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Il Patto Atlantico e la svolta atlantista di Roma

1. I primordi dell’integrazione

1.6. La genesi del Patto di Bruxelles e l’ingresso italiano nell’Alleanza Atlantica

1.6.2. Il Patto Atlantico e la svolta atlantista di Roma

A minare il progetto di collaborazione bilaterale tra Italia e USA arrivarono alcune voci, provenienti dagli ambasciatori italiani presenti nei maggiori Paesi, riguardanti la volontà da parte di Washington di dar vita a un’alleanza occidentale che coinvolgesse gli Stati Uniti e il Canada e che in Europa avesse come punto di contatto principale le cinque nazioni del Patto di Bruxelles. Pareva dunque compromesso il piano italiano riguardante la creazione di rapporti privilegiati con gli USA, e ciò portò molti ambienti diplomatici ad esercitare

48 Varsori (1998), p. 68.

24 pressioni sul governo al fine di abbandonare parte delle rivendicazioni previste nei precedenti memorandum pur di entrare a far parte del nascente dispositivo di difesa occidentale. Se ciò non fosse successo, infatti, l’Italia sarebbe stata tagliata fuori dall’intero schema di alleanze militari rendendosi fin troppo vulnerabile agli occhi delle altre potenze.

Nel tentativo di far fronte a tali problematiche Roma tentò di fare leva sull’integrazione europea. Va in questo senso ricordato il discorso tenuto da Sforza il 18 luglio 1948 presso l’Università per Stranieri di Perugia, all’interno del quale il Ministro degli Esteri italiano auspicava un rafforzamento dei meccanismi dell’OECE al fine di migliorare la collaborazione tra i Paesi dell’Europa occidentale. In tale quadro, Sforza sosteneva che:

“Bisogna che gli italiani reagiscano contro aprioristiche negazioni da qualunque parte vengano; bisogna che tutti sappiano che l’unico modo di salvarci da una terza guerra mondiale e l’unico modo di acquistarci il solo primato che alla lunga conta, quello delle idee, è di divenire araldi dell’unione di una Europa aperta a tutti, di un’Europa abbastanza generosa e chiaroveggente da persuadere ognuno dei piccoli Stati che la compongono […] a rinunciare ad una parte della propria sovranità, come un secolo e mezzo fa i nuovi Stati nord americani abdicarono a parte della loro sovranità”49.

Com’è possibile notare da tale passaggio, il discorso di Sforza si presentava come intriso di istanze federaliste, facenti leva su un tipo di integrazione più attenta agli aspetti politici e sociali che militari. Probabilmente, attraverso tale discorso, Roma era intenzionata a contrapporre l’OECE al Patto di Bruxelles, auspicando un rafforzamento del primo al fine di favorire una maggiore inclusione delle potenze europee di minore importanza militare.

Bisogna interpretare in tal senso anche il memorandum inviato da parte di Sforza al Quai d’Orsay concernente il rafforzamento della cooperazione europea da realizzarsi all’interno dell’OECE, al quale Parigi non rispose immediatamente per due motivi, uno di politica interna, uno di politica internazionale: da un lato, infatti, nel 1948 la Francia dovette far fronte a ben due crisi di governo, dall’altro essa si era ben resa conto di come il sistema occidentale fosse destinato a delinearsi intorno alla ben più discussa Alleanza Atlantica. La risposta al memorandum arrivò soltanto dopo tre mesi, nell’ottobre del 1948, e vedeva la Francia porsi in posizione interlocutoria nei confronti degli italiani; proprio l’elevato interesse nei confronti dell’Alleanza Atlantica, infatti, aveva relegato in secondo piano le questioni riguardanti un

49 C. Sforza, Cinque anni a Palazzo Chigi. La politica estera italiana dal 1947 al 1951, Atlante, Roma, 1952, in https://www.cvce.eu/obj/discorso_di_carlo_sforza_perugia_18_luglio_1948-it-023fa6e1-e12f-446e-906d-15de51822441.html, p. 5.

25 possibile rafforzamento dell’OECE. Ciò complicava la condizione di Roma, che rischiava di rimanere totalmente isolata nel centro del mediterraneo.

Man mano che la prospettiva dell’Alleanza si faceva più concreta, le spinte da parte degli ambienti diplomatici nei confronti del governo italiano per quanto riguardava la presa in considerazione dell’adesione ai negoziati aumentarono. Tale cambio di direzione è riscontrabile nel discorso pronunciato da De Gasperi al Palazzo delle Belle Arti di Bruxelles il 21 novembre, nel quale il leader italiano asserì che:

“Lo spirito di solidarietà europea potrà creare, in diversi settori, diversi strumenti di salvaguardia e difesa, ma la prima difesa della pace sta nello sforzo unitario che […]

eliminerà il pericolo della guerra di rivincita e di rappresaglia”50.

Nell’ottica di questo cambio direzionale nei confronti del Patto Atlantico bisogna interpretare anche la pianificazione a dicembre di un’operazione negli Stati Uniti che coinvolgeva il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Efisio Marras, al fine di tentare di comprendere quale fosse l’atteggiamento americano nei confronti di un’eventuale candidatura italiana di adesione all’Alleanza Atlantica; gli USA non si mostrarono come ostili, e ciò spinse il governo a mettere in atto le trattative. L’evento più importante fu però probabilmente l’incontro tra Sforza e Schuman, con quest’ultimo che tentò di spingere Roma a presentare la propria candidatura, promettendole sostegno. Le ragioni della posizione assunta in questa occasione da Parigi vanno ricercate nella volontà di mettere in discussione gli assetti su cui l’Alleanza sembrava si stesse formando, particolarmente favorevoli alle potenze anglosassoni; la possibilità di contare su uno junior partner come l’Italia, infatti, avrebbe permesso alla Francia di spostare maggiormente il baricentro dell’Alleanza dall’Atlantico verso l’Europa continentale e il Mediterraneo.

Tutti questi avvenimenti iniziarono a convincere De Gasperi e Sforza riguardo i vantaggi derivanti dalla partecipazione all’Alleanza, e spinsero il governo italiano a compiere un primo passo nel gennaio 1949, inviando a Tarchiani un memorandum che rivelava agli USA l’interesse italiano nei confronti dell’iniziativa. I primi mesi del 1949 furono caratterizzati da concitate trattative, con la Gran Bretagna che osteggiava la candidatura italiana allo scopo di mantenere ad occidente l’equilibrio dell’Alleanza Atlantica e di evitare nuove controversie che sarebbero inevitabilmente sorte riguardo a rivendicazioni italiani concernenti le colonie, e la Francia che rappresentava il principale sostenitore della causa italiana e perpetrava un costante pressing a riguardo nei confronti delle autorità statunitensi. Al termine di numerose e

50 M. R. Catti De Gasperi, La nostra patria Europa, Mondadori, Verona, 1969, p. 15.

26 complesse contrattazioni, che non verranno analizzate in questa sede, la Gran Bretagna si piegò alle richieste italiane e francesi, accettando l’ingresso di Roma nel Patto Atlantico a due condizioni: che l’Italia accettasse il testo del trattato senza prendere parte alla fase conclusiva del negoziato e che questa non riaprisse il contenzioso riguardante le ex colonie51. Il governo italiano accettò le richieste e ciò portò il 4 aprile 1949 all’ingresso dell’Italia nel Patto Atlantico come membro fondatore, pur non avendo partecipato in prima persona alle trattative.

Con questa scelta da parte del Governo italiano “atlantismo” ed “europeismo” si fondono52, tanto da considerare il patto “non più [come] una scelta europea in ossequio all'alleanza americana, ma [come] la necessità di integrare o coprire la scelta atlantica in una dimensione europeistica”53. L’ingresso nell'Alleanza Atlantica permise all'Italia di lasciarsi alle spalle il marchio di Stato sconfitto e di poter entrare in condizione di parità nella comunità internazionale, anche se le diffidenze da parte dei suoi partners non si dileguarono rapidamente.