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La responsabilità solidale prevista dall’art. 2112 c.c. è inderogabile ma il legislatore ha espressamente consentito alla possibilità di liberare il cedente trasformando l’obbligazione da solidale a monosoggettiva (comma 2, art. 2112 c.c.).

In particolare, mediante la sottoscrizione una transazione in una delle sedi c.d. protette indicate agli artt. 410 e 411 c.p.c., il lavoratore trasferito può espressamente rinunciare a far valere qualunque tipo di credito maturato in costanza di rapporto di lavoro prima della data di trasferimento nei confronti del cedente, facendo diventare quale unico debitore per qualunque credito lavorativo il cessionario.

3. LA SOSTITUZIONE DEI CONTRATTI COLLETTIVI APPLICATI DAL CEDENTE

Un’ulteriore garanzia a favore dei lavoratori è prevista dal terzo comma dell’art. 2112 c.c.: «il cessionario è tenuto ad applicare i

trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento,

secondo cui il diritto al trattamento di fine rapporto sorge soltanto in capo al datore di lavoro cessionario, aveva ritenuto che l'importo per il trattamento di fine rapporto non fosse soggetto a questa particolare disciplina, secondo cui il credito è opponibile all'istituto cessionario soltanto se risultante dallo stato passivo della Banca cedente. In particolare - ha affermato Cass., sez. lav. 23 novembre 2009, n. 24635 - è "Errata ... la tesi ..., che nega la maturazione di alcuna pretesa del lavoratore, quanto al trattamento di fine rapporto, prima della cessazione del rapporto di lavoro". Invece "il meccanismo di accantonamento previsto dall'art. 2120 cod. civ. permette di ravvisare diritti soggettivi del lavoratore anche ne corso del rapporto, tutelati sia con l'azione di mero accertamento sia con l'azione di condanna al pagamento delle anticipazioni permesse dallo stesso art. 2120 c.c.". E quindi la Corte ha disatteso il precedente orientamento che trovava il suo fondamento "nell'erroneo presupposto che solo con la fine del rapporto nasca ogni diritto del lavoratore". Per altro verso pacifica è la funzione del t.f.r. come retribuzione differita; cfr. ex plurimis Cass., sez. lav., 5 agosto 2005, n. 16549, che, con affermazione ricorrente, ha ribadito che il t.f.r. costituisce un istituto di retribuzione differita che matura anno per anno attraverso il meccanismo dell'accantonamento e della rivalutazione. In particolare Cass., sez. 1, 17 dicembre 2003. n. 19309, ha parlato di quota differita della retribuzione, condizionata sospensivamente, quanto alla riscossione, dalla risoluzione del rapporto di lavoro». Così anche Cass., 14 maggio 2013, n. 11479.

fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello133».

L’interpretazione data dalla dottrina e dalla giurisprudenza al terzo comma dell’art. 2112 c.c. non è stata uniforme, dando luogo a due diversi filoni.

Secondo il primo filone, più risalente nel tempo, l’effetto sostitutivo può realizzarsi solo mediante la stipulazione di c.d. accordi di “ingresso” o di “armonizzazione” con il cessionario. In sostanza, laddove il cessionario fosse intenzionato a derogare anticipatamente rispetto alla data di naturale scadenza del contratto collettivo, ciò sarebbe ritenuto possibile solo dopo la sottoscrizione di un apposito contratto negoziato con le organizzazioni sindacali nell’ambito della procedura di informazione e consultazione sindacale134.

Un altro filone, più recente e oggi maggioritario, che interpreta il terzo

133Anche in questo caso, il terzo comma dà attuazione al terzo paragrafo dell’art. 3 della Direttiva 2001/23/CE che così prevede «dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo».

134Così Pret. Milano, 30 marzo 1995 «l'art. 2112, comma 3 c.c., si interpreta nel senso che non vi è automatica sostituzione del contratto collettivo all'atto del trasferimento in conseguenza dell'applicazione di una qualsiasi regolamentazione collettiva presso l'acquirente, ma tale sostituzione avviene solamente ne caso in cui l'esame congiunto ex art. 47, comma 2, l. 29 dicembre 1990 n. 428, si concluda con un accordo (cosiddetto contratto d'ingresso) circa il trattamento economico -normativo da attribuire al personale trasferito, in mancanza del quale il contratto collettivo applicato dall'alienante continuerebbe a produrre i suoi effetti sino alla data della scadenza naturale». Per una disamina più approfondita della questione, cfr. A. ALLAMPRESE, Il contratto collettivo nel trasferimento d’azienda, in Arch.

dir. lav., 2007, A.S. LIEBMAN, La disciplina collettiva applicabile ai lavoratori trasferiti; trasferimento d’azienda e rapporto di lavoro, in Dialoghi. dottr. giur.,

2004, RAFFI, Tutela del lavoratore nel trasferimento d’azienda tra normativa

nazionale e normativa comunitaria, Milano, 2004, CASTELVETRI, Trattamenti normativi e contratto collettivo applicabile, in Riv. it. dir. lav. 2000, G. SANTORO

comma in maniera molto meno rigida del precedente, sostiene che la norma intende garantire ai lavoratori passati alle dipendenze del cessionario l’applicazione del contratto collettivo che regolava il rapporto fino alla data del trasferimento solo nel caso in cui il cessionario non applichi alcun contratto collettivo. In caso contrario, la contrattazione collettiva applicata dal cedente ai lavoratori trasferiti è automaticamente sostituita da quella applicata dal cessionario, anche se contiene condizioni peggiorative rispetto alla prima135. Tale ragionamento, come osservato in dottrina, «sarebbe più assimilabile alla successione temporale fra più contratti collettivi, per cui le precedenti disposizioni possono essere modificate da quelle successive anche in senso sfavorevole al lavoratore, con il solo limite dei diritti quesiti: peraltro, il lavoratore non potrebbe pretendere di mantenere come definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da una norma collettiva non più esistente, atteso che per costante giurisprudenza le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali136».

Peraltro, la giurisprudenza ha anche aggiunto che a seguito del trasferimento d’azienda, non si può «pretendere di conservare,

nell'ambito della nuova organizzazione, discipline legate indissolubilmente ai moduli organizzativi dell'azienda cessata137».

4. IL DIVIETO DI LICENZIAMENTO MOTIVATO DAL TRASFERIMENTO DAZIENDA E LE DIMISSIONI DEL LAVORATORE TRASFERITO

Le ultime garanzie in favore dei lavoratori scaturenti dall’art. 2112 c.c. sono contemplate al quarto comma che prevede: (i) il principio

135Tra le tante, Cass., 18 maggio 2011, n. 10937.

136 Così L. RATTI, Le garanzie per i lavoratori nelle vicende traslative

dell’impresa, Esternalizzazioni e tutela dei lavoratori, UTET, 2014.

per cui il trasferimento non costituisce di per sé motivo di licenziamento, ferma restando la facoltà del cedente o del cessionario di recedere dal rapporto di lavoro ai sensi della normativa sui licenziamenti; e (ii) il diritto dei lavoratori trasferiti a rassegnare le dimissioni qualora le condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, con gli effetti di cui all'art. 2119, primo comma.

Tralasciando per ora il divieto di licenziamento che verrà esaminato al paragrafo 4.9 capitolo V in connessione con la vicenda Alitalia Compagnia Area Italiana S.p.A. - Etihad Airways, ci si soffermerà ora sul diritto alle dimissioni c.d. qualificate previsto dall’art. 2112 c.c. Anche in tal caso il legislatore italiano, mediante la previsione di tale garanzia, ha dato attuazione alla Direttiva 2001/23/CE che all’art. 4, paragrafo 2, prevede che «se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è risolto in quanto il trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro». Seppur la formulazione della norma non sia estremamente felice, la dottrina ritiene che le dimissioni rassegnate a causa del trasferimento non possono essere sovrapposte e parificate a quelle per giusta causa perché è la stessa norma a prevedere che le dimissioni rassegnate ai sensi dell’art. 2112 hanno (solo) «gli effetti di cui all'art. 2119, primo comma». E, cioè, in deroga alla disciplina generale per cui nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato la parte che recede è tenuta ad osservare un periodo di preavviso, in base all’art. 2112 c.c., il lavoratore è legittimato a rassegnare le dimissioni con effetto immediato, come se le dimissioni fossero sorrette da giusta causa, senza osservare alcun periodo di preavviso, richiedendo il pagamento

Quanto ai confini della «sostanziale modifica» delle condizioni di lavoro, la dottrina ritiene che il legislatore abbia voluto configurare una giusta causa più “attenuata” o “ampliata” che astrattamente comprenderebbe tutte le modifiche sostanziali del rapporto di lavoro, non solo giuridiche ma anche di mero fatto che abbiano una particolare rilevanza138. A titolo esemplificativo, vi rientrerebbero le modifiche organizzative della società (modifica dei reparti, uffici), il trasferimento ad altra sede dei lavoratori, il mutamento di mansioni, il cambiamento dell’orario di lavoro139. Altra dottrina, invece, ritiene che tali dimissioni siano configurabili solo quando si verifichino dei cambiamenti tali per cui il lavoratore non avrebbe accettato di essere assunto alle condizioni nelle quali si è trovato a causa del trasferimento d’azienda. In ogni caso, si può certamente escludere che la norma faccia riferimento ai mutamenti illegittimi che come tali sarebbero ricompresi nella nozione di giusta causa. Il lavoratore perciò potrà dimettersi con effetto immediato senza che sia necessario alcun inadempimento da parte del datore di lavoro/cessionario140.