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Il Consiglio d’Europa

1. I primordi dell’integrazione

1.7. Il Consiglio d’Europa

Parallelamente alle discussioni sulle trattative riguardanti la nascita del Patto Atlantico è possibile osservare lo sviluppo, all’interno del continente, di una serie di iniziative favorevoli al processo di unità europea, provenienti da associazioni e movimenti di natura sia nazionale che transnazionale. In questa fase, l’aspirazione a un’integrazione europea aveva caratteri piuttosto vaghi, e non si rifaceva a una visione unitaria; più precisamente, rifacendosi alle diverse correnti elencate all’inizio del capitolo54, è possibile distinguere due principali tendenze, portatrici di ideali differenti ma non contrastanti.

Una prima tendenza riguardava le aspirazioni federaliste, fautrici di una federazione europea che avrebbe dovuto realizzarsi attraverso la partecipazione dei popoli europei; i Paesi in cui tale visione prosperò meglio sono la Francia, la Germania, il Benelux e l’Italia. La seconda visione del progetto di integrazione si rifaceva invece ad istanze confederali, fondate principalmente su meccanismi di compartecipazione intergovernativa che non comportassero una cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali nei confronti di un’entità

51 Varsori (2010), p. 64.

52 Costa Bona (1988), pp. 472-473.

53 R. Ranieri, Europeismo e politica europea: osservazioni sulla presenza italiana in Europa occidentale dal 1947 al 1951, in Storia delle relazioni internazionali, L. S. Olschki, Firenze, 1985, I, p. 171.

54 Cfr. 1.1.

27 sovranazionale; questa prospettiva attecchì principalmente in Gran Bretagna e nei Paesi dell’Europa settentrionale.

Come detto, l’Italia ormai da tempo rappresentava una vera e propria roccaforte del federalismo. L’eredità del Manifesto di Ventotene e l’azione dei movimenti federalisti italiani avevano reso il Belpaese uno degli Stati in cui le posizioni federaliste avevano avuto maggiore presa. Tale tendenza può essere considerata come una reazione spontanea agli eccessi nazionalisti che avevano caratterizzato il contesto italiano nella prima parte del XX secolo e che avevano portato all’ascesa del fascismo. A perpetrare le istanze europeiste erano, come già accennato precedentemente, le forze moderate, le quali speravano che l’Italia potesse prendere parte a un processo di inclusione internazionale che non venisse ricondotto a una mera visione filoamericana e antisovietica: in questo senso il progetto di integrazione europea rappresentava un’enorme possibilità, che non poteva essere persa dalle forze cattoliche e liberali italiane. A questo quadro è riconducibile la nascita nel Parlamento italiano, poco dopo le elezioni del 1948, di un gruppo parlamentare a favore dell’unione europea guidato dall’esponente democristiano Enzo Giacchero; per qualche tempo, dopo la nascita di tale gruppo, il Parlamento approvò numerose risoluzioni a favore della costruzione europea su basi federali55.

Nonostante l’Italia fosse probabilmente il Paese in cui le istanze federaliste avevano attecchito maggiormente, Roma ricoprì inizialmente un ruolo secondario nel quadro delle iniziative perpetrate dai movimenti europeisti. La prima di tali iniziative può essere individuata nella conferenza convocata all’Aja, nel maggio del 1948, da parte del Movimento Europeo, guidato da Winston Churchill, alla quale presero parte i rappresentanti di numerosi gruppi e movimenti presenti da diversi Paesi. Tale conferenza, nonostante fosse osteggiata da alcune forze politiche (come ad esempio dal governo laburista in carica in Gran Bretagna), si rivelò un vero e proprio successo e vide la partecipazione di delegati provenienti da tutto il continente tra i quali spiccavano personalità di spicco del mondo intellettuale, economico e politico. Per quanto riguarda l’Italia, la delegazione proveniente dalla penisola annoverava una grande quantità di personalità provenienti dai più disparati ambienti56, ma non vedeva la partecipazione delle principali cariche politiche, impegnate in quei mesi nella formazione del Governo successiva alle prime elezioni della Repubblica italiana. Nel corso della conferenza

55 S. Pistone, L’Unione dei Federalisti Europei. Dalla fondazione alla decisione sull’elezione diretta del Parlamento Europeo (1946-1974), Guida, Napoli, 2008, p. 62.

56 Tra coloro che presero parte alla Conferenza dell’Aja del 1948 ricordiamo Arrigo Benedettis, Luciano Bolis, Niccolò Carandini, Enzo Giacchero, Adriano e Massimo Olivetti, Altiero Spinelli, Salvatore Quasimodo.

28 emersero, al netto di alcune idee comuni, numerose posizioni discordanti tra i portatori di istanze federaliste e i fautori di un’Europa fondata sul confederalismo, ma nonostante tutto si trovò un debole accordo riguardante la nascita di un’assemblea europea, composta dai rappresentati degli Stati che avrebbero preso parte al processo di integrazione e dalla struttura organizzativa e dalle mansioni piuttosto vaghe57. All’interno delle trattative tenutesi nella città olandese, poi, è necessario riflettere su come la delegazione italiana ebbe un ruolo secondario, sia a causa della mancanza dei principali leader, sia perché probabilmente l’Italia veniva considerata come una potenza “minore” nel contesto continentale.

All’indomani della Conferenza dell’Aja, quindi, il ruolo principale nel nascente processo di costruzione europea sembrava destinato ad essere ricoperto da Gran Bretagna e Francia. Le posizioni dei governi dei due Paesi riguardo a tale prospettiva erano, però, discordanti. Da un lato, infatti, a Parigi Bidault sembrava entusiasta di fronte alla prospettiva di una costruzione europea tanto da prendere in considerazione nel luglio del 1948, in occasione di una riunione dei Ministri del Patto di Bruxelles, la nascita di un’assemblea parlamentare europea. D’altra parte, Bevin e il Foreign Office sembravano mettere in secondo piano il processo di unità europea al fine di concentrare il massimo sforzo sulla nascita dell’Alleanza Atlantica. Un cambio di marcia si verificò successivamente alla formazione del nuovo governo francese e alla nomina al Quai d’Orsay di Robert Schuman, il quale era convinto che soltanto la nascita di un organismo europeo sovranazionale potesse favorire il dialogo con la nascente Repubblica Federale Tedesca attraverso il coinvolgimento della stessa in un organo assembleare internazionale.58

Sotto le spinte di Schuman e di Parigi, le nazioni del Patto di Bruxelles iniziarono nell’ottobre del 1948 a studiare la possibilità di attuazione della proposta presentata durante la Conferenza dell’Aja. A favorire tale sviluppo fu anche la posizione di Washington, favorevole al progetto di integrazione, la quale influenzò il Governo di Londra rendendolo accomodante nei confronti delle proposte francesi. Tuttavia, Bevin non abbandonò l’idea riguardante un progetto confederale, proponendo la nascita di una sorta di Consiglio dei Ministri delle nazioni del Patto di Bruxelles al quale avrebbero potuto successivamente associarsi altre nazioni, tra le quali il Ministro degli Esteri britannico indicò espressamente l’Italia, che voleva essere mantenuta da Londra in una posizione di secondo piano. Al fine di comprendere al meglio il significato della proposta britannica nei confronti dell’Italia nel contesto della

57 Varsori (2010), p. 68.

58 R. Poidevin, Robert Schuman homme d’état 1886-1963, Imprimerie Nationale, Paris, 1986, p. 232.

29 costruzione europea è necessario rifarsi a un’altra trattativa, effettuata contemporaneamente, che è quella riguardante l’ingresso italiano nel Patto atlantico59. Come accennato nel precedente paragrafo, Londra osteggiava fermamente la partecipazione di Roma all’Alleanza per una serie di motivazioni di tipo politico e strategico, e alla luce di ciò la decisione di concedere all’Italia una limitata partecipazione nel contesto del Patto di Bruxelles può essere letta come la volontà britannica di “accontentare” il governo italiano nel caso di un’esclusione della penisola dall’Alleanza Atlantica.

Da parte sua, il Governo italiano sembrò favorevole alle proposte del Foreign Office, e ciò permise l’apertura dei negoziati che avrebbero condotto Roma a ricoprire questa sorta di ruolo di “osservatore” all’interno dell’Alleanza a cinque di Bruxelles. Al fine di essere certo che tale operazione tenesse lontana la penisola dal Patto Atlantico, poi, Bevin ribadì in un documento inviato a Washington nel gennaio 1949 che la partecipazione italiana a quello che ben presto sarebbe diventato il Consiglio d’Europa sarebbe stata sufficiente a sopire le ambizioni e le richieste di Roma60. A gennaio l’Italia venne quindi invitata, insieme alla Danimarca, alla Norvegia, alla Svezia e all’Irlanda a prendere parte, durante il mese di maggio, ai negoziati di Londra che avrebbero dovuto portare alla nascita del Consiglio.

A stravolgere i piani di Londra contribuì però l’ingresso italiano, ad aprile, all’interno del Patto Atlantico, fortemente voluto dalla Francia e infine favorito anche dagli Stati Uniti. Ciò permise alla delegazione italiana di arrivare a Londra in una condizione di maggiore sicurezza, ma nonostante tutto Sforza assunse durante i negoziati un atteggiamento cauto e collaborativo, volto ad accomodare le richieste britanniche e francesi. Il comportamento tenuto dalla diplomazia italiana durante i negoziati di Londra inaugurò una stagione della politica estera di Roma fondata sulla mediazione e sulla volontà di favorire la ricerca di un punto d’incontro tra le parti, che caratterizzò l’operato della Farnesina principalmente nell’ambito della politica europea. L’unica presa di posizione netta, attraverso la quale Sforza si schierò fermamente a favore della posizione francese, riguardava l’inclusione all’interno del nuovo Consiglio d’Europa della Grecia e della Turchia; le motivazioni di ciò vanno ricercate nella volontà italiana di volgere la propria politica estera contemporaneamente verso

59 Cfr. 1.6.2.

60 National Archives (London), Foreign Office 371, Z 78/1074/72, tel. n. 233, Foreign Office a Washington, 7.1.1949, immediate top secret.

30 il continente e verso il Mediterraneo, così da poter sfruttare la vantaggiosa posizione geografica della penisola al fine di migliorare il proprio status internazionale61.

I negoziati terminarono il 5 maggio 1949 con la firma del Trattato di Londra e con la nascita del Consiglio d’Europa, che vedeva la presenza dell’Italia in qualità di membro fondatore. Dal punto di vista istituzionale il Consiglio di presentava come strutturato su tre organismi. Il Comitato dei Ministri, dotato di ampi poteri e composto dai Ministri degli Esteri dei Paesi membri, l’Assemblea consultiva, composta dai rappresentanti dei Parlamenti nazionali e con funzioni prevalentemente raccomandatorie nei confronti del Comitato, e infine il Segretariato generale, che agisce sotto la direzione del Segretario generale e svolge attività di indirizzo62. L’ingresso di Roma nel Consiglio d’Europa venne utilizzato da De Gasperi e Sforza sia come un modo per rafforzare la posizione italiana sul piano internazionale, sia come un “traguardo”

raggiunto da poter esibire sul piano della politica interna. A partire da questo momento, poi, Palazzo Chigi iniziò ad intrattenere rapporti sempre più stretti con la maggiore organizzazione europeista italiana, il Movimento Federalista Europeo, guidato da Altiero Spinelli, che al tempo stesso rafforzava sempre più la propria influenza nella galassia di movimenti europeisti nati in tutto il continente.

Al netto di tutte le considerazioni finora espresse, bisogna però ammettere che il Consiglio d’Europa, a causa di alcune sue caratteristiche (ad esempio la funzione consultiva dell’assemblea e lo scarso sostegno britannico), finì per mostrare tutti i suoi limiti e per dare un apporto soltanto marginale al processo di integrazione europea che, come vedremo nel successivo capitolo, venne influenzato da ben altri sviluppi assumendo caratteristiche del tutto diverse da quelle presenti finora.

61 Tale presa di posizione verrà confermata successivamente, nel 1952, con le spinte da parte del Governo di Roma verso l’inclusione di Atene e Ankara nel Patto Atlantico.

62 Consiglio d’Europa in Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/consiglio-d-europa.

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2. Prove di integrazione: la nascita della CECA e il disegno della