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La giurisprudenza non si è interrogata sulla natura da attribuire agli accordi stipulati tra i coniugi in occasione del divorzio: talvolta qualche sentenza è ricorsa alla qualifica di transazione, più spesso, -come si è visto- adducendo l'illiceità

266 In questo senso C. COPPOLA, Gli accordi in vista della pronuncia di divorzio, cit., 661,

secondo cui -posto che l’articolo 1348 c.c. che prevede quale possibile oggetto contrattuale le cose future, sarebbe applicabile, in virtù del rinvio operato dall’articolo 1324 c.c. anche al negozio unilaterale tra vivi avente contenuto patrimoniale- la rinunzia preventiva del diritto è ammissibile; l’effetto principale non sarebbe quello di impedire l’ingresso del diritto rinunziato nel patrimonio del suo autore bensì quello di attuarne la dismissione nello stesso momento dell’acquisto. Secondo l’A. il problema della rinunziabilità anticipata del diritto all’assegno di divorzio deve valutarsi secondo un altro aspetto, ovvero se l’anticipazione della dismissione del diritto non passa incidere sulla permanenza della meritevolezza dell’interesse negoziale tipizzato. Anche a volere ammettere la liceità della causa, secondo l’A. la natura assistenziale dell’assegno preclude la rinuncia.

267 In proposito si rinvia al § 2.1, cap. III, ove si illustra anche il perché il principio dispositivo non

della causa quale motivo di nullità di tale convenzioni, la giurisprudenza ha aggirato il problema.

La dottrina che ammette la validità degli accordi sull’assegno di divorzio, si divide tra chi considera questi accordi negozi di accertamento268 e chi li considera contratti atipici, ammissibili in virtù dell’art. 1322 c.c.269, o contratti transattivi270. Quanto a quest’ultima qualifica, si può osservare che essa impone l’attualità e la specificità di un conflitto fra i coniugi ed anche a volere ammettere che controversia sia insorta fra essi proprio in riferimento all’assegno di divorzio, essi non potrebbero transigere in ordine al diritto all’assegno di divorzio che è diritto indisponibile. La transazione, infatti, avendo ad oggetto reciproche concessioni fra le parti in lite, comporta la modifica del rapporto giuridico sotteso ad essa, mentre le parti possono solo accertare l’attribuzione del diritto e la sua entità, ma non disporne.

Per quanto concerne la categoria del negozio di accertamento -il quale non è disciplinata dalla legge ma ammessa pacificamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza- con esso si può intendere il negozio con cui le parti riconoscono

268 E. RUSSO, Gli atti determinativi del contenuto degli obblighi legali nel diritto di famiglia, cit.,

231 sarebbero accordi non contrattuali determinativi degli obblighi legali. Contra E. QUADRI, La

nuova legge sul divorzio, I, Napoli, 1987 per il quale la disponibilità dell’assegno, rende superata

la costruzione degli accordi come negozi di accertamento, utile quando l’assegno, prima della novella dell’87, era da ritenere indisponibile.

269 P. RESCIGNO , voce <<Contratto in generale>>, in Enc. Giur. Treccani, IX, Roma, 1988, 10,

secondo i patti stipulati in occasione del divorzio o dopo la pronuncia di esso, convenendo le parti l’attribuzione di diritti e l’assunzione di obblighi di natura patrimoniale, avrebbero natura contrattuale, A. ZOPPINI, Contratto, autonomia contrattuale,ordine pubblico familiare nella

separazione personale dei coniugi, cit., 1328, secondo cui tali accordi sarebbero leciti, poiché non

può negarsi la libertà delle parti di definire consensualmente e in via preventiva i rapporti patrimoniali conseguenti al divorzio, e anche utili, in quanto accorciano i tempi e riducono i costi, realizzando un assetto di interessi maggiormente soddisfacente di quello che potrebbe realizzare un giudice. I contratti de qua sarebbero da considerare atipici, ma ammessi dall'ordinamento secondo l'art. 1322 del c.c. in quanto l'interesse sotteso ad essi sarebbe meritevole di tutela.

270 Si pone in una posizione intermedia L. BARBIERA, I diritti patrimoniali dei separati e dei

divorziati, cit., 127, secondo cui con accordi del genere i coniugi intendono creare un assetto

patrimoniale obbligatorio volto a soddisfare le rispettive aspettative ed esigenze. Tale assetto patrimoniale avrebbe natura costitutiva, non dichiarativa; esso realizzerebbe una funzione transattiva, operando una composizione di interessi che non trovano tutti il loro fondamento in obblighi di natura familiare. L’A. non esclude che gli accordi possano svolgere anche una funzione diversa: potrebbero determinare la misura e la modalità di corresponsione dell’assegno ed in questo caso l’accordo sarebbe a titolo oneroso e avrebbe causa solutoria, in quanto all’assegno corrisponde una prestazione oggetto di un’obbligazione ex lege. Ne deriverebbe la natura contrattuale con la conseguente applicazione della normativa sui contratti in generale ad esclusione delle norme <<che non siano incompatibili con la particolare natura degli accordi qui esaminati>>. La tipologia degli effetti nell’ipotesi solutoria dipenderebbe dall’assetto di interessi voluto dalle parti, ovvero se esso si accompagni a un accertamento o ad una transazione.

l’esistenza o il contenuto del loro rapporto giuridico271 e la dottrina ritiene che affinché l’accertamento negoziale assuma rilievo sono necessari due requisiti: che il fatto o la situazione giuridica da accertare siano incerti e che tale accertamento sia pregiudizievole al dichiarante. L’incertezza del fatto o della situazione giuridica a cui si può rimediare col negozio di accertamento è l’incertezza sulle relazioni giuridiche presenti e passate272 e non delle situazioni future273. Il negozio di accertamento, infatti, consiste nella fissazione della situazione preesistente -non futura- nel senso dalle parti voluto, mentre la modificazione di essa non rientra nella funzione del negozio.

La qualifica di negozio di accertamento può essere accolta con riferimento agli accordi sull’assegno di divorzio, per ciò che concerne la determinazione, contenuta in essi, della situazione contingente alla stregua della quale viene determinata la prestazione, fermo restando che la modifica della realtà posta a base dell’accordo legittima una domanda di revisione dell’assegno ex art. 9 l. div. Con riferimento agli accordi sull’assegno di divorzio in deroga alla regola rebus

sic stantibus, tendenti alla determinazione in maniera definitiva e irretrattabile

della prestazione, sembrerebbero rientrare per certi versi sotto lo schema della rendita vitalizia a titolo gratuito, ove fosse consentita dall’ordinamento. La rendita vitalizia si connota per l’aleatorietà, ma soltanto quando essa è costituita a titolo oneroso, poiché in quella a titolo gratuito è irrilevante la possibilità di una perdita o di un vantaggio visto che il debitore si è determinato alla prestazione non per ragioni di lucro.

Le fonti della rendita vitalizia a titolo gratuito sono la donazione e il testamento, nella fattispecie in esame, invece, sarebbe l’adempimento dell’obbligazione legale relativa al bisogno economico dell’ex coniuge più debole.

L’obbligatorietà della prestazione rende l’operazione congegnata dai coniugi simile a quella della rendita vitalizia connotata da aleatorietà, corollario della

271 Secondo M. GIORGIANNI, Il negozio di accertamento, Milano, 1939, <<l’efficacia del

negozio si rileva attraverso la rimozione dell’incertezza della situazione giuridica preesistente>>.

272 Incertezza sia come ignoranza soggettiva, ovvero come uno stato di imperfetta conoscenza sul

verificarsi o sulla proporzione di fenomeni presenti o passati, sia come ignoranza obbiettiva, ovvero come impossibilità di conoscere l’esistenza, l’estensione o la modalità di una situazione giuridica. In proposito M. GIORGIANNI, idem,4 e ss.

273 In tal caso dovrebbe farsi riferimento alla nozione statistica di probabilità da tenere distinta

quale è la non azionabilità della risoluzione per eccessiva onerosità da parte del debitore. Infatti i coniugi intendono determinare la prestazione in maniera definitiva per tutta la durata della vita del beneficiario e precludere da un lato che il coniuge beneficiario possa chiedere una nuova prestazione perché quella concordata è inidonea a soddisfare i suoi bisogni, dall’altro che il coniuge obbligato possa chiedere la revisione dell’assegno di divorzio, perché in conseguenza di fatti sopravvenuti essa è troppo onerosa, organizzando un’operazione in cui la durata della vita del beneficiario (non determinabile a priori) incide sull’entità della prestazione (poiché la misura della prestazione periodica da erogare da parte dell’obbligato dipende dalla protrazione della vita del beneficiario).

Il legislatore, invece, con la previsione dell’art. 9 l. div. ha voluto che i fatto sopravvenuti, vantaggiosi o dannosi, inerenti la sfera del beneficiario o quella dell’obbligato, incidessero sulla determinazione dell’assegno e ha previsto un sistema in cui la prestazione fosse determinata in maniera irretrattabile e a prescindere dalla durata della vita del beneficiario nell’art. 5, comma 8, l. div. (e ciò vale a ribadire come l’accordo una tantum, in cui la prestazione non è ancorata alla vita del beneficiario, non potrebbe considerarsi aleatorio).

In definitiva, considerata l’inderogabilità del principio rebus sic stantibus, gli accordi sull’assegno di divorzio possono costituire solo un progetto di massima che intanto verrà rispettato dai coniugi in quanto uno di essi non sollevi l’inidoneità di esso a soddisfare le proprie esigenze, essendogli questo potere garantito alla legge. Il potere di domandare l’attribuzione dell’assegno o la sua revisione, se già concesso, dipendono da una scelta delle parti e ciò dimostra come l’efficacia regolamentare di questi accordi non può che essere precaria.

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