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La ricerca, condotta a partire dall’analisi e riflessione sugli interventi specificamente attivati nei confronti della popolazione anziana, sullo sfondo delle politiche sociali rivolte alla totalità della popolazione, si è basata sulla pianificazione (Riquadro 3.1) di due successivi Focus Group, condotti a distanza di alcune settimane. Il primo gruppo ha avuto come tema di lavoro la “Descrizione e Analisi dei processi assistenziali in 3 situazioni tipo”, il secondo gruppo ha lavorato sull’“Analisi delle logiche di intervento”, prendendo spunto dagli elementi emersi nel primo focus.

In entrambi i casi il gruppo è stato formato da operatori che prestano la loro attività nell’ambito dei Servizi sociali della Società della Salute del Valdarno Inferiore ed i partecipanti

Riquadro 3.1 Il Piano della ricerca

Indagine su Processi assistenziali a favore della popolazione anziana: Approccio culturare di riferimento e logiche di intervento nell’attuale modello dei servizi a favore della popolazione anziana nella SDS Valdarno Inferiore

Focus group pianificati

1….Focus group “Descrizione e Analisi dei processi assistenziali a favore della popolazione anziana in 3 situazioni tipo”

2 Focus group “Le logiche di intervento nei servizi della SdS rivolti alla popolazione anziana : quale relazione con il

paradigma culturale del Social Investment?”

La conversazione viene guidata attraverso apposite domande di stimolo

Nel caso del primo Focus si procede con la somministrazione di una intervista di gruppo che si basa sulla presentazione di vignette A, B e C, che descrivono situazioni non reali ma corrispondenti ad una tipologia standard per il Servizio e per gli operatori (Appendici A, B, e C )

Nel secondo Focus si procede con la presentazione di una scheda che raccoglie quanto emerso dal 1° Focus group, quindi si apre la riflessione e la discussione, raccogliendo le impressioni su punti di forza e di debolezza dell’attuale modello e approccio in relazione al paradigma culturale del Social Investment

Soggetti invitati N°

inviti N° confermati

data orario Luogo

1 Focus Assistenti

Sociali che lavorano sulla popolazione anziana 7 5 12 maggio 2014 9.30 12.30 Società della Salute Valdarno Inferiore 2 Focus

Responsabili Unità Operative SDS e

Assistenti sociali territoriali UOS “Anziani”, “Adulti e Disabili”, “Famiglie e Minori”

7 6 11

giugno 2014

8.30 – 11.30

Sede Società della Salute Valdarno Inferiore

Moderatore: Responsabile della ricerca

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quindi si conoscevano tra loro anche se in grado diverso: alcuni sono dipendenti delle Amministrazioni comunali e della USL, che costituiscono il Consorzio SdS Valdarno Inferiore, altri sono dipendenti di due diverse Cooperative che collaborano con la SdS in regime di affidamento dei servizi. Nelle due esperienze la conversazione è stata guidata attraverso domande stimolo che hanno consentito di sollecitare la discussione ma al tempo stesso mantenere la conversazione entro i limiti dell’indagine, dando particolare attenzione al punto di vista degli operatori

3.3.1 Il primo focus: i percorsi assistenziali a favore della popolazione anziana

Il primo focus è stato condotto con un gruppo composto da 5 Assistenti Sociali che fanno parte della Unità Operativa anziani della Società della Salute Valdarno Inferiore: due di loro sono dipendenti rispettivamente di una cooperativa e della Unità Sanitaria Locale, le altre 3 sono dipendenti di tre diversi Comuni. L’ambito territoriale di riferimento per il loro lavoro è la Zona Distretto del Valdarno Inferiore della USL 11 e comprende i Comuni di Montopoli in Valdarno, Santa Croce Sull’Arno, Castelfranco di Sotto e San Miniato.

Fatta eccezione per l’Assistente Sociale, che partecipa stabilmente alla Unità di valutazione multidimensionale4 di riferimento per l’intero territorio, le altre operano ognuna in un Comune diverso e si occupano esclusivamente della popolazione anziana che vive in quel territorio comunale.

I percorsi operativi ed assistenziali nei quali questi operatori sono quotidianamente impegnati sono quelli previsti dalle Leggi Regionali della Toscana n 41 del 2005 “Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale” e n 66/2008, “Istituzione del Fondo Regionale per la non autosufficienza”. In particolare questa seconda normativa ha significativamente condizionato negli ultimi anni il lavoro dei Servizi con la popolazione anziana, focalizzando l’attenzione del sistema sulla non autosufficienza, innanzitutto perché attribuisce alle zone distretto risorse vincolate all’erogazione di prestazioni a favore di questa fascia di popolazione, ed in secondo luogo perché definisce percorsi strutturati di presa in carico ed individua i luoghi e le modalità per l’accesso dei cittadini.

Nei percorsi assistenziali dedicati alla non autosufficienza il rapporto tra sociale e sanitario è formalizzato e la Unità di valutazione multidimensionale è la struttura operativa di riferimento

4 La struttura operativa deputata alla valutazione della condizione di non autosufficienza e alla definizione del piano assistenziale individualizzato, Unità di valutazione multidisciplinare, è definita dalla L.R n66/2008 ed è composta da un medico di distretto;un assistente sociale; un infermiere professionale. La UVM è di volta in volta integrata dal medico di medicina generale della persona sottoposta a valutazione; la UVM, in relazione ai casi in esame, è inoltre integrata dalle professionalità specialistiche, sociali e sanitarie, e dagli operatori coinvolti nella valutazione che sono ritenuti necessari.

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per l’attuazione degli stessi. La normativa regionale, inoltre, definisce percorsi standardizzati di valutazione del bisogno e di progettazione del piano assistenziale, predefinendo e quantificando il tipo di prestazioni che possono essere erogate, finalizzate in via prioritaria alla permanenza al domicilio della persona non autosufficiente e al sostegno dell'impegno delle famiglie nell'attività di cura.

Il lavoro con la popolazione anziana autosufficiente si colloca invece nella cornice normativa di riferimento prevista dal titolo I, capo II “Diritti di cittadinanza sociale” della Legge 41/2005. Questa norma afferma che i servizi sociali ricomprendono «tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi e prestazioni destinati a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e difficoltà che la persona incontra nel corso della vita» e che «il sistema dei servizi sociali è un sistema integrato per i diritti di cittadinanza sociale» ma non disciplina poi percorsi specifici di presa in carico e di relazione strutturata tra le diverse competenze professionali, finalizzati alla concreta attuazione dei principi dichiarati. L’integrazione tra professioni diverse (Titolo IV “Integrazione socio-sanitaria”) è prevista solo per le attività ad integrazione socio-sanitaria e anche in questo caso si rinvia la responsabilità della sua concreta attuazione ai comuni e alle aziende unità sanitarie locali. Essi, infatti, sono chiamati a stipulare accordi e convenzioni nell’ambito delle quali individuare forme organizzative di raccordo per la gestione dei servizi fondate sull’integrazione professionale. La norma inoltre non attribuisce ai diritti di cittadinanza sociale risorse dedicate, fatte salve quelle del fondo sociale regionale, che hanno però un carattere contributivo e perequativo, lasciando ai Comuni l’onere principale di finanziamento degli interventi.

L’obiettivo principale di questo primo gruppo focus è stato quello di ricostruire i processi di presa in carico e i percorsi assistenziali i rivolti alla popolazione anziana, evidenziando i profili specifici di “bisogno” che emergono nel lavoro quotidiano, le modalità di intervento, le risposte che vengono praticate, le relazioni che intercorrono tra i vari attori, e facendone emergere gli aspetti salienti e le maggiori criticità.

Il gruppo ha lavorato quindi all’analisi di 3 casi di studio presentati attraverso lo strumento delle “vignette”5

. Le vignette utilizzate per la ricerca6. sono descrizioni realistiche di casi “tipo”, cioè simili alle situazioni e storie individuali e familiari che gli operatori dei servizi per gli anziani incontrano quotidianamente nella loro attività, cioè storie di persone con problemi di fragilità sociale e sanitaria e di non autosufficienza e di famiglie alle prese con la gestione della

5

Per l’utilizzo dello strumento delle vignette si è fatto riferimento e preso spunto dal materiale di ricerca utilizzato da Barberis e Kazepov (2013) in “Il welfare frammentato. Le articolazioni regionali delle

politiche sociali italiane”

6 Le vignette utilizzate per la presentazione dei tre casi di studio sono riprodotte nelle schede allegate in appendice

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funzione di cura. Le storie rappresentate nelle vignette, anche se sufficientemente vicine nei loro aspetti generali e specifici alle situazioni che i servizi normalmente incontrano, descrivono in realtà “casi immaginari”, proprio per consentire agli operatori che hanno partecipato al focus il distacco necessario per la riflessione e l’interpretazione di quanto accade durante il processo di presa in carico e per evitare il timore di un giudizio sul loro lavoro.

Alla presentazione della vignetta ha fatto seguito una traccia strutturata d’intervista7con domande finalizzate a simulare il processo di valutazione e presa in carico, consentendo così alla vignetta stessa di svolgere una funzione di stimolo alla “riproduzione”, in ambiente di gruppo, dei processi assistenziali riferiti a specifiche tipologie di bisogni, alla loro analisi e valutazione. E’ stato così possibile far emergere le modalità di intervento utilizzate dagli operatori, le possibili risposte date, ed infine sollecitare un’interpretazione e riflessione su quanto accade nel percorso di presa in carico, come e perché, ed evidenziare anche alcuni aspetti di criticità.

Un’attenzione particolare nella strutturazione dell’intervista è stata data nel sostenere i partecipanti al gruppo nella riflessione individuale, evitando di suggerire risposte già pronte. Il tentativo è stato quello di favorire una ricerca e una ricostruzione di significati e interpretazioni sui dati emergenti con le vignette e non di raccogliere interpretazioni preformate.

Attraverso l’intervista si è cercato quindi di scandagliare il sistema di relazioni tra i soggetti coinvolti nel percorso di presa in carico e il tema dell’integrazione con domande volte a capire quali sono gli attori coinvolti nell’accogliere la richiesta d’intervento (quali uffici e quali servizi) e a conoscere il percorso della pratica, con domande del tipo: «Qual è il percorso che la pratica segue?», «Chi effettua la valutazione? Ci sono criteri predefiniti di valutazione?». Si è cercato di capire quanto le logiche di frammentazione e categorizzazione condizionino il modello di organizzazione e le modalità operative dei servizi attraverso domande come queste: «Gli operatori che raccolgono la domanda ed entrano in contatto con l’anziano si occupano unicamente della richiesta relativa ad esso oppure guardano anche altri aspetti e fattori? Se sì quali?», «Cosa accade quando gli operatori, nel loro lavoro con gli anziani, entrano in contatto con problemi e bisogni di altri componenti della famiglia?».

Un altro obiettivo è stato quello di mettere a fuoco le “criticità” (i bisogni) prevalenti su cui si appunta l’attenzione degli operatori ed evidenziare le logiche ed i criteri di “lettura” utilizzati nella loro rilevazione: «Come definireste questa situazione? Quanto è rilevante per il Servizio?» Ed ancora capire se e in che misura i bisogni rilevati trovano poi una risposta. «I bisogni emersi trovano una risposta e in che misura?»

7

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L’intervista, con il consenso dei partecipanti al gruppo, è stata registrata su supporto magnetico e su supporto cartaceo grazie all’ausilio di una collega che ha partecipato al focus con la funzione di osservatore e di aiuto nella registrazione. La registrazione delle informazioni emerse durante il focus ha consentito una migliore analisi ed interpretazione dei dati emersi e la loro catalogazione in un report successivo di restituzione

Gli esiti del primo focus group: il processo, l’approccio, i bisogni. I cambiamenti possibili

Il processo

Il focus ha evidenziato un’impostazione di lavoro nettamente distinta tra le due categorie della popolazione anziana autosufficiente e quella non autosufficiente, con una prevalenza di impegno, in termini di tempo-lavoro e attenzione, sulla seconda categoria.

In questo caso è formalmente prevista l’integrazione delle dimensioni professionali sanitaria e sociale, e le procedure di valutazione, standardizzate, (come da Decreto Direzione generale diritto alla salute e politiche di solidarietà della Regione Toscana n 1354 del 25 Marzo 2010) si basano su elementi di carattere clinico e funzionale, che producono un punteggio determinante ai fini della pesatura della condizione di non autosufficienza8; questo punteggio correlato poi alla situazione reddituale del beneficiario, determinerà il quantum di risorse dedicate alla non autosufficienza, che potranno essere erogate sotto forma di servizi o di prestazione monetaria La valutazione sociale, anche se prevista e strutturata secondo uno strumento/schema predisposto dalla Regione Toscana, non incide però in alcun modo su questa misurazione, anche se viene utilizzata, in ambito di Unità di valutazione multidimensionale, per la definizione del progetto assistenziale personalizzato, ma esclusivamente in riferimento al tipo di intervento da

8 Le dimensioni misurate dal processo valutativo, che pesano nell’attribuzione del punteggio di isogravità del bisogno e nella definizione di risorse da attribuire al Pap, sono la dimensione clinico- funzionale relative alla presenza di particolari patologie (scheda clinica), alla indipendenza nelle funzioni base della vita quotidiana, come lavarsi, vestirsi, alimentarsi ecc( scala BADL) e nelle attività strumentali della vita quotidiana, quali fare acquisti, prepararsi il cibo, gestire farmaci ecc..( scala IADL ), alla presenza di disturbi dell’umore, allo stato mentale( test di Pfeiffer). Il processo di valutazione prevede anche l’utilizzo di strumenti relativi alla dimensione socio-ambientale tramite una scala di rilevazione del grado di stress del care giver familiare (CBI, caregiver burden inventory) e una scheda di valutazione sociale volta a dare informazioni sul livello di adeguatezza ambientale e sul livello di capacità di copertura della assistenza diretta e indiretta. La valutazione della dimensione sociale però non incide nella attribuzione del punteggio di isogravità né sulla attribuzione di risorse destinate al Progetto assistenziale ma solo nella scelta della tipologia di risorse da attribuire al progetto. E’ da segnalare inoltre che la scala CBI viene somministrata dall’assistente sociale solo quando l’operatore rileva una criticità nella relazione di cura.

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aattuare (esempio assistenza domiciliare piuttosto che inserimento residenziale ecc…). Quindi, come evidenziano gli operatori «la dimensione sociale non rileva formalmente nella valutazione della condizione di non autosufficienza né nella quantificazione di prestazioni a cui il cittadino e/o la sua famiglia avranno accesso».

Ma l’aspetto di forza riconosciuto dal gruppo al percorso riservato alla non autosufficienza è costituito essenzialmente dall’attribuzione di risorse dedicate (Fondo Regionale per la non autosufficienza), dalla previsione formale di un lavoro integrato tra servizi diversi e dalla chiarezza dei percorsi. Questo ultimo aspetto in particolare è apprezzato dagli operatori che ritengono utile che «[…]l’anziano ed i suoi familiari sappiano con certezza a quali prestazioni hanno diritto e a quali condizioni, quali percorsi devono seguire; ciò crea le premesse per un rapporto più chiaro e trasparente con i servizi e con le istituzioni».

Il lavoro sugli anziani autosufficienti invece non si basa su un percorso strutturato di valutazione e presa in carico né può fare affidamento su un sistema formale di relazioni tra sociale e sanitario.

Emerge quindi il tema della “mancata integrazione” quando l’anziano presenta un bisogno presumibilmente riconducibile ad aspetti socio assistenziali: in questi casi anche se la condizione di fragilità sociale si accompagna a quella sanitaria, per la presenza di patologie legate all’età avanzata, può non essere facile per l’Assistente sociale avere la collaborazione delle figure sanitarie (medico di medicina generale o altre figure specialistiche) e, in assenza di percorsi formalmente strutturati, la collaborazione ed integrazione professionale dipendono unicamente dalla disponibilità personale degli operatori.

Nel lavoro con le persone anziane autosufficienti, anche se in condizioni di fragilità sanitaria o borderline, o che vivono in nuclei familiari con caratteristiche di multi problematicità, sarebbe particolarmente importante per i servizi sociali ricevere in tempo utile segnalazioni dai medici di medicina generale. Questo consentirebbe ai servizi di procedere ad una presa in carico preventiva in situazioni di rischio ma, come dicono gli operatori, le figure sanitarie, «devono essere inseguite»; soprattutto la relazione con il medico di medicina generale, ritenuta dagli operatori fondamentale per la valutazione della condizione di bisogno e per la presa in carico anche in chiave preventiva, non è affatto scontata per i componenti del gruppo focus, che evidenziano ripetutamente le difficoltà che incontrano nello stabilire modalità di collaborazione proficue9.

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Soltanto l’Assistente Sociale che ha la propria sede operativa nell’edificio in cui si sta sperimentando la Casa della Salute, dove i medici di medicina generale fanno il loro ambulatorio, registra una maggiore facilità di relazione e integrazione con la dimensione sanitaria, proprio in ragione di questa compresenza.

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La presa in carico, la valutazione della condizione di bisogno dell’anziano autosufficiente e la definizione del progetto d’intervento sono quindi di esclusivo appannaggio del Servizio Sociale e non seguono criteri predefiniti ma sono piuttosto caratterizzate da un elevato livello di discrezionalità, dell’operatore sociale inizialmente e della Sessione Tecnica di valutazione e autorizzazione degli interventi in un secondo momento.

La ridotta disponibilità di risorse da parte del servizio pubblico, rispetto a quella che si registrava alcuni anni fa, incide in modo importante non solo sulla definizione del piano assistenziale individuale ma anche sui criteri di valutazione della condizione di bisogno: perciò, nel caso della popolazione autosufficiente, la condizione economica del singolo anziano, del suo nucleo familiare convivente, ma anche quella dei figli non conviventi, ha un peso particolare nella valutazione della condizione di bisogno. L’ISEE anagrafico del beneficiario dell’intervento viene sempre acquisito nell’istruttoria della pratica: non solo per determinare l’eventuale compartecipazione al costo del servizio erogato, secondo le modalità definite dal regolamento, ma anche per valutare la capacità di sostenere il costo di un eventuale intervento privato, alternativo a quello del servizio pubblico. L’ISEE dei figli non conviventi viene, da regolamento, acquisito solo nel caso in cui vi sia una richiesta di prestazione residenziale, ma comunque la situazione socio economica degli stessi viene in genere presa in considerazione, anche in presenza di richiesta di altri interventi.

Un altro elemento che, in subordine, condiziona la discrezionalità di valutazione degli operatori è la solitudine dell’anziano: l’anziano solo, privo di rete familiare e parentale, con un reddito basso, avrà maggiori possibilità di vedere riconosciuta la propria condizione di bisogno, mentre la presenza di familiari, anche non conviventi, spinge in genere gli operatori ad abbassare il livello di attenzione, perché si presuppone che i familiari siano comunque una risorsa per l’anziano. Nel caso del “Sig. G. anziano solo”, presentato dalla vignetta B, quando è stato chiesto agli operatori se il bisogno emerso troverà risposta nei percorsi assistenziali, il gruppo è stato concorde nel rispondere: «In teoria sì ma nella pratica molto dipenderà dalle risorse disponibili per gli autosufficienti al momento della presa in carico. In questo momento le risorse per gli autosufficienti sono ridotte, soprattutto le risorse destinate all’assistenza domiciliare diretta, che sembra essere la risposta più indicata al bisogno del sig. G…[…].Se è evidente la situazione di difficoltà della figlia si può attivare una Assistenza domiciliare ma solo per alcune ore alla settimana (max 2 o 3 h), con eventuale compartecipazione al costo del servizio in base al reddito individuale del beneficiario […].oppure potremmo attivare alcune ore di Assistenza domiciliare “leggera” effettuata dall’Associazione di Volontariato […]». Quindi l’eventuale disponibilità di risorse economiche interne al nucleo e la presenza di familiari “risorsa”, anche non conviventi, sono elementi che pesano in modo significativo nella

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discrezionalità della valutazione della condizione di bisogno e ai fini dell’erogazione di prestazioni e servizi.

Nell’ambito dei percorsi rivolti alla popolazione autosufficiente, quindi, gli unici elementi certi e predefiniti, in termini di chiarezza e trasparenza, sono quelli riferiti alla misura della compartecipazione al costo dei servizi eventualmente attivati, definita in specifico regolamento; come dicono gli operatori: «La figlia di G, che si è rivolta al servizio chiedendo un aiuto per il padre, non può fare riferimento ad elementi di certezza né per quanto riguarda i criteri di accesso al servizio domiciliare né per quanto riguarda il “quantum” dell’eventuale prestazione».

Nel lavoro condotto con entrambe le categorie di utenza emerge uno scarso livello di conoscenza reciproca degli interventi messi in atto dai diversi attori, sociali e sanitari, che intervengono sul nucleo familiare. Infatti il processo di presa in carico, nella dimensione valutativa e in quella progettuale, non prevede relazioni strutturate, non solo tra i percorsi sociali e quelli eventuali di carattere sanitario, ma neanche tra quelli sociali rivolti agli anziani e tra quelli rivolti ad altre tipologie di utenza, quali adulti, disabili, minori e famiglie, confermando la presenza di un modello di servizi strutturato per categorie di utenza e di bisogni, non solo dal

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