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4 La tecnica finanziaria innovativa: il workers buy out

4.4 Le condizioni necessarie per ripartire

Per la buona riuscita di queste operazioni, in primo luogo, bisogna conoscere a fondo le dinamiche dell'azienda: per questo motivo, il workers buy-out è applicato nelle piccole imprese. Inoltre, tre requisiti fondamentali devono sussistere: un chiaro accordo coi sindacati, un accordo tra proprietà, creditori e liquidatore e un buon rapporto continuo con i clienti. Per ripartire, è necessaria una seria valutazione del mercato, per capire se l'azienda può davvero reggersi da sola accompagnata da un business plan credibile. E’ indispensabile avere vantaggio competitivo per fronteggiare il mercato o, in alternativa, avere capacità di diversificare su una nuova area strategica d’affari. La relativa riorganizzazione della struttura organizzativa originaria è importante per renderla coerente con il progetto di start-up, con il nuovo posizionamento, con il portafoglio lavori acquisito o da acquisire. Un ulteriore requisito fondamentale per un’operazione di successo dell’operazione è la necessaria risoluzione dei problemi che assediavano la vecchia azienda per evitare che tornino a proporsi; a questo si aggiunge, la necessità di non coinvolgere nella gestione cooperativa manager e la vecchia proprietà. La motivazione dei dipendenti è determinante per il buon risultato dell’operazione. Dell’intero gruppo di lavoratori senza lavoro aderiscono, infatti, quelli più motivati attuando così una selezione interna. Accettano i lavoratori più decisi che riescono a sostenere all’inizio dei sacrifici, impegnando capitale proprio (il trattamento di fine rapporto o l’indennità di mobilità o risparmi personali). Indispensabile è il sostegno finanziario dei Fondi mutualistici e di altri soci sovventori e finanziatori. I rapporti con i vecchi clienti e fornitori devono essere recuperati e occorre crearne di nuovi con gli enti locali del territorio al fine di costituire una rete di relazioni, alleanze per sostenere il complesso processo. Legacoop e Cooperazione Finanza e Impresa (C.F.I.) selezionano e valutano con rigore la presenza di questi requisiti, le condizioni di sostenibilità del progetto e respingono quelli non adatti. Solo a questo punto, i lavoratori possono impegnare le proprie risorse, in genere il trattamento di fine rapporto o la richiesta della mobilità che l'Inps anticipa per 12 mesi. Queste esperienze concrete raccontano come questi processi salvano posti di lavoro e valorizzano l’intraprendenza e l’autoimprenditorialità. Il problema è che queste cooperative nascono come risposta alla crisi, ma operano in un’economia in crisi. Dunque lo stesso fattore che ne causa la

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nascita può determinarne il fallimento. La vita media delle imprese, che sono state oggetto di workers buy-out e che hanno cessato l’attività, si può attestare a tre/cinque anni, secondo la testimonianza di Legacoop. Le cause di fallimento post-WBO si possono ricondurre ad una errata formulazione delle ipotesi, ad un’adeguata risposta del mercato, al mancato equilibrio gestionale con risultati economici negativi, all’inadeguatezza produttiva. E’ più facile ripartire dove è storicamente radicato e attivo il movimento cooperativo, nelle regioni dove sono presenti le adeguate strumentazioni di supporto messe a disposizione da Legacoop. L’aspetto più significativo dell’operazione di workers buy-out, applicato nel contesto delle piccole e medie imprese, consiste nella capacità di promuovere la nascita di nuove attività imprenditoriali, nonostante il periodo sfavorevole che caratterizza l’ultimo triennio.

I workers buy-out degli anni Novanta sono nati da crisi prevalentemente aziendali, da crisi settoriali, da problemi di trasmissione d’impresa156

che risultano diversi dai casi attuali in quanto non sono legati alla crisi sistemica attuale. Nelle recenti operazioni di workers buy-out, infatti, la situazione è molto critica. In passato, il passaggio da una forma d’impresa all’altra si risolveva ripristinando l’efficienza, quale condizione necessaria e sufficiente, essenzialmente con la riduzione del personale, l’abbattimento dei costi, il basso costo dei mezzi produttivi, l’elevata capitalizzazione. Oggi, l’efficienza è una condizione necessaria, ma non sufficiente. L’altra condizione necessaria, che in passato era leggermente più favorevole, è il mercato. Le imprese devono, infatti, inventare, avere idee attraenti, distinguersi con elementi innovativi per riuscire a sopravvivere alla concorrenza. Inoltre, il Paese non cresce e le prospettive di crescita per molti settori sono modeste. Le imprese sono in difficoltà perché perdono il mercato di riferimento per la nuova concorrenza o subiscono iniziative imprenditoriali non coerenti con il core business aziendale; alle principali cause della crisi d’impresa si aggiunge il contesto economico negativo e turbolento del Paese. A quel tempo, le imprese avevano maggiori possibilità di sopravvivere perché il ciclo economico era positivo e c’erano buone prospettive di crescita. I workers buy-out avevano l’obiettivo di salvare l’unità produttiva, fondamentalmente facendo meglio quello che si faceva

156Cfr. Giacchetta M., “Pontevico, storia di un’impresa. Scalvenzi, la fabbrica salvata dagli operai”, in Pubblico Giornale, 12

Dicembre 2012, p.14. Una delle prime aziende in Italia ad essere rilevata dagli operai negli anni Ottanta è stata la Fratelli Scalvenzi di Pontevico, in Provincia di Brescia, dopo trent’anni, la cooperativa, Nuova Scalvenzi è ancora in vita producendo compattatori per rifiuti, nonostante il periodo di recessione. La società, specializzata nella produzione di macchine agricole trainanti, è entrata in una grave crisi aziendale e di settore che hanno costretto un gruppo di operai a cambiare settore per adattarsi alle con successo alle trasformazioni del mercato. Nel 1982 la cooperativa è stata creata e, nel 1983, la Scalvenzi è stata rilevata dagli operai.

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prima, quindi non c’erano particolari novità e grandi ristrutturazioni, si rinnovavano parzialmente gli impianti, ma fondamentalmente si utilizzavano al meglio gli impianti esistenti; le imprese recuperate avevano più o meno tra il 50% e il 60% degli occupati precedenti, si ripartiva con un organico ridotto rispetto alla realtà precedente, non c’era un’espulsione, ma un allontanamento volontario in quanto una parte dei lavoratori non se la sentiva di intraprendere questa strada con i relativi rischi. Si ottenevano delle cooperative che erano, in piccolo, la riproduzione della vecchia impresa che erano partite con un nuovo gruppo dirigente, con il ridimensionamento del personale e dei costi, con investimenti, innovazione e qualità del prodotto, con una gestione corretta e così si riusciva a recuperare le quote di mercato e a sopravvivere fino a oggi. Dal 2008, si presenta uno scenario più duro e quindi la partenza è molto più difficile e complicata e le attese di crescita sono minori. La promozione cooperativa diventa più complessa, ci sono nuovi problemi che sono più difficili da far affrontare ai lavoratori della vecchia impresa, si necessita di un gruppo manageriale più importante, un’impresa più impegnata rispetto al passato. Questo ha reso più complicato il processo di promozione, dall’altro lato, però, ha permesso di reimpostare alcune imprese, partendo dal vecchio prodotto utilizzato nei primi due/tre anni di start-up, ma che già prevede dall’inizio un percorso di innovazione, di diversificazione dell’impresa. Oggi, le nuove cooperative non sono più, infatti, la riproduzione in piccolo di quelle vecchie, ma sono proprio nuove imprese. Oggi, le nuove cooperative partono normalmente con dotazioni di capitali che sono nettamente superiori alla media perché l’intervento di vari soggetti conduce ad un’elevata capitalizzazione iniziale. Si riesce, ad esempio, a raggiungere anche una capitalizzazione di un milione di euro (capitale dei lavoratori e di capitale del socio finanziatore) in un’impresa che fattura 4/5 milioni di euro, cioè una dotazione di capitale di un quinto del fatturato di partenza. Si trattano di situazioni rarissime in Italia, in quanto le imprese capitalizzate sono pochissime, molti imprenditori italiani lavorano con la leva finanziaria e con il debito, cioè con poco capitale proprio. Si notano dei cambiamenti che non hanno impedito la promozione di cooperative attraverso operazioni di WBO. La procedura è sempre la stessa, ma le condizioni esterne sono peggiorate e il mercato è più difficile da affrontare.

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4.5 I principali strumenti finanziari a supporto dell’operazione