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Scopo della norma e suo ambito di applicazione

2. Verifica della tesi della indisponibilità dell’assegno di divorzio alla luce de

2.4. L’art 5, comma 8 l div

2.4.1 Scopo della norma e suo ambito di applicazione

La tesi dell’indisponibilità dell’assegno divorzile deve tener conto di un altro dato normativo, conseguente alla Novella del 1987. L’art. 10 della l.74/1987 pur mantenendo l’istituto della corresponsione dell’assegno una tantum, ha previsto che il pagamento in un’unica soluzione possa avvenire <<ove questa sia ritenuta equa dal tribunale>> e che in tal caso <<non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico>>.

La dottrina ha tratto spunto da questo dato -come si è anticipato- per accreditare la tesi della valorizzazione dell’autonomia privata dei coniugi divorziati in quanto, liberando definitivamente il coniuge obbligato da ogni erogazione futura e addossando al coniuge destinatario della prestazione il rischio di una sopravvenienza negativa, la norma sancirebbe la facoltà dei coniugi di compiere un atto di disposizione avente ad oggetto l’assegno di divorzio.

In effetti, si deve convenire con la maggior parte della dottrina che la finalità della corresponsione una tantum consista nella necessità di offrire certezza e definitività alle relazioni patrimoniali tra coniugi divorziati. Non è mancato, tuttavia, chi, ponendo l’accento sulla funzione assistenziale della prestazione, ha valutato questa modalità solutoria poco opportuna dovendosi privilegiare un flusso costante di ricchezza da adeguare al costo della vita, rapidamente mutevole in periodi di accentuata instabilità economica178.

Invero, una prestazione di sostentamento non si concilia con una modalità solutoria che preclude al soggetto di far valere lo stato di bisogno o il suo aggravamento; ciò non comporta che vi sia una necessaria contraddizione nella disciplina dell’assegno di divorzio, se si considera che con la disposizione in esame, infatti, il legislatore ha ritenuto di prevedere in alternativa allo statuto ordinario dell’assegno di divorzio, in cui connotato fondamentale è la periodicità, una regola in cui fosse centrale l’interesse alla estinzione di ogni residuo rapporto fra i coniugi divorziati: il divorzio, sebbene sciolga il matrimonio, è fonte di diritti per il coniuge debole (l’assegno successorio, la partecipazione al trattamento di fine rapporto, il trattamento di riversibilità) e di altrettanti doveri per il coniuge

obbligato179, e con la disposizione di cui all’art. 5, comma 8, l. div., il legislatore ha inteso conferire uno strumento per elidere tutti i diritti, e i corrispondenti doveri, fra i coniugi divorziati, considerando l’interesse in questione preminente rispetto all’interesse di cui è portatore il coniuge debole.

L’interesse alla definitiva composizione dei rapporti patrimoniali fra coniugi divorziati non è coltivato solo dal coniuge obbligato, ma anche da quello creditore, il quale, però, considerata la situazione in cui versa, è portatore dell’interesse primario ad una vita dignitosa.

E’ in considerazione di questo conflitto di interessi, quello alla estinzione di ogni residuo rapporto fra coniugi e quello a garantire il sostentamento del coniuge in stato di bisogno, che deve essere interpretata la disposizione in esame, sia in riferimento alla funzione del giudizio d’equità, sia in riferimento al senso della preclusione a proporre successive domande di contenuto economico.

Secondo la dottrina maggioritaria l’accordo diretto al soddisfacimento in unica soluzione dell’assegno di divorzio ha una marcata coloritura di aleatorietà per entrambi gli ex coniugi180: il soggetto obbligato potrebbe verificare ex post di avere dato di più, rispetto alla somministrazione periodica, a ragione della morte del beneficiario a distanza non lontana dall’adempimento dell’unica soluzione, ovvero dal passaggio a nuove nozze del medesimo, che, come è noto, estingue automaticamente il diritto a ricevere l’assegno. Quanto al beneficiario, potrebbe accadere che la soluzione unica, valutata soddisfacente al tempo della corresponsione, si riveli inadeguata per l’intervenuta svalutazione monetaria o per il riproporsi dello stato di bisogno.

Ma l’alea che presenta l’accordo, comporta sia la possibilità di una perdita che la possibilità di un vantaggio per entrambe le parti: in considerazione della lunga vita del creditore, la somma una tantum erogata potrebbe risultare inferiore rispetto a quella che il debitore avrebbe dovuto complessivamente corrispondere

179In questo senso A. LUMINOSO, La riforma del divorzio: profili di diritto sostanziale (prime

impressioni sulla l. 6 marzo 1987 n. 74) in Dir. fam. pers., 1988, 449, il quale inferisce dal sistema

una distinzione tra scioglimento del rapporto ed estinzione definitiva e totale dello stesso, nel senso che il divorzio scioglie il vincolo matrimoniale, ma al contempo da luogo ad ulteriori rapporti di natura economica ed ad altre modificazioni giuridiche aventi finalità liquidava, i quali finiscono col rinviare l’effettiva cessazione di ogni effetto con la morte del coniuge creditore dell’assegno.

180In questo senso G. BONILINI, L’accordo per la corresponsione dell’assegno in unica soluzione,

mediante l’assegno periodico, l’insorgenza di un nuovo bisogno per il soddisfacimento del quale occorre una somma dispendiosa di denaro non deve essere sborsata dal coniuge più abbiente; il beneficiario potrebbe realizzare un incremento dei suoi redditi, rispetto ai quali non potrebbe considerarsi in stato di bisogno o conseguire un guadagno imprevisto (un lascito ereditario, una vincita) dopo avere già ottenuto la prestazione una tantum ed, inoltre, non corre il rischio che il coniuge obbligato sia inadempiente al pagamento dell’assegno periodico. In effetti quando i coniugi ricorrono alla prestazione una tantum, desiderosi di elidere qualsiasi residuo rapporto tra di loro, esprimono l’intenzione di non volersi accollare il rischio derivante da fatti futuri (il rischio della contrazione dei redditi dell’obbligato per il beneficiario della prestazione ed il rischio del verificarsi di un nuovo stato di bisogno per il coniuge obbligato) che potrebbero mettere nuovamente in discussione l’accordo, ripristinando nuovi legami tra di loro. Pertanto l’aleatorietà, prospettata da gran parte della dottrina, si risolve, nell’incertezza sulla convenienza dell’affare, valutazione questa che potrà farsi solo a posteriori, ovvero quando verificatosi il fatto incerto, immaginato dalle parti, ma imprevedibile per ciò che concerne la possibilità di avveramento e l’entità, le parti potranno esprimere un giudizio di corrispondenza ai propri interessi della pattuizione conclusa ed eseguita, dunque già esaurita.

Poiché un contratto è connotato da aleatorietà solo quando le conseguenze di un fatto incerto si riflettano sul suo risultato o sulla determinazione della prestazione, in riferimento all’an o al quantum, non potrebbe qualificarsi la pattuizione in esame come contratto aleatorio, poiché il sopravvenire del fatto incerto non inciderà sulla prestazione una tantum predeterminata.

Inoltre, poiché il fatto futuro e non prevedibile potrebbe dar luogo sia ad un profitto che ad una perdita, in riferimento ad entrambi i coniugi, si può ritenere che la fattispecie dell’art. 5, comma 8., l. div. organizzi una composizione degli interessi dei coniugi divorziati equilibrata.

Per queste ragioni si deve ritenere che la preclusione a proporre successive domande di contenuto economico non ammette deroghe, come peraltro chiaramente precisato dalla norma.

Di contrario avviso è una parte della dottrina181, la quale argomentando dalla rilevanza che la disciplina del divorzio riconosce al rapporto personale intercorrente tra i coniugi e sorretto dalla solidarietà, ritiene che la fattispecie di cui all’art. 5, comma 8, l. div., non impedirebbe al coniuge beneficiario della prestazione una tantum di richiedere gli alimenti quando, successivamente all’accordo, venisse a trovarsi in stato di bisogno. A dire il vero questa interpretazione contrasta col tenore letterale della disposizione ed anche col senso di essa, in quanto la chiara funzione di elidere in toto i rapporti economici fra i coniugi divorziati sottesa alla norma, comporta di dovere escludere che residuino altre pretese che ripristinerebbero un nuovo legame.

Per la stessa ragione si deve ritenere che l’assetto degli interessi derivante dall’accordo per la corresponsione una tantum non possa essere rivisto neppure quando il fatto incerto da cui discende il vantaggio o la perdita si sia verificato, dopo l’accertamento d’equità compiuto dal giudice, ma prima del concreto soddisfacimento del credito182.

Il campo applicativo di elezione della corresponsione una tantum, viene per lo più rintracciato nello scioglimento dei matrimoni di breve durata; in questo senso depone, per altro, anche la relazione della Commissione Giustizia Presieduta dal senatore Lipari183, sulla probabile convinzione che, rispetto ad un matrimonio durato pochi anni sia più pressante l’esigenza di cancellare ogni traccia del precedente rapporto.

Si è già visto come la brevissima durata della convivenza, può legittimare una riduzione dell’assegno; mentre una lunga convivenza matrimoniale giustifica la liquidazione di un assegno volto a mantenere il tenore di vita matrimoniale. La breve durata del matrimonio, tuttavia, non consente di asserire con certezza che la corresponsione in un’unica soluzione sia la più adeguata a garantire al coniuge debole i mezzi di sostentamento di cui ha bisogno. Più che alla brevità della

181 C. M. BIANCA, Il diritto civile, cit., 228, il quale tra l’altro ritiene che il coniuge divorziato sia

tenuto alla corresponsione degli alimenti in virtù della solidarietà postconiugale, già sulla base degli art. 433 e ss. c.c.

182 In questo senso anche G. BONILINI, L’accordo per la corresponsione dell’assegno in unica

soluzione, cit., 409, il quale ritiene che deceduto il coniuge obbligato o beneficiario prima che si

sia verificata la materiale solutio, l’obbligazione, avendo un oggetto che non implica qualità personali, sarà, rispettivamente, adempiuto o percepito dagli eredi del de cuius.

convivenza si dovrebbe guardare alla situazione attuale di ciascun coniuge, per verificare quale possibilità di insorgenza dello stato di bisogno sussista (per un soggetto malato è più probabile che sorga in futuro la necessità di far fronte a spese mediche o ad una assistenza esterna) tenendo presente però che questa previsione, concernendo eventi futuri, non potrà essere esatta e che numerosi sono i fattori da prendere in considerazione, pertanto l’equità dell’unica soluzione andrà valutata caso per caso.