• Non ci sono risultati.

In ottemperanza a quanto emerso dalla conferenza di servizi ENEA ha provveduto al tempestivo emungimento dei piezometri che presentavano il superamento delle CSC di cui alla tabella 2 all.5 parte IV titolo V e alla realizzazione di ulteriori piezometri da emungere periodicamente in prossimità dell’SP35 anche ai fini del monitoraggio e di primo intervento di confinamento della contaminazione di cromo esavalente. Ha provveduto inoltre alla realizzazione di n.6 piezometri esterni al sito (a valle della S.S. n.106 Ionica) in aggiunta ad ulteriori 11 piezometri realizzati internamente al sito.

In fase di realizzazione dei nuovi piezometri si è provveduto al prelievo di campioni di suolo e di acque sotterranee, nella fattispecie, sono stati prelevati:

 N. 54 campioni di terreno comprensivi di top soil;

 N. 15 campioni di acque sotterranee (2 dei 17 piezometri di nuova realizzazione non hanno dato luogo a ricarica dopo lo spurgo preliminare).

In siffatto contesto ARPAB ha prelevato in contraddittorio n. 7 campioni di terreno e n. 15 campioni di acque sotterranee.

Gli esiti delle determinazioni analitiche eseguite sui campioni di terreno, sia quelle eseguite dal soggetto obbligato che dal laboratorio ARPAB non hanno dato luogo a superamenti dei limiti normativi previsti dalla tabella 1 colonna A parte IV Titolo V D.Lgs. 152/06.

Nel controllo delle acque sotterranee dai piezometri di nuova esecuzione sono emersi alcuni superamenti delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) di cui alla tabella 2 Allegato 5 parte IV Titolo V D.Lgs152/06.

Dalla disanima della documentazione è possibile supporre che le azioni di prevenzione attuate da ENEA, come dichiarato in sede di CDS del 16/01/2018 (consistenti nell’emungimento di acqua sotterranea da alcuni piezometri e conferimento ad opportuno

impianto) abbiano determinato una riduzione della contaminazione soprattutto da Tricoloretilene.

Figura 5. Planimetria con ubicazione dei nuovi piezometri realizzati da ENEA

Al fine di verificare l’esito delle prime misure di prevenzione poste in essere è stata condotta un’analisi spaziale della distribuzione del cromo esavalente sul territorio indagato, ciò allo scopo di confrontare la possibile evoluzione spaziale della contaminazione prima e dopo gli interventi. Le mappe di isoconcentrazione sono state elaborate sulla base dei risultati ottenuti in fase di esecuzione del Piano della Caratterizzazione (anno 2017) e sui nuovi risultati ottenuti nel 2018 in fase di realizzazione della barriera idraulica. I risultati mostrano una tendenza alla diminuzione generale dell’estensione della contaminazione anche in relazione alle concentrazioni massime registrate, suggerendo la bontà della proposta progettuale dell’intervento di bonifica.

Figura 6. Distribuzione spaziale del cromo esavalente nel 2017

Figura 7. Distribuzione spaziale del cromo esavalente nel 2018. In questa fase di monitoraggio non è stato registrato alcun superamento nei piezometri di nuova

generazione esterni al sito.

3 INQUADRAMENTO NORMATIVO

Il Titolo V della Parte Quarta del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. (cosiddetto Testo Unico Ambientale) disciplina la bonifica dei siti inquinati, con la definizione delle procedure, dei criteri e delle modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e comunque tutti i processi finalizzati alla riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari.

Gli interventi indicati della presente relazione tecnica si inquadrano nell’ambito delle definizione delle attività di “Messa in Sicurezza Operativa” – MISOp.

Ovvero, come indicato alla lettera n) dell’art. 240 del citato D. Lgs. 152/06, la progettazione “dell'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica, da realizzarsi alla cessazione dell'attività”.

Inoltre detti interventi di MISOp “comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate”.

Nella presente fattispecie, con riferimento alle attività di caratterizzazione e d’indagine di rischio eseguite e approvate, gli interventi di MISOp s’inquadrano come opere di contenimento della contaminazione della matrice ambientale “Acque Sotterranee”,

Ciò anche in attesa di acquisire ulteriori informazioni sulla sorgente primaria e secondaria della stessa contaminazione, la cui distribuzione attuale è stata descritta nel paragrafo precedente con i relativi interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente.

Tali interventi si collocano nell’ambito di quanto previsto al comma 7 dell’art. 242, il quale prevede che “il soggetto responsabile sottopone alla Regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del documento di analisi di rischio, il progetto operativo

degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito”.

Pertanto, nel contesto attuale, il titolare del sito oggetto delle presenti attività ha attuato una prima serie di interventi di Messa in Sicurezza Operativa previsti dalle prescrizioni n.

2-3 della CdS del 03/10/17.

In siffatto contesto, nell’ambito delle azioni di attenuazione della propagazione della contaminazione primaria, si è provveduto alla realizzazione della rete supplementare dei piezometri e l’emungimento delle acque sotterranee da loro intercettate.

Opere, quest’ultime, classificabili come misure di riparazione (qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi) così come indicato ai commi 2 e 3 dell’art. 242 del D. Lgs. 152/06.

I risultati di tali interventi già posti in essere sono stati oggetto di specifiche verifiche tramite attività di campionamento ed analisi chimico fisica, eseguite in contradditorio con ARPAB, del mese di settembre 2018.

Inoltre nel corso dell’intero anno idrologico di emungimento delle suddette acque sotterranee e il “deposito temporaneo” come rifiuto liquido si è periodicamente provveduto alla loro classificazione e caratterizzazione e finale smaltimento come rifiuti liquidi da trattare fuori sito di cui al Codice CER 16 10 02.

Con riferimento alle scelte progettuali poste in essere va ricordato che Il co. 7 dell’art. 242 prevede anche che ”nel caso di interventi di bonifica o di messa in sicurezza (..) che presentino particolari complessità a causa della natura della contaminazione, degli interventi, delle dotazioni impiantistiche necessarie o dell'estensione dell'area interessata dagli interventi medesimi, il progetto può essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive”.

In conformità al suddetto obbligo normativo la prescrizione n. 4 della CdS del 03/10/17 prevedeva che nel periodo transitorio dell’esercizio della barriera idraulica e del relativo monitoraggio (punti n. 2 e n.3), le stesse risultanze del monitoraggio saranno prese alla base per la redazione di un progetto preliminare per la messa in sicurezza operativa del sito, da condividere con la stessa CdS.

Pertanto il presente progetto preliminare di “Messa in Sicurezza Operativa”, riguardante il sito contaminato, ha l’obiettivo di garantire una adeguata sicurezza sanitaria ed ambientale e, pertanto, impedire un'ulteriore propagazione dei contaminanti (co. 9 art. 242).

Il progetto di MISO deve inoltre essere accompagnato da un accurato “piano di monitoraggio” dell'efficacia delle misure adottate (piano di autocontrollo).

Dette attività di monitoraggio dovranno restituire, tramite apposti report periodici, le necessarie informazioni propedeutiche a comprendere se, all'atto della cessazione dell'attività di MISO, si renderà necessario un intervento di bonifica o un intervento di Messa in Sicurezza Permanente.

Col fine di meglio definire il contesto normativo e la relativa conformità allo stesso del presente progetto è certamente utile riportare le definizioni degli interventi finali successivi alla “Messa in Sicurezza Operativa”, da valutare a valle dei dati chimico-fisici ed ambientali derivanti dall’attuazione del presente progetto.

o) Messa in Sicurezza Permanente:

“l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici”

Con riferimento a dette definizioni l’allegato 3 al titolo V contiene i criteri generali per la selezione e l'esecuzione degli interventi di “bonifica” e “ripristino ambientale” nonché di eventuale “messa in sicurezza (d'urgenza, operativa o permanente)” ivi compresa l’individuazione delle “migliori tecniche d'intervento a costi sopportabili”.

Quindi attraverso il presente elaborato tecnico è stato individuato, tra le diverse opzioni oggetto di approfondita valutazione sito specifica, un intervento di MISOp finalizzato, nel contempo,

 sia a pervenire ad un'effettiva eliminazione/riduzione della contaminazione,

 che a conseguire un'efficace azione di protezione delle matrici ambientali influenzate dagli effetti di contaminazione del sito,

Interventi di MISOp, pertanto, tutti finalizzati sia alla preliminare protezione delle matrici ambientali sensibili mediante il contenimento degli inquinanti all'interno dello stesso sito, che a provvedere gradualmente all'eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie in step successivi programmati.

Il tutto in attesa di poter definire la eventuale necessità/fattibilità del possibile intervento di bonifica, identificando le possibili sorgenti di inquinamento convenzionale da eliminare/contenere.

Va precisato che le modalità di gestione dei rifiuti e delle acque di scarico, o meglio, gli accorgimenti tecnici e/o di processo che possono essere previsti e progettati per evitare la produzione di rifiuti, come gli attuali rifiuti liquidi da smaltire fuori sito, incidono in maniera determinante sui costi di un intervento a parità di obiettivi di bonifica o di messa in sicurezza da raggiungere.

Pertanto è stato ritenuto opportuno, come già detto in precedenza, attuare interventi di MISOp in via transitoria in attesa della definizione degli eventuali interventi finali.

Detti interventi, per loro stessa intrinseca natura (MISOp), hanno carattere di continuità e compatibilità con le lavorazioni svolte nei siti produttivi in esercizio.

Va inoltre ricordato che la messa in sicurezza di un sito inquinato è comprensiva delle azioni di monitoraggio e controllo finalizzate alla verifica, nel tempo,

 sia dell’efficacia delle soluzioni adottate

 che del mantenimento dei valori di concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali interessate al di sotto dei “Valori Soglia di Rischio” (CSR).

Rispetto ai criteri tecnici generali degli interventi di messa in sicurezza elencati, dal citato allegato 3 della Parte IV del D. Lgs. 152/06, è stato possibile individuare, come compatibili col caso di specie, i requisiti specifici dell’intervento di seguito indicati.

1. Privilegiare le tecniche di trattamento/bonifica che riducono permanentemente e significativamente la concentrazione degli inquinati nelle diverse matrici ambientali, gli effetti tossici e la mobilità delle sostanze inquinanti.

 Obiettivo, quest’ultimo, perseguibile tramite l’asportazione di tutte le, pur quantitativamente molto modeste, acque sotterranee presenti nel perimetro del sito così come esse vengono intercettate dalle due reti-barriera di piezometri del lato sud-est e sud-ovest dello stesso sito, secondo le loro linee di deflusso da monte verso valle.

2. Privilegiare le tecniche tendenti al trattamento on-site, con conseguente riduzione dei rischi derivanti dal trasporto e trattamento off-site dei contaminanti, nello specifico eliminando trasporti e conferimenti presso impianti di terzi e, pertanto, prevedendo l’installazione di un impianto ITAF interno.

3. Privilegiare le tecniche chimico fisiche che permettono il trattamento nel sito delle acque estratte dal sottosuolo, al fine di conseguire una riduzione del volume di rifiuti da movimentare fuori sito, con successivo loro scarico su corpo idrico superficiale.

4. Evitare, tramite la realizzazione di un sistema di gestione delle acque sotterranee emunte, i possibili rischi di perdite o altri rischi di dispersioni di inquinanti nell'aria, nelle acque sotterranee e superficiali, nel suolo e nel sottosuolo, nonché ogni inconveniente derivante da rumori e odori.

5. Evitare rischi igienico-sanitari, per la popolazione e/o per gli addetti dell’intera unità produttiva, durante lo svolgimento degli interventi, con la predisposizione di un sistema chiuso ed automatico, con livelli di guardia ed allerta in caso di malfunzionamenti o avarie elettromeccaniche.

6. Adeguare le misure di sicurezza alle caratteristiche specifiche del sito e dell'ambiente da questo influenzato, e, pertanto, evitare ogni possibile

peggioramento dell'ambiente e del paesaggio dovuto alle opere da realizzare, con l’installazione di presidi anti inquinamento di facile rimozione e smantellamento.

 Ciò col fine di rendere possibile, in caso dell’auspicato finale ripristino delle matrici ambientali oggetto di “MISOp”, la loro destinazione d'uso alle originarie naturali caratteristiche morfologiche, vegetazionali e paesistiche.

Nel progetto relativo agli interventi da adottare, con riferimento a detti obiettivi, è stata inserita una dettagliata analisi comparativa delle diverse tecniche di intervento applicabili al sito in esame.

Ciò in considerazione delle specifiche caratteristiche dell'area e di efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali, le concentrazioni residue, i tempi di esecuzione, l’impatto sull'ambiente circostante.

Nel progetto, pertanto, è inserito un mirato “Piano di Autocontrollo” dell’efficacia degli interventi, coi relativi controlli e monitoraggi.

Inoltre l’intervento di seconda fase di MISOp prevede una misura di contenimento con sbarramento attivo di natura idraulica, realizzato con pozzi di emungimento con pompaggio adeguato ad intercettare il flusso di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee.

In particolare, gli interventi devono rispettare le condizioni per la gestione delle acque di falda emunte previste dall’art. 243 del dlgs 152/06.

Pertanto, nello specifico, varranno sviluppate attività di seguito elencate.

a. Ricorso al barrieramento fisico avendo constatato l’impossibilità di conseguire altrimenti gli obiettivi di impedire e/o arrestare l'inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati.

Quindi, realizzazione delle necessarie misure di riparazione e prevenzione dell'inquinamento delle acque sotterrane, tramite conterminazione idraulica con emungimento e trattamento.

Pertanto individuazione delle migliori tecniche disponibili per eliminare le fonti di contaminazione dirette e indirette, mediante apposito intervento di MISOp.

b. Attivazione del trattamento chimico fisico, in situ, delle acque emunte dai singoli piezometri per poi poterle scaricare come refluo verso il naturale corpo idrico superficiale nel rispetto dei limiti di tab.2 dell’all.to 5 all.ti titolo V parte quarta D.lsg. 152/06. Ciò in alternativa alla loro gestione come rifiuti speciali da trattare fuori sito con annessi inevitabili maggiori “costi” ambientali (trasporto, trattamento, ecc.).

4 VALUTAZIONE DI FATTIBILITÀ DEGLI INTERVENTI DI SECONDA FASE DI MISOP

La proposta impiantistica di MISOp di seconda fase prevede la realizzazione di un sistema di contenimento con sbarramento attivo di natura idraulica, realizzato con pozzi di emungimento con pompaggio adeguato ad intercettare il flusso di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee.

Tale sistema di efficace barrieramento, commisurato alla ridotta consistenza delle stesse

“acque sotterranee” presenti nel sito, verrà garantito con le attrezzature ed operatività di seguito indicate.

1. Sistemi automatici di emungimento delle acque sotterranee dei pozzi (Ø 4”) interni al sito, costituiti da singole pompe sommergibili fisse, del tipo a 12 volt, asservite ad una batteria ricaricabile con pannello fotovoltaico. Le stesse pompe opereranno il citato sollevamento delle acque sotterranee in cicli automatici con asservimento elettrico ad idonee sonde di livello minimo e massimo.

2. Sistema di raccolta e controllo dei quantitativi emunti tramite cisternetta IBC e misuratore di livello collegato ad allarme di livello, per il successivo pompaggio delle acque emunte verso l’impianto di trattamento centralizzato (ITAF) passando per una cisterna di pre-accumulo.

Le tecniche di emungimento e pompaggio dei singoli pozzi costituiscono un sistema stabile di pozzi-barriera in cui le acque sotterranee, controllate da indicatori di livello connessi al software di controllo, vengono inviate ad un impianto di trattamento in sito.

Acque emunte dai pozzi barriera che, a differenza del contesto operativo attuale, non verranno più autotrasportate come “rifiuti liquidi” verso in impianto esterno, ma gestite direttamente all’interno del sito come “acque reflue”. Infatti l’ipotesi progettuale MISOp di seconda fase ne prevede il trattamento in impianto dedicato, per l’abbattimento delle concentrazioni di inquinanti il cui obbiettivo di bonifica sarà il raggiungimento dei più restrittivi limiti della tab.2 dell’all.to 5 all.ti titolo V parte quarta Dlsg 152/06. Quindi al di

sotto delle CSR (Concentrazioni Soglia di Rischio) definite dall’Analisi di Rischio sito-specifica del sito.

Infine le stesse acque trattate, dopo preliminare accumulo finalizzato alla verifica di conformità, potranno essere scaricate (in ottemperanza alla necessaria autorizzazione AUA) nel corpo ricettore nel rispetto dei limiti di tab. 2 dell’all.to 5 della parte quarta-titolo V del D.Lgs 152/06.

L’intervento prevede la realizzazione di due indipendenti sistemi di pozzi-barriera, che, dall’esame delle caratteristiche geomorfologiche e dei deflussi delle acque sotterranee del sito, si ritiene debbano essere ubicati nella sezione di chiusura di valle idrologica del sito, ovvero lungo il perimetro sud-est (attorno a pozzo SP35) e sud (pozzo SP45n) del centro di ricerche. Contesto già rilevato dalla caratterizzazione del fenomeno di inquinamento.

Figura 8. Ubicazione schematica delle aree di istallazione dei pozzi barriera

Dalle valutazioni sull’evoluzione della contaminazione dei paragrafi precedenti si evince come la zona di confine maggiormente esposta sia quella in prossimità del pozzo SP35 (confine lato Sinni), dove si sono concentrati anche il 15% ca. degli emungimenti registrati nella campagna 2017/2018.

Tale zona risulta prossima al recapito idrologico naturale, ovvero il fiume Sinni, quindi ne consegue ragionevole ubicare la rete fissa principale di pozzi-barriera in tale “lato” della sezione idrologica di valle, con il sistema fisso di emungimento nel pozzo SPB8n.

Come si evince dall’analisi delle possibili zone di deflusso delle acque sotterranee, oltre all’area attorno al pozzo SP35, definita nel presente progetto come “area lato Sinni”, esiste una zona secondaria localizzata attorno al pozzo SP45n, denominata per analogia

“area lato Siri”.

Quindi per la realizzazione del progetto di presidi fissi di MISOp, come quello in oggetto, non è possibile escludere tale area da un sistema barriera di confinamento.

Si ritiene dunque necessario, al fine di proteggere i potenziali bersagli di valle, ubicare le reti perimetrali del sistema barriera in queste due aree, con i relativi punti di controllo ed i punti di conformità (PoC) già definiti in fase di caratterizzazione ambientale e di analisi di rischio.

Nella valutazione dell’evoluzione della contaminazione è riportata anche una stima della produzione massima teorica dei due sistemi-barriera, che si aggira attorno ai 60 mc/anno.

A valle di quanto emerso nella conferenza di servizi del 9/1/2019 e con specifico riferimento al parere ISPRA allegato allo stesso, si è determinato di collegare direttamente con una rete di collettamento stabile (tubazione interrata) i due moduli di pozzi barriera con l’impianto di trattamento ITAF.

Nella fattispecie, i due moduli di pozzi barriera costituti dalla barriera lato Sinni e dalla barriera lato Nova Siri, saranno collettati attraverso due reti indipendenti verso l’impianto di trattamento ITAF che potrà trattare separatamente, in momenti differenti, i due flussi di acque sotterranee in ingresso.

A Tal proposito due valvole separate permetteranno la chiusura/apertura di ciascuna linea in modo da potere sottoporre a trattamento unicamente le acque sotterranee provenienti da un modulo di pozzi barriera o dall’altro.

Le 2 serie di pozzi dei sistemi barriera sono costituite dall’insieme dei seguenti pozzi:

 barriera lato Sinni: pozzi SP35 – B7 – B8 – B10;

 barriera lato Siri: pozzi SP45n – B11 – B12.

Figura 9. Distribuzione spaziale dei pozzi realizzati quali ulteriori misure di prevenzione (anno 2018) con individuazione dei pozzi da usare quali pozzi barriera.

Gli altri pozzi interni ed esterni al sito verranno utilizzati per il monitoraggio dell’efficacia degli interventi, come descritto in apposito capitolo dedicato al “programma di monitoraggio”.

Visto il posizionamento “ravvicinato” dei pozzi nell’area lato Sinni, ovvero attorno al pozzo sp35, si prevede di collocare inizialmente 4 pompe sommerse fisse e relativi contenitori nei pozzi sp35, spB7, spB8 e spB10, estendendo la rete eventualmente anche al pozzo spB9 in caso di osservazioni della presenza di acque anche in tale pozzo “limitrofo”

durante l’emungimento dai 4 pozzi individuati come principali.

Dal punto di vista operativo, si prevede l’installazione di pompe sommergibili ad asse verticale (diametro 2”) direttamente all’interno dei pozzi (diametro 4”), azionate in automatico da un apposito interruttore galleggiante di min. e max, con il riempimento di un

Dal punto di vista operativo, si prevede l’installazione di pompe sommergibili ad asse verticale (diametro 2”) direttamente all’interno dei pozzi (diametro 4”), azionate in automatico da un apposito interruttore galleggiante di min. e max, con il riempimento di un

Documenti correlati