Sotto quali condizioni una matrice, o, equivalentemente, un endomorfismo `e dz?
Le definizioni e proposizioni che seguono servono a rispondere a questa domanda.
Definizione 2.18 Siano V un K-spazio vettoriale ed f ∈ EndV . Un vettore v ∈ V si dice autovettore di f se v 6= 0 e se ∃λ ∈ K tale che
f (v) = λv.
Uno scalare λ ∈ K si dice autovalore di f se ∃v ∈ V, v 6= 0 tale che f (v) = λv.
Se λ ∈ K e v ∈ V, v 6= 0 sono tali che f (v) = λv, si dice che λ `e autovalore di f relativo all’autovettore v, o anche che v `e autovettore di f relativo all’autovalore λ.
Chiamiamo spettro di f l’insieme degli autovalori di f :
Λf := {λ ∈ K | λ autovalore dif }.
Osservazione 2.19 L’autovalore relativo ad un autovettore `e unico: infatti, sia v 6= 0 e f (v) = λv, f (v) = µv; f `e una applicazione, quindi λ = µ.
Proposizione 2.20 Sia V un K-spazio vettoriale di dimensione finita n, e siano f ∈ EndV, λ ∈ K. Allora:
λ `e autovalore per f ⇐⇒ Ker(f − λid) 6=< 0 > ⇐⇒ det(f − λ id) = 0 Dimostrazione Consideriamo l’applicazione lineare:
f − λ id : V → V
v 7→ f (v) − λv
La prima equivalenza `e quindi semplicemente la definizione di autovalore. La seconda si vede cos`ı:
sia B una base per V ; essendo (f − λid) ∈ EndV , da 1.46
Ker(f − λ id) 6=< 0 > ⇐⇒ 0 < dimKer(f − λ id) = n − rg(MB(f − λ id)) ⇐⇒
⇐⇒ rg(MB(f − λ id)) < n ⇐⇒ detMB(f − λ id) = 0 ⇐⇒ det(f − λ id) = 0
Definizione 2.21 Siano V un K-spazio vettoriale, f ∈ EndV , e λ ∈ K autovalore per f . Allora Vλ := {v ∈ V | v autovettore di f relativo a λ} ∪ {0}
`
e un sottospazio di V detto l’autospazio di f relativo all’autovalore λ. Si ha:
Vλ = {v ∈ V | f (v) = λv} = {v ∈ V | (f − λ id)(v) = 0} = Ker(f − λ id)
Esempio 2.22 In Esempio 2.16:
2 e 13 sono autovalori, e1 `e un autovettore relativo all’autovalore 2, ed e2 `e un autovettore relativo all’autovalore 13. autovalori, v1`e un autovettore relativo all’autovalore 2, e v2`e un autovettore relativo all’autovalore 3.
da cui si ha
a1λ1v1+ . . . + aiλivi= λi+1(a1v1+ . . . + aivi) ⇒ a1(λ1− λi+1)v1+ . . . + ai(λi− λi+1)vi = 0 ed essendo v1, . . . , vi l.i., si ha
a1(λ1− λi+1) = 0 . . .
ai(λi− λi+1) = 0
e poich´e λ1 6= λi+1, . . . , λi 6= λi+1, si ha a1 = . . . = ai = 0, da cui vi+1 = 0; siamo arrivati ad una contraddizione.
Corollario 2.24 Sia f ∈ EndV , e siano λ1, . . . , λkautovalori a due a due distinti; allora la somma di sottospazi
Vλ1 + . . . + Vλk
`
e una somma diretta.
In particolare, se dimV `e finita, si ha anche che
dim(Vλ1 + . . . + Vλk) = dimVλ1 + . . . + dimVλk, e se Bi = (vi,1, . . . , vi,ni) `e una base per Vλi, i = 1, . . . , k, allora
(v1,1, . . . , v1,n1, . . . , vk,1, . . . , vk,nk)
`
e una base per Vλ1 + . . . + Vλk.
Dimostrazione Sappiamo che la somma Vλ1+ . . . + Vλk `e diretta se 0 si scrive in modo unico come somma v1+ . . . + vkcon vi∈ Vλi, quindi necessariamente come 0 = 0 + . . . + 0. Sia 0 = v1+ . . . + vk
con vi∈ Vλi; se qualcuno dei vifosse diverso da 0, diciamo vi1 6= 0, . . . , vit 6= 0, vi1, . . . , vit sarebbero autovettori relativi ad autovalori a due a due distinti, una cui combinazione lineare a coefficienti 6= 0 sarebbe nulla, il che contraddice 2.23.
Definizione 2.25 Sia A = (aij) ∈ Mn(K) e sia t una indeterminata. Si pone:
pA(t) := det(A − tIn) = det
a11− t a12 . . . a1n
a21 a22− t . . . a2n ... ... ... ... an1 an2 . . . ann− t
Si ha che pA(t) `e un polinomio di grado n in t, detto il polinomio caratteristico di A.
Definizione 2.26 Sia V K-spazio vettoriale di dimensione n, f ∈ EndV , e sia t una indeterminata.
Si pone:
pf(t) := det(f − t idV)
Ricordiamo che detf `e il determinante di una matrice associata ad f rispetto ad una qualunque base (2.10).
Sia B una base per V , e A = (aij) := MB(f ); poich´e se a ∈ K, allora MB(a idV) = aIn, ne segue
Osservazione 2.27 Se A, B ∈ Mn(K) sono matrici simili allora hanno lo stesso polinomio carat-teristico: infatti A e B rappresentano, rispetto a due opportune basi, lo stesso f ∈ EndR2 ⇒ pA(t) = pf(t) = pB(t).
Attenzione: NON vale il viceversa.
Proposizione 2.28 Sia V K-spazio vettoriale di dimensione n, f ∈ EndV . Allora λ ∈ K `e autovalore di f ⇐⇒ pf(λ) = 0, cio´e λ radice di pf(t).
In particolare, f possiede al pi`u n autovalori distinti.
Dimostrazione Per 2.20 λ ∈ K `e autovalore di f ⇐⇒ det(f − λ idV) = 0 ⇐⇒ pf(λ) = 0.
Poich´e f ha grado n, sappiamo dall’algebra che ha al pi`u n radici.
Proposizione 2.29 Sia V K-spazio vettoriale, dimV = n. Allora f ∈ EndV `e dz ⇐⇒ V possiede una base costituita da autovettori di f .
Se f `e dz, e B = (v1, . . . , vn) `e una base di autovettori, allora MB(f ) `e una matrice diagonale della Dimostrazione `E Osservazione 2.15 riformulata nel linguaggio degli autovettori; la base diagona-lizzante di 2.15 `e formata da autovettori.
Esempio 2.30 Riprendiamo la f di Esempio 2.16 e 2.22:
f : R2 → R2
Esempio 2.31 Sia V =R3, ed f ∈ EndV con
ME(f ) =
1 1 0
−1 1 0
−1 3 −1
Cerchiamo gli autovalori:
pf(t) = det(ME(f )−tI3) = det
1 − t 1 0
−1 1 − t 0
−1 3 −1 − t
= (−1−t)((1−t)2+1) = −(t+1)(t2−2t+2)
poich´e ∆(t2− 2t + 2) = 4 − 8 < 0, l’unica radice reale di pf `e −1: Λf = {−1}.
Se cambiamo campo, se cio´e V = C3 ed f ∈ EndV con la stessa matrice, allora f deve avere 3 radici contate con molteplicit`a inC:
t2− 2t + 2 = 0 ⇒ t = 1 ± i per cui Λf = {−1, 1 − i, 1 + i}.
Esempio 2.32 Sia V =R3, ed f ∈ EndV con
ME(f ) =
1 −2 0
−2 1 0
−1 3 −1
Cerchiamo gli autovalori:
pf(t) = det
1 − t −2 0
−2 1 − t 0
−1 3 −1 − t
= (−1−t)((1−t)2−4) = −(t+1)(t2−2t−3) = −(t+1)2(t−3) essendo −1 e 3 le radici di t2− 2t − 3; in questo caso Λf = {−1, 3}, e diciamo che l’autovalore −1 ha molteplicit`a algebrica 2 (Definizione 2.34).
Teorema 2.33 Sia V K-spazio vettoriale, dimV = n, f ∈ EndV , Λf = {λ1, . . . , λs} ⊂ K dove i λi sono a due a due distinti. Sono equivalenti:
a) f `e dz
b) V = Vλ1 ⊕ . . . ⊕ Vλs
c) n = dimVλ1 + . . . + dimVλs.
Dimostrazione a) ⇒ b): per hp V ha una base costituita da autovettori per f : (v1, . . . , vn); ogni vi appartiene ad un qualche autospazio Vλj, quindi
V =< v , . . . , v > ⊆ V + . . . + V
e l’altra inclusione `e ovvia. La somma degli autospazi `e diretta per 2.24, quindi si ha b).
b) ⇒ a): una base di V `e unione (disgiunta) di una base di ciascun Vλj, quindi V ha una base costituita da autovettori per f .
b) ⇐⇒ c): sappiamo che Vλ1+ . . . + Vλs `e somma diretta per 2.24, quindi dim(Vλ1⊕ . . . ⊕ Vλs) = dimVλ1 + . . . + dimVλs.
Definizione 2.34 Sia V K-spazio vettoriale, dimV = n, f ∈ EndV e λ ∈ K un autovalore per f ; chiamiamo molteplicit`a algebrica µ(λ) dell’autovalore λ per f la molteplicit`a di λ come radice del polinomio caratteristico, cio´e l’intero µ(λ), 1 ≤ µ(λ) ≤ n , tale che
pf(t) = (t − λ)µ(λ)g(t), g(λ) 6= 0.
Chiamiamo molteplicit`a geometrica di λ per f il numero naturale dimVλ
Proposizione 2.35 Sia V K-spazio vettoriale, dimV = n, f ∈ EndV e λ ∈ K un autovalore per f . Allora:
1 ≤ dimVλ ≤ µ(λ)
In particolare, se un autovalore `e radice semplice di pf, cio´e se µ(λ) = 1, allora dimVλ = µ(λ) = 1.
Dimostrazione La prima disuguaglianza `e ovvia. Per dimostrare la seconda, poniamo d := dimVλ; sia (v1, . . . , vd) una base per Vλ, e completiamo ad una base B = (v1, . . . , vd, . . . , vn) per V . Allora, utilizzando la scrittura a blocchi (si veda Definizione 3.7),
MB(f ) =
Si osservi che il calcolo del determinante della matrice a blocchi viene fatto come se fosse una matrice 2 × 2; questo si pu`o fare perch´e la matrice `e una matrice “triangolare a blocchi”; vediamolo in questo particolare caso:
e sviluppando sempre secondo la prima colonna e la prima riga vediamo che il determinante vale (λ − t)(λ − t) . . . (λ − t)det(C − t In−d).
Proposizione 2.36 Sia V K-spazio vettoriale, dimV = n, f ∈ EndV e Λf = {λ1, . . . , λs} ⊂ K, dove i λi sono a due a due distinti. Allora f `e dz se e solo se valgono le seguenti due condizioni:
a) pf ha n radici contate con molteplicit`a in K, cio´e vale µ(λ1) + . . . + µ(λs) = n;
b) dimVλj = µ(λj) ∀j = 1, . . . , s.
Dimostrazione Se valgono a) e b), allora n = µ(λ1) + . . . + µ(λs) = dimVλ1+ . . . + dimVλs e per 2.33 f `e dz.
Viceversa se f `e dz allora (2.33)
n = dimVλ1 + . . . + dimVλs ≤ µ(λ1) + . . . + µ(λs) ≤ n per cui questi sono tutti = e quindi valgono a) e b).
Corollario 2.37 Se dimV = n ed f ∈ EndV ha n autovalori distinti, allora f `e dz.
Dimostrazione Se f ∈ EndV ha n autovalori distinti λ1, . . . , λn, allora µ(λj) = 1 ∀j = 1, . . . , n, quindi per 2.35 dimVλj = µ(λj) = 1 ∀j = 1, . . . , n, e quindi valgono a) e b) di 2.36.
Attenzione! Non `e vero il viceversa.
Corollario 2.38 Se K =C, allora f `e dz ⇐⇒ dimVλ = µ(λ) ∀λ ∈ Λf.
Dimostrazione Poich´e C `e un campo algebricamente chiuso, la condizione a) in 2.36 `e sempre verificata.
Osservazione 2.39 Se K =Ce dimV = n > 0 allora ogni f ∈ EndV ha almeno un autovalore.
Se K =Re dimV = n `e dispari allora ogni f ∈ EndV ha almeno un autovalore.
Esempio 2.40 In Esempio 2.16 e 2.30:
f : R2 → R2 e1 7→ (2, 0) e2 7→ (0,13)
, ME(f ) =
2 0 0 13
.
avevamo visto che pf(t) = (2 − t)(13 − t), e gli autovalori sono 2 e 13.
Avevamo anche determinato l’autospazio V2 = {(x, y) ∈ R2 | y = 0} =< (1, 0) > cercando le soluzioni del sistema f (v) = 2v, o, equivalentemente, (f − 2idV)(v) = 0; infatti, come gi`a sappiamo, V2= Ker(f − 2idV).
Vediamo ora chi `e l’altro autospazio:
V1
3 = Ker(f − 1 3idV) Ora si ha:
ME(f −1
3idV) =
2 −13 0 0 13 −13
=
5
3 0
0 0
Quindi Ker(f −13idV) `e dato dalle soluzioni del sistema
5
3 0 x
=
0
cio´e
Esempio 2.41 Riprendiamo Esempio 2.31: V =R3, f ∈ EndV con
ME(f ) =
Sappiamo che c’`e un unico autovalore, −1, con µ(−1) = 1, perch´e abbiamo visto che:
pf(t) = −(t + 1)(t2− 2t + 2), ∆(t2− 2t + 2) < 0 Quindi f non `e dz. Cerchiamo l’autospazio V−1:
V−1= Ker(f − (−1)idV) = Ker(f + idV)
Abbiamo visto che se cambiamo campo, se cio´e V =C3 ed f ∈ EndV con la stessa matrice, allora:
pf(t) = −(t + 1)(t − (1 − i))(t − (1 + i))
quindi f ha 3 autovalori distinti in C: −1, 1 − i, 1 + i, con µ(−1) = µ(1 − i) = µ(1 + i) = 1.
In questo caso si avr`a µ(−1) = dimV−1 = 1, µ(1 − i) = dimV1−i= 1, µ(1 + i) = dimV1+i= 1 per 2.35, quindi per 2.38 f `e dz come endomorfismo diC3.
Esempio 2.42 Riprendiamo Esempio 2.32: V =R3, f ∈ EndV con E f dz? Se s`ı, si determini una base diagonalizzante.`
b) Oppure la domanda potrebbe essere formulata cos`ı:
Sia A = ME(f ). `E A dz? Se s`ı, si diagonalizzi A. Cominciamo con il cercare gli autovalori:
pf(t) = det(ME(f ) − tI) = det
Cerchiamo una base diagonalizzante, cio´e di autovettori:
Vλ1 = Ker(f − λ1id), quindi `e lo spazio delle soluzioni del sistema
Abbiamo gi`a visto che il rango della matrice del sistema `e 1, quindi il sistema `e equivalente a
−x + y − z = 0 e il suo spazio delle soluzioni `e sistema `e equivalente a
( −x − z = 0 x − y = 0
e il suo spazio delle soluzioni `e
Osserviamo che se prendiamo un ordine diverso sui vettori della base B, considerando per esempio la base C = ((1, 1, −1), (1, 1, 0), (−1, 0, 1), troviamo
b) So che f `e dz ⇐⇒ A lo `e. Inoltre abbiamo gi`a trovato una base diagonalizzante, B. Quindi da 2.8 sappiamo che
Quindi abbiamo diagonalizzato A, cio´e abbiamo trovato una matrice invertibile P := ME,B(id) tale che
Osservazione 2.44 Facciamo il punto della situazione:
partendo da un endomorfismo:
Dato V K-spazio vettoriale con dimV = n, B base di V , e f ∈ EndV , poniamo A := MB(f );
I = In e id = idV; a) ricerca autovalori:
- calcoliamo pf(t) come det(A − tI)
- calcoliamo le radici in K di pf (quando ne siamo capaci!) b) ricerca autospazi:
per ogni autovalore λ trovato in a), risolviamo il sistema lineare omogeneo (A − λI)X = 0 e lo spazio delle soluzioni `e Vλ, in coordinate rispetto a B;
c) f `e dz?
Per rispondere non `e necessario passare da b);
- basta eseguire a), cio´e calcolare gli autovalori λ1, . . . , λs con le relative molteplicit`a algebriche µ(λ1), . . . , µ(λs);
d) ricerca di una base D di autovettori quando f `e dz:
- eseguo b) e costruisco una base per ogni Vλi poi unisco le basi:
D = (v11, . . . , v1,µ(λ1)
dove MB,D(id) ha sulle colonne le componenti dei vettori di D rispetto alla base B, e
MD(f ) =
penso ad A come matrice di un endomorfismo f di uno spazio vettoriale V di dim n rispetto ad una base B, e procedo come sopra. Di solito, si prende V = Kne B = E , quindi f = FE(A).
b) diagonalizzare A quando A `e dz:
come sopra, penso ad A come matrice di un endomorfismo f di uno spazio vettoriale V di dim n rispetto ad una base B, per esempio V = Kn e B = E , e costruisco una base di autovettori per f , arrivando quindi a trovare una matrice P ∈ GLn(K) tale che P−1A P sia diagonale.
3 La forma di Jordan
3.1 Spazi quoziente
Definizione 3.1 Sia V un K-spazio vettoriale f.g. e W un suo sottospazio. Allora (W, +) in particolare `e un sottogruppo del gruppo abeliano (V, +), quindi come avete visto in Algebra 1 possiamo fare il gruppo quoziente (V /W, +); ricordiamo che la relazione di equivalenza `e v ∼ w ⇐⇒
v−w ∈ W , quindi, denotando la classe di equivalenza di v con ¯v, si ha ¯v = {v+w, w ∈ W } = v+W , e
¯
v + ¯w := v + w
Anche il prodotto per scalari risulta compatibile con la relazione, infatti se a ∈ K e v, w ∈ V , con v ∼ w, allora av − aw = a(v − w) ∈ W , quindi possiamo definire un prodotto per scalari sul quoziente nel modo seguente:
∀a ∈ K, ∀v ∈ V, a¯v = av
ed `e facile verificare (esercizio) che con questo prodotto per scalari V /W `e un K-spazio vettoriale;
si osservi che se V `e f.g. anche V /W lo `e.
La proiezione canonica sul quoziente verr`a denotata con π : V → V /W
v 7→ ¯v La π `e una applicazione lineare, e Kerπ = W .
Definizione 3.2 a) Diremo che i vettori v1, . . . , vk ∈ V sono l.i. modulo W se v1, . . . , vk sono l.i.
e la somma < v1, . . . , vk> +W `e diretta;
b) Diremo che i vettori v1, . . . , vk ∈ V sono una base di V modulo W se v1, . . . , vk sono l.i. e V =< v1, . . . , vk> ⊕W .
Osservazione 3.3 Sia W 6=< 0 >. I vettori v1, . . . , vk ∈ V sono l.i. modulo W , risp. una base modulo W , se e solo se presa una qualunque base w1, . . . , ws di W i vettori v1, . . . , vk, w1, . . . , ws sono l.i., risp. una base di V .
Basta infatti ricordare che la somma di due sottospazi `e diretta ⇐⇒ l’unione disgiunta delle basi
`
e una base per la somma dei due sottospazi.
I vettori v1, . . . , vk∈ V sono l.i. modulo < 0 >, risp. una base modulo < 0 >, se e solo se sono l.i., risp. una base per V .
Proposizione 3.4 (a) I vettori v1, . . . , vk ∈ V sono l.i. modulo W ⇐⇒ ¯v1, . . . , ¯vk sono l.i. in V /W ⇐⇒ (∀a1, . . . , ak∈ K,Paivi∈ W ⇒ ai= 0 ∀i).
(b) I vettori v1, . . . , vk ∈ V sono una base di V modulo W ⇐⇒ ¯v1, . . . , ¯vk sono una base di V /W . (c) v1, . . . , vk l.i.modulo W ⇒ ∃vk+1, . . . , vt tali che v1, . . . , vtsiano una base modulo W .
Dimostrazione Sia w1, . . . , ws una base per W . La seconda equivalenza in (a) `e la definizione di indipendenza lineare nel quoziente, infatti Pai¯vi= 0 in V /W ⇐⇒ Paivi ∈ W .
(a) ⇒) : Sia < v1, . . . , vk> +W =< v1, . . . , vk> ⊕W ; devo provare ¯v1, . . . , ¯vk l.i. in V /W . Si ha:
X X
∈ W ⇒X ∈< v X
(a) ⇐) : Siano ¯v1, . . . , ¯vk l.i. in V /W , e proviamo che v1, . . . , vk, w1, . . . , ws sono l.i.
Siano a1, . . . , ak, b1, . . . , bs∈ K tali che Paivi+Pbjwj = 0; allora
Xaivi= −Xbjwj ∈ W ⇒Xaiv¯i = 0 ⇒ a1= . . . = ak= 0 ⇒Xbjwj = 0 ⇒ b1= . . . = bs= 0
(b) ⇒) : Sia V =< v1, . . . , vk > ⊕W ; devo provare V /W =< ¯v1, . . . , ¯vk>; poich´e v1, . . . , vk, w1, . . . , ws
`
e base per V , ∀¯v ∈ V /W esistono a1, . . . , ak, b1, . . . , bs ∈ K tali che v = Paivi+Pbjwj ⇒ ¯v = Paiv¯i.
(b) ⇐) : Siano ¯v1, . . . , ¯vk base in V /W ; devo provare che v1, . . . , vk, w1, . . . , ws sono generatori per V :
sia v ∈ V ; allora ∃a1, . . . , ak tali che ¯v = Pai¯vi ⇒ ¯v −Paiv¯i = 0 ⇒ v − Paivi ∈ W ⇒
∃b1, . . . , bstali che v −Paivi =Pbjwj ⇒ v =Paivi+Pbjwj
Esempi 3.5 (a) Sia V =R4 e W =< e1, e2 >; i vettori e3, e4 sono una base di V modulo W . (b) Sia V =R3 e W =< e1>; i vettori (1, 1, 1) e (3, −1, −1) sono l.i. in V ma non sono l.i. modulo W perch´e (1, 1, 1) + (3, −1, −1) ∈ W .
Lemma 3.6 Sia V un K-spazio vettoriale f.g. e sia
0 = W0⊂ W1 ⊂ . . . ⊂ Wk= V
una catena di sottospazi. Sia (vi,1, . . . , vi,ni) una base di Wi modulo Wi−1 per i = 1, . . . , k. Allora (v1,1, . . . , v1,n1, . . . , vk,1, . . . , vk,nk)
`
e una base per V .
Dimostrazione Immediata, osservando che (v1,1, . . . , v1,n1) `e una base per W1, dunque (v1,1, . . . , v1,n1, v2,1, . . . , v2,n2) `e una base per W2,...