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La condizione femminile in epoca Heian

1.4. I L RUOLO DELLE DONNE : I PERSONAGGI FEMMINILI NEL G ENJI MONOGATARI

1.4.1. La condizione femminile in epoca Heian

In apertura del capitolo si è brevemente accennato alla controversa condizione femminile in epoca Heian. Tuttavia, trattandosi di una situazione che differisce notevolmente da ciò cui ci ha abituato il Medioevo europeo, a noi più vicino, prima di procedere all’analisi delle donne all’interno dell’opera di Murasaki Shikibu è opportuno indugiare ancora una volta su questa questione.

Le donne di epoca Heian conducevano una vita prevalentemente sedentaria e segregata all’interno delle proprie stanze. Non era loro permesso presentarsi in pubblico, e gli unici uomini cui potevano mostrarsi in volto erano il padre, i fratelli nati dalla stessa madre, il marito e i propri figli; qualunque altro individuo di sesso maschile poteva essere ricevuto solo se separati da cortine e paraventi che non lasciassero intravedere la figura della donna. Permettere a un uomo di vederla rappresentava, infatti, per la donna Heian un invito alla

66 MUROFUSHI Shinsuke, “Genji monogatari no joseiron: amayo no shinasadame” (Trattato sulle donne nel Genji

monogatari: conversazione in una notte di pioggia), in YAMAGISHI Tokuhei, OKA Kazuo kanshū, Shisō to haikei

(Teorie e sfondo), “Genji monogatari kōza” (Corso sul Genji monogatari), Vol. 5, Tōkyō, Junkudō shuppan, 1971, p. 35.

67 Ivi, p. 22.

68 YODA Tomiko, Gender and National Literature: Heian Texts in the Constructions of Japanese Modernity,

violazione, per questo cercavano di rifuggire il più possibile gli sguardi degli estranei o eventuali incidenti che avrebbero rischiato di lasciarle allo scoperto.69

Poter posare lo sguardo su una dama dell’aristocrazia Heian, si rivelava dunque alquanto complicato, e spesso gli uomini venivano a conoscenza del volto della propria amata soltanto durante la prima notte d’amore. Questa situazione complessa condusse alla quasi naturale diffusione di quello che diventerà un topos ricorrente nella letteratura del tempo: il

kaimami 垣間見, l’atto di spiare attraverso una fessura per cogliere uno scorcio della donna

desiderata. Sovente, in epoca Heian, la pratica del kaimami era l’unico modo per un gentiluomo di poter scorgere la figura della donna amata70 e molte relazioni sentimentali avevano inizio proprio da questa pratica, alla quale seguiva il consueto scambio di lettere e poesie.

Nonostante una vita vissuta all’ombra delle cortine, le gentildonne di epoca Heian potevano, tuttavia, godere di una posizione favorevole e di una ricca educazione. Alle donne del tempo era, infatti, richiesto di essere colte, obbedienti e raffinate. Precluso loro l’accesso allo studio della lingua e dei classici cinesi,71 venivano perciò istruite nelle varie arti: pittura, musica, poesia, calligrafia, composizione di profumi e così via. Tra tutte, l’arte poetica e la calligrafia avevano un’importanza fondamentale in quanto parti integranti delle lettere che, per le donne del tempo, rappresentavano la principale forma di comunicazione con il mondo esterno e il loro biglietto da visita.72

Ma le donne Heian godevano altresì di una posizione giuridica notevolmente avvantaggiata rispetto alle loro contemporanee d’Occidente: oltre a essere tutelate contro la violenza fisica, potevano, infatti, ereditare beni e proprietà, in quanto la successione

69 ARNTZEN, “Introduction”, cit. p. 11.

70 La difficoltà nel posare gli occhi su una dama di epoca Heian e l’enorme importanza che veniva attribuita alla

bellezza, insita più nella raffinatezza dei modi e delle vesti che nell’aspetto fisico, portava gli uomini del tempo a innamorarsi non tanto della fanciulla vera e propria quanto più di un profumo, una poesia o un’elegante calligrafia. Questi elementi suggerivano, infatti, il grado di sensibilità di una donna ed erano ciò che, più di ogni altra cosa, la rendeva attraente. È, infatti, interessante notare come nello stesso Genji monogatari, così come in gran parte della letteratura del periodo, le qualità estetiche di un individuo non siano mai espresse attraverso la descrizione del suo aspetto fisico, bensì attraverso le sue vesti, i capelli, o la grazia dei suoi movimenti.

71 Esistevano, in realtà, alcune esponenti del sesso femminile, ritenute particolarmente colte, che avevano avuto

modo di imparare il cinese, la stessa Murasaki Shikibu e la sua “eterna rivale” Sei Shōnagon sembravano essere fra queste; tuttavia, era considerato presuntuoso e poco elegante per una donna fare sfoggio di conoscenze generalmente riservate agli uomini, e rischiava così di non lasciare una buona impressione di sé.

72 Per approfondire la questione dell’educazione femminile in epoca Heian si veda: ARNTZEN, “Introduction”,

cit. pp. 17-19; oppure: Joshua S. MOSTOW, “Mother Tongue and Father Script: the Relationship of Sei Shōnagon

and Murasaki Shikibu to Their Fathers and Chinese Letters” in Rebecca L. COPELAND, Esperanza RAMIREZ-

CHRISTENSEN (a cura di), Father-Daughter Plot: Japanese Literary Women and the Law of the Father, Honolulu, University of Hawaii Press, 2001, pp. 115-138.

residenziale del tempo sembrava seguire un sistema matrilineare.73 Questa posizione vantaggiosa fu favorita principalmente dalla diffusione della “politica dei matrimoni” istituita dai Fujiwara,74 che permetteva alle famiglie aristocratiche di arricchirsi grazie ai matrimoni convenienti che organizzavano per le loro figlie. Pertanto, le donne avevano maggiore possibilità rispetto agli uomini di innalzare la propria posizione sociale. Infatti, se a un uomo di alto rango era permesso sposare una donna di umili origini, lo stesso non si poteva dire del contrario: difficilmente un nobile di rango inferiore avrebbe potuto prendere in sposa una dama proveniente dalle alte fasce della nobiltà.

Ma se, da una parte, le donne di epoca Heian potevano godere di diritti inimmaginabili per le loro contemporanee d’Occidente, due tradizioni spirituali, per contro, influenzarono profondamente la visione del popolo giapponese nei loro confronti: il Buddhismo e il Confucianesimo. Ne consegue che, sulla scia dei principi basilari su cui erano fondate le due credenze, le donne non godessero degli stessi diritti della controparte maschile. Se nel Buddhismo le donne erano considerate spiritualmente inferiori, impossibilitate a rinascere nelle categorie superiori se prima non fossero passate attraverso un’incarnazione maschile;75 il Confucianesimo sosteneva che fossero chiamate a sottostare alle “tre obbedienze”: al padre finché erano bambine, al marito nel matrimonio, ai figli come vedove.76 Pertanto, la donna non era considerata indipendente e, per tutta la vita, la sua felicità dipendeva esclusivamente dalla protezione di un uomo.

Inoltre, in epoca Heian vigeva un sistema matrimoniale poligamico che, seppure regolarmente accettato, era un’inevitabile fonte di attriti e gelosie tra le varie donne di uno stesso uomo che, molto spesso, vedevano la propria posizione minacciata dalla presenza delle altre. A maggior ragione, la situazione appariva complicata in quanto, una volta sposati, i coniugi non vivevano tendenzialmente sotto lo stesso tetto e il matrimonio si risolveva

73 A questo proposito si veda: WAKITA Haruko, “Marriage and Property in Premodern Japan from the

Perspective of Women’s History”, trad. di Suzanne GAY, Journal of Japanese Studies, Vol. 10, No.1, 1984, pp. 78-82.

74 La famiglia dei Fujiwara fu caratterizzata da abili politici che si adoperarono di questo loro talento per

manovrare le attività di governo da dietro le quinte, arrivando così a detenere il potere quasi assoluto sul paese. Una delle tecniche di cui fecero largo uso fu la cosiddetta “politica dei matrimoni”: appena un Imperatore, ancora ragazzino, saliva al trono, facevano sì che sposasse una Fujiwara; successivamente, il figlio della coppia veniva nominato principe ereditario e quando, a circa trent’anni, l’Imperatore era costretto ad abdicare, gli succedeva al trono sposando a sua volta una Fujiwara. Così facendo, si assicurarono che il capofamiglia fosse sempre nonno o suocero, se non addirittura entrambi, di un regnante.

75 MORRIS, Il mondo del principe..., cit., p. 270.

76 NAGATA Mizu, “Transitions in Attitudes toward Women in the Buddhist Canon: the Three Obbligations, the

Five Obstructions, and the Eight Rules of Reverence”, trad. di Paul B. WATT, in Barbara RUCH (a cura di), Engendering Faith. Women and Buddhism in Premodern Japan, Ann Arbor, Center for Japanese Studies The

perlopiù con le visite dello sposo alla consorte che continuava a vivere presso la dimora dei propri genitori.77 Ciò condannava una donna alla costante attesa di una visita da parte del marito e all’incessante tormento dettato dalla paura che questi non si presentasse.

Pur godendo di una condizione per certi versi “invidiabile”, le donne di epoca Heian erano, dunque, abbandonate a una posizione di costante precarietà che le faceva sentire continuamente assediate da un forte sentimento di ansia e insicurezza per il futuro. Ciò faceva sì che, talvolta, a causa dell’angoscia per il proprio futuro e delle angherie subite dalle rivali, e non essendo più in grado di sopportare la totale mancanza di sicurezza che le riservava il sistema, una donna rischiasse di finire con l’ammalarsi e che la sua malattia sfociasse, come suggerisce Morris, “nell’isterismo o addirittura nella follia”,78 se non persino nella morte. Si tratta di ciò cui spesso, nella letteratura dell’epoca, si faceva riferimento come a un caso di possessione, o mononoke 物の怪 (uno spirito maligno).79

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