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CAPITOLO II - TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL SEGNO 74

3.1 Stato, enti locali, consorzi e singoli produttori

Capitolo III

I soggetti attivi nella tutela e

valorizzazione del segno

Appare del resto sensato considerare quali attori principali nella materia in oggetto i produttori stanziati (o quanto meno attivi214) nella zona di origine del prodotto: sono infatti questi che, singolarmente (o in unione tra loro: ma sul punto torneremo in seguito), potranno non solo valorizzare e utilizzare il segno sfruttandolo, ma anche tutelare i prodotti e il segno ad essi relativo, da qualunque ipotesi di indebito utilizzo.

Sul punto è del resto opinione consolidata che “ciascun operatore che soddisfi i requisiti previsti dal disciplinare vanta un diritto soggettivo perfetto ad accedere alla denominazione di origine e/o indicazione geografica”215, diritto che evidentemente non può essere limitato all’uso (più o meno ampio, in base a quanto detto in precedenza al capitolo II) ma che dovrà necessariamente esplicarsi (come vedremo meglio in seguito) anche in un diritto alla tutela e quindi nel diritto di proporre la relativa domanda all’autorità giudiziaria216.

In questo senso si è del resto giustamente osservato che denominazioni di origine e indicazioni geografiche sono

“oggetto di un diritto assoluto che spetta collettivamente a tutti gli imprenditori che operano nella zona e che consiste nel potere di vietare l’uso della denominazione per designare

214 N e l s e n s o d i a v e n t i o r i g i n i d i v e r s e d a q u e l l a a c u i s i r i f e r i s c e i l s e g n o m a c o n a t t i v i t à p r o d u t t i v e i v i s t a n z i a t e e d e d i c a t e a l l a p r o d u z i o n e d e l p r o d o t t o t i p i c o .

215 C o s ì AB R I A N I, i n “ D e n o m i n a z i o n i d ' o r i g i n e p r o t e t t e e m a r c h i c o l l e t t i v i g e o g r a f i c i : n o t e m i n i m e s u u n a c o n v i v e n z a p r o b l e m a t i c a ” , i n G u r . I t . , 2 0 0 1 .

216 C i ò i n c o n f o r m i t à a l d e t t a t o d e g l i a r t t . 9 9 e 1 0 0 c . p . c .

prodotti non provenienti dalla zona e non realizzati in conformità ai metodi produttivi ivi praticati ed eventualmente codificati”217.

Il citato regolamento comunitario (e soprattutto la normativa nazionale in sua attuazione218) fa tuttavia riferimento anche ad altri soggetti più o meno attivi sia nella fase di

“creazione” del segno (ed in particolare lo Stato e gli organi ad esso collegati quali Regioni e Provincie), sia nella fase di

“mantenimento” del segno (ed in primis le autorità incaricate all’esecuzione dei controlli circa il rispetto del disciplinare che devono essere terzi - e certificati ai sensi del Reg. CE 882/04 - rispetto ai soggetti legittimati all’uso del segno).

Tali soggetti potranno avere un ruolo anche con riferimento ai segni non registrati o addirittura non registrabili in conformità con il Reg. CE 510/06? Certamente si.

L’assenza di un ruolo obbligatorio dei primi è più che comprensibile ove si pensi che, in assenza di una formale procedura di registrazione (invece presente a livello comunitario), tale ruolo non può che avere natura meramente facoltativa e comunque limitata alle fasi vuoi di creazione (avendo essi un chiaro interesse a promuovere la nascita219 di

217 C o s ì A U T E R I , i n “ I n d i c a z i o n i G e o g r a f i c h e , d i s c i p l i n a d e l l e p r a t i c h e c o m m e r c i a l i s c o r r e t t e e c o n c o r r e n z a s l e a l e ” , i n S t u d i i n o n o r e d i P a o l a A . E . F r a s s i , M i l a n o , 2 0 1 0 , p . 4 0

218 S i v e d a n o i n p a r t i c o l a r e i l D . P . R . 1 0 f e b b r a i o 2 0 0 0 , n . 3 6 1 e i l D . M . 2 1 m a g g i o 2 0 0 7 .

219 E v e n t u a l m e n t e s t a n z i a n d o f o n d i a s u p p o r t o d e l l a v a l o r i z z a z i o n e o r i c o n o s c e n d o l ’ e s i s t e n z a d e i m e d e s i m i n e l l ’ a m b i t o d i l e g g i r e g i o n a l i o p r o v i n c i a l i e s s e n d o p e r a l t r o l a d i s c i p l i n a i n q u e s t i o n e , m a t e r i a c h e s i p o n e a c a v a l l o t r a m a t e r i e d i c o m p e t e n z a i n p a r t e e s c l u s i v a d i S t a t o ( c o n c o r r e n z a i n p r i m i s ) e R e g i o n i i n p a r t e c o n c o r r e n t e ( s o s t e g n o a l l ’ i n n o v a z i o n e p e r i s e t t o r i p r o d u t t i v i e v a l o r i z z a z i o n e d e i b e n i c u l t u r a l i e a m b i e n t a l i e p r o m o z i o n e e o r g a n i z z a z i o n e d i a t t i v i t à c u l t u r a l i ) a i s e n s i d e l l ’ a r t . 1 1 7 d e l l a C o s t i t u z i o n e .

segni atti sia a incrementare la notorietà del territorio su cui essi incidono sia a sviluppare le attività produttive che su di esse insistono) vuoi di promozione (che come visto in precedenza è attività che può essere prodromica e connaturata alla creazione del segno ed in particolare alla fondazione del requisito della

“reputazione”) dei segni in esame anche ove questi non siano registrati o registrabili ai sensi della richiamata legislazione comunitaria.

Stato (ed in particolare il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali), Regioni e Province potranno quindi certamente favorire ed incentivare il sorgere di segni di questa tipologia ma non potranno (fatto comunque salvo quanto espressamente previsto a livello comunitario limitatamente ai segni registrati ai sensi del Reg. 510/06 o a livello nazionale dalla disciplina di settore) avere ulteriori ruoli specie sotto il profilo della tutela.

Ugualmente comprensibile è la mancata previsione di un obbligo di implementazione di un sistema di controlli deputati a verificare la costante presenza nel singolo prodotto degli elementi fondanti il legame tra territorio da una parte e sue caratteristiche, qualità e reputazione dall’altra, né (per quel che qui più interessa) di coinvolgimento di soggetti terzi e imparziali a cui affidare tale compito di controllo: ciò in quanto, come detto in precedenza, la disciplina nazionale non prevede né una procedura di registrazione atta a cristallizzare in maniera definitiva (come invece avviene a livello comunitario) l’esistenza del segno (che quindi potrà sempre venir meno, in mancanza dei requisiti fondanti), né la stesura obbligatoria di un

disciplinare di produzione (al cui rispetto, per evidenti ragioni, non si potrà essere obbligati) né l’implementazione di una catena produttiva rigorosamente stabilita in loco.

Tuttavia, tale assenza, non può in alcun modo implicare che la disciplina in questione possa venir letta come costituente una sorta di deroga al generale divieto di inganno del pubblico.

E’ del resto evidente che l’inganno rischia di essere in re ipsa ove il segno in questione sia idoneo a comunicare al consumatore la presenza nel prodotto cui esso si riferisce di determinate qualità e/o caratteristiche in realtà totalmente assenti per mancata inclusione nella procedura produttiva di quei fattori naturali e umani che, come visto, sono considerati fondamentali, o un’origine del prodotto che esso (o meglio i suoi componenti) non ha o comunque (anche in assenza di uno specifico disciplinare) il rispetto di determinati standard produttivi in realtà elusi.

Ovviamente quando tale mancato rispetto colpisca unicamente i prodotti di un singolo produttore, lo stesso sarà soggetto ai rimedi di cui al C.P.I. (alla stregua di un comune contraffattore esterno alla catena produttiva), e alla disciplina penale e amministrativa di riferimento senza che tale attività possa in alcun modo incidere sulla sussistenza del segno.

Ove invece il fenomeno “elusivo” sia diffuso tra la generalità dei produttori, lo stesso non potrà che incidere anche sulla stessa sussistenza del segno.

In questo senso, appare infatti corretto richiamare - quantomeno in via analogica - non solo quanto previsto

sull’argomento dalla disciplina comunitaria di cui all’art. 12 del Reg. C.E. 510/06220 (di applicabilità limitata ai segni soggetti a tale disciplina), ma anche dalla disciplina nazionale in tema di marchi collettivi per i quali è prevista (art. 14, secondo comma, lett.c) C.P.I.) la decadenza “per omissione da parte del titolare dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull’uso del marchio collettivo”, in quanto tali controlli sono considerati connaturati “alla funzione di garanzia cui i marchi collettivi presiedono” (il che, come visto, vale certamente anche per i segni in questione) la quale “è necessariamente inerente appunto alla possibilità di controlli da parte del titolare”221.

Ciò evidentemente significa che la rete di controllo, ove non affidata a soggetti terzi, potrà essere anche “gestita in proprio”222 dai soggetti attivi nella produzione tipica e

220 E l e m e n t i q u e s t i l a c u i i m p o r t a n z a è t a l e c h e p e r s i n o i , c o m e v i s t o , r i g i d i s s i m i s e g n i d i m a t r i c e c o m u n i t a r i a p o t r a n n o “ c a d e r e ” o v e v e n g a m e n o i l s i s t e m a d i c o n t r o l l i . S u l p u n t o , i n f a t t i , l ’ a r t . 1 2 R e g . C . E . 5 1 0 / 0 6 f e r m o r e s t a n d o c h e i l f e n o m e n o d o v r à s u s s i s t e r e p e r u n p e r i o d o n o n l i m i t a t o , p o s t o c h e l ’ a r t . 1 7 , p a r . 1 , R e g . C E 1 4 . 1 2 . 2 0 0 6 , n . 1 8 9 8 / 2 0 0 6 p a r l a d i “ s i t u a z i o n e v e r o s i m i l m e n t e d e s t i n a t a a p e r d u r a r e ” .

221 C o s ì , V A N Z E T T I - G A L L I “ L a n u o v a l e g g e m a r c h i ” , 2 ° e d . , M i l a n o , 2 0 0 1 .

222 La differenza tra gestione in proprio e gestione affidata a terzi risiede essenzialmente in un minore o maggiore gradiente di affidabilità. In questo senso l’art. 3 del D.M. 29 marzo 2007 n. 25985 consente espressamente, nel rispetto di alcuni fondamentali requisiti, anche ai Consorzi di tutela e alle associazioni di Consorzi di tutela di svolgere le attività di controllo. Sul punto si è peraltro espressa anche al giurisprudenza amministrativa secondo cui “sono legittimi i compiti attribuiti ai Consorzi che, con piani di controllo sulla denominazione, sono stati incaricati dal Ministero delle Politiche Agricole a svolgere attività di controllo sulla produzione delle relative denominazioni di origine, cioè nei confronti di tutti i viticoltori, vinificatori e imbottigliatori di vini a denominazione di origine” (Così T.A.R. Lazio, 18 aprile 2007 n. 3407, in Foro amm. TAR 2007, 4, 1347) e secondo cui “la funzione di controllo previste dal Regolamento n. 479/2008 sulla tutela delle denominazioni d'origine dei vini possono essere legittimamente svolte da una società privata partecipata dalla federazione dei consorzi dei produttori dei vini in quanto la società è stata oggetto di un procedimento di accreditamento teso a verificare le competenze e la capacità della stessa; una volta ottenuto l'accreditamento la società privata pur partecipata dagli stessi produttori può svolgere l'attività di controllo senza

comunque, in ultima istanza, verrà affidata (ferma restando la disciplina comunitaria in tema di cancellazione del segno) all’autorità giudiziaria innanzi alla quale chiunque potrà sindacare la sussistenza (per i soli segni diversi da quelli di natura comunitaria) e/o la permanenza dei requisiti fondanti tale tipologia di segni eventualmente eccependone la decadenza del segno per “sopraggiunta ingannevolezza”.

Occorre poi chiedersi quale sia il ruolo riservato nel Codice della Proprietà Industriale ai consorzi di tutela, la cui l’istituzione non è da considerarsi obbligatoria.

Gli stessi potranno tuttavia essere comunque istituiti su base volontaria con finalità non solo di coordinamento dell’attività di promozione del segno ma anche con vere e proprie funzioni vuoi di vigilanza (si veda quanto detto alla nota 219), vuoi di tutela, vuoi di sfruttamento del segno sulla base dei ragionamenti che verranno svolti nei paragrafi successivi.