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2. Il quantum dell’assegno di divorzio

2.1. Le condizioni dei coniugi

Si è già detto come <<condizioni dei coniugi>> e <<reddito di entrambi>> siano criteri di cui il giudice dovrà servirsi già per verificare la sussistenza dei presupposti dell’assegno di divorzio. Tuttavia nell’ambito delle vicende personali dei coniugi, due sono in grado di influire sul quantum dell’assegno, più che sull’an: la costituzione di un nuovo nucleo familiare, fondato sulla convivenza

more uxorio o sul matrimonio, e gli aiuti economici provenienti dalla famiglia di

origine.

L’art. 5 comma 10 l. div. stabilisce l’estinzione dell’assegno post-matrimoniale nel caso di passaggio a nuove nozze del coniuge richiedente. Secondo la giurisprudenza consolidata101 questa disposizione non può applicarsi analogicamente al caso in cui il titolare dell’assegno, pronunciato il divorzio, intraprenda una convivenza more uxorio dalla quale possa trarre mezzi di sostentamento.

La dottrina102 ha condiviso l’assunto giurisprudenziale secondo cui non sarebbe giustificabile l’estinzione dell’assegno di divorzio dipendente dalla convivenza

more uxorio, in considerazione della mancanza di un’obbligazione contributiva

coercibile nelle unioni di fatto e della presunta maggiore precarietà della loro durata.

La giurisprudenza, tuttavia, è oggi concorde nel ritenere che il diritto all’assegno di divorzio possa rimanere quiescente, in seguito ad iniziativa dell’obbligato, qualora il giudice accerti che l’esigenze dell’avente diritto vengano in concreto soddisfatte e, dunque, non sussista lo stato di bisogno. Inoltre, allorché il convivente more uxorio contribuisca alla soddisfazione dei bisogni del titolare dell’assegno, detta circostanza potrà incidere sulla misura dello stesso ove si dia la prova, da parte dell’ex coniuge onerato, che essa influisca in melius sulle

101 Così Cass. 20 novembre 1985, n. 5717, in Foro it., 1985, I, 1369; Cass. 22 aprile 1993, n. 4761,

in Giur. it., 1994, I, 1831; Cass. 30 ottobre 1996, n. 9505, in Dir. Fam., 1997, 897.

condizioni economiche dell’avente diritto, a seguito di un contributo (per lo più spontaneo) al suo mantenimento o ad apprezzabili risparmi di spesa derivanti dalla convivenza103. Per pronunciare la sospensione dell’assegno la giurisprudenza richiede, però, che l’unione sia consolidata e durevole nel tempo104.

Talvolta è stato sostenuto che quando la convivenza more uxorio si caratterizza per stabilità, continuità e regolarità tanto da venire ad assumere i connotati della c.d. famiglia di fatto, essa incide sulla valutazione della adeguatezza dei mezzi <<recidendo finché duri tale convivenza ogni plausibile connessione con il tenore e con il modello di vita economici caratterizzanti la pregressa fase di convivenza coniugale, ed escludendo -con ciò stesso- ogni presupposto per il riconoscimento in concreto dell’assegno divorzile fondato sulla conservazione di esso>>.

In altre parole secondo questa pronuncia isolata il parametro di adeguatezza dei mezzi economici non dovrebbe valutarsi con riguardo al tenore di vita matrimoniale ma guardando al tenore di vita durante la convivenza.

Relativamente all’obbligato all’assegno, nel caso in cui la convivenza more uxorio si traduca in esborsi di tipo continuativo, si esclude che detti oneri possano comportare l’esonero dalla corresponsione dell’assegno, potendo al massimo incidere sulla misura dello stesso105. Del resto, si precisa, mentre a favore dell’ex coniuge è previsto un obbligo giuridico, il convivente può contare su un’obbligazione naturale non imposta dalla legge106.

103In questo senso Cass. 8 ottobre 2008 n. 24858, cit., Cass. 26 gennaio 2006, n. 1546, in Giust.

civ. Mass., 2006, 1 e Cass. 20 gennaio 2006, n. 1179, in Guida al diritto, 2006, 13, 81 la quale ritiene che la prova del mutamento in melius delle condizioni dell’avente diritto all’assegno può essere data con ogni mezzo anche presuntivo, soprattutto con riferimento ai redditi e al tenore di vita condotta dalla persona con la quale il titolare dell’assegno convive.

104 In questo senso Cass. 8 agosto 2003 n. 11975, in Giur. It. 2004, 1601.

105In questo senso Cass. 9 aprile 2003, n. 5560, in Fam. e dir., 2003, 5, 487 e Cass. 24 novembre

1999, n. 13053, in Giust. Civ. Mass, 1999, 2343, Cass. 9 marzo 1982, n. 1477, in Foro it., 1982, I, 352 ove si precisa che la convivenza non costituisce illecito e che risponde ad una legittima esigenza della persona, da prendere, pertanto, in considerazione ai fini di valutare la situazione economica dell’obbligato.

106C. M. BIANCA, Commento all’art. 5 L. 898/1970, cit.; negano che l’incapacità del coniuge

obbligato derivante dagli oneri assunti con la convivenza more uxorio possano portare alla riduzione dell’assegno di divorzio CECCHERINI, I rapporti patrimoniali nella crisi della famiglia

e nel fallimento, Milano, 1996, 380 per la quale l’assegno di divorzio, essendo un’obbligazione

civile, dovrebbe avere la prevalenza sulla contribuzione ai bisogni del convivente, la quale, invece, consiste in una obbligazione naturale, e F. GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia di fatto, Milano, 1983, 114,per il quale a far propendere per la prevalenza dell’assegno di divorzio sarebbe il favor matrimonii. Favorevole all’orientamento della giurisprudenza T. AULETTTA, Famiglie

Bisogna altresì considerare l’ipotesi in cui in seguito al divorzio, gli ex coniugi contraggano nuovamente matrimonio.

Infatti, se è l’ex coniuge beneficiario dell’assegno a risposarsi, il diritto all’assegno verrà ad estinguersi, secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 10, l.div; qualora sia l’obbligato all’assegno di divorzio a contrarre matrimonio, sarà necessario contemperare le esigenze della famiglia ricomposta e quelle dell’ex coniuge107. Pertanto soltanto qualora il coniuge riesca a soddisfare i bisogni della famiglia attuale ad un livello superiore rispetto a quello alimentare, questi potrà dirsi onerato dell’assegno di divorzio. Non si potrebbe, infatti, sostenere che l’ex coniuge possa avere un tenore di vita superiore a quello della nuova famiglia, poiché l’attualità del vincolo matrimoniale comporta che l’obbligo di contribuzione debba essere soddisfatto prioritariamente rispetto all’obbligo di sostentamento dell’ex coniuge.

Se la famiglia attuale dell’ex coniuge gode di un tenore di vita alimentare, allora sussistono i presupposti perché egli possa ottenere una sentenza che disponga l’estinzione dell’obbligo alla corresponsione dell’assegno, infatti, in questo caso, non potrebbe dirsi che l’obbligato abbia la possibilità economica di assolvervi. Per ciò che concerne l’assistenza economica prestata dalla famiglia di origine al beneficiario dell’assegno, secondo la giurisprudenza e la dottrina consolidate, difficilmente potrà incidere sulla misura dell’assegno se derivante dalla mera generosità e solidarietà dei parenti108; diversamente, se presieduta dall’obbligo giuridico degli alimenti, considerata la sua continuità nel tempo, potrà comportare la diminuzione dell’importo.

Tuttavia, riconosciuta funzione alimentare all’assegno di divorzio, v’è da chiedersi in quale posto della gerarchia degli obbligati agli alimenti l’ex coniuge si collochi. In proposito si può osservare che il silenzio riserbato dall’art. 5, comma 6, l. div. circa il grado in cui va collocato l’ex coniuge tenuto all’assegno di divorzio, probabilmente sta a significare che questi mantenga il medesimo ricomposte e obbligo di mantenimento, cit. il quale ritiene che la valutazione degli oneri derivanti

dalla famiglia di fatto sarebbe da tenere in considerazione per verificare la capacità dell’obbligato all’assegno di divorzio di assicurare un tenore di vita non dissimile ad entrambi i nuclei familiari.

107 In questo senso Cass. 12 ottobre 2006, n. 21919, in Fam. dir., 2007, 596 per cui se il coniuge

divorziato si è formato una nuova famiglia nei cui confronti è pur sempre legato da impegni riconosciuti dalla legge, occorre ridurre la misura dell’assegno di divorzio.

posto, nella graduatoria degli obbligati agli alimenti, che aveva prima dello scioglimento del matrimonio, ovvero il primo posto. Del resto il coniuge divorziato contraendo matrimonio si distacca dalla famiglia di origine su cui aveva fatto affidamento per il proprio sostentamento e costituisce una famiglia nuova all’interno della quale, anche tramite la sua collaborazione, verranno costituite le risorse necessarie a soddisfare i bisogni degli altri componenti e anche i propri; sciolto il matrimonio, l’obbligo di sostentare il coniuge non potrebbe ricadere sulla famiglia parentale alle cui risorse il coniuge non ha più contribuito; soltanto se l’ex coniuge non sia in grado di provvedere ai bisogni dell’altro rivivrà l’obbligo di solidarietà imposto dalla legge agli altri parenti, secondo, dunque, la stessa graduatoria prescritta dall’art. 433 c.c. che comunica la regola per la quale il consanguineo più prossimo all’alimentato deve farsi carico del suo sostentamento, mentre il coniuge, anche separato, è il primo degli obbligati poiché è nella famiglia creata con questo che il coniuge bisognoso ha impegnato le sue risorse economiche e le sue energie. Né in senso contrario potrebbe rilevare la diversa regola prevista dall’art. 129 bis c.c. secondo cui in caso di annullamento il coniuge a cui è imputabile la nullità del matrimonio corrisponde gli alimenti all’altro solo se non esistono altri obbligati: in questo caso, infatti, il matrimonio, in quanto afflitto da un vizio genetico, è invalido; il divorzio suppone un matrimonio sorto validamente, l’attuazione del coniugio e l’epilogo dello scioglimento, il quale, sia pur ammesso solo nel rispetto dei presupposti di legge, ha per indefettibile premessa una scelta dei coniugi i quali, preso atto dalla cessazione della comunione di vita e di intenti, si determinano al divorzio.

Le prestazioni effettuate spontaneamente da altri familiari del coniuge bisognoso, potranno incidere sulla determinazione dell’assegno di divorzio, in quanto contribuiscano a migliorare la sua condizione economica.

In ultimo tra le condizioni dei coniugi, v’è da considerare l’assegnazione della casa familiare, che in virtù dell’art. 6, comma 6 l. div., spetta al genitore presso cui i figli minori sono collocati, o con cui i figli maggiorenni convivono o al coniuge debole. Il diritto di abitazione della casa comune o di cui è titolare il non assegnatario certamente incide positivamente per il titolare dell’assegno che sia anche assegnatario della casa familiare e negativamente per l’onerato che debba

affrontare anche le spese necessarie per le proprie esigenze abitative. Pertanto del relativo risparmio di spesa a favore del titolare dell’assegno, e dell’aggravio dei costi per il coniuge non assegnatario della casa familiare, si dovrà tenere conto nella determinazione dell’importo dell’assegno109.

Diversamente, nel caso in cui la casa familiare fosse condotta in locazione, il coniuge assegnatario che subentra nel contratto, potrà far valere il costo dell’abitazione come circostanza che incide negativamente sulle sue condizioni economiche.