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Condensatori

Esempio 4 - Due batterie’ sono collegate in parallelo come mostrato in figura

3.4 Condensatori

Sin dai primi studi sull’elettricità, verso la metà del secolo XVIII, alcuni ricercatori iniziarono a chiedersi se fosse possibile immagazzinare in un conduttore una certa quantità di carica elettrica, facendo in modo che questa non venisse dispersa. Il primo strumento costruito per questo scopo è la cosiddetta ‘bottiglia di Leida’, che deve il suo nome alla città olandese nella quale lo studioso Pieter van Musschenbroek la costruì nel 1745. La bottiglia di Leida era costruita da una bottiglia di vetro rivestita, sia internamente che esternamente, da un foglio di carta stagnola opportunamente caricato; una piccola catena di materiale conduttore in contatto con la stagnola veniva fatta fuoriuscire dal tappo (isolante) della bottiglia.

Se si toccava la catenella, si avvertiva una forte scossa elettrica, a dimostrazione che la bottiglia era un accumulatore di cariche elettriche. La bottiglia di Leida rappresenta il primo esempio di condensatore, un mezzo molto semplice per immagazzinare carica elettrica.

• La caratteristica

Considerate con attenzione la Figura 3.30: in essa abbiamo disegnato due conduttori di forma piana, isolati e posti, faccia a faccia, in un mezzo isolante. Questo sistema viene detto condensatore e, da ora in poi, indipendentemente dalla loro geometria, chiameremo i due conduttori armature del condensatore.

Per comprendere l’origine di questo nome, supponiamo che sulle armature, che sono isolate dagli oggetti che le circondano, vi siano cariche uguali ed opposte, + q e - q. Il campo elettrico sostenuto da questa distribuzione di cariche è costituito da linee di forza che escono da un’armatura e terminano sull’altra, linee parallele ed equispaziate nella regione centrale, compresa tra i due conduttori, e si diradano nella regione più esterna (non mostrata in figura). Questo fatto suggerisce l’idea di linee che si condensano, che si accumulano, in una certa regione e supportano l’intuizione che gran parte dell’energia del campo si concentri tra le due armature.

Spiegheremo rigorosamente nel seguito questi concetti, per il momento cominciamo ad analizzare il caso in cui il dielettrico interposto sia il vuoto; più avanti rimuoveremo questa ipotesi, ammettendo l’esistenza di un generico dielettrico.

E + q

- q d

h

A

Figura 3.30: condensatore piano.

Il condensatore è, dunque, caratterizzato da due grandezze: il valore assoluto della carica q dei due conduttori e dalla differenza di potenziale V0 che si instaura tra essi. Insistiamo sul fatto che q non è la carica totale del condensatore, che è nulla, ma è quella, considerata in valore assoluto, contenuta su ciascuna armatura e si può pensare di depositare queste cariche sulle armature, semplicemente collegandole ai due elettrodi di una batteria. Queste due grandezze, che come detto caratterizzano i condensatori, sono legate tra loro dalla seguente relazione, che per il momento non dimostriamo

q = C V0 ,

dove la costante di proporzionalità C è chiamata capacità del condensatore. La capacità dipende dalla forma e dalla posizione relativa delle armature, nonché dal dielettrico interposto tra esse. L’unità di misura della capacità è il farad, in onore a Michael Faraday che, tra le altre cose, sviluppò il concetto di capacità. In particolare si nota che

C = q

V0 = 1 C

1 V = 1 F .

Nella pratica vengono usati dei sottomultipli, quali il microfarad 1µ F = 10-6 F, il picofarad 1nF = 10-9 F ed il nanofarad 1pF = 10-12 F, in quanto il farad è un’unità di misura troppo grande.

Nella Figura 3.30 abbiamo mostrato un condensatore piano i cui conduttori hanno la forma di due armature parallele, di area A, separate da un distanza d: si tratta in ultima analisi di due piatti piani e paralleli, abbastanza estesi e di forma rettangolare. Abbiamo accennato in precedenza che, se colleghiamo ciascuna

armatura ai terminali di una batteria, una carica + q si deporrà su di una armatura, ed una di valore - q apparirà sull’altra. Notiamo ora che se d è piccolo rispetto alle dimensioni delle armature, allora l’intensità del campo elettrico fra le armature è pressoché uniforme e le linee di forza saranno parallele ed ugualmente spaziate, partendo dall’armatura positiva e terminando su quella negativa. Per non complicare troppo la trattazione, supporremo che non vi sia campo elettrico all’esterno del condensatore; in effetti, ciò è a rigore falso dato che, se tale campo fosse veramente assente, cioè se non ci fosse campo al di fuori delle armature, le equazioni dell’elettromagnetismo mostrerebbero una insanabile contraddizione.

Poiché, in pratica, la distanza tra le armature è sufficientemente piccola, riterremo trascurabile il campo all’esterno.

Per arrivare al calcolo della capacità, è necessario usare la legge di Gauss per il campo elettrico. In effetti, la dimostrazione andrebbe fatta nel caso più generale in cui tra le armature del condensatore sia interposto un dielettrico generico e non l’aria, ma vedremo che l’estensione al caso generico è immediata. Per raggiungere il nostro fine, consideriamo come superficie cui applicare il teorema di Gauss quella indicata con tratteggio in Figura 3.30, cioè una superficie a forma di parallelepipedo di altezza h e racchiusa tra superfici piane di area A, aventi la medesima forma e dimensione delle armature del condensatore. Ricordiamo che la legge di Gauss per il campo elettrico asserisce che il flusso del campo elettrico, attraverso una qualunque superficie chiusa Σ, è pari alla carica contenuta nel volume racchiuso dalla superficie in esame, a meno della costante di proporzionalità ε0:

E

Σ

⋅ n dS = Q ε0 .

A questo punto non ci rimane altro che applicare questa relazione alla nostra geometria. Diciamo subito che il flusso di E è nullo per la parte di superficie che giace all’interno dell’armatura superiore del condensatore, perché il campo elettrico dentro un conduttore è nullo. Similmente per quel che riguarda le superfici laterali, il flusso è nullo dal momento che, nell’ipotesi in cui ci siamo messi, assenza di effetti di bordo, il campo elettrico è parallelo alla superficie, cioè perpendicolare alla sua normale; ciò vuol dire che il prodotto scalare presente nell’integrando non dà alcun contributo. Stesse considerazioni si possono ripetere per le due superfici terminali, le basi per così dire, che in figura non sono mostrate essendo questa in due dimensioni.

Ciò che resta è soltanto la parte relativa alla superficie posta tra le due armature e parallela ad esse. Il campo elettrico e la normale alla superficie sono, in ogni punto

di questa superficie, paralleli e concordi; il campo elettrico assume, poi, lo stesso valore in tutti i punti e, pertanto, si ricava il suo valore all’interno delle armature

E

A

⋅ n dS = E A = q

ε0 → E = q A ε0

.

La conoscenza del campo ci consente di trovare la differenza di potenziale tra le armature. Sappiamo che essa non è altro che l’integrale di linea del campo elettrico valutato a partire da un qualunque punto PINF dell’armatura inferiore per arrivare ad un punto PSUP qualsiasi dell’armatura superiore. Nessuno ci vieta di scegliere questi due estremi di integrazione sulla stessa linea di campo elettrico e, quindi,

V0 = E

PINF

PSUP

⋅ t dl = - q A ε0 PINF

PSUP

t ⋅ t dl = q d A ε0

,

dove, lo ripetiamo ancora una volta, abbiamo scelto, come linea di integrazione, una linea perpendicolare alle armature, coincidente con una qualunque linea di campo elettrico. Questo è stato possibile in quanto il campo elettrico nel caso stazionario è conservativo rispetto alla circuitazione e non dipende, quindi, dal cammino scelto per congiungere i due punti estremi. Dall’ultima relazione scritta segue immediatamente che la capacità C è pari a

C = q

V0 = ε0 A d .

Questa formula, valida solo per i soli condensatori piani, mostra che la capacità è un parametro che dipende soltanto dalla forma e dalla geometria del condensatore, nonché dalle caratteristiche dielettriche del mezzo interposto tra le armature; in essa, in effetti, compaiono soltanto grandezze geometriche e la costante dielettrica del vuoto.

Per condensatori di altre forme si hanno formule diverse che vi riportiamo senza dimostrazione. In particolare, ci interessa farvi conoscere almeno le formule relative ai condensatori cilindrici ed ai condensatori sferici. Nel caso cilindrico, il condensatore è costituito da due cilindri coassiali, di raggi a e b e lunghezza L. Si potrebbe dimostrare che, se il cilindro è sufficientemente lungo, la capacità vale

C = q

V0 = 2 π ε0 L ln ba

,

in cui il significato dei diversi parametri è stato già precisato. Se poi pensate a due sfere concentriche di raggi a e b, la capacità vale

C = q

V0 = 4 π ε0 a b b - a .

Facendo in modo che il raggio esterno sia molto più grande di quello interno, dalla relazione precedente si deduce pure la capacità di una sfera isolata, o, se preferite, la capacità di un condensatore sferico costituito da un’armatura di raggio a ed un’altra armatura di raggio talmente grande da poter essere considerato all’infinito.

In formule, risulta:

C = 4 π ε0 a b

b - a ≅ 4 π ε0 ab

b = 4 π ε0 a , se b » a .

Le equazioni appena scritte mostrano, come avevamo anticipato, che la capacità dipende dai parametri geometrici della struttura e dal dielettrico interposto tra le armature. Nel caso in cui tra le armature non vi fosse il vuoto, ma un diverso dielettrico, a patto che questo abbia ancora un comportamento lineare ed isotropo, basta sostituire, nelle formule precedenti, ad ε0 la quantità ε = ε0 εr, con εr costante dielettrica relativa.

Va fatta anche menzione dei condensatori a capacità variabile, costituiti da un insieme di dischi metallici fissi alternato con un altro insieme di dischi metallici girevoli (mediante una manopola). I dischi fissi e quelli girevoli rappresentano le armature; il dielettrico interposto può essere semplicemente l’aria oppure un altro isolante, come ad esempio la mica. Spostando, mediante la manopola, i dischi girevoli rispetto a quelli fissi si può far variare, entro certi limiti, la superficie delle armature e, di conseguenza, la capacità del condensatore.

Comunque, a parte l’effetto di bordo, la corrente che circola in un condensatore, alla luce della definizione della capacità, si collega facilmente alla tensione ai suoi capi per mezzo della relazione

q(t) = C v(t) → i(t) = d

dt q(t) = C d

dt v(t) .

È utile fare alcune osservazioni per comprendere come avvenga il passaggio di corrente attraverso un condensatore che, come suggerisce la Figura 3.31, in qualche maniera si interrompe in corrispondenza delle armature. La corrente di conduzione

i(t) passa attraverso un conduttore su quale è interposto un condensatore, ad esempio piano.

i(t) i(t)

n

n

S1 S2

+ −

v(t) Γ

Figura 3.31: passaggio di corrente attraverso un condensatore.

Quando il flusso di cariche arriva in corrispondenza dell’armatura convenzionalmente ritenuta positiva, la corrente di conduzione cessa ed un altro meccanismo deve innescarsi per trasmettere da un’armatura all’altra l’informazione legata al campo elettromagnetico. Per comprendere di cosa si tratti, consideriamo l’equazione di Ampère - Maxwell

H

Γ

⋅ t dl = JLIB + ∂D

SΓ ∂t

⋅ n dS .

Adoperando la curva chiusa Γ di Figura 3.31, scriviamo questa equazione una volta con riferimento alla superficie S1, un’altra con riferimento all’altra superficie S2. Entrambe queste superfici si appoggiano sullo stesso orlo, rappresentato proprio dalla curva Γ. Risulta, allora:

H

Γ

⋅ t dl = JLIB

S1

⋅ n dS = ∂D

S2 ∂t

⋅ n dS .

Il primo integrale superficiale rappresenta proprio la corrente di conduzione, dal momento che, per definizione, è

i(t) = JLIB

S1

⋅ n dS ;

il secondo integrale, che in forza della legge di Ampère - Maxwell deve essere uguale al primo, rappresenta il flusso della corrente di spostamento attraverso la superficie S2. È chiaro, allora, che al di fuori del condensatore la corrente è rappresentata dalla normale corrente di conduzione che, una volta entrata nel condensatore, si trasforma in corrente di spostamento. Questa affermazione prova pure che, per studiare il comportamento elettrico di un condensatore, non possiamo trascurare la corrente di spostamento e dobbiamo usare il modello quasi stazionario elettrico delle equazioni di campo, in cui la densità di corrente di spostamento non viene trascurata, ma viene trascurata la derivata temporale del campo di induzione magnetica.

Possiamo allora definire un nuovo vettore densità di corrente totale J = JLIB + ∂D

∂t ,

costituito sia dalla densità di corrente di conduzione, sia dalla densità di corrente di spostamento e si riconosce, in tutta generalità, che la corrente totale attraverso qualsiasi superficie chiusa è zero. Ciò vuol dire che, come prescrivono le equazioni di Maxwell, il nuovo vettore è solenoidale

J

Σ

⋅ n dS = JLIB + ∂D

Σ ∂t

⋅ n dS = 0 , quale che sia Σ chiusa .

Quest’ultima relazione rappresenta l’equazione di continuità della corrente applicata al vettore densità di corrente totale.

In definitiva, il condensatore ideale, schematizzato solitamente nei circuiti come in Figura 3.32, è un bipolo la cui caratteristica è, per definizione

i(t) = ± C d

dt v(t) , con C ≥ 0 ,

nella quale C è un numero (non negativo) che caratterizza il condensatore, prende il nome di capacità del condensatore, e si misura, come già detto, in farad (F). Il segno presente è ‘+’ se si è fatta la convenzione dell’utilizzatore (come in Figura 3.32); altrimenti, se cioè si è fatta la convenzione del generatore, il segno è ‘-’.

+ − C

v(t) i(t)

Figura 3.32: simbolo del condensatore ideale.

Come si vede, in questo caso siamo in presenza di una caratteristica dinamica

‘vera’, poiché la variabile t vi figura in maniera sostanziale attraverso l’operazione di derivazione proprio rispetto alla variabile t.

Dal punto di vista circuitale, il condensatore si comporta in maniera tale che, in ogni istante, il valore della corrente circolante nel condensatore è indipendente dal valore della tensione applicata in quello stesso istante al condensatore, ma è invece proporzionale alla derivata nel tempo di questa tensione. Le cariche positive possono, nel condensatore, tanto migrare dai punti a potenziale più alto a quelli a potenziale più basso, quanto risalire in senso inverso, a seconda del segno della derivata nel tempo della tensione. Per fare un paragone automobilistico, possiamo dire che il condensatore è come un’auto con ‘scarsa ripresa’ (tanto peggiore, quanto maggiore è la capacità): un brusco aumento della corrente non determina un altrettanto brusco aumento della tensione.

In regime stazionario, il condensatore si riduce a un semplice circuito aperto, dato che, se la tensione è costante nel tempo, si ha

i(t) = ± C d

dt v(t) = 0 .

Per questo, non sarà presente quando studieremo i circuiti in regime stazionario.

• Energia immagazzinata

Il condensatore è un perfetto serbatoio di energia elettrica, senza buchi. L’energia immagazzinata in un condensatore, in ogni istante e sulla quale è stata fatta la convenzione dell’utilizzatore, dipende soltanto dalla tensione applicata ai suoi morsetti, e vale

UC(t) = v(τ)

0 t

i(τ) dτ = C v(τ)

0 t

ddτ v(τ) dτ = 1

2 C v(t) 2 .

Nello scrivere la precedente relazione, si è supposto che, all’istante convenzionale t = 0, il condensatore fosse scarico e si è, pertanto, assunto v(0) = 0.

Il condensatore ideale è considerato, evidentemente, un bipolo ‘dotato di memoria’, dato che la tensione ai suoi capi rappresenta una variabile che tiene in conto lo stato energetico del bipolo, istante per istante.

È ovvio, infatti, che componenti destinati a immagazzinare energia dell’ordine di qualche joule dovranno avere dimensioni ben diverse da quelli destinati a immagazzinare energia migliaia di volte (o, addirittura, milioni di volte) più grandi. Per rendere più concrete le cose dette, discutiamo un esempio.

Esempio 5 - Un condensatore, supposto scarico all’istante t = 0 e di capacità C = 2, viene alimentato dalla tensione

v(t) = 6 t .

Determinare la potenza e l’energia assorbite nell’intervallo 0 ≤ t ≤ 10.

0 10 20 30 40 50 60 70

0 2 4 6 8 10

t

+

C = 2 i(t)

v(t) v(t)

i(t)

Cominciamo col fare per il condensatore la convenzione dell’utilizzatore come mostrato nella figura precedente. Si ha, allora:

i(t) = C d

dt v(t) = 2 d

dt (6 t) = 12 .

Venendo alla potenza e all’energia assorbite, non è difficile concludere che

p(t) = v(t) i(t) = 72 t .

L’energia immagazzinata, invece, vale UC(t) = 1

2 C v(t) 2 = 36 t2 .

Queste due grandezze sono rappresentate nella figura che segue (i valori della potenza sono espressi, come al solito, in watt, quelli dell’energia in joule). Vale la pena notare che, come già sappiamo, tra esse sussiste la relazione generale:

p(t) = d

dt UC(t) .

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000

0 2 4 6 8 10

t p(t)

UC(t)

• Condensatori in serie e parallelo

Spesso è utile usare, anziché un solo condensatore, più condensatori opportunamente collegati tra loro. Molti problemi tecnici vengono risolti tramite questo accorgimento e se il nostro obiettivo è innalzare la capacità complessiva, allora dobbiamo collegare due (o più) condensatori in parallelo, mentre se li colleghiamo in serie, vuol dire cha abbiamo intenzione di ridurre la capacità.

Cominciamo dai condensatori in parallelo. La Figura 3.33 mostra tre condensatori di capacità C1, C2 e C3, collegati in parallelo.

Quanto vale la capacità del bipolo equivalente al collegamento in parallelo?

A

B

C3 C2

C1 +

− v(t)

i1(t) i2(t) i3(t) i(t)

Figura 3.33: condensatori in parallelo.

Per ciascun condensatore si può scrivere che i1(t) = C1 d

dt v(t) , i2(t) = C2 d

dt v(t) , i3(t) = C3 d

dt v(t) . D’altra parte, in forza della LKC, deve essere

i(t) = i1(t) + i2(t) + i3(t) = (C1 + C2 + C3) d

dt v(t) = C d

dt v(t) , essendo C la capacità totale, pari a

C = C1 + C2 + C3 .

Questa formula, dedotta nel caso di tre capacità, può essere facilmente estesa al caso di N condensatori in parallelo, mostrando che la capacità equivalente di N condensatori in parallelo è pari alla somma delle singole capacità

C = C1 + C2 + C3 + ... + CN .

Allora si evince chiaramente che il collegamento in parallelo può essere usato per innalzare la capacità di un dispositivo.

Esempio 6 - Un condensatore piano, di area A e distanza tra le armature d, è riempito con due dielettrici, come mostrato in figura. Determinare la capacità.

+ εr1 − εr2

A/2 A/2

Il condensatore si può immaginare come il parallelo di due condensatori di capacità C1 = ε0 εr1 A

2 d , C2 = ε0 εr2 A 2 d .

+ −

C1

C2

La capacità complessiva vale C = C1 + C2 = ε0 A

2 d εr1 + εr2 .

Passiamo ora al caso dei condensatori in serie. La Figura 3.34 mostra tre condensatori di capacità C1, C2 e C3, collegati in serie.

A + − B

C2

C1 C3

i(t) i(t)

v(t)

v1(t) v2(t) v3(t)

+ − + − + −

Figura 3.34: condensatori in serie.

Questo tipo di collegamento si ottiene, come si evince dalla figura, collegando tra loro armature contigue di segno opposto. Anche per questa configurazione siamo interessati a stabilire quale sia la capacità complessiva equivalente. A tal fine notiamo che i tre condensatori, essendo collegati in serie, sono percorsi dalla stessa corrente, per cui

i(t) = C1 d

dt v1(t) = C2 d

dt v2(t) = C3 d

dt v3(t) ,

essendo v1(t), v2(t) e v3(t) le tensioni presenti ai loro capi. La tensione totale v(t) del sistema complessivo è data dalla somma di queste tensioni e, pertanto,

i(t) = C d

dt v(t) = C d

dt v1(t) + d

dt v2(t) + d

dt v3(t) = C 1 C1 + 1

C2 + 1

C3 i(t) , dove con C abbiamo indicato la capacità totale del sistema

C = 1

1 C1 + 1

C2 + 1 C3

.

Questa formula può essere facilmente estesa al caso di N condensatori in serie, affermando che la capacità equivalente ad N condensatori in serie è pari all’inverso della somma degli inversi delle singole capacità

C = 1

1 C1 + 1

C2 + 1

C3 + ... + 1 CN

.

Nel caso di due soli condensatori collegati in serie, la capacità equivalente è pari a C = 1

1 C1 + 1

C2

= C1 C2 C1 + C2 .

Da quest’ultima relazione è facile convincersi che questo tipo di collegamento viene usato per abbassare la capacità di un dispositivo. Immaginiamo di connettere due condensatori di stessa capacità C0 in serie; allora, la capacità equivalente risulta

C = C0 C0

C0 + C0 = C0 2 ,

cioè la metà del valore della capacità di ciascuno dei due condensatori. In generale, la capacità equivalente di un collegamento in serie è sempre minore, al più uguale, della più piccola capacità della catena.

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