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Il concordato preventivo con continuità e l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti

CAPITOLO IV – LA PROCEDURA SINDACALE NEL TRASFERIMENTO D’AZIENDA

4.5. Il concordato preventivo con continuità e l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti

Come già analizzato, il comma 4 dell’art. 47, Legge n. 428/1990 consente una deroga alle garanzie previste dall’art. 2112 c.c. anche nel caso di aziende per le quali via sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo o per quelle il cui accordo di ristrutturazione dei debiti sia stato omologato da parte del tribunale. La deroga prevista dal comma 4 si atteggia in maniera diversa, a seconda che si tratti di concordato o di ristrutturazione dei debiti. Nel primo caso, l’accordo sindacale può essere raggiunto anche prima dell’omologa del concordato preventivo, ma comunque dopo la dichiarazione di apertura della procedura, mentre nel caso di ristrutturazione dei debiti, è consentito derogare all’art. 2112 c.c. (seppure nei limiti del comma 4) solo dopo l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione da parte del tribunale competente, in quanto è solo con l’omologa che viene effettuato un vero controllo giudiziale, così come richiesto dalla Direttiva 2001/23/CE.

Nell’ipotesi derogatoria prevista dal comma 5 dell’art. 47, Legge n. 428/1990, l’art. 2112 c.c. non trova alcuna applicazione solo nel caso di omologazione del concordato preventivo consistente nella cessione dei beni del cedente.

Proprio con riferimento all’applicazione dei commi 4 e 5 in caso di concordato preventivo, la giurisprudenza ha avuto molto di pronunciarsi più volte e in senso sostanzialmente univoco. In particolare, le corti sono state chiamate a statuire se - ai fini

l’omologazione del concordato preventivo dovesse (o meno) precedere l’atto di cessione (o l’affitto) del ramo d’azienda a cui sono addetti i dipendenti del cedente.

Sul punto, è intervenuta la Corte di Cassazione nel 2002, la quale ha stabilito che l’accordo sindacale di deroga dell’art. 2112 c.c. e l’omologazione del concordato preventivo «concretano due condizioni che devono congiuntamente sussistere al momento in cui diviene operativo il trasferimento dal cedente al cessionario, ancorché non sia necessario che la seconda di esse preceda la prima215», e cioè, non deve sussistere una rigida sequenza temporale tra l’accordo sindacale e l’omologazione del concordato preventivo216.

215Cfr. Cass., sez. lav., 16 maggio 2002, n. 7120 e Riv. it. dir. lav. 2003, II, pag. 169, nota di L. D’ARCANGELO secondo cui l’omologazione del concordato preventivo e l’accordo con le organizzazioni sindacali devono sussistere congiuntamente nel momento in cui il trasferimento diventa efficace, «senza possibilità alcuna di estendere la previsione di cui al quinto comma dell’art. 47 al caso del trasferimento del ramo d’azienda per il quale sono solo contemplati, ma non già realizzati al momento del trasferimento, gli eventi previsti dalla norma (in tal senso, da ultimo, Cass., 21 marzo 2001, n. 4073, FI, 2001, I, 3235; in dottrina cfr. BUONAJUTO, Il trasferimento dell'azienda e del lavoratore, Padova, 1999, 117-119)».

216Cfr. anche Cass., S.U., 8 agosto 1991, n. 8640, Cass., sez. lav., 21 marzo 2001, n. 4073, Cass., sez. lav., 16 maggio 2002, n. 7120, secondo cui «la negazione di una sequenza temporale rigida tra l’accordo e provvedimento, ravvisata dalle Sezioni Unite con riguardo alla legge 215-1978, a maggior ragione può essere ripetuta con riguardo alla nuova disposizione di cui all’art. 47, essendo indubitabile che il necessario collegamento, non cronologico ma funzionale, tra i due atti sussista anche quando l’accordo sindacale preceda la richiesta di dichiarazione dello stato di crisi (o gli altri eventi previsti). (…) I due atti, quello privato volto alla tutela dei dipendenti ceduti e quello pubblico volto all’interesse collettivo del mantenimento dei livelli occupazionali, restano autonomi ma convergono a realizzare la finalità della legge, che è quella di agevolare la commerciabilità dell’azienda in crisi, che male si concilia con il mantenimento inalterato delle garanzie prevista da detta disposizione, alle quali diviene così possibile derogare. Diversamente potrebbe ritenersi se fosse rinvenibile, nel caso concreto, una discrasia temporale, tale da far presumere che la situazione considerata in sede di accordo sia diversa da quella verificata poi in sede pubblicistica; solo in questa evenienza si potrebbe ravvisare l'insussistenza del collegamento funzionale e teleologico tra i due atti. Non è questo il caso accertato dalla sentenza impugnata, in cui si dà atto che nello stesso accordo si era fatto riferimento esplicito e diretto alla procedura concorsuale e all'istanza di

Lo stesso principio è stato altresì affermato anche recentemente dai giudici di merito. In particolare, nel caso sottoposto al Tribunale di Busto Arsizio, la società Metalluminio S.p.A. in data 26 aprile 2013 veniva ammessa alla procedura di concordato preventivo e con effetto dal 23 settembre 2013, a seguito dell’accordo con le organizzazioni sindacali, trasferiva 25 dei 39 dipendenti in forza alla neocostituita Metalluminia S.r.l. I lavoratori rimasti in forza presso Metalluminio S.p.A., dopo un periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria, venivano successivamente licenziati nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo e alcuni di questi chiedevano al tribunale di accertare il diritto alla costituzione e/o alla prosecuzione dei rispettivi rapporti di lavoro alle dipendente di Metalluminio S.p.A. in forza dell’art. 2112 c.c.

La sentenza pronunciata dal Tribunale di Busto Arsizio217nel caso in esame è particolarmente interessante, sia per le tesi sostenute dai lavoratori e dalla società, sia per le motivazioni in cui viene analizzata in maniera molto lineare e approfondita la disciplina derogatoria dell’art. 47 della Legge n. 428/1990 e la sua compatibilità con l’ordinamento comunitario. In particolare, secondo la difesa dei lavoratori «anche alla luce dei principi comunitari (in particolare

della Direttiva 2001/23) (…), mentre la fattispecie disciplinata dal comma 5 riguarderebbe ipotesi nelle quali è oggettivamente esclusa la continuazione dell’attività di impresa della società assoggetta a procedura concorsuale, la fattispecie disciplinata dal comma 4-bis sarebbe attinente esclusivamente a ipotesi nelle quali l’attività aziendale prosegue anche dopo l’apertura della procedura concorsuale, o perché alla continuità è volto il procedimento di insolvenza o perché, semplicemente, non è cessata o non è stata

disposta la cessazione dell’attività. In tali casi il potere derogatorio attribuito all’accordo sindacale non avrebbe lo stesso contenuto di quello di cui al comma 5. Solo nel caso in cui non vi siano prospettive di continuità dell’attività aziendale sarebbe concesso ampio potere di deroga all’art. 2112 c.c., ciò al fine di favorire il recupero in extremis dell’attività e il mantenimento almeno parziale dell’occupazione. Nel caso, invece, l’attività aziendale prosegua, tale deroga piena non sarebbe possibile: il comma 4-bis dell’art. 47 della legge 428/1990 attribuisce all’autonomia collettiva il potere di concordare una deroga limitata all’art. 2112 c.c. nelle ipotesi ivi previste, ovvero l’accordo può escludere la solidarietà del cessionario per i debiti che i lavoratori “transitati” avevano al momento del trasferimento e prevedere modifiche peggiorative delle condizioni di lavoro dei lavoratori “transitati”, ma non può prevedere l’esclusione del trasferimento al cessionario del rapporto di lavoro dei dipendenti addetti al ramo dell’azienda ceduto (sono i limiti stabiliti dall’art. 5, paragrafo 3, della Direttiva 2001/23)». Di diverso avviso, invece, la

società, secondo cui «l’accordo che condiziona l’applicazione dell’art. 2112 c.c. può produrre gli effetti derogatori più ampi, poiché la disposizione del comma 4-bis non circoscrive gli spazi dei “termini” e delle “limitazioni” che può stabilire. La norma prevede la possibilità di stipulare un accordo sindacale volto a derogare quanto previsto dall’art. 2112 cod. civ., sottoponendo ciò all’unica condizione che sia rinvenuto un accordo nell’ambito del quale sia previsto il mantenimento, anche solo parziale, dell’occupazione. La deroga può riguardare non solo quelli che sono gli aspetti puramente economici e normativi del trattamento applicabile ai lavoratori, ma altresì lo stesso perimetro dell’azienda e/o del ramo di

azienda oggetto del conferimento. Ciò sarebbe confermato anche dall’inciso “anche parziale”»218.

A fronte di ciò, il Tribunale di Busto Arsizio, soffermandosi sulla disciplina dettata dalla Direttiva 2001/23/CE, afferma che per superare qualunque tipo di contrasto con la normativa comunitaria, il comma 4 della Legge n. 428/1990 deve essere interpretato nel senso che gli accordi raggiunti con le organizzazioni sindacali possono esclusivamente derogare alla solidarietà e/o prevedere condizioni di lavoro peggiorative. Il cedente ed il cessionario, infatti, non possono, alla luce del dettato comunitario, perimetrare i dipendenti da trasferire al cessionario, e cioè impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro di alcuni dipendenti addetti al ramo d’azienda al cessionario. Tale facoltà, è infatti consentita, solo ed esclusivamente nel caso in cui non sia stata disposta la continuazione dell’attività aziendale, e cioè, nell’ipotesi contemplata al comma 5 dell’art. 47 della Legge n. 428/1990.219

Richiamando la sentenza della Corte di Cassazione 16 maggio 2002, n. 7120, anche il Tribunale di Busto Arsizio ha affermato che «l’esclusione dell’operatività dell’art. 2112 c.c. è possibile (e produce

218 La società, inoltre, si difende sostenendo che «la possibilità di deroga al mantenimento della totalità dei rapporti di lavoro nell’ipotesi di trasferimento di azienda di imprese sottoposte a procedure concorsuali è prevista anche da altre norme dell’ordinamento nazionale: l‘art. 105 della Legge Fallimentare prevede, infatti, espressamente che, nell’ipotesi di fallimento, «nell‘ambito delle

consultazioni sindacali relative al trasferimento di azienda, il curatore, l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e le ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti». L’art. 182 della stessa legge,

con riferimento al concordato preventivo, prevede espressamente che «si

applicano gli artt. da 105 a 108-ter in quanto compatibili».

219Il Tribunale prosegue affermando che «l’inciso “anche parziale” (di cui al comma 4 dell’art. 47, Legge n. 428/1990) va interpretato come riferito alle condizioni del rapporto di lavoro e non anche alla possibilità di limitare la prosecuzione del rapporto di lavoro solo ad alcuni lavoratori».

effetti nei confronti dei lavoratori “non transitati”) solo se le due condizioni previste dalla norma, ovvero la stipulazione dell’accordo e l’omologazione del concordato preventivo, sussistono al momento in cui acquista efficacia la cessione (o l’affitto) del ramo d’azienda».

Alla luce dei principi esposti, il Tribunale ha ritenuto che l’accordo sindacale stipulato da Metalluminio S.p.A. e Metalluminia S.r.l. in cui si prevedeva il trasferimento solo parziale dei lavoratori non poteva derogare all’art. 2112 c.c. in quanto il concordato preventivo di Metalluminio S.p.A. era stato omologato in data 28 marzo 2014 mentre l’accordo sindacale era stato stipulato il 5 settembre 2013 e il trasferimento d’azienda era divenuto efficace dal 23 settembre 2013, giorno in cui una parte dei lavoratori erano stati trasferiti a Metalluminia S.r.l. Di conseguenza, lo stesso Tribunale dichiarava il diritto dei lavoratori a proseguire il loro rapporto di lavoro alle dipendente di Metalluminia S.r.l.

Sebbene la giurisprudenza sia piuttosto uniforme nel ribadire i summenzionati principi non mancano sentenze in cui, invece, la giurisprudenza arriva a conclusioni sostanzialmente opposte.

È questo il caso del Tribunale di Roma220che non dà alcuna rilevanza al momento in cui assume efficacia l’atto di trasferimento ai fini della deroga dell’art. 2112 c.c., focalizzando invece l’attenzione sulla finalità della procedura concorsuale di concordato preventivo.

Nel caso di specie, la Tocco Magico S.p.A. in concordato preventivo, aveva dapprima raggiunto un accordo sindacale ai sensi del comma 5 della Legge n. 428/1990, trasferito parzialmente una parte dei propri dipendenti al cessionario, e solo successivamente aveva richiesto e ottenuto l’omologazione del concordato preventivo presso il tribunale competente. Secondo la tesi del Tribunale di Roma, il trasferimento al

cessionario di solo parte dei dipendenti addetti al ramo doveva ritenersi legittima proprio alla luce del dettato comunitario che esclude l’applicazione delle previsioni contenute nella Direttiva 2001/23/CE nel caso in cui la procedura concorsuale abbia finalità liquidatoria. Nel caso di specie, osservava il Tribunale, la procedura di concordato preventivo della Tocco Magico S.p.A. aveva effettivamente avuto natura liquidatoria (così come esige e prevede la Direttiva) in quanto era stato prevista la dismissione dell’intero patrimonio aziendale della società mentre non vi erano elementi per affermare che la procedura concorsuale avesse invece avuto finalità di riorganizzazione del patrimonio sociale e di continuità aziendale.

4.6. La procedura di amministrazione straordinaria prima del