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CAPITOLO II - TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL SEGNO 74

2.7 Conflitti con i marchi individuali e collettivi

stesso non potrà evidentemente accedere alla tutela di cui all’art. 30 C.P.I. (a cui possono accedere unicamente i segni per i quali esista quantomeno un rapporto tra territorio e reputazione) e assai probabilmente nemmeno a quella di cui all’art. 2598 c.c. posto che “non si riesce a immaginare come il suo uso, anche in relazione a prodotti provenienti da una zona diversa, possa costituire atto di concorrenza sleale, dovendosi per definizione escludere che vi sia un agganciamento a una reputazione qui non esistente o un inganno rilevante per le scelte d’acquisto del consumatore”169 e che del resto lo specifico art. 2598 n. 2 c.c. “trova applicazione a qualsiasi nome geografico o altro segno che indichi o suggerisca anche indirettamente la provenienza di prodotti da una determinata zona o località quando il pubblico attribuisca per qualsiasi ragione importanza alla provenienza dei prodotti da tale zona o lcalità”170.

La disciplina nazionale sul punto è del resto analoga a quella adottata a livello comunitario sempre in tema di conflitto tra denominazioni di origine/indicazioni geografiche e marchi anche se, obbiettivamente, quest’ultima appare nello specifico assai più dettagliata: l'art. 3 quarto comma del Reg. CE n.

510/2006 prevede infatti che “una denominazione d'origine o un'indicazione geografica non è registrata qualora, tenuto conto della reputazione di un marchio, della notorietà e della durata di utilizzazione dello stesso, la registrazione è tale da indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del prodotto”, mentre l'art. 14, secondo comma del medesimo regolamento stabilisce che, indipendentemente dalla data di effettiva registrazione della DOP/IGP, sono fatti salvi i diritti di marchio acquisiti in buona fede anteriormente al 1° gennaio 1996, purché il marchio non sia nel frattempo incorso in un'ipotesi di nullità o decadenza per i motivi previsti dalla Dir. n. 89/104/CEE (oggi divenuta la Dir. n. 2008/95/CE).

Del resto i requisiti di “salvezza del marchio” di cui alla norma citata sono in linea con quanto era stato proposto a livello internazionale per risolvere questo tipo di conflitti ove si è sempre sostenuto che il criterio da seguire per risolvere i conflitti tra le denominazioni d'origine ed i marchi ad esse anteriori fossero quelli del divieto d'inganno del pubblico e del divieto di ogni forma di sfruttamento parassitario della reputazione di cui goda l'indicazione di origine171.

171 S u l p u n t o , c f r “ P o s s i b l e s o l u t i o n s f o r c o n f l i c t s b e t w e e n t r a d e m a r k s a n d g e o g r a p h i c a l i n d i c a t i o n s a n d f o r c o n f l i c t s b e t w e e n h o m o n y m o u s g e o g r a p h i c a l i n d i c a t i o n s ” r e p e r i b i l e a l s i t o w w w . w i p o . o r g , n o n c h é i n

Per comprendere l’effettivo ambito di applicazione della disciplina in esame, occorre anzitutto individuare un criterio utile per determinare con precisione l'eventuale anteriorità del marchio rispetto alla denominazione.

Se infatti non vi possono essere equivoci rispetto alle denominazioni di origine e indicazioni geografiche registrate vuoi a livello comunitario, vuoi a livello internazionale, per escludere l'anteriorità dei marchi quanto meno nel caso in cui gli stessi siano posteriori alla presentazione della domanda di registrazione presso la Commissione europea della D.O.P. o I.G.P. (ovvero, per le denominazioni riconosciute da una Convenzione internazionale ad esse specificamente dedicata alla data di ratifica del trattato che abbia dato ad esse espresso riconoscimento), più difficile è stabilire questa anteriorità in relazione a denominazioni "di fatto" (tali essendo del resto anche quelle registrate prima del formale riconoscimento), che pure, come si è visto, sono egualmente considerate dagli artt.

29 e 30 C.P.I. e rispetto alle quali è spesso difficile fornire una attendibile datazione dell'effettivo inizio della notorietà (non puramente locale) di esse, alla quale sembra necessario fare riferimento in questo caso, avvalendosi di un criterio analogo a quello che l'art. 17 C.P.I. prevede per risolvere i conflitti tra marchi registrati e di fatto: anche se, almeno per le p a r t i c o l a r e l a R i s o l u z i o n e s u l l a Q u e s t i o n Q 1 9 1 , R e l a t i o n s h i p b e t w e e n T r a d e m a r k s a n d G e o g r a p h i c a l I n d i c a t i o n s a p p r o v a t a a l 4 0 ° C o n g r e s s o d i A I P P I t e n u t o s i n e l l ' o t t o b r e 2 0 0 6 a G ö t e b o r g e r e p e r i b i l e a l l a p a g i n a w e b w w . a i p p i . o r g / d o w n l o a d / c o m m i t e e s / 1 9 1 / R S 1 9 1 E n g l i s h . p d f . s i v e d a a n c h e i l R e p o r t d e l G r u p p o i t a l i a n o d i A I P P I p r e d i s p o s t a i n v i s t a d i t a l e C o n g r e s s o ( GA L L I, SA N N A, DE AN G E L I S, BA R O N I, GI O R A, SI R O N I, R e p o r t o f t h e A I P P I I t a l i a n G r o u p o n t h e Q u e s t i o n Q 1 9 1 ( R e l a t i o n s h i p b e t w e e n T r a d e m a r k s a n d G e o g r a p h i c a l I n d i c a t i o n s ) , 2 0 0 6 , i n w w w . a i p p i . o r g

denominazioni connesse ad attività di tradizione plurisecolare, l'anteriorità della denominazione rispetto al marchio risulterà sostanzialmente in re ipsa.

Per le denominazioni la cui notorietà generale sia sorta solo posteriormente al sorgere dei diritti su un marchio (individuale), diventa invece importante stabilire la buona fede del titolare del marchio.

Al riguardo la giurisprudenza comunitaria ha avuto modo di precisare che “la nozione di buona fede deve essere valutata tenendo conto del complesso della normativa, nazionale e internazionale, in vigore al momento in cui è stata depositata la domanda di registrazione del marchio. Il titolare del marchio non può infatti fruire in linea di principio di una presunzione di buona fede se disposizioni allora vigenti ostavano chiaramente a che la sua domanda potesse essere legalmente accolta”, e che “affinché il marchio registrato in buona fede possa fruire del mantenimento dell'uso, non devono sussistere le cause di nullità o di decadenza previste dalle relative disposizioni della prima direttiva 89/104”172 quale ad esempio il divieto di adozione come marchio, tra l'altro, di “segni privi di carattere distintivo e in particolare quelli costituiti esclusivamente da segni che in commercio possono servire a designare…la provenienza geografica…del prodotto”173.

Sempre con riferimento alla disciplina comunitaria (ma con considerazioni che valgono anche in relazione alle

172 C o s ì C . G i u s t . C E , 4 m a r z o 1 9 9 9 , C - 8 7 / 9 7 , p u n t i 3 5 e 3 7 i n w w w . c u r i a . e u r o p a . e u

173 C f r . a r t . 1 3 , p r i m o c o m m a C . P . I .

denominazioni nazionali, per cui vige sotto questo profilo la medesima regola), si è sostenuto in dottrina che la buona fede comprenderebbe “ogni ipotesi in cui il titolare abbia agito ignorando l'esistenza della denominazione geografica (perché non ancora tipica o perché non nota in un certo territorio) o comunque avendo ragionevoli motivi per ritenere che il marchio non contrastasse con essa”174 fermo però restando che

“l’ignoranza” del titolare del marchio non potrà essere

“colpevole” e che per stabilire se lo sia o si dovrà evidentemente tener conto degli elementi indiziari che possono indicare questa sua conoscenza175.

Inoltre, sembra corretto ritenere che il marchio (anteriore) che venga utilizzato in modo da approfittare della rinomanza che sia stata nel frattempo acquisita dalla denominazione di origine, possa decadere per ingannevolezza sopravvenuta176 o per perdita di capacità distintiva177, ad esempio perché utilizzato per prodotti privi delle caratteristiche (ed in primis della provenienza territoriale) che il pubblico ricollega a tale denominazione, o perché ha perso, agli occhi del pubblico, la capacità di ricollegare univocamente alla responsabilità di un

174 SI R O N I, C o n f l i t t i t r a m a r c h i e i n d i c a z i o n i c o m u n i t a r i e d i q u a l i t à ( D O P , I G P , S T G ) , i n UB E R T A Z Z I, ES P A D A ( a c u r a d i ) , L e i n d i c a z i o n i d i q u a l i t à d e g l i a l i m e n t i , M i l a n o , 2 0 0 9 , 2 1 6

175 S o t t o q u e s t o p r o f i l o s e m b r a d e l r e s t o c o r r e t t o f a r e r i f e r i m e n t o a l l e c o n s i d e r a z i o n i s v o l t e d a d o t t r i n a e g i u r i s p r u d e n z a a p r o p o s i t o d e l l a r e g i s t r a z i o n e i n m a l a f e d e d i c u i a l l ' a r t . 1 9 , s e c o n d o c o m m a C . P . I .

176 A r t . 1 4 , s e c o n d o c o m m a , l e t t . a ) , C . P . I .

177 A r t . 1 3 , q u a r t o c o m m a , C . P . I .

solo soggetto (appunto il titolare del marchio) i prodotti per i quali esso venga usato178.

In tal senso si è giustamente osservato che “la coesistenza di un marchio e di una indicazione geografica è certamente suscettibile di trarre in inganno il consumatore perché ingenera la convinzione che il prodotto, così presentato e propagandato, rappresenti il frutto di quanto offerto dalla regione geografica indicata. Pertanto, in tali casi, sarà facilmente possibile cadere nell'errore dell'indicazione dell'origine di un prodotto alimentare finito diverso dall'effettiva origine della materia prima”179.

E proprio in tema di coesistenza tra segni (anche se con specifico riferimento a quelli di natura comunitaria) si è sottolineato come “il regime di coesistenza è coerente con la natura «ibrida» delle indicazioni geografiche che non sono puri segni distintivi,ma piuttosto standard qualitativi, che operano su un piano parzialmente diverso rispetto ai marchi e, soprattutto con il favor che il legislatore comunitario attribuisce a DOP e IGP rispetto ai marchi registrati”180

178 S u l p u n t o s i è i n f a t t i a f f e r m a t o c h e “ è d a r i t e n e r s i c h e i l d i v i e t o d i a d o t t a r e q u a l e m a r c h i o u n s e g n o i n g a n n e v o l e c i r c a l a p r o v e n i e n z a g e o g r a f i c a c o s t i t u i s c a i n u l t i m a a n a l i s i u n i d o n e o e a l c o n t e m p o r a g i o n e v o l e c o r r e t t i v o a l l e s i t u a z i o n i i n c u i i l m a r c h i o a n t e r i o r e s i a g g a n c i a l l a r e p u t a z i o n e d i u n d e t e r m i n a t o m i l i e u g e o g r a f i c o ” ( c o s ì G I O V E - C O M E L L I , L a c o r t e d i g i u s t i z i a s u l c o n f l i t t o t r a m a r c h i e i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e i n D i r . I n d . 2 0 1 1 , 4 , p . 3 5 1 e s s . )

179 C o s ì LU C I F E R O i n “ L ’ o r i g i n e d e i p r o d o t t i a l i m e n t a r i . L a n u l l i t à d i u n m a r c h i o e i l c a r a t t e r e d i i n g a n n e v o l e z z a d e l s e g n o p e r l ’ i n d i c a z i o n e d i u n a o r i g i n e d e l p r o d o t t o d i v e r s a d a q u e l l a d e l l a s u a m a t e r i a p r i m a , i n G i u r . I t . 2 0 0 6 , 7

180 C o s ì G I O V E - C O M E L L I , L a c o r t e d i g i u s t i z i a s u l c o n f l i t t o t r a m a r c h i e i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e i n D i r . I n d . 2 0 1 1 , 4 , p . 3 5 1 e s s .

L’art. 30 non sembra del resto fare alcuna distinzione di trattamento tra marchi “comuni” e marchi che invece godono di rinomanza i quali saranno quindi ugualmente sottoposti alla disciplina sopra commentata. Sotto questo profilo occorre invece ricordare come la disciplina comunitaria preveda invece all’art. 3 del Reg. 510/06 che “una denominazione d’origine o un’indicazione geografica non è registrata qualora, tenuto conto della reputazione di un marchio, della notorietà e della durata di utilizzazione dello stesso, la registrazione è tale da indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del prodotto”181.

In sostanza, la scelta del legislatore comunitario sembra essere stata quella di far soccombere la registranda denominazione/indicazione rispetto ad un marchio rinomato e/o notorio ove vi sia un concreto pericolo di indurre in errore il consumatore circa la reale identità del prodotto. In questo senso è stato del resto affermato che la Commissione avrebbe

“una facoltà di valutazione discrezionale, pur in presenza di un marchio anteriore legittimamente acquisito con il quale la DOP o IGP sarebbe in contrasto, consentendole di decidere, in relazione alle circostanze del caso concreto, se privilegiare l'interesse all'esclusiva sul marchio ovvero l'interesse alla tutela dell'indicazione geografica, e quindi se rifiutare la registrazione della denominazione o indicazione geografica oppure se

181 Sebbene le Espressioni “reputazione” e “notorietà”, con riferimento ai marchi, abbiano come noto, un significato tecnico molto preciso, non si può escludere che, con specifico riferimento alla disciplina in questione, siano state in realtà utilizzate in senso prettamente atecnico e in mera funzione di sinonimo di "conosciuto". Peraltro, in assenza di specifiche distinzioni, sembra possibile sostenere che la registrazione della denominazione di origine e indicazione geografica possa essere negata anche a fronte dell'esistenza di un marchio di fatto che goda di una reputazione o che sia comunque notorio nel senso sopra precisato, purché lo stesso sia tutelato nel Paese comunitario cui la notorietà si riferisce.

concederla nonostante il marchio”182: del che vi è però ragione di dubitare, posto che la norma indica un criterio preciso per la valutazione che la Commissione deve compiere, e cioè quello di stabilire se la denominazione è “tale da indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del prodotto”, il che può certamente presentare margini di incertezza, ma non consente alla Commissione di effettuare un bilanciamento tra gli interessi contrapposti che vengono in considerazione nel caso di specie183.

Dovendo quindi i marchi anteriori convivere con i successivi segni oggetto del presente studio, in dottrina (anche se sempre con specifico riferimento ai segni di matrice comunitaria) si è parlato di degradazione del diritto di marchio

“da un regime di esclusiva ad un regime di coesistenza” che implica in sostanza un “un esproprio dei marchi o una loro confisca”, giustificabile solo alla luce di una prospettiva di

“esigenze di matrice schiettamente pubblicistica di valorizzazione e promozione delle produzioni locali, di incentivi al mondo rurale (non scevri da venature protezionistiche), di conservazione di posti di lavoro in determinati comparti, che ovviamente portano a tracciare regole che si collocano al di fuori dei principi della proprietà intellettuale e che anzi

182 C o s ì SI R O N I, C o n f l i t t i t r a m a r c h i e i n d i c a z i o n i c o m u n i t a r i e d i q u a l i t à ( D O P , I G P , S T G ) , i n UB E R T A Z Z I, ES P A D A ( a c u r a d i ) , L e i n d i c a z i o n i d i q u a l i t à d e g l i a l i m e n t i , M i l a n o , 2 0 0 9 , 2 1 5

183 L a v a l u t a z i o n e s u l l a i d o n e i t à i n g a n n e v o l e a n d r à c o m p i u t a c o n r i f e r i m e n t o a l l ’ a m b i t o t e r r i t o r i a l e c u i s i r i f e r i s c e l a n o t o r i e t à e / o r e p u t a z i o n e d e l m a r c h i o " o p p o n e n t e " : o v v i a m e n t e o v e s i t r a t t i d i u n m a r c h i o c o m u n i t a r i o , l a n o t o r i e t à / r i n o m a n z a a n d r à p a r a m e t r a t a a l l ' i n t e r o t e r r i t o r i o c o m u n i t a r i o , m e n t r e o v e s i t r a t t i d i u n m a r c h i o n a z i o n a l e ( o i n t e r n a z i o n a l e e s t e s o s o l o a d a l c u n i p a e s i d e l l a c o m u n i t à ) i l g i u d i z i o a n d r à p a r a m e t r a t o a l s o l o S t a t o m e m b r o c o i n v o l t o .

rivendicano, in ragione della loro dichiarata natura pubblicistica, una supremazia sul diritto privato dei segni distintivi”184. È del resto evidente che il titolare di un marchio anteriore, il quale fino a quel momento aveva potuto godere di un diritto di esclusiva pieno e assoluto, non solo sarà costretto a convivere con un segno di portata e ambito di tutela tale da essere sicuramente in grado di limitare le sue possibilità di "manovra", ma che tale regime di convivenza può anche essere idoneo a

"cannibalizzare" il marchio anteriore, in particolare nell’ipotesi in cui, proprio a causa della notorietà acquisita dalla denominazione di origine o indicazione geografia, il marchio divenga ingannevole o perda la sua capacità distintiva, essendo quindi come visto soggetto a decadenza.

Proprio in relazione alla possibilità di "movimento" dei titolari di un marchio anteriore, è stato del resto precisato (sempre con riferimento ai segni di matrice comunitaria) da una parte che “i titolari di tali marchi non sono privati a causa dell'adozione del regolamento impugnato della possibilità di usare il loro diritto di marchio nei limiti in cui conformemente all'art. 14 n. 2 del regolamento di base, l'uso di tali marchi a condizione che siano registrati in buona fede anteriormente ala data di presentazione della domanda di registrazione della denominazione, può proseguire nonostante la registrazione di una denominazione di origine. Solo qualora i marchi incorrano nella nullità o nella decadenza per i motivi previsti dalla direttiva

184 C o s ì SI R O N I, C o n f l i t t i t r a m a r c h i e i n d i c a z i o n i c o m u n i t a r i e d i q u a l i t à ( D O P , I G P , S T G ) , i n UB E R T A Z Z I, ES P A D A ( a c u r a d i ) , L e i n d i c a z i o n i d i q u a l i t à d e g l i a l i m e n t i , M i l a n o , 2 0 0 9 , p . 2 1 9

89/104 i loro titolari potrebbero essere privati del diritto di usarli”185 e dall'altra che tali soggetti possono “rivendicarne il beneficio, se del caso, solo limitatamente a detto marchio esistente e non al fine di registrare nuovi marchi, inesistenti nel momento in cui è stata decisa la protezione dell'indicazione geografica, anch'essi contenenti l'indicazione geografica in questione”186 con l’ovvia conseguenza che il diritto del titolare del marchio anteriore verrà necessariamente compromesso in quanto da una parte verrà sostanzialmente azzerata la sua possibilità di estensione della tutela con nuove registrazioni di marchio per differenti classi merceologiche e dall'altra verrà limitato il suo diritto di utilizzo del marchio, essendogli quanto meno imposto (per evitare l'inganno del pubblico che, in certe specifiche situazioni, rischia addirittura di essere in re ipsa) di adottare opportuni accorgimenti (quali ad esempio disclaimers in etichetta), specie ove egli utilizzi il proprio marchio in relazione a prodotti non rispettosi del disciplinare di produzione.

Ma qual è, invece, il rapporto tra denominazioni di origine, indicazioni geografiche e marchi ad esse successivi?

Sul punto l’art. 30 C.P.I. tace.

Tuttavia appare utile ricordare che, sul punto, l'art. 14, primo comma del Reg. CE n. 510/2006 stabilisce che “qualora una denominazione d'origine o un'indicazione geografica sia registrata conformemente al presente regolamento, la domanda di registrazione di un marchio corrispondente ad una delle

185 C o s ì T r i b . C E , 1 3 d i c e m b r e 2 0 0 5 , T - 3 8 1 / 0 2 , p u n t o 7 8 i n w w w . c u r i a . e u r o p a . e u

186 C o s ì T r i b . C E , 1 1 m a g g i o 2 0 1 0 , T - 2 3 7 / 0 8 , p u n t o 1 5 0 i n w w w . c u r i a . e u r o p a . e u

situazioni di cui all'articolo 13 e concernente lo stesso tipo di prodotto viene respinta, se la domanda di registrazione del marchio è presentata posteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione presso la Commissione. I marchi registrati in violazione del primo comma sono annullati”

disposizione questa che richiamata anche dal Reg. CE n.

207/2009 sul marchio comunitario, il cui art. 164 dispone espressamente che “Il presente regolamento lascia impregiudicate le disposizioni del Regolamento (CE) n.

510/2006, in particolare l'articolo 14”.

Ebbene, appare logico sostenere che le stesse regole valgano anche per i marchi corrispondenti a quelle denominazioni di origine e indicazioni geografiche, anche non registrate, che rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 29 C.P.I.; ciò non solo in ragione del generale divieto di registrazione dei segni privi di capacità distintiva187 ma anche in quanto l'uso di essi possa interferire con l'ambito di protezione delle denominazioni di origine/indicazioni geografiche anteriori, in base al principio generale della coincidenza tra ambito di estensione del potere invalidante dei segni anteriori e ambito di esclusiva ad essi attribuito, imposto anche dalla Dir. n.

89/104/CEE (oggi divenuta la Dir. n. 2008/95/CE) e dal Regolamento sul marchio comunitario.

Occorre peraltro evidenziare come il principio per cui sono fatti salvi i “diritti di marchio anteriormente acquisiti in

187 A r t . 1 3 , p r i m o c o m m a C . P . I .

buona fede”, non distingua tra marchi individuali e marchi collettivi.

Tuttavia appare logico sostenere come per i secondi debbano necessariamente valere regole diverse, anzitutto in considerazione del fatto che per gli stessi non vige il divieto assoluto di registrazione per i segni costituiti esclusivamente da denominazioni geografiche dettato dall'art. 13 C.P.I., al quale l'art. 11, terzo comma C.P.I. deroga espressamente, salvo vietare la registrazione di esse anche come marchi collettivi quando “i marchi richiesti possano creare situazioni di ingiustificato privilegio, o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di altre analoghe iniziative nella regione”188.

Va altresì ricordato come, sul tema del rapporto tra marchi collettivi e denominazioni di origine e indicazioni geografiche, una parte della dottrina abbia sostenuto che l'esistenza di una denominazione di origine/indicazione geografica non sia conciliabile con i marchi collettivi, affermando in particolare che “non parrebbe che una denominazione geografica possa essere anche protetta come marchio collettivo: questa soluzione, infatti, rischierebbe di limitare la legittimazione all'uso del segno ai soli operatori cui sia preliminarmente stato consentito l'accesso

188 L i m i t a z i o n e c h e p e r a l t r o n o n è p r e v i s t a d a l l ’ a r t . 6 6 d e l R e g . C E n . 2 0 7 / 2 0 0 9 s u l m a r c h i o c o m u n i t a r i o .

all'organizzazione”189 e che le indicazioni geografiche “non possono probabilmente costituire oggetto di marchi collettivi”190.

Questa posizione è stata tuttavia contrastata191 in particolare sulla base dell'art. 53, sedicesimo comma della L. 24 aprile 1998, n. 128 la quale stabilisce che “gli eventuali marchi collettivi che identificano i prodotti DOP, IGP e STG, sono detenuti, in quanto dagli stessi registrati, dai consorzi di tutela per l'esercizio delle attività loro affidate. I marchi collettivi medesimi sono utilizzati come segni distintivi delle produzioni conformi ai disciplinari delle DOP, IGP e STG” il che sembra tra l'altro indicare sia che i consorzi di tutela sono comunque legittimati a registrare (anche successivamente alla registrazione della medesima) un marchio collettivo corrispondente ad una denominazione di origine/indicazione geografica protetta a livello comunitario, sia che i marchi collettivi corrispondenti registrati anteriormente dagli stessi consorzi restano validi.

In questo senso è stato del resto affermato, con riferimento alle denominazioni/indicazioni registrate a livello comunitario, che “la DOP e IGP dovrebbero comunque essere ragionevolmente registrabili quali marchi collettivi geografici, conformemente agli artt. 15.2 della direttiva e 64.2 RMC. In

189 C o s ì AU T E R I, FL O R I D I A, MA N G I N I, OL I V I E R I, RI C O L F I, SP A D A, i n

“ D i r i t t o i n d u s t r i a l e , p r o p r i e t à i n t e l l e t t u a l e e c o n c o r r e n z a ” , T o r i n o , 2 0 0 9 , p p . 3 4 3 e s s .

190 C o s ì VA N Z E T T I, DI CA T A L D O, M a n u a l e d i d i r i t t o i n d u s t r i a l e , 6 ª e d . , M i l a n o , 2 0 0 9 , p . 2 4 9

191 C f r . i n p a r t i c o l a r e MA G E L L I, “ M a r c h i o e n o m e g e o g r a f i c o ” , i n GA L L I

( a c u r a d i ) , I l f u t u r o d e i m a r c h i d i f r o n t e a l l e s f i d e d e l l a g l o b a l i z z a z i o n e , P a d o v a , 2 0 0 2 , 5 5 s s . , s p e c . 6 2 e GA L L I, G l o b a l i z z a z i o n e d e l l ’ e c o n o m i a e t u t e l a d e l l e d e n o m i n a z i o n i d i o r i g i n e d e i p r o d o t t i a g r o - a l i m e n t a r i , R i v . D i r . I n d . , 2 , 2 0 0 4 p p . 7 9 s s .

contrario non vale richiamare gli artt. 14.1. reg. 510/2006 e 7.1, let. k) RMC. Queste norme prevedono un impedimento assoluto alla registrazione per le ipotesi di violazione della DOP o IGP:

ma nessuna violazione evidentemente ricorre quando lo stesso titolare procede a registrare la denominazione geografica anche quale marchio collettivo. Né varrebbe replicare che la tutela delle DOP e IGP quali marchi collettivi determinerebbe l’applicazione di norme incompatibili con il reg. 510/2006. In particolare è infondato il timore che il titolare di una DOP o IGP registrata quale marchio collettivo rifiuti di concederne l’uso ad imprenditori che pur rispettino gli standard qualitativi tradizionali della zona. Questo rifiuto sarebbe certo incompatibile con la funzione delle DOP e IGP”192.

La possibile convivenza tra marchi collettivi e denominazioni geografiche su uno stesso segno è del resto testualmente prevista anche dall'art. 66, Reg. CE n. 207/2009 sul marchio comunitario, che prevede che “un marchio collettivo non autorizza il titolare a vietare a un terzo l'uso nel commercio di siffatti segni o indicazioni, purché detto uso sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica”193.

192 C o s ì SA R T I, L a t u t e l a d e l l e i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e n e l s i s t e m a c o m u n i t a r i o i n UB E R T A Z Z I, ES P A D A ( a c u r a d i ) , L e i n d i c a z i o n i d i q u a l i t à d e g l i a l i m e n t i , M i l a n o , 2 0 0 9 , p p . 3 4 3 s s .

193 N e l l ' a m b i t o d e l l a g i u r i s p r u d e n z a c o m u n i t a r i a , n e l s e n s o d e l l a r e g i s t r a b i l i t à d e l l e d e n o m i n a z i o n i d ' o r i g i n e c o m e m a r c h i o c o l l e t t i v o s i p o s s o n o u t i l m e n t e r i c h i a m a r e l e c o n c l u s i o n i p r e s e n t a t e i l 1 0 l u g l i o 2 0 0 3 d a l l 'A v v o c a t o G e n e r a l e n e l p r o c e d i m e n t o C - 1 0 0 / 0 2 , r e l a t i v o a l c o n f l i t t o t r a i m a r c h i d i d u e a c q u e m i n e r a l i ( " G e r r y " p e r u n ' a c q u a m i n e r a l e p r o v e n i e n t e d a l l a f o n t e G e r o l s t e i n i n G e r m a n i a e " K e r r y " p e r u n ' a c q u a

In tema di “compatibilità” tra denominazioni di origine e indicazioni geografiche da un lato e marchi collettivi dall’altro, è stata peraltro proposta anche un'interpretazione più restrittiva secondo cui “lo stesso segno in cui consiste la DOP o IGP non può essere (successivamente) registrato anche come marchio collettivo…fermo restando che i consorzi di tutela restano assolutamente liberi di registrare marchi collettivi, e che l'unica incompatibilità concerne la registrazione di marchi coincidenti con la DOP/IGP (o da essa non sufficientemente differenziati)”194.

Tale interpretazione potrebbe apparentemente trovare una base testuale nell'art. 14, primo comma, del Reg. CE n.

510/2006, che sembra effettivamente vietare in generale la registrazione come marchio (senza distinguere tra individuale e collettivo) di una denominazione di origine o indicazione geografica, precisando però che tale divieto sussiste solo nel caso in cui detto marchio corrisponda “ad una delle situazioni di cui all'articolo 13” (ovvero sia idoneo ad ingannare il consumatore circa l'origine o le qualità del prodotto, sia idoneo

p r o v e n i e n t e d a u n a f o n t e i r l a n d e s e ) , o v e s i è a f f e r m a t o c h e l ' e s c l u s i o n e d a l l a r e g i s t r a z i o n e c o m e m a r c h i o d e i s e g n i o d e l l e i n d i c a z i o n i c h e i n c o m m e r c i o p o s s o n o s e r v i r e a d e s i g n a r e l a p r o v e n i e n z a g e o g r a f i c a d e l p r o d o t t o d i c u i a l l ' a r t . 3 , 1 ° c o . , l e t t . c ) , D i r . n . 8 9 / 1 0 4 / C E E s a r e b b e

“ t e m p e r a t o d a d u e d e r o g h e ” , o s s i a c h e “ i l d i v i e t o d i r e g i s t r a z i o n e v i e n e m e n o q u a l o r a i l m a r c h i o a b b i a a c q u i s i t o c a r a t t e r e d i s t i n t i v o p e r e f f e t t o d e l s u o u s o o v v e r o q u a n d o e s i s t a u n ' a s s o c i a z i o n e c h e a b b i a r e g i s t r a t o l ' i n d i c a z i o n e r e l a t i v a a l l a p r o v e n i e n z a g e o g r a f i c a q u a l e m a r c h i o c o l l e t t i v o ” i l c h e i m p l i c a a p p u n t o c h e u n a d e n o m i n a z i o n e d ' o r i g i n e / i n d i c a z i o n e d i p r o v e n i e n z a p o s s a i n p a r i t e m p o f o r m a r e l ' o g g e t t o d i u n m a r c h i o c o l l e t t i v o .

194 C o s ì SI R O N I, C o n f l i t t i t r a m a r c h i e i n d i c a z i o n i c o m u n i t a r i e d i q u a l i t à ( D O P , I G P , S T G ) , i n UB E R T A Z Z I, ES P A D A ( a c u r a d i ) , L e i n d i c a z i o n i d i q u a l i t à d e g l i a l i m e n t i , M i l a n o , 2 0 0 9 , p . 2 3 8 .

ad usurpare, imitare o evocare indebitamente la denominazione/indicazione, sia idoneo a sfruttarne illecitamente la reputazione, sia utilizzato per prodotti diversi ma comparabili): tutte ipotesi sicuramente riscontrabili in marchi (individuali o collettivi) registrati vuoi da soggetti terzi, vuoi anche da singoli produttori (che potrebbero sfruttare il marchio per limitare lo spazio di manovra degli altri produttori), ma non certo nei marchi collettivi registrati da un consorzio di tutela che ha come obbiettivo proprio quello di tutelare e valorizzare la denominazione/indicazione.

Anche la Corte di legittimità ha del resto riconosciuto la possibilità di convivenza tra marchio collettivo e denominazione geografica, affermando che “la denominazione d'origine rassicura il consumatore su di una provenienza che è di per sé qualità, mentre il marchio sull'identità di un prodotto in quanto tale. Le due funzioni possono trovarsi a coincidere in capo allo stesso avente diritto, posto che ricorrano per entrambi i presupposti richiesti dalla legge”195.

Analogamente da parte dei giudici di merito si è ritenuto sia che “non vi sono ostacoli di natura logico-giuridica alla coesistenza della tutela per una denominazione di origine (prevista da una specifica legge) con quella per un marchio collettivo registrato”196; sia che fosse perfettamente tutelabile il marchio collettivo "Prosciutto di Parma" appartenente al

195 C a s s . , 2 8 n o v e m b r e 1 9 9 6 , n . 1 0 5 8 7 , i n R i v . D i r . I n d . , 1 9 9 7 , I I , 3 7

196 A p p . B o l o g n a , 2 6 m a g g i o 1 9 9 4 , i n G i u r . a n n . d i r . i n d . , 1 9 9 4 , n . 3 1 2 4

Consorzio di tutela del prosciutto di Parma, contro l'adozione di un nome a dominio www.prosciuttoparma.it197.

Del resto, l’effettivo problema che i marchi collettivi corrispondenti ad una denominazione geografica pongono è in realtà quello dell'ambito dei soggetti autorizzati ad utilizzarlo:

mentre infatti di regola “Il soggetto che registra il marchio collettivo può, nel regolamento che lo accompagna, prevedere una maggiore o minore «apertura» del gruppo di coloro che saranno autorizzati ad usarne”198, nel caso del marchio collettivo corrispondente a una denominazione d'origine o a una indicazione di provenienza e ad essa successivo, il titolare dovrà necessariamente consentirne l'uso a tutti i produttori della zona tipica, configurandosi al riguardo un loro diritto cui fa da contraltare una posizione obbligatoria in capo al titolare del marchio, che può essere configurata alla stregua di un obbligo a contrarre simile a quello del monopolista199.

197 T r i b . P a r m a , o r d . 2 2 g e n n a i o 2 0 0 1 , p u b b l i c a t a i n GA L L I, I d o m a i n n a m e s n e l l a g i u r i s p r u d e n z a , M i l a n o , 2 0 0 2 , p . 4 4 7 e s s . p r o v v e d i m e n t o c h e h a p e r a l t r o r i t e n u t o c o m e i l m e d e s i m o d o m a i n n a m e s c o s t i t u i s s e a n c h e v i o l a z i o n e d e l l a c o r r i s p o n d e n t e D O P , q u e s t ' u l t i m a s a n z i o n a t a s o t t o i l p r o f i l o d e l l a c o n c o r r e n z a s l e a l e , a n c o r c h é i l s i t o d e l l ' i m i t a t o r e f o s s e r i v o l t o e s s e n z i a l m e n t e a l l a v e n d i t a d i s p a z i p u b b l i c i t a r i s f r u t t a n d o l a r i n o m a n z a d e l n o m e

198 VA N Z E T T I, DI CA T A L D O, M a n u a l e d i d i r i t t o i n d u s t r i a l e , 6 ª e d . , M i l a n o , 2 0 0 9 , p . 2 8 3

199 C o s ì GA L L I, G l o b a l i z z a z i o n e d e l l ’ e c o n o m i a e t u t e l a d e l l e d e n o m i n a z i o n i d i o r i g i n e d e i p r o d o t t i a g r o - a l i m e n t a r i , R i v . D i r . I n d . , 2 , 2 0 0 4 , p . 8 0 i l q u a l e a f f e r m a c h e “ s i t r a t t e r à q u i d i m a r c h i c o l l e t t i v i p a r t i c o l a r i , n e l s e n s o c h e i l t i t o l a r e d i e s s i d o v r à c o n c e d e r n e l ' u s o a t u t t i i p r o d u t t o r i d e l l a z o n a t i p i c a , s e c o n d o u n a l o g i c a a n a l o g a a l l ' o b b l i g o d i c o n t r a r r e d e l m o n o p o l i s t a » e d o s s e r v a c h e « a n c h e q u e s t a d i s p o s i z i o n e , p u r p a r t i c o l a r e , s e m b r a p e r ò c o l l o c a r s i n e l l a p r o s p e t t i v a i n d i c a t a s o p r a , d i c o n s i d e r a r e l e d e n o m i n a z i o n i d ' o r i g i n e , i s e g n i d i s t i n t i v i , e l e d i s p o s i z i o n i s u l l ' e t i c h e t t a t u r a e s u l l a p u b b l i c i t à i n c o o r d i n a m e n t o f r a l o r o , n e l l ' a m b i t o d i u n s i s t e m a g e n e r a l e d e l d i r i t t o d e l l a c o m u n i c a z i o n e d ' i m p r e s a »

In questo senso si è del resto affermato (pur escludendo la convivenza dei due diritti, che invece, come abbiamo visto, sembrerebbe ammessa dalle norme richiamate) che “la registrazione di un precedente marchio collettivo come denominazioni d'origine non comporta un cumulo delle due tutele, ma implica l'assoggettamento in toto del segno alla regolamentazione di fonte comunitaria della DOP: con una conseguente, automatica estensione della legittimazione all'uso del segno dai soli imprenditori che formavano la compagine consortile a tutti gli operatori in grado di soddisfare i requisiti oggettivi, pubblici ed omogenei dettati dai relativi disciplinari”200 e che “l'uso della denominazione o indicazione geografica non può essere vietato agli operatori della zona che rispettino il disciplinare e perciò l'esclusiva conferita dal marchio collettivo (anche ad ammettere il cumulo) non può dare al suo titolare il potere di decidere discrezionalmente in merito all'uso del segno”201.

Nello stesso senso si è del resto espressa anche la giurisprudenza, affermando che “Le denominazioni di origine protette (DOP) hanno una diversa funzione rispetto ai marchi collettivi in quanto mirano a valorizzare prodotti agricoli ed alimentari con caratteristiche particolari legate alla zona per l'influsso di fattori ambientali naturali e/o socio economici, garantendo i consumatori circa l'origine e la qualità del prodotto

200 C o s ì AB R I A N I, D e n o m i n a z i o n i d ' o r i g i n e p r o t e t t e e m a r c h i c o l l e t t i v i g e o g r a f i c i : n o t e m i n i m e s u u n a c o n v i v e n z a p r o b l e m a t i c a , i n G i u r . I t . , 2 0 0 1 , 2 , p . 3 1 8

201 C o s ì SI R O N I, C o n f l i t t i t r a m a r c h i e i n d i c a z i o n i c o m u n i t a r i e d i q u a l i t à ( D O P , I G P , S T G ) , i n UB E R T A Z Z I, ES P A D A ( a c u r a d i ) , L e i n d i c a z i o n i d i q u a l i t à d e g l i a l i m e n t i , M i l a n o , 2 0 0 9 , p . 2 3 8 .

acquistato e preservando nel contempo condizioni di concorrenza uguali tra i produttori dei beni che beneficiano di siffatte denominazioni; tutti gli imprenditori che rispettino le regole dettate dai disciplinari allegati alle relative domande di registrazione vantano pertanto un diritto soggettivo perfetto all'utilizzo della denominazione di origine protetta, quand'anche questa risulti precedentemente registrata come marchio collettivo geografico”202.

Le considerazioni precedenti, ancorché siano state svolte essenzialmente in relazione alle denominazioni d'origine del settore agroalimentare disciplinate dal diritto comunitario, sembrano trasponibili anche alle rimanenti denominazioni d'origine/indicazioni geografiche, non essendovi ragioni per trattarle in modo differente.

In ogni caso, poi, le registrazioni conseguite non potrebbero essere in alcun modo fatte valere per impedire l'uso della denominazione di origine/indicazione geografica da parte di soggetti che possiedano i requisiti per farlo, e ciò anche nel contesto di altri validi marchi, secondo quanto espressamente previsto, rispettivamente per i marchi individuali e per quelli collettivi, dall'art. 21, primo comma, lett. b) C.P.I., e dall'art. 11, quarto comma, ultima proposizione C.P.I., naturalmente con il limite della conformità di tale uso alla correttezza professionale.

In modo eguale e contrario tali registrazioni non potranno essere utilizzate in modalità non coerenti con il messaggio collegato alla denominazione di origine e indicazione geografica

202 C o s ì T r i b . S a l u z z o , 5 g e n n a i o 2 0 0 1 , i n G i u r . I t . , 2 0 0 1 , p . 3 1 8