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Nello specifico la configurazione impiantistica è costituita dalle fasi di seguito descritte.

LINEA ACQUE

 Serbatoio di accumulo iniziale

 Stazione di sollevamento iniziale

 Condizionamento chimico e processo di riduzione del Cr VI a Cr III

 Condizionamento chimico e processo di coagulazione

 Decantazione in sedimentatore a pacchi lamellari

 Filtrazione su carboni attivi

 Serbatoio di accumulo finale

 Scarico su recettore finale LINEA FANGHI

 Estrazione dei fanghi sedimentati

 Disidratazione statica naturale in un modulo a sacchi drenanti

 In alternativa: smaltimento dei fanghi allo stato liquido in impianti terzi

Serbatoio di accumulo iniziale

Le acque sotterranee prelevate dai singoli pozzi di emungimento verranno recapitate ai 2 serbatoi di accumulo iniziale tramite rete di collettamento stabile.

In relazione ai valori di portata massima giornaliera, stimati in 1 ÷ 2 m3/giorno, il volume utile di ciascun serbatoio è stato identificato in 5 m3.

In tal modo è possibile procedere con le fasi di emungimento e trasferimento mediante rete di collettamento stabile dei volumi prodotti ai serbatoi di accumulo iniziale.

Ciascun serbatoio di accumulo iniziale svolge pertanto la funzione di omogeneizzazione ed equalizzazione consentendo nel contempo di ottimizzare i cicli di avviamento dell’impianto e trattamento chimico-fisico delle acque nonché fronteggiare eventuali fasi di fermo impianto per l’esecuzione di interventi di manutenzione ordinaria e/o straordinaria.

Stazione di sollevamento iniziale

Ciascun serbatoio di accumulo iniziale sarà dotato di una elettropompa sommergibile a farfalla, dimensionata per superare un dislivello di 25 m (lato Nova Siri) e di 5 m (lato Sinni), che ha il compito di trasferire l’intero volume all’impianto di trattamento.

La portata di mandata è quantificata in 500 l/h (dato dimensionale di progetto del complessivo impianto).

L’attivazione delle elettropompe di sollevamento iniziale sono comandate da un sistema automatico a galleggiante.

Condizionamento chimico e processo di riduzione del Cr VI a Cr III

L’inquinante inorganico costituito da cromo esavalente Cr VI, per poter essere eliminato con gli altri ioni metallici, deve subire un pretrattamento di riduzione a cromo trivalente Cr III.

Tra i diversi composti chimici riducenti disponibili in commercio, il più utilizzato è il bisolfito di sodio (NaHSO3).

La riduzione del Cr VI a Cr III con bisolfito di sodio avviene secondo la reazione seguente:

2 CrO

4-

+ 3 SO

3-

+ 10 H

+

→ 2 Cr

3

+ + 3SO

4-

+ 5 H

2

O

Per minimizzare i tempi di reazione, occorre operare in ambiente acido con valore di pH compreso nel range 2 ÷ 3.

La configurazione impiantistica prevede pertanto l’installazione di una sonda per la lettura in continuo del pH ed una centralina di acquisizione del dato di pH, alla quale verrà interfacciata una pompa dosatrice della soluzione acida (acido nitrico oppure acido fosforico).

L’azionamento della pompa dosatrice della soluzione acida è comandato dalla centralina di lettura del pH.

Nel momento in cui il pH misurato all’intero della prima vasca di miscelazione supera il valore di pH 3 si attiva il dosaggio che procede fino a quando la sonda di pH registra il raggiungimento del valore di pH 2.

L’immissione della soluzione acida avviene lungo la linea di mandata, realizzata con una sequenza di successivi cambi di direzione che hanno la funzione di favorire la miscelazione.

Le acque da trattare raggiungono la prima vasca di miscelazione con pH compreso nel range 2 ÷ 3.

All’interno della prima vasca di condizionamento chimico, la miscelazione è garantita dall’esercizio di un mixer ad asse verticale.

All’interno della prima vasca di miscelazione viene immessa una soluzione di bisolfito di sodio per la riduzione del Cr VI a Cr III.

L’immissione della soluzione di bisolfito di sodio avviene per il tramite di idonea pompa dosatrice il cui esercizio sarà comandato dall’attivazione della stazione di sollevamento iniziale. Stante che i tempi di “riduzione chimica da cromo VI a cromo III risultano rapidissimi.

Condizionamento chimico e processo di coagulazione

La prima vasca di miscelazione è collegata idraulicamente in serie ad una seconda vasca di miscelazione.

Il refluo, al termine della fase di riduzione, per il tramite di apposita luce a stramazzo, viene trasferito alla seconda vasca di miscelazione.

In questa seconda vasca opera un mixer ad asse verticale che ha il compito di mantenere l’intero volume miscelato.

All’interno di questo secondo comparto di miscelazione viene favorito il processo di coagulazione: concentrazione degli inquinanti e formazione di fiocchi di fango sedimentabili.

Per favorire il processo di coagulazione occorre operare in ambiente alcalino con pH compreso nel range 7 ÷ 9.

Pertanto occorrerà effettuare un condizionamento chimico di neutralizzazione per portare il pH a valori ottimali di 7 ÷ 9 ed immettere un ausiliare di coagulazione per la formazione di fiocchi di fango caratterizzati da buona sedimentabilità.

La correzione del pH verrà effettuata impiegando una soluzione di idrossido di calcio Ca(OH)2, mentre come coagulante verrà impiegata una soluzione di policloruro di alluminio.

Nel dettaglio la configurazione impiantistica prevede l’installazione di una sonda di pH all’interno della seconda vasca di miscelazione dotata di centralina di acquisizione del dato di misura di pH, interfacciata con una pompa dosatrice della soluzione alcalina di idrossido di calcio. La pompa dosatrice riceverà il consenso di attivazione nel momento in cui la lettura di pH scende al di sotto del valore 7 e di interrompe nel momento in cui il valore di pH raggiunge il valore pari a 9.

Contestualmente una seconda pompa dosatrice, attivata contestualmente all’attivazione della stazione di sollevamento iniziale, provvede all’immissione della soluzione di policloruro di alluminio.

Decantazione in sedimentatore a pacchi lamellari

Al termine delle fasi di condizionamento chimico sopradescritte, la miscela ottenuta viene inviata al sedimentatore a pacchi lamellari.

All’interno del comparto di sedimentazione, la condizione di quiete favorisce la separazione solido-liquido per il tramite di una fase di decantazione dei fiocchi di fango formatisi nella precedente fase di condizionamento chimico e di una fase di risalita del surnatante chiarificato che raggiunto il pelo libero, sfiora per il tramite di idoneo stramazzo ad una vasca di accumulo.

Il comparto di sedimentazione a pacchi lamellari è configurato con una tramoggia tronco-piramidale al fine di favorire le fasi di ispessimento del fango e le successive fasi di estrazione dei fanghi.

Filtrazione su carboni attivi

L’acqua depurata in uscita dal comparto di sedimentazione a pacchi lamellari, per il tramite di idonea tubazione a gravità alimenta un filtro a carbone attivo.

Il filtro a carbone attivo ha la funzione di trattamento di affinamento terziario ed è stato previsto per l’abbattimento dei Composti Organoalogenati.

Nello specifico il materiale di riempimento costituito da GAC (Carbone Attivo Granulare) esercita un’azione di adsorbimento degli eventuali inquinanti residui presenti nel refluo effluente.

La tecnologia dell’adsorbimento si fonda sulla proprietà dei carbone attivi di trattare la maggior parte di Composti Organici Volatili.

Esso avviene grazie alla particolare caratteristica dei carboni attivi di possedere una grandissima microporosità, difficilmente immaginabile, che può raggiungere oltre 1500 m2 per grammo di carbone. I pori microscopici si sviluppano in profondità diminuendo man mano la loro sezione fornendo uno sviluppo superficiale di contatto estremamente vasto. Il carbone attivo è prevalentemente di origine vegetale che opportunamente lavorato e trattato assume forme di granuli, scaglie o cilindretti, questi ultimi aventi dimensioni di qualche millimetro.

Il filtro a carbone attivo è composto da un serbatoio contenente il carbone attivo granulare che costituisce il “letto filtrante” di attraversamento con flusso dall’alto verso il basso.

Il letto di carbone attivo durante le fasi di esercizio esplica un’azione di adsorbimento che determina la progressiva saturazione.

Una volta raggiunta la condizione di saturazione, il letto filtrante a carbone attivo non è più in grado di espletare alcuna azione di adsorbimento e pertanto occorre procedere con l’esecuzione degli interventi di sostituzione. Il carbone attivo esausto dovrà essere opportunamente gestito come rifiuto ed avviato a recupero e/o smaltimento.

Serbatoio di accumulo finale

Il refluo depurato in uscita dal filtro a carbone attivo verrà accumulato all’interno del serbatoio di accumulo finale.

Il serbatoio di accumulo finale, avente volume utile pari a 5.000 litri, consentirà di effettuare un eventuale controllo di conformità prima di procedere con le fasi di scarico.

Scarico

Le fasi di scarico delle acque depurate prevedono come recapito il corpo idrico superficiale attraverso un nuovo punto di scarico da sottoporre ad autorizzazione AUA della Autorità Competente al rilascio.

CARATTERISTICHE TECNICHE DELL’IMPIANTO

Portata [l/h]

Potenza [Kw]

Dimensioni [mm]

Peso [kg]

500 0,75 1000 x 500 x 1600 200

Particolari costruttivi dell’impianto chimico-fisico di trattamento delle acque sotterranee: Vista Prospettica (immagine di sinistra) e Vista Assonometrica (immagine di destra).

Schema di flusso con indicazione delle singole sezioni di trattamento ed annesse apparecchiature elettromeccaniche di servizio in dotazione.

8 PIANO DI MONITORAGGIO DELL’EFFICACIA DELLE MISURE ADOTTATE

Preso atto di quanto puntualmente indicato dall’art. 242 del D.Lgs 152/06 che individua la Messa in Sicurezza Operativa quale “l'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate”.

Alla luce di quanto indicato è predisposto il seguente piano di monitoraggio ambientale finalizzato alla verifica dello stato di qualità delle seguenti componenti:

 acque sotterrane;

 acque trattate;

 acque di scarico.

Detto piano di monitoraggio, in accordo con quanto espressamente indicato nel verbale della conferenza di servizi del 9/1/2019 si articolerà attraverso il prelievo di campioni di acque sotterrane, di acque da trattare, di acque trattate e di acque di scarico come di seguito dettagliato.

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