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4 La tecnica finanziaria innovativa: il workers buy out

4.3 L’esperienza italiana sui workers buy out

Le operazioni di workers buy-out degli anni Novanta non derivavano da una crisi dalle proporzioni devastanti come quella attuale, erano casi singoli o di singoli settori. In quel periodo, c’era una cultura che spingeva verso la cooperazione, ora sembra che non sia così. La cultura dominante nel Paese in quegli anni vedeva nell’approccio cooperativo una delle possibili alternative al di là della convenienza,

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perché c’era una spinta teologica, politica, sociale nell’aria. Oggi, invece, è una possibilità che vale la pena sperimentare solo se si è in difficoltà. Nell’esperienza italiana sono prevalenti, infatti, le operazioni di acquisto da parte dei dipendenti originatesi in seguito a situazioni di crisi aziendale in cui i lavoratori ne rilevano il controllo, quasi che la partecipazione sia possibile solo quando l’azienda si trovi in una fase di tensione, ma non qualora l’impresa si trovi in buone condizioni economico- finanziarie150.

Dal 1986 alla fine degli anni Novanta, il workers buy out, grazie alla Legge Marcora, ha caratterizzato il 100% delle attività di Cooperazione Finanza e Impresa (C.F.I.)151. Nella prima fase di attività, C.F.I. ha investito circa 80 milioni di Euro nel capitale di rischio di 160 cooperative di produzione e lavoro e ha complessivamente promosso l’occupazione stabile di circa 6 mila lavoratori. C.F.I. ha maturato una esperienza pluriennale su operazioni di workers buy out da crisi di impresa. Molti casi di successo sono avvenuti negli anni Novanta quando il contesto di riferimento economico era favorevole e c’era uno scenario completamente diverso che permetteva alle imprese di sopravvivere. Il bilancio dell’applicazione dello strumento è senza dubbio positivo, il tasso di sopravvivenza delle imprese, nate grazie agli strumenti previsti dalla legge del 1985, è di circa 60% nel 1999. Quello di oggi è un osservatorio giovane poiché C.F.I. non ha realizzato per diversi anni operazioni di workers buy out. Queste ultime sono tornate protagoniste solo nell’ultimo biennio, 2011-2012, a causa di numerosi concordati preventivi e procedure concorsuali, dalle quali nasce l’ultimo tentativo di salvare l’impresa privata. Oggi, C.F.I.152

ha investito nel capitale di rischio per 135 milioni di Euro in oltre 200 cooperative di produzione e lavoro costituite da dipendenti, operazioni di WBO che hanno promosso l’occupazione di oltre 9.000 lavoratori. Una parte significativa delle imprese finanziate ha rimborsato la partecipazione, mentre molti soci lavoratori l’hanno riacquistata dal socio finanziatore.

150Cfr. Sattin F., Pancamo M., “Employee Buy Out, i dipendenti partecipano all’azionariato dell’impresa”, in Amministrazione & Finanza, n.15-16, 2005, pp. 5-6.

151Aderisce alle tre principali associazioni cooperative, alle organizzazioni internazionali ossia Confederazione Europea delle

cooperative di lavoro e sociali (Cecop), l'Organizzazione internazionale delle Cooperative di Produzione e Lavoro, Artigianali e dei Servizi (Cicopa) e all’Aifi, Associazione Italiana del private equity e del venture capital.

152Attualmente, la società finanziaria ha un portafoglio di 57 imprese che operano sul territorio nazionale, la maggior parte di queste

sono state finanziate negli anni Ottanta, Novanta e oggi sono ancora attive e ancora partecipate da C.F.I., il valore della produzione consolidato risulta pari a 350 milioni di Euro con un totale addetti di 2.900 unità tra soci lavoratori e dipendenti, il capitale sociale è pari a 84 milioni di Euro e il patrimonio netto complessivo di 135 milioni di Euro.

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Figura 17. Tipo di operazioni realizzate da C.F.I. nel 2008

Fonte: Cooperazione Finanza Impresa (C.F.I.)

Come già anticipato, a partire dal secondo semestre 2010, le operazioni di workers buy out tornano ad riacquistare un ruolo centrale nelle attività di valutazione di C.F.I. Negli ultimi tre anni, la società finanziaria ha intensificato i rapporti con i fondi mutualistici, ha collaborato, in particolare, con il fondo mutualistico di Legacoop, Coopfond. I due istituti hanno lavorato in pool sulle operazioni oggetto di WBO, al fine di raddoppiare la forza finanziaria per la singola operazione. Su 20 casi deliberati da Coopfond, dal 2008 al 2012, C.F.I. è entrata nel 70% di questi tentativi di recupero di imprese da crisi. I due enti stanno spingendo sulla categoria di operazioni nonostante il periodo negativo dell’economia che di certo non li aiutano. Coopfond S.p.A. opera per creare le condizioni della promozione cooperativa attraverso azioni di incentivazione in sinergia con il progetto promozione di Legacoop e sviluppa partecipazioni strategiche innovative di modello, di alleanza e di rete. Per quanto riguarda l’esperienza del fondo mutualistico gestito da Coopfond di Legacoop, i primissimi esperimenti risalgono al 1994 e possono essere distinti nel seguente modo:

 workers buy-out cooperativi (1994-2007). Durante questo arco temporale, dalla crisi di imprese cooperative nascono nuove cooperative grazie agli ex dipendenti, ma già a quell’epoca, passaggi da impresa privata a cooperativa si sono verificati. In questo periodo di riferimento, le imprese ricorrono a queste operazioni per crisi di settore o problemi di ricambio generazionale, le aziende sono sane, ma con problemi di continuità;

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 workers buy-out privati (2008-2012). Il fenomeno è caratterizzato esclusivamente da acquisto dell’impresa privata da parte degli ex lavoratori e da nascita di una nuova impresa cooperativa. Nell’ultimo triennio, nella maggior parte dei casi, si ricorre a questa operazione per evitare la liquidazione o il fallimento o quando è già stato sancito.

Nel periodo 1994-2007 si sono verificati, secondo i dati di Legacoop, 21 casi di workers buy-out, di cui 8 casi rientrano nella prima categoria e 13 normali. In passato, il fenomeno dominante è stato quello tra aziende private, anche se per quelli cooperativi si è riscontrata una maggiore tenuta grazie ad una rete di relazioni e, di questioni “protettive” che si sono venute a creare attorno. Degli 8 casi deliberati e menzionati poco sopra, 2 cooperative hanno cessato l’attività e 6 sono ancora attive con un tasso di sopravvivenza del 75%. Mentre dei 13 casi, 8 sono andati in default e 5 sono ancora attivi e risultano più deboli. Questa è l’esperienza limitata di Legacoop rispetto a quella di Cooperazione Finanza e Impresa (C.F.I.). Fino al 2008, si realizzava un workers buy out all’anno. Poi, complice la crisi economico-finanziaria e la difficoltà di ottenere credito dalle banche, fattore moltiplicatore del modello cooperativo, in 18 mesi ne sono varate sei e un forte aumento delle richieste di intervento da parte di lavoratori è registrato da Legacoop negli ultimi tre anni. Un fenomeno in espansione che, dal 2009 al 2012, conta 28 casi approvati di WBO sostenuti dal Fondo Mutualistico di Coopfond, in collaborazione con C.F.I., 10 WBO solo nell’anno 2011. Durante l’ultimo esercizio, Coopfond ha sostenuto investimenti per 245,66 milioni di Euro (2.531 dal ’94 a oggi) e creato o salvato 1.320 posti di lavoro (23.129 dal ’94 a oggi).

L’operazione di workers buy out, supportata dalle normative sopra citate, ha un impatto sociale ed economico sul territorio economico italiano. Ogni nuova cooperativa è una nuova impresa, grazie all’impegno dei lavoratori e alle leggi favorevoli. Il fenomeno, si collega, dunque, al mondo della cooperazione italiana. Secondo l’Albo delle cooperative153, fonte statistica ufficiale sulla cooperazione, il numero delle imprese cooperative italiane ammonta a circa 83-84 mila in Aprile 2012, un dato in

153Giordano S., “Il bilancio delle società cooperative. Aspetti civilistici, contabili e fiscali”, Maggioli S.p.A., Santarcangelo di

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continua revisione. Tra il 2001 e il 2011154, rileva inoltre il Censis, il numero delle cooperative è passato da 70.000 a 79.949. Nel decennio osservato, il numero complessivo di imprese italiane è aumentato del 7,7%, mentre nello stesso periodo, il numero di cooperative è incrementato del 14,2%.

Figura n.18. Evoluzione del numero di cooperative in Italia dal 2001 al 2011

64.000 66.000 68.000 70.000 72.000 74.000 76.000 78.000 80.000 82.000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 70.029 71.814 72.138 71.464 70.397 71.534 74.186 78.358 79.566 81.275 79.949 NUMERO COOPERATIVE

Fonte: Fondazione Censis 2012

In tempo di crisi, mentre le società private chiudono o delocalizzano, le cooperative cercano di reagire e di sostenere il peso della crisi senza scaricarlo sui lavoratori, aumentando il numero di occupati in questo tipo di società. Dal 2008, la cooperazione ha continuato a crescere a ritmi estremamente sostenuti. Tra le imprese cooperative, ci sono piccole, medie e grandi realtà, che operano con successo in diversi settori. Nel 2011, in Italia, quasi 80.000 imprese cooperative garantiscono lavoro a 1 milione e 310 mila addetti (soci e non soci). Dal 2007 al 2011, l’occupazione è cresciuta dell’8%. La cooperazione italiana ha dimostrato, negli ultimi anni, la capacità di creare nuove opportunità di lavoro nonostante il periodo di crisi. A trainare l’aumento dell’occupazione nel periodo considerato è stato il settore della cooperazione sociale, che ha registrato un vero e proprio boom. In questi anni di recessione, le cooperative diventano il motore dello sviluppo economico e produttivo del Paese.

154Il numero totale delle cooperative italiane aderenti all’Associazione Generale delle cooperative italiane (AGCI) sono 7.832, sulla

base dei bilanci del 31/12/2010. Le cooperative di produzione e lavoro iscritte a Ancpl-Legacoop sono in tutto 893, secondo i dati di bilancio 2010 che si ripartiscono in 460 nel settore industriale e manifatturiero, 118 nel settore della progettazione e infine 315 nel settore delle costruzioni. Secondo le stime Confcooperative su dati di bilancio del 31/12/2011, il totale delle cooperative aderenti ammonterebbe a 20.358.

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Figura 19. Evoluzione degli occupati nelle cooperative dal 2007 al 2011

Fonte: Censis 2012

La Cooperazione è diffusa in modo più capillare al Sud rispetto al Centro-Nord, invece, dal punto di vista dell’impatto occupazionale, il quadro nazionale è invece ribaltato, risultando rilevante nel Nord Est, dove contribuisce per il 9,4% all'occupazione generata dal sistema imprese, mentre al Sud la percentuale è del 7,6%, al Centro del 6,8% e al Nord Ovest del 6,2%. Si registra quindi un trend di crescita per l’intero intervallo155. Le cooperative italiane hanno una rilevante funzione sociale ed economica, conquistando un ruolo importante nell’intero sistema imprenditoriale italiano. Il 2012 è stato proclamato, dall’Onu, Anno internazionale delle Cooperative. Un’occasione per ricordare l’entità del fenomeno che unisce dimensione sociale ed economica. Grande è il contributo che possono dare al superamento della crisi. Il modello economico cooperativo risponde a una doppia esigenza della collettività offrendo da un lato beni e servizi e dall’altro rispondendo alla necessità del singolo di trovare lavoro, occupazione e reddito. La cooperazione mette le persone al centro del modello d’impresa, prima che il profitto. Questi valori di fondo distinguono le cooperative dalle altre forme d’impresa. Tuttavia, la crisi si fa sentire. Con riferimento al bilancio al 30 settembre del 2011 di Coopfond, Fondo mutualistico per la promozione cooperativa, alimentato da 3% degli utili annuali di tutte le cooperative aderenti a Legacoop, il numero delle cooperative contribuenti è calato. Ciò significa che le cooperative hanno diminuito gli utili o non sono riuscite a realizzarli.

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