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La Conferenza di Parigi

2.4. I negoziati per una Comunità Europea di Difesa

2.4.1. La Conferenza di Parigi

Nel febbraio del 1951 si apriva a Parigi una conferenza al fine di trovare un accordo, dal punto di vista politico e militare, per la creazione della Comunità Europea di Difesa (CED), un organismo sovranazionale con l’obiettivo di integrare gli eserciti dei Paesi del continente sulla base dei paradigmi previsti all’interno del Piano Pleven. Alla Conferenza di Parigi prendevano parte le delegazioni di Francia (vera fautrice del progetto), Germania Ovest, Italia, Belgio e Lussemburgo; il Governo olandese aveva inizialmente deciso di partecipare alle riunioni con il solo ruolo di osservatore, salvo poi convincersi in un secondo momento a favorire una piena partecipazione al progetto.

Al vertice della Conferenza era presente un Comitato di direzione, al quale prendevano parte i capi-delegazione sotto la presidenza dell’ambasciatore francese Hervé Alphand; per quanto riguarda Roma, la guida della delegazione italiana era stata affidata a Taviani, che già precedentemente aveva rappresentato gli interessi della penisola nei negoziati inerenti al Piano Schuman. La Conferenza era poi articolata su tre comitati tecnici, i quali avrebbero goduto di competenze rispettivamente nei campi militari, giuridici e finanziari. Nonostante i

92 Cfr. 2.1.

44 buoni propositi che animavano le prime fasi dell’incontro, né dall’interno né dall’esterno si era convinti che i negoziati avrebbero portato a risultati positivi in breve tempo. A tale proposito, Taviani scriveva in un primo rapporto inviato a Roma: “La previsione generale è che la durata della conferenza sarà piuttosto lunga”93. Allo stesso tempo, Monnet stesso avvertiva titubanza nelle posizioni delle varie delegazioni, e sosteneva che queste avrebbero accettato soltanto “non il grado [di integrazione] più efficace, ma quello più accettabile nell’opinione pubblica dei vari Paesi”94.

Dal punto di vista militare, le riunioni procedevano con qualche passo in avanti ma con molte titubanze. Le principali problematiche erano qui di carattere psicologico e riflettevano le due principali interpretazioni di come avrebbe dovuto presentarsi un “esercito europeo”: quella tedesca e quella francese. Bonn puntava alla creazione di divisioni di un’unica nazionalità, rispondendo essenzialmente a un ideale di combattimento autonomo, mentre Parigi era maggiormente orientata verso la creazione di divisioni maggiormente integrate al fine di poter realizzare missioni più ambiziose. Quest’ultima proposta era rigettata dalla Germania, che vedeva come difficilmente realizzabile un livello di integrazione così elevato. Era dunque necessario trovare una soluzione intermedia.

Le discussioni procedevano animatamente anche all’interno del Comitato giuridico, nel quale si iniziavano a delineare le proposte francesi di integrazione graduale basate sul modello funzionalista, che avrebbero previsto una progressiva devoluzione del potere dallo Stato nazionale verso gli organismi della CED. Tali proposte suscitarono delle preoccupazioni nelle file della delegazione italiana, turbata dalla possibilità che l’integrazione militare europea potesse minare a un altro processo di integrazione nel campo della difesa: quello atlantico. In virtù di ciò, Roma era preoccupata di poter perdere il rapporto privilegiato costruito negli anni con gli Stati Uniti, e per evitare ciò De Gasperi affermava chiaramente che il Piano Pleven

“non dovrà in alcuna misura intralciare o indebolire […] l’urgente organizzazione del Patto Atlantico e il suo piano militare […], soltanto al riparo del quale potrà svilupparsi il piano di unificare l’Europa”95. Pare lampante da queste parole la posizione, a metà strada tra atlantismo ed europeismo, che caratterizzerà la politica estera di Roma a lungo durante la guerra fredda.

I negoziati procedevano a rilento, e a due mesi dall’inizio della Conferenza pareva chiara la mancanza di qualunque tipo di accordo politico tra i delegati dei Paesi partecipanti. La

93 Taviani a Ministero degli Esteri, 16 febbraio 1951.

94 Monnet (1978), p. 271.

95 M. R. De Gasperi (a cura di), De Gasperi e l’Europa, Morcelliana, Brescia, 1979, p. 114.

45 lentezza delle discussioni era evidenziata anche dall’atteggiamento delle delegazioni, in primis quella italiana, che operava senza ricevere alcuna direttiva da parte del governo, segno evidente che a Roma non molti credevano nel progetto di un esercito europeo96. Nonostante tali atteggiamenti, però, De Gasperi e Sforza non perdevano occasione per ribadire quanto essi fossero speranzosi nei riguardi di una creazione federalistica europea; tale posizione venne ancora una volta sottolineata nel mese di marzo, durante un incontro con le autorità britanniche, nel quale De Gasperi affermò come la “fratellanza in armi” non fosse sufficiente a garantire un adeguato livello di integrazione, ma dovesse essere affiancata a una “solidarietà totale”97 al fine di risolvere numerose problematiche sul piano internazionale e di garantire un’adeguata giustizia sociale.

Un ulteriore impedimento ai piani di integrazione avanzati a Parigi proveniva dal Comitato finanziario, in cui le trattative proseguivano con un ritmo estremamente lento. Unico punto fermo era la certezza che la nascita della CED avrebbe comportato un aumento del costo totale delle spese militari dei Paesi partecipanti, per lo meno nella fase iniziale dell’integrazione. Ciò destava preoccupazioni nelle varie delegazioni, intimorite dalle reazioni dell’opinione pubblica, già titubante nei confronti del progetto della Comunità di difesa, a seguito dell’aumento dei costi sociali nei vari Stati.

Nonostante tutti gli impedimenti a cui si è fatto cenno, nell’estate del 1951 la Conferenza si avviava verso la redazione di un rapporto provvisorio che avrebbe permesso di fare il punto della situazione e di mettere al corrente i governi dei progressi raggiunti. Questa parziale accelerazione dei negoziati fu favorita da un mutamento negli atteggiamenti di due potenze:

Francia e Stati Uniti. Il governo di Parigi divenne maggiormente accomodante nei confronti delle proposte militari avanzate dalla Germania, pur ribadendo Schuman l’opposizione francese a ogni riarmo tedesco in un non inquadrato esercito europeo. Per quanto riguarda Washington, il Presidente Truman aveva fino ad allora concentrato il proprio impegno nella creazione di una vera e propria struttura militare inserita nel contesto dell’Alleanza Atlantica, la NATO, e si era disinteressato alla Comunità Europea di Difesa considerandola soltanto come un impedimento nel perseguimento degli obbiettivi atlantici; a seguito di un incontro tra Monnet e il Generale Eisenhower98, però, i vertici politici americani sembrarono mutare repentinamente il proprio atteggiamento nei confronti della CED, impegnandosi a favorire un supporto politico ed economico. Il cambio di rotta nell’atteggiamento di Washington può

96 Preda (1990), p. 61.

97 P. E. Taviani, De Gasperi e il nuovo ordine internazionale, in Civitas, dicembre 1954, p. 23.

98 Monnet (1978), p. 272.

46 essere letto alla luce della partecipazione di funzionari americani alla stesura del rapporto provvisorio e della decisione, da parte dei Paesi partecipanti alla Conferenza, di invitare come partecipanti alla stessa alcuni rappresentanti NATO, i quali avrebbero preso parte ai negoziati nei tre comitati tecnici.