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Un’alleanza militare europea: Il Patto di Bruxelles

1. I primordi dell’integrazione

1.6. La genesi del Patto di Bruxelles e l’ingresso italiano nell’Alleanza Atlantica

1.6.1. Un’alleanza militare europea: Il Patto di Bruxelles

Il Piano Marshall e i tentativi di instaurazione di rapporti bilaterali tra i Paesi dell’Europa occidentale rappresentavano una visione, ormai condivisa da europei e americani, secondo cui l’integrazione all’interno del continente avrebbe dovuto essere realizzata attraverso un processo graduale, che per molti avrebbe rappresentato il primo passo per la nascita di un’unità europea vera e propria. In quest’ottica, dunque, l’idea di un piano di seria integrazione tra gli Stati europei occidentali pareva essere uscita dai confini dell’utopia, perpetrata dai soli movimenti federalisti, e anzi sembrava avere buone probabilità di realizzazione in senso pratico.

A spingere ancora di più in questa direzione era il clima di tensione tra le due superpotenze, che aveva portato a una sorta di divisione ideologica dell’Europa, con la zona orientale sotto l’influenza sovietica e quella occidentale sotto l’influenza americana. Rendeva questa spaccatura ancora più netta la formazione del Cominform (1947), che attraverso una mirata propaganda pacifista diffusa in tutta Europa mirava probabilmente a influenzare la stampa dei Paesi occidentali così da aumentare in questi l’influenza dei partiti comunisti. Questo fenomeno spaventava molto gli USA e i governi europei, e tali paure sembravano giustificate dalle offensive comuniste dell’autunno 1947 in Italia e Francia, ispirate alla persuasione che fosse necessario combattere anche con mezzi extraparlamentari il consolidamento dell’Europa

21 occidentale sotto gli auspici americani. Tali offensive vennero portate avanti attraverso scioperi e manifestazioni che talvolta assumevano i tratti di vere e proprie ribellioni nei confronti del potere statale41.

Le paure insite nei governi occidentali iniziarono ad aumentare, fino a raggiungere l’apice nel febbraio del 1948 in occasione del colpo di Stato in Cecoslovacchia. Lo sforzo attuato dagli Stati Uniti nel rendere l’Europa occidentale impermeabile dall’influenza sovietica pareva ormai insufficiente, e molti iniziavano a pensare alla necessità della nascita di iniziative autonome per far fronte al blocco sovietico. Già nel gennaio del 1948 un piano in tal senso era stato avanzato dal Segretario di Stato inglese Ernest Bevin, il quale in un discorso alla Camera dei Comuni aveva lanciato una proposta riguardante la nascita di una “unione occidentale”42, la quale si sarebbe basata su un’estensione del trattato firmato da Londra a Dunkerque43 con la Francia.

La reazione alla proposta di Bevin da parte di Belgio, Olanda e Lussemburgo fu positiva, e addirittura i tre Paesi non si accontentarono della semplice estensione del trattato di Dunkerque ma proposero la creazione di un accordo multilaterale che conducesse a una vera e propria alleanza a cinque, la quale non si limitasse a interessare il solo ambito difensivo militare, ma venisse allargata ai settori economici, politici e sociali, dando di fatto vita a un meccanismo di stretta cooperazione tra le cinque potenze. Tale disegno venne entusiasticamente accolto anche dagli Stati Uniti, i quali, come accennato precedentemente44, auspicavano la nascita di iniziative autonome europee riguardanti l’integrazione e la collaborazione.

La reazione italiana di fronte al progetto di Londra e alle prospettive di cooperazione auspicate dai Paesi del Benelux fu positiva, e il governo si mostrò volenteroso di partecipare a un’eventuale alleanza, con la sola condizione di essere trattato dagli altri membri della stessa in modo paritario; all’interno di questo contesto, infatti, Roma pensava di poter ricontrattare alcune delle sfavorevoli condizioni previste all’interno del trattato di pace. Nonostante ciò, in questa fase l’interesse italiano per l’alleanza a cinque rimase un qualcosa di astratto, poiché al momento della scelta le ragioni di politica interna prevalsero su quelle di politica

41 Di Nolfo (2015), p. 143.

42 E. Bevin, Discorso alla Camera dei Comuni, 22 gennaio 1948.

43 Il Trattato di Dunkerque è un accordo firmato il 4 marzo 1947 tra Londra e Parigi allo scopo di creare un fronte unico di mutua difesa militare contro la provenienza di un’eventuale minaccia bellica tedesca. Secondo molti, comunque, lo scopo principale del trattato era garantire una difesa nei confronti di possibili offensive provenienti dall’URSS.

44 Cfr. 1.4.

22 internazionale; De Gasperi non poteva aderire a un piano militare in piena campagna elettorale, sia a causa delle questioni che avevano fino a poco tempo prima caratterizzato i rapporti con la Gran Bretagna45, sia a causa della fervida propaganda neutralista portata avanti da Nenni ma anche da alcuni ambienti della Democrazia Cristiana46. In particolare, Nenni definì il trattato di Bruxelles come un nuovo “patto anti-comintern”, associandolo in tal modo alla politica aggressiva e bellicosa perpetrata dalla Germania nazista e dall’Italia fascista.

Sforza e De Gasperi quindi, nonostante l’entusiasmo nei confronti dell’iniziativa, capirono che i tempi non erano ancora abbastanza maturi per prenderne parte.

In ogni caso, anche i partecipanti stessi dei negoziati non riponevano piena fiducia nei confronti dell’Italia: sul piano militare, infatti, le limitazioni imposte dal trattato di pace e la non entusiasmante prova offerta dalle forze armate italiane durante la Seconda guerra mondiale lasciavano pensare che la partecipazione italiana al trattato potesse essere più un onere che un vantaggio nella prospettiva della costruzione di un sistema difensivo di alleanze.

Anche dal punto di vista politico l’Italia sembrava maggiormente vulnerabile e permeabile alla diffusione di ideologie provenienti dagli ambienti sovietici.

In virtù di tali considerazioni, il Patto di Bruxelles veniva siglato il 17 marzo 1948 e includeva i seguenti Stati firmatari: Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Il Patto istituiva un’alleanza a cinque di durata cinquantennale, diretta contro la rinascita di un pericolo tedesco (anche in questo caso, come in occasione del Trattato di Dunkerque, si preferì evitare l’aperto affronto nei confronti dell’URSS) mediante la reciproca garanzia di un aiuto militare e politico e mediante l’impegno a concentrarsi sulle misure da adottare “in caso di una ripresa aggressiva da parte della Germania, o su qualsiasi situazione che [potesse]

rappresentare una minaccia contro la pace, dovunque essa [si fosse presentata]”47. Dal punto di vista organizzativo il Patto prevedeva la nascita di un Consiglio consultivo e di una Commissione permanente, dai quali non si escludeva la nascita di altri organismi.

Poco più di un mese dopo dalla firma del Patto di Bruxelles gli eventi presero una piega positiva, in ottica antisovietica, anche in Italia, dove le elezioni del primo Parlamento repubblicano si concludevano con una vittoria schiacciante da parte della Democrazia Cristiana di De Gasperi. Le elezioni italiane vennero vissute dalle potenze occidentali, e in

45 Cfr. A. Varsori, La questione coloniale dal trattato di pace agli incidenti di Mogadiscio, in A. Varsori (1998), pp. 55-59.

46 E. Costa Bona, L’Italia e l’integrazione europea: aspetti storici e diplomatici, in Il Politico Vol. 53, Rubbettino, Soveria Mannelli, luglio-settembre 1988, pp. 467-481.

47 Di Nolfo (2015), p. 145.

23 particolare dagli USA, come un vero e proprio evento internazionale, nel corso del quale si sarebbe dimostrata la reale efficacia della politica del containment. L’amministrazione Truman aveva fin da subito mostrato grande impegno nel sostegno ai democristiani, e in questo ambito vanno probabilmente collocate anche le promesse di aiuto insite nel Piano Marshall. All’indomani delle elezioni, quindi, la situazione in Italia pareva essersi stabilizzata, e ciò permise sia a Washington che a Roma di concentrare le proprie forze diplomatiche su altre questioni.

Dal punto di vista italiano si ricominciò a prendere in considerazione la questione del coinvolgimento all’interno del Patto di Bruxelles, questa volta da una posizione di maggiore tranquillità grazie a una larga maggioranza interna in mano alle forze moderate. Sforza prese dunque i contatti con il Foreign Office e tentò di dare avvio a un negoziato al fine di permettere l’ingresso dell’Italia nell’Alleanza, dettando le condizioni di Roma all’interno di due memorandum: in questi, di primaria importanza era la questione riguardante le colonie, che gli italiani volevano mantenere sotto il proprio controllo, magari attraverso la concessione di un’amministrazione fiduciaria sotto l’egida delle Nazioni Unite. La reazione inglese fu del tutto negativa; Londra, infatti, era convinta che l’Italia non fosse nella posizione di dettare alcun tipo di condizione, ma anzi a causa della sua debolezza economica-sociale e politica avrebbe continuato a rappresentare una vera e propria “zavorra” all’interno del Patto.

Le autorità italiane, a seguito della sprezzante risposta inglese alla propria domanda di partecipazione, iniziarono a prendere in considerazione la possibilità di non adesione ad alleanze formali (quali appunto il Patto di Bruxelles), ma di elusione delle clausole di limitazione militare presenti nel Trattato di pace attraverso l’ottenimento di un sostegno diretto da parte degli USA in materia di armi ed equipaggiamenti. Si parlò in quest’ottica di un modello di “neutralità armata”48, ispirata ai rapporti privilegiati che, dopo le elezioni del 1948, Roma aveva instaurato con Washington.