Vignette A e C ) la presa in carico ha una valenza sociosanitaria e gli attori coinvolti sono sia operatori sanitari che sociali.

Sono figure sanitarie: il MMG, gli operatori sanitari dipendenti ASL (Servizio Infermieristico, Medico attività distrettuali, Geriatria, medicina specialistica), operatori dipendenti ASL con profilo professionale amministrativo (Punto Insieme), dipendenti ASL con profilo professionale tecnico (Servizio Sociale Ospedaliero ).

A queste attori si aggiunge sempre l’Assistente Sociale della SDS, referente per la presa in carico territoriale/case manager e l’Assistente Sociale SDS componente UVM.

Una delle Assistenti Sociali, che ha il proprio ufficio nell’unico presidio territoriale nel quale la R.Toscana sta sperimentando la “Casa della Salute, dichiara una maggiore facilità di relazione con i Medici di medicina generale, determinata dal fatto che questi svolgano la loro attività ambulatoriale nello stesso luogo dove è presente il Servizio sociale.

Qual è il percorso che la pratica segue (servizi e uffici coinvolti, tempi, ecc.)?

In 2 casi su tre il percorso assistenziale seguito è quello previsto dalla Regione Toscana per la non autosufficienza, come da L.R n 66 del 2008 e dal” Progetto Regionale per la assistenza continua alla persona non autosufficiente”del 2010.

Nei due casi a rilevanza sociosanitaria un ulteriore attore coinvolto è il responsabile della UOS Anziani della SDS, solo quando il livello di Isogravità, rilevato da UVM, colloca l’anziano ai 2 livelli più bassi di non autosufficienza e non consente il riferimento al fondo regionale non autosufficienza.In questo caso la UOS anziani rilascia la autorizzazione alla copertura di spesa del Pap con risorse sociali SDS, ratificando il progetto UVM.

Nei 2 casi a rilevanza sociosanitaria il percorso di presa in carico ha un alto livello di strutturazione nei tempi, nelle fasi, nella definizione degli attori coinvolti, negli strumenti di valutazione e definizione progettuale (entro 30 gg dalla domanda si ha la definizione del Piano di assistenza personalizzato; fatte salve le urgenze, la attivazione degli interventi è prevista entro 10/15 gg dalla definizione del Pap..Il percorso di valutazione prevede la compilazione della scheda clinica dal MMG, una visita domiciliare ed un colloquio, condotti congiuntamente da Assistente Sociale e Servizio Infermieristico, la compilazione della scheda sociale e delle schede sanitarie (strumenti predisposti dalla Regione Toscana), l’invio delle schede alla UVM congiuntamente ad ipotesi progettuale, in genere condivisa con la famiglia.

In 1 caso su 3 (Vignetta B) la presa in carico ha una valenza socio assistenziale ed il principale attore coinvolto è l’Assistente Sociale referente per territorio. Altri attori coinvolti sono l’operatore del Punto Informativo Unitario (SdS) che raccoglie la domanda/primo accesso della figlia e fissa appuntamento con Ass.Sociale.

Il Medico di Medicina generale sarà coinvolto, solo su richiesta della Assistente Sociale, se questa riterrà necessario acquisire ulteriori informazioni di carattere sanitario sull’anziano. Un ulteriore attore è il Responsabile della UOS, che presiede la Sessione di Valutazione nella quale viene definitivamente approvato il Progetto assistenziale.

Non è previsto un percorso strutturato di valutazione e di gestione integrata.

Il percorso di valutazione prevede un primo colloquio con la figlia, un colloquio con l’anziano ed una visita domiciliare, la raccolta di ulteriori elementi di valutazione tramite

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