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Il concordato preventivo prima del D.Lgs 12 gennaio 2019, n 14: procedimento e finalità

3. L’ISTITUTO DEL CONCORDATO PREVENTIVO

3.1. Il concordato preventivo prima del D.Lgs 12 gennaio 2019, n 14: procedimento e finalità

Il concordato così come previsto dalla Legge Fallimentare del 1942 consisteva in un’alternativa al fallimento, concessa all’imprenditore “onesto ma sfortunato”. I requisiti per accedervi erano la meritevolezza dell’imprenditore e l’integrale pagamento del credito privilegiato e del 40% di quello chirografario. Le varie alternative di concordato erano tre249:

- Il concordato garantito: consisteva nella garanzia a pagare almeno il 40% del credito chirografario entro sei mesi dall’omologa, oltre agli interessi se previsti;

- Il concordato con cessione dei beni: con il quale, in seguito alla valutazione dell’effettiva capacità di soddisfazione di almeno il 40% del credito chirografo, veniva offerta la cessione ai creditori di tutti i beni dell’impresa;

- Il concordato c.d. misto: era caratterizzato da una contemporanea cessione dei beni dell’impresa e forme tipiche o atipiche di garanzie prestate anche da un terzo, con la quale doveva essere raggiunta la percentuale di soddisfazione del 40% dei crediti chirografari.

Con la riforma del 2005 l’istituto del concordato preventivo ha subito la sua prima e più profonda modifica. Tale riforma, infatti, apportando cambiamenti quali l’eliminazione della soglia di soddisfazione dei creditori e del principio di meritevolezza, aveva dato inizio ad un fenomeno di utilizzo abusivo dell’istituto: crebbero esponenzialmente le domande di concordato preventivo in tutte le sedi giurisdizionali italiane. Di lì iniziarono ad aumentare le problematiche riguardo a materie di applicazione e interpretazione dell’istituto, dovute in

249 DANOVI A., Il concordato preventivo prima del Codice, dati empirici, in Guida Normativa/Il Sole 24 Ore, marzo, 2019, 3, p. 133.

particolare al continuo rimodellamento della normativa tramite modifiche con cadenza quasi annuale250.

Prima del 2005 il concordato era percepito come strumento di natura liquidatoria volto alla sola soddisfazione degli interessi dei creditori e non di risoluzione e conservativo del valore aziendale. Dal 2005 questa concezione va scemando e il concordato diventa un istituto che vuole evitare la liquidazione aziendale e promuoverne la ristrutturazione conservando i complessi produttivi. Anche se dalla Relazione Illustrativa del D.LGS n. 5/2006 si legge che

«muovendo dall’attuale sistema normativo concorsuale, qualsiasi tentativo di riforma della materia deve anche ispirarsi ad una nuova prospettiva di recupero delle capacità produttive dell’impresa, nelle quali non è più individuabile un esclusivo interesse dell’imprenditore, secondo la ristretta concezione del legislatore del ’42, ma confluiscono interessi economici e sociali più ampi, che privilegiano il ricorso alla via del risanamento e del superamento della crisi aziendale», la conservazione dei complessi produttivi e il risanamento dell’impresa non

furono l’obiettivo principale del nuovo concordato: esso, infatti, continuava ad essere la soddisfazione dei crediti e la ristrutturazione dei debiti in quanto l’assenza di prospettive risanatorie non ne precludeva l’accesso. Il concordato rappresentava una nuova possibilità per i creditori di vedere ripagati i loro crediti e una opportunità per il debitore di continuare e risanare la propria attività251: al concordato vengono quindi attribuite due finalità.

L’esperienza pratica di quegli anni mostra però il prevalere della funzione liquidatoria su quella conservativa252. Inoltre, osservando la formulazione dell’art. 160 L. Fall. si nota come alle

lettere a) e b) del comma I, viene previsto il risanamento dell’impresa mediante la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti in qualsiasi forma e alle lettere c) e d) la suddivisione in classi dei creditori introduce una distinzione tra coloro che vogliono essere soddisfatti mediante liquidazione e coloro che vogliono esserlo mediante la prosecuzione dell’attività d’impresa253.

250 DANOVI A, ACCIARO G., Una nuova disciplina per un uso importante del concordato preventivo, in Guida

Normativa/Il Sole 24 Ore, marzo 2019, 3, p. 7.

251RACUGNO G., Gli obiettivi del concordato preventivo, lo stato di crisi e la fattibilità del piano, in Giur. comm., 2009, I, pp. 474 – 475.

252Si veda AZZARO A. M., La funzione del concordato preventivo tra crisi e insolvenza, in Fallimento, 7, 2007, p. 743, il quale, evidenzia la netta predominanza del concordato con funzione liquidatoria, che costituisce una via comoda per gestire la crisi poiché evita la dichiarazione di insolvenza.

253 Così SEVERINI F., I problemi procedurali del concordato preventivo, in AA.VV, Il nuovo diritto della crisi di

Con la riforma del 2005 il concordato perde la sua natura pubblicistica, in particolare viene attribuita un’ampia autonomia al debitore nella definizione della proposta concordataria e viene affidato al Tribunale non più un ruolo di indagine sulla fattibilità giuridico-economica della proposta, ma di gestore dell’intera procedura, dovendo vigilare sulla corretta informazione dei creditori e sulla trasparenza dell’operazione.

In seguito a questa riforma il concordato venne considerato alla stregua di un contratto; la Cassazione Civile, con sentenza del 15 settembre 2011, n. 18864, stabilì che tra il concordato preventivo ed il contratto esiste una «differenza ontologica» in quanto esso ha effetto su tutti i creditori e non solo tra le parti che lo hanno stipulato. Inoltre, il debitore non può rivolgersi direttamente ai creditori, l’ammissione al procedimento, infatti, viene richiesta tramite istanza al tribunale a cui segue l’assenso dei creditori e infine interviene nuovamente il tribunale con il decreto di omologa e con il suo ruolo di gestore254.

Si evidenzia nelle recenti riforme, quindi, la presenza di un’esigenza di bilanciamento dell’autonomia privata con il controllo del tribunale.

La struttura della procedura di concordato preventivo è costituita dalle seguenti fasi: ammissione, adunanza ed omologazione. La proposta di concordato viene effettuata dall’imprenditore fallibile, il quale si trova in stato di crisi e di riflesso, di insolvenza, e sulla stessa si pronuncia il Tribunale che, verificati i presupposti, la completezza e la regolarità della documentazione dichiara aperta la procedura. Con l’apertura della procedura, il Tribunale convoca i creditori e nomina il commissario e il giudice delegato255. Ai sensi dell’art. 166 L.

Fall., il decreto di apertura è pubblicato a cura del cancelliere e viene notificato al debitore e al commissario giudiziale, può inoltre essere pubblicato in uno o più giornali. Nel caso in cui la documentazione per avviare la procedura non sia completa, al debitore vengono concessi dal Tribunale quindici giorni per integrare il piano; la proposta di concordato viene dichiarata inammissibile nel caso in cui il debitore non provveda alla produzione dei nuovi documenti (art. 162, comma II, L. Fall.), inoltre, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico

254 GIANI S., Orientamenti (e disorientamenti) della cassazione in tema di concordato preventivo. La cognizione

del tribunale in sede di omologa del concordato preventivo, in www.ilfallimentarista.it

255 Anche nel nuovo Cci, con il decreto di apertura vengono nominati il giudice delegato e il commissario giudiziale e fissate le date iniziali e finali del voto e il termine per le comunicazioni ai creditori. Inoltre, il decreto di apertura fissa il termine, non superiore a 15 gg, entro il quale il debitore deve depositare nella cancelleria il 50% delle spese che si presumono necessarie per la procedura, ovvero, se disposto dal tribunale, il 20% di tali spese; art. 47 Cci.

ministero, se ne ricorrono i presupposti256, il tribunale dichiara il fallimento del debitore,

reclamabile ai sensi dell’art. 18 L. Fall.

Dal 2015 è prevista la possibilità di proporre una proposta concorrente di concordato: la proposta deve venire da un numero di creditori che rappresentano almeno il 10% dei crediti, come risulta dalla situazione patrimoniale depositata dal debitore257e deve, inoltre, avvenire

entro i 30 giorni antecedenti alla prima adunanza dei creditori (art. 163, comma IV, L. Fall.). Nel caso in cui il piano concorrente prevede la proposta di trasferimento dell’azienda o di uno o più rami a favore di un determinato soggetto, il tribunale deve adoperarsi per attivare un procedimento competitivo per ricercare nuovi interessati all’acquisto258.

L’adunanza dei creditori viene presieduta dal giudice delegato: il concordato viene approvato se viene raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto, i quali possono appartenere a diverse classi in base alla loro graduazione. Infatti, se previste diverse classi, il voto deve raggiungere la maggioranza nel maggior numero di classi.

Nel caso in cui venga approvata una proposta di concordato, ad essa segue l’omologazione che avviene con decreto motivato, previo giudizio di fattibilità259 da parte del

tribunale. Inoltre, il provvedimento di omologazione e l’eventuale provvedimento contrario possono essere appellabili.

All’art. 186 della L.Fall. vengono, infine, previsti i casi in cui il concordato possa essere risolto o annullato: la risoluzione può essere richiesta da ciascuno dei creditori se il debitore non adempie alle obbligazioni assunte nel concordato o se le garanzie promesse con vengono costituite; il concordato non può essere risolto se si tratta si inadempimenti di scarsa importanza. «Il ricorso per la risoluzione deve essere proposto entro un anno dalla scadenza

del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato. Le disposizioni che precedono non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore». La sentenza che risolve il concordato,

inoltre, riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva.

256 Artt. 1 – 5 L. Fall.;

257 Art. 161, comma II, let. a) L. Fall.; 258 Art. 163-bis, commi II-V.

259 Sul giudizio di fattibilità, negli anni, si sono succeduti diversi pareri: attualmente, fino all’entrata in vigore del Cci, prevale in dottrina la regola secondo la quale il giudizio di fattibilità economica del piano spetti ai creditori in quanto diretti interessati mentre, il giudizio sulla fattibilità giuridica e la sorveglianza sul fatto che le valutazioni dei creditori siano state espresse correttamente e che gli stessi siano stati adeguatamente informati su ogni aspetto attinente alla procedura spetta al tribunale.

«Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio con il debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell'attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità». Anche in questo caso, «la sentenza che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutiva. Il ricorso per l'annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l'ultimo adempimento previsto nel concordato260».

Per quanto riguarda il concordato con continuità, il decreto di ammissione alla procedura può essere revocato nelle ipotesi presenti all’art. 173 L. Fall. e nei casi in cui venga a cessare l’esercizio dell’attività di impresa o il proseguimento dell’esercizio risulti dannoso per i creditori.

La normativa prevede anche la possibilità di un concordato in bianco o con riserva: in linea con l’obiettivo di prevenzione ed emersione anticipata della crisi, il legislatore, con la L. 07/08/2012, n. 134, ha introdotto gli attuali commi VI e VII dell’art. 161, L. Fall. Questa tipologia di concordato prevede la possibilità per il debitore di beneficiare immediatamente degli effetti derivanti dall’apertura della procedura concordataria261, presentando solamente

il ricorso contenente la domanda di concordato preventivo, i bilanci degli ultimi tre esercizi e l’elenco nominativo dei creditori e dei relativi crediti; la proposta, il piano e la documentazione necessaria all’apertura della procedura potranno essere presentati solo successivamente entro un termine fissato dal tribunale, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile di non oltre 60 giorni. Oltre, a sottoporsi a questa rigorosa tempistica, il debitore è tenuto a sottoporsi anche alla vigilanza del tribunale, il quale può persino nominare degli ausiliari incaricati di sorvegliare la gestione dell’impresa262. Se al termine dei giorni a disposizione per

proporre il piano questo non viene accettato, il tribunale può dichiarare il fallimento su istanza di un creditore o del pubblico ministero.

260 Art. 138 L. Fall.

261 Si intendono gli effetti preclusivi alle azioni dei singoli creditori di cui agli artt. 167, 168 e 169 L. Fall.

262 Inoltre, il legislatore con il c.d. Decreto del Fare ha previsto la possibilità di nomina da parte del tribunale, mediante il decreto con cui assegna al debitore il termine per presentare la documentazione prescritta, del commissario giudiziale anche per questa fase che precede il concordato; il fine è quello di, appunto, effettuare un controllo sulla gestione economico – finanziaria dell’impresa per verificarne la sostenibilità necessaria per la fase successiva.

Risulta evidente come il concordato in bianco proceda sulla stessa via della nuova riforma, dimostrando come negli ultimi anni il tema della “continuità aziendale” sia stata al centro del pensiero giuridico: l’istituto, infatti, vuole incentivare l’imprenditore a denunciare tempestivamente lo stato di crisi e insolvenza, agevolando la continuità dell’attività imprenditoriale263. Di qui, si può intuire il perché del boom dei concordati con riserva negli

anni immediatamente successivi alla loro introduzione: l’istituto veniva utilizzato solamente per tardare il fallimento, in quanto veniva proposto da aziende in stadi di insolvenza molto avanzati. Con l’introduzione del nuovo Cci, questo istituto ha ormai perso gran parte, se non tutta, della sua rilevanza, in quanto strumento anticipativo degli effetti del concordato preventivo, ruolo che ora ricoprono i nuovi strumenti di allerta e prevenzione della crisi.