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Tutela e valorizzazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel Codice della Proprietà Industriale

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Academic year: 2022

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Tutela e valorizzazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel

Codice della Proprietà Industriale

Coordinatore:

Chiar.mo Prof. Pietro Vagliasindi

Tutor:

Dottore di ricerca Mariangela Bogni

Dottorando: Alberto Contini

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA

Dottorato di ricerca in Diritto Commerciale:

Proprietà Intellettuale e Concorrenza

Ciclo XXIII

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INDICE

Introduzione ... 5

CAPITOLO I - OGGETTO DELLA TUTELA... 10

1.1 Denominazioni di origine e Indicazioni geografiche: una definizione possibile?... 10

1.2. Ambito di applicazione e requisiti di accesso alla tutela ... 17

1.3 Il concetto di reputazione... 33

1.4 Creazione e “morte” del segno ... 40

1.5 Rapporti con la legislazione comunitaria ed internazionale ... 63

CAPITOLO II - TUTELA E VALORIZZAZIONE DEL SEGNO 74 2.1 Premessa... 74

2.2 Il divieto di inganno ... 80

2.3 Il divieto di evocazione della denominazione per prodotti comparabili... 86

2.4 Lo sfruttamento della reputazione del segno in relazione a prodotti diversi... 94

2.5 La tutela contro gli atti di concorrenza sleale... 99

2.6 Le indicazioni geografiche “semplici”... 105

2.7 Conflitti con i marchi individuali e collettivi... 109

2.8 Conflitti con altri diritti di proprietà industriale ... 129

2.9 La valorizzazione attiva delle denominazioni di origine e indicazioni geografiche ... 135

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CAPITOLO III - I SOGGETTI ATTIVI NELLA TUTELA E

VALORIZZAZIONE DEL SEGNO ... 139

3.1 Stato, enti locali, consorzi e singoli produttori... 139

3.2 Legittimazione attiva alla tutela... 145

3.3 Valorizzazione e legittimazione ... 158

Conclusioni ... 163

Bibliografia ... 166

(5)

Introduzione

In un contesto di economia globale in cui l’uniformità e la standardizzazione produttiva e qualitativa (quantomeno con riferimento alla produzione industriale e di massa) sembrano essere divenute la norma1 ed in cui l’unico elemento realmente differenziante su cui gli imprenditori sembrano poter puntare è rappresentato dalla capacità dei singoli di “inventare” per il proprio prodotto (essenzialmente tramite operazioni di marketing il cui costo, però, non è concretamente alla portata di tutti gli operatori) un plus di pura immagine idoneo ad attirare il consumatore (inducendolo così a preferire la propria alla produzione concorrente), è sempre più sentita2 (dagli operatori del mercato) l’esigenza di poter disporre di strumenti idonei a comunicare efficacemente al pubblico la provenienza territoriale e geografica di un determinato prodotto ove questa sia in un qualche modo “qualificata” e/o “qualificante” e quindi - di per sé3 - idonea a comunicare al pubblico quel plus commerciale di cui sopra, consentendo così al prodotto di differenziarsi rispetto alla massa indistinta dei prodotti concorrenti.

1 E ’ p r o p r i o d i q u e s t i g i o r n i l a n o t i z i a c h e a l c u n e a u t o m o b i l i d i f a b b r i c a z i o n e c i n e s e – s o l i t a m e n t e c o n s i d e r a t e d a l l ’ o p i n i o n e p u b b l i c a , a t o r t o o a r a g i o n e , t u t t o f u o r c h é s i c u r e – h a n n o s f i o r a t o i l m a s s i m o p u n t e g g i o i n t u t t i i t e s t d i s i c u r e z z a1 a l p a r i d e l l e p i ù b l a s o n a t e p r o d u z i o n i t e d e s c h e o i t a l i a n e : s u l p u n t o c f r . h t t p : / / m o t o r i . c o r r i e r e . i t / a t t u a l i t a / 1 1 _ n o v e m b r e _ 2 3 / a u t o - c i n e s i - c r a s h - t e s t - p o s i t i v i _ 5 c 3 f 2 a 2 0 - 1 5 b 8 - 1 1 e 1 - a b c c - e 3 b a e 5 7 0 f 1 8 8 . s h t m l,

2 N e è u n c h i a r o s e g n a l e l a f o r t e e s i g e n z a s e n t i t a a l i v e l l o s i a n a z i o n a l e c h e c o m u n i t a r i o d i a p p r o f o n d i r e e s v i l u p p a r e l a t u t e l a d e l c . d . “ m a d e i n ”

3 O s s i a a p r e s c i n d e r e d a e v e n t u a l i u l t e r i o r i e l e m e n t i d i a p p e t i b i l i t à c o m m e r c i a l e .

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Le “denominazioni di origine” e le “indicazioni geografiche”, oggetto specifico del presente studio, sono i segni che tradizionalmente e storicamente svolgono al meglio la funzione comunicativa sopra descritta4. Non è quindi certamente un caso che esse stiano oggi vivendo una sorta di

“seconda giovinezza”, testimoniata anche dall’intensa attività legislativa che le ha recentemente viste coinvolte5.

Del resto, della funzione economicamente sempre più rilevante di tale tipologia di segni, se ne era da tempo accorto anche il legislatore comunitario il quale, in più occasioni, ha avuto modo di sottolineare che poiché “un numero sempre crescente di consumatori annette maggiore importanza alla qualità anziché alla quantità nell’alimentazione. Questa ricerca di prodotti specifici genera una domanda di prodotti agricoli o alimentari aventi un'origine geografica identificabile” (cfr. il terzo considerando del Reg. C.E. 510/06) e dato che “di fronte alla grande varietà di prodotti commercializzati e alla moltitudine di informazioni al loro riguardo il consumatore dovrebbe disporre di un’informazione chiara e succinta sull'origine del prodotto, in modo da potersi meglio orientare nella scelta” (cfr. il quarto considerando del Reg. C.E. 510/06), risulta evidentemente

“opportuno prevedere un approccio comunitario per le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche … che contempli un regime di protezione” che consenta “di sviluppare le indicazioni geografiche e le denominazioni d'origine”

4 E v e n t u a l m e n t e a n c h e i n c o m b i n a z i o n e c o n i s e g n i d i s t i n t i v i , e i n p a r t i c o l a r e i m a r c h i c o l l e t t i v i .

5 I n u l t i m o s i v e d a l a r e c e n t e r i f o r m a d e l C o d i c e d e l l a P r o p r i e t à I n d u s t r i a l e a p p o r t a t a d a l D . L g s . 1 3 1 / 1 0

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garantendo “tramite un approccio più uniforme, condizioni di concorrenza uguali tra i produttori dei prodotti che beneficiano di siffatte diciture, migliorando la credibilità dei prodotti agli occhi dei consumatori”. Analogamente, nel c.d. “Libro Verde sulla qualità dei prodotti agricoli”6, la Commissione U.E. ha correttamente rilevato che in considerazione del fatto che “i consumatori che in molte parti del mondo dispongono di un reddito crescente sono alla ricerca di cibi saporiti, tradizionali e genuini” è del tutto evidente che “anziché considerarle come un vincolo oneroso, gli agricoltori europei possono mettere a profitto tali esigenze, fornendo esattamente quello che chiedono i consumatori, differenziando nettamente i loro prodotti sul mercato e ottenendo così un vantaggio competitivo”.

Alla luce di questa nuova ed incontestabile tendenza economica, non posso non leggere oggi in senso fortemente critico quanto ebbi modo di scrivere nella introduzione alla mia tesi di laurea vertente su analoga materia (anche se in verità risalente all’ormai lontano 2005) ossia che “se, per alcuni, la globalizzazione implica l’omogeneizzazione e la standardizzazione dei prodotti, quindi «la perdita, da parte del prodotto, dei suoi contatti con il territorio» e i marchi, in particolare, vengono considerati strumenti a disposizione dei

«più grandi» per schiacciare definitivamente «i più piccoli»,

allora le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche possono essere considerate come segni «atipici» rispetto allo

6 R e p e r i b i l e a l l ’ i n d i r i z z o h t t p : / / e u r - l e x . e u r o p a . e u / L e x U r i S e r v / L e x U r i S e r v . d o ? u r i = C O M : 2 0 0 8 : 0 6 4 1 : F I N : I T : P D F

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schema imperante all’interno della logica del mercato globalizzato”.

Solo oggi riesco infatti a percepire come in realtà tali segni rappresentino uno strumento a disposizione degli imprenditori7 non tanto per contrapporsi al e contrastare il

“mercato cattivo” (nel senso di contrapporre, quasi in maniera ideologica, ad una produzione massificata e qualitativamente appiattita verso il basso, una produzione di nicchia e qualitativamente eccellente) quanto per partecipare proficuamente ad esso traendone beneficio, eventualmente inducendoli a fare rete (ad esempio consorziandosi tra loro) concentrando e unendo le risorse e quindi focalizzandosi in maniera più efficace sui veri obbiettivi (anche di tutela), evitando in tal modo di disperdersi in "mille rivoli" e per di più consentendo loro di proporre al mercato un prodotto

“oggettivamente diverso” (quantomeno a livello di immagine) e probabilmente “irripetibile altrove” e proprio per questo quindi intrinsecamente dotato di quel plus commerciale che gli altri concorrenti potranno avere solo (e nemmeno con certezza) al prezzo di ingentissimi investimenti promozionali.

Il presente studio vorrebbe quindi cercare di chiarire (pur in uno scenario di obbiettiva penuria - rispetto ai normali standard della proprietà industriale e intellettuale - di produzioni dottrinali e interpretazioni giurisprudenziali specifiche) cosa concretamente siano e come nascano i segni tradizionalmente individuati dalle espressioni “indicazioni geografiche” e

7 C h e s p e s s o , s p e c i e n e l s e t t o r e a g r o a l i m e n t a r e e a r t i g i a n a l e , s o n o d i p i c c o l e - s e n o n a d d i r i t t u r a p i c c o l i s s i m e - d i m e n s i o n i .

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“denominazioni di origine”, quale sia il loro ambito di applicazione e di tutela, quale sia stato l’impatto sulle medesime delle più recenti evoluzioni normative e, soprattutto, se vi siano e quali siano le possibilità per gli operatori del settore di sfruttare attivamente (analogamente a quanto già avviene per tutti gli altri diritti di proprietà industriale e intellettuale) tali segni anche con riferimento ad attività collaterali e/o comunque diverse dalla mera produzione tipica sia al fine di ampliare il loro core business, sia al fine di aumentare la rinomanza (e quindi l’appetibilità) del segno stesso e quindi dei prodotti che si fregiano del medesimo avviando così una sorta di circolo virtuoso.

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Capitolo I

Oggetto della Tutela

1.1 Denominazioni di origine e Indicazioni geografiche: una definizione possibile?

L’art. 29 C.P.I. stabilisce che “sono protette le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine che identificano un paese, una regione, una località quando siano adottate per designare un prodotto che ne è originario e le cui qualità, reputazione o caratteristiche sono dovute esclusivamente o essenzialmente all’ambiente geografico d’origine comprensivo dei fattori naturali, umani e di tradizione”8 senza tuttavia specificare (differentemente da quanto avviene, ad esempio, a livello comunitario9) né quali siano le differenze esistenti tra le citate “indicazioni geografiche” e “denominazioni di origine”, né quali siano i requisiti fondanti e specifici dell’una e dell’ altra tipologia di segno.

Per cercare di comprendere quali siano e se vi siano differenze tra i segni oggetto della sopra citata norma, può forse

8 N o r m a c h e d i s c e n d e d i r e t t a m e n t e d a l l ' a r t . 3 1 , 1 ° c o . , D . L g s . 1 9 . 3 . 1 9 9 6 , n . 1 9 8 ( i l q u a l e g i à p r e v e d e v a , t r a l ’ a l t r o , c h e “ p e r i n d i c a z i o n e g e o g r a f i c a s i i n t e n d e q u e l l a c h e i d e n t i f i c a u n p a e s e , u n a r e g i o n e o u n a l o c a l i t à , q u a n d o s i a a d o t t a t a p e r d e s i g n a r e u n p r o d o t t o c h e n e è o r i g i n a r i o e l e c u i q u a l i t à , r e p u t a z i o n e o c a r a t t e r i s t i c h e s o n o d o v u t e e s c l u s i v a m e n t e o e s s e n z i a l m e n t e a l l ’ a m b i e n t e g e o g r a f i c o d ’ o r i g i n e , c o m p r e n s i v i d e i f a t t o r i n a t u r a l i , u m a n i e d i t r a d i z i o n e ” ) e d a c u i i l c i t a t o a r t . 2 9 C . P . I . s i d i s t i n g u e u n i c a m e n t e p e r l a m e n z i o n e , o l t r e c h e a l l e

“ i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e ” , a n c h e a l l e “ d e n o m i n a z i o n i d i o r i g i n e ” : s u l p u n t o , c f r . VA N Z E T T I, DI CA T A L D O, M a n u a l e d i d i r i t t o i n d u s t r i a l e , 6 ª e d . , M i l a n o , 2 0 0 9 , p . 3 4 9

9 C f r . a d e s e m p i o g l i a r t t . 2 R e g . C . E . 5 1 0 / 0 6 e 3 4 d e l R e g . C . E . 4 7 9 / 0 8 .

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essere utile esaminare quanto stabilito dalla disciplina internazionale e/o comunitaria di riferimento.

La convenzione di Parigi del 20.03.1883 sulla Proprietà Industriale10, all’art. 10, parla genericamente di “indicazioni” che possono essere false con riferimento alla provenienza del prodotto o all’identità del produttore/fabbricante/com- merciante11 senza cioè specificare alcun requisito fondante la sussistenza o meno dell’indicazione di provenienza del prodotto né distinguere in alcun modo tra diverse tipologie di

“indicazioni”.

In maniera uguale e contraria, invece, il più pregnante Arrangement di Lisbona del 31 ottobre 1958 ha fornito per la prima volta, a livello internazionale, una definizione delle sole

“denominazione di origine” stabilendo in particolare all’art. 2 che, con tale espressione, si intende “la denominazione geografica di un paese, di una regione o di un località, utilizzata per designare un prodotto che ne è originario e di cui le qualità o i caratteri sono dovuti, esclusivamente o essenzialmente, all’ambiente geografico comprendente i fattori naturali e i fattori umani”.

10 A t t u a l m e n t e i n v i g o r e n e l c . d . “ t e s t o d i S t o c c o l m a ” d e l 1 4 . 0 7 . 1 9 6 7 , e r a t i f i c a t o i n I t a l i a c o n l e g g e 2 8 . 0 4 . 1 9 7 6 n ° 4 2 4 .

11 A t a l p r o p o s i t o n o n s i p u ò t u t t a v i a n o n s o t t o l i n e a r e s i n d ’ o r a c o m e i l s u c c e s s i v o a r t . 1 0 b i s e s t e n d a l a t u t e l a p e r g l i a t t i d i c o n c o r r e n z a s l e a l e a n c h e n e i c o n f r o n t i d e l l ’ u s o d i i n d i c a z i o n i ( t e r m i n e g e n e r i c o c h e q u i n d i p u ò c o n s i d e r a r s i r i f e r i b i l e a n c h e a l l e i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e ) c h e n e l

“ c o m m e r c i o , p o s s a t r a r r e i n e r r o r e i l p u b b l i c o s u l l a n a t u r a , i l m o d o d i f a b b r i c a z i o n e , l e c a r a t t e r i s t i c h e , l ’ a t t i t u d i n e a l l ’ u s o o l a q u a n t i t à d e l l e m e r c i ”

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Gli accordi TRIPs12 si preoccupano invece di definire, anche qui per la prima volta a livello internazionale, il concetto di “indicazione geografica” affermando in particolare all’art.22 che “Geographical indications are, for the purposes of this Agreement, indications which identify a good as originating in the territory of a Member, or a region or locality in that territory, where a given quality, reputation or other characteristic of the good is essentially attributable to its geographical origin” senza cioè prevedere, nemmeno in questo caso, differenti tipologie di segni e soprattutto differenti livelli di tutela per i medesimi.

La prima e chiara distinzione tra “denominazioni di origine” e “indicazioni geografiche” è stata invece operata dal diritto comunitario; in particolare, oggi, l’art. 2 del Reg. 510/0613 stabilisce che:

- l’espressione “denominazioni di origine” si riferisce al nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare: i) originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese; ii) la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico, inclusi i fattori naturali e umani; iii) la cui produzione,

12 A c r o n i m o c o n c u i c i s i r i f e r i s c e a i T r a d e r e l a t e d a s p e c t s o f i n t e l l e c t u a l p r o p e r t y r i g h t s , a c c o r d i c o n c l u s i i n a m b i t o W . T . O . , f i r m a t i a M a r r a k e c h i l 1 5 / 0 4 / 1 9 9 4 , r a t i f i c a t i c o n L . 2 9 . 1 2 . 1 9 9 4 , n . 7 4 7 e a i q u a l i l ’ I t a l i a s i è a d e g u a t a c o n i l g i à r i c h i a m a t o D . L g s n ° 1 9 8 d e l 1 9 9 6

13 R e l a t i v o a l l a p r o t e z i o n e d e l l e i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e e d e l l e d e n o m i n a z i o n i d ’ o r i g i n e d e i p r o d o t t i a g r i c o l i e a l i m e n t a r i e c h e h a p r e s o i l p o s t o d e l v e c c h i o R e g . C e 2 0 8 1 / 9 2 .

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trasformazione e elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata;

- ’espressione “indicazioni geografiche” si riferisce al nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare: i) come originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese; ii) del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica; iii) la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata14;

in sostanza accorpando in un unico contesto normativo la definizione di “denominazione di origine” data dall’Arrangement di Lisbona con quella di “indicazione geografica” data dagli accordi TRIPs e venendo così a creare due distinte (quantomeno sotto il profilo dei requisiti di accesso alla tutela) categorie di segni aventi poi la medesima tutela.

14 Invece il già citato art. 34 del Reg. C.E. 479/08 (relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo) definisce come denominazione di origine “il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto di cui all’articolo 33, paragrafo 1, conforme ai seguenti requisiti:i) la sua qualità e le sue caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico ed ai suoi fattori naturali e umani; ii) le uve da cui è ottenuto provengono esclusivamente da tale zona geografica; iii) la sua produzione avviene in detta zona geografica; iv) è ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera”, mentre le indicazioni geografiche come “l’indicazione che si riferisce a una regione, a un luogo determinato o, in casi eccezionali, a un paese che serve a designare un prodotto di cui all’articolo 33, paragrafo 1, conforme ai seguenti requisiti: i) possiede qualità, notorietà o altre caratteristiche specifiche attribuibili a tale origine geografica; ii) le uve da cui è ottenuto provengono per almeno l’85% esclusivamente da tale zona geografica; iii) la sua produzione avviene in detta zona geografica; iv) è ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis”.

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Ora, non è evidentemente interesse di questo lavoro illustrare le problematiche (soprattutto di natura politica15) da cui discendono le rilevanti (specie sotto il profilo dei requisiti di accesso alla tutela) differenze di definizioni esistenti tra le normative sopra richiamate; tuttavia, già dalla semplice lettura delle definizioni sopra riportate, appare evidente che il principale “fattore differenziale” esistente tra “denominazioni di origine” e “indicazioni geografiche” risieda nel diverso (nel senso di più o meno stretto) legame (il c.d. “milieu geographique”16) che deve sussistere tra il prodotto e il territorio da cui esso proviene e del cui nome si fregia.

Da una parte infatti (Arrangement di Lisbona e diritto comunitario) ci sono le “denominazioni di origine” rispetto alle quali le sole qualità e caratteristiche del prodotto17 dovranno derivare esclusivamente o anche essenzialmente (ma in questo caso, per il solo diritto comunitario) dall’ambiente geografico (costituito vuoi da fattori naturali, vuoi da fattori umani);

dall’altra, invece, (accordi TRIPs e di nuovo diritto comunitario) ci sono le “indicazioni geografiche” per le quali non solo le

“qualità e caratteristiche” ma anche la mera “reputazione” (nel

15 E s s e n z i a l m e n t e b a s a t e s u i d i v e r s i i n t e r e s s i d i t u t e l a v a n t a t i d a u n a p a r t e d a i p a e s i p r o d u t t o r i d e i p r o d o t t i d a t u t e l a r e ( e s s e n z i a l m e n t e i p a e s i E u r o p e i ) e d a l l ’ a l t r a d a i p a e s i c h e , p u r n o n v a n t a n d o u n a p a r t i c o l a r e t r a d i z i o n e p r o d u t t i v a , s o n o i n t e r e s s a t i ( i l p e r c h é è f i n t r o p p o c h i a r o ) a n o n l i m i t a r e e c c e s s i v a m e n t e l ’ u s o d e i n o m i g e o g r a f i c i ( s o s t a n z i a l m e n t e i l r e s t o d e l m o n d o s a l v o r a r i e d e c c e z i o n a l i c a s i ) .

16 Inteso come “collegamento fra le caratteristiche obiettive del prodotto contraddistinto dalla denominazione e l’ambiente geografico di cui esso è originario comprendente i fattori naturali ed i fattori umani”: così GALLI, in Globalizzazione dell’economia e tutela delle denominazioni di origine dei prodotti agro-alimentari, Riv. Dir. Ind., 2, 2004.

17 C h e , p e r a l t r o , a l i v e l l o c o m u n i t a r i o , p o t r à e s s e r e r e a l i z z a t o e f a b b r i c a t o s o l o n e l l a z o n a g e o g r a f i c a a c u i s i r i f e r i s c e l a d e n o m i n a z i o n e .

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senso che vedremo meglio in seguito) del prodotto, dovranno dipendere essenzialmente o esclusivamente (ma in questo caso, per il solo diritto comunitario) dalla sua origine geografica18.

Volendo quindi delineare una definizione unitaria di

“denominazioni di origine” da una parte, e di “indicazioni geografiche” dall’altra, si potrebbe forse affermare che nelle prime le caratteristiche e le qualità del prodotto che si fregia di un tale segno dovranno essere legate - in via esclusiva o quasi - ai fattori naturali ed umani tipici della zona geografica di cui

18 S u l p u n t o , c f r . G A L L I , “ G l o b a l i z z a z i o n e d e l l ’ e c o n o m i a e t u t e l a d e l l e d e n o m i n a z i o n i d i o r i g i n e d e i p r o d o t t i a g r o - a l i m e n t a r i ” , i n R i v . d i r . i n d . 2 0 0 4 , p . 6 7 e s s . s e c o n d o c u i n e i T R I P s ( i n c u i s i p a r l a e s c l u s i v a m e n t e d i

“ i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e ” ) “ m a n c a q u e s t a n o z i o n e d i u n i c i t à e d i i r r i p r o d u c i b i l i t à a l t r o v e , e d a n z i m a n c a a n c h e l ’ e s i g e n z a c h e l ’ a m b i e n t e g e o g r a f i c o s i r i f l e t t a i n c a r a t t e r i s t i c h e o b b i e t t i v e d e l p r o d o t t o t i p i c o , b a s t a n d o i n v e c e a q u e s t o f i n e c h e a l l ’ a m b i e n t e s i a l e g a t a a n c h e s o l t a n t o l a r e p u t a z i o n e d e l p r o d o t t o s t e s s o . S o t t o q u e s t o p r o f i l o . . . l e i n d i c a z i o n i d i p r o v e n i e n z a v e n g o n o d u n q u e a d a v v i c i n a r s i a g l i a l t r i s e g n i d i s t i n t i v i , e d i n p a r t i c o l a r e a i m a r c h i , c h e s o n o o g g i p r o t e t t i c o n t r o o g n i f o r m a d i p a r a s s i t i s m o c o m m e r c i a l e . A q u e s t i f i n i s a r e b b e i n e f f e t t i i r r a g i o n e v o l e d i s c r i m i n a r e t r a i n d i c a z i o n i d i p r o v e n i e n z a c h e c o m u n i c a n o a l p u b b l i c o l ’ e s i s t e n z a d i d e t e r m i n a t e c a r a t t e r i s t i c h e o d i u n l i v e l l o q u a l i t a t i v o c o n n e s s i a l l ’ a m b i e n t e g e o g r a f i c o e i n d i c a z i o n i d i p r o v e n i e n z a c h e c o m u n i c a n o ( s o l o ) l ’ e s i s t e n z a d i u n a r e p u t a z i o n e c o n n e s s a a q u e s t o a m b i e n t e ; e d a n c o r p i ù i r r a g i o n e v o l e s a r e b b e r i c h i e d e r e , c o m e p r e s u p p o s t o d e l l a t u t e l a , c h e l e s t e s s e c a r a t t e r i s t i c h e o l o s t e s s o l i v e l l o q u a l i t a t i v o n o n s i p o s s a n o r i t r o v a r e a n c h e i n p r o d o t t i l e g a t i a d u n a l t r o a m b i e n t e , p o s t o c h e a n c h e s e q u e s t o p r e s u p p o s t o n o n s i v e r i f i c a , e g u a l m e n t e l ’ u s o d e l l a d e n o m i n a z i o n e d a p a r t e d i u n s o g g e t t o c h e r e a l i z z a p r o d o t t i i n i p o t e s i a n c h e i d e n t i c i a q u e l l i d e l l a z o n a t i p i c a , m a r e a l i z z a t i i n u n a m b i e n t e g e o g r a f i c o d i v e r s o , i m p l i c a u n o s f r u t t a m e n t o p a r a s s i t a r i o d e l v a l o r e d i m e r c a t o c o n n e s s o a l l a d e n o m i n a z i o n e c u i i l p u b b l i c o a s s o c i a u n a t i p i c i t à : f e r m o r e s t a n d o c h e l a d e n o m i n a z i o n e , p e r e s s e r e t u t e l a t a c o m e t a l e , d e v e c o m u n q u e e s p r i m e r e u n l e g a m e t r a i l p r o d o t t o e d i l t e r r i t o r i o , i n d i f e t t o d e l q u a l e e s s a s a r e b b e i n r e a l t à e q u i v a l e n t e a d u n s e g n o d i f a n t a s i a , e n u l l a s i o p p o r r e b b e a n c h e a l l a s u a m o n o p o l i z z a z i o n e c o m e m a r c h i o i n d i v i d u a l e d i u n o s p e c i f i c o i m p r e n d i t o r e , o a d d i r i t t u r a s i t r a t t e r e b b e d i u n a d e n o m i n a z i o n e g e n e r i c a , m a g a r i i n o r i g i n e l e g a t a a l t e r r i t o r i o d o v e i l p r o d o t t o è n a t o , m a o r m a i a v v e r t i t a d a l p u b b l i c o c o m e i l n o m e d i u n a t i p o l o g i a d i m e r c e c h e p r o v i e n e d a l l u o g o i n c u i q u e s t a v i e n e r e a l i z z a t a ”

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portano il nome; nelle seconde, invece, le caratteristiche e le qualità del prodotto che si fregia di un tale segno, potranno avere un legame con il territorio di provenienza in un certo qual modo, più labile, non solo in quanto le prime potranno essere non esclusivamente dipendenti dal secondo, ma anche in quanto viene dato rilievo anche al più semplice legame tra territorio di provenienza e reputazione del prodotto, reputazione che potrà essere anche indipendente dalla presenza di obbiettive caratteristiche qualitative legate al territorio in quanto non legata ai fattori naturali ed umani, ma derivante da

“convinzioni” innate nei consumatori o frutto di abili politiche di marketing al punto che il prodotto recante una tale indicazione potrebbe essere in concreto perfettamente identico, nelle sue caratteristiche, a quelli provenienti da altre zone geografiche eppure godere presso i consumatori di una miglior reputazione.

Ebbene questa sommaria definizione differenziatrice tra

“denominazioni di origine” e indicazioni geografiche” sembra poter essere utilizzata anche per distinguere i segni cui in concreto fa riferimento l’art. 29 C.P.I.; tuttavia ci si chiede se ciò sia realmente utile.

Da una parte infatti non si può non osservare come, in concreto, la mancanza di una precisa definizione differenziatrice tra le due tipologie di segni (che sembrano entrambi possedere i medesimi requisiti di accesso alla tutela) nella disciplina nazionale non dia di per sé luogo a sostanziali problemi, visto l’ambito di tutela (sul quale torneremo nel secondo capitolo) del tutto identico approntato dal D.Lgs. 30/05

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per entrambe le categorie di segni, il che potrebbe indurre a ritenere quello delle definizioni un problema apparentemente teorico19.

Dall’altro, tuttavia, non si può non considerare che un’assenza di distinzione assoluta tra i due segni, potrebbe causare un utilizzo “promiscuo” dei medesimi (nel senso che gli stessi potrebbero essere utilizzati indistintamente ed alternativamente per distinguere prodotti dotati di un più o meno forte legame con il territorio) il che non solo potrebbe porsi in contrasto con il diritto comunitario (che invece prevede espressamente tale differenziazione) ma addirittura potrebbe provocare fenomeni di inganno del pubblico20.

1.2. Ambito di applicazione e requisiti di accesso alla tutela

L’art. 30 C.P.I fa espressamente salve “le convenzioni internazionali in materia” tra le quali figurano, oltre ai

19 A t a l p r o p o s i t o è s t a t o d e l r e s t o e v i d e n z i a t o c h e , a n c h e a l l a l u c e d e l l e d i f f e r e n t i d e f i n i z i o n i d i t a l i s e g n i p r e s e n t i n e l l a n o r m a t i v a i n t e r n a z i o n a l e e c o m u n i t a r i a « d a l p u n t o d i v i s t a t e r m i n o l o g i c o ( … ) a l l e e s p r e s s i o n i d e n o m i n a z i o n i d ' o r i g i n e , i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e n o n p a r e p o s s a a t t r i b u i r s i u n s i g n i f i c a t o t e c n i c o g i u r i d i c o u n i v o c o » , n o n e s s e n d o e v i d e n t e m e n t e p o s s i b i l e v a l o r i z z a r e i d a t i t e r m i n o l o g i c i a d i s p o s i z i o n e d e l l ’ i n t e r p r e t e « p e r r i c o s t r u i r e d i v e r s e t i p o l o g i e d i d i r i t t i c a r a t t e r i z z a t i d a u n a c o s t a n t e d i s c i p l i n a » ( c o s ì SA R T I, L e i n d i c a z i o n i d ' o r i g i n e g e o g r a f i c a : s t o r i a , q u e s t i o n i t e r m i n o l o g i c h e e p r o p o s t e i n t e r p r e t a t i v e , i n S t u d i i n m e m o r i a d i P a o l a F r a s s i , M i l a n o , 2 0 1 0 , p p . 6 1 9 s s . ) .

20 I l r i s c h i o p o t r e b b e e s s e r e i n f a t t i q u e l l o c h e u n p r o d o t t o c h e , o v e r e g i s t r a t o a l i v e l l o c o m u n i t a r i o , p o t r e b b e r i e n t r a r e u n i c a m e n t e n e l l a c a t e g o r i a d e l l e p i ù s e m p l i c i “ i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e ” , a l i v e l l o n a z i o n a l e v e n g a s u p e r f i c i a l m e n t e d e f i n i t o c o m e d o t a t o d i u n a

“ d e n o m i n a z i o n e g e o g r a f i c a ” c o n p o s s i b i l e i n g a n n o d e l p u b b l i c o c h e i l q u a l e , p r o p r i o i n f o r z a d e l l a d i s t i n z i o n e c o m u n i t a r i a , è i n v e c e a b i t u a t o a d i s t i n g u e r e t r a l e d u e c a t e g o r i e c o n s i d e r a n d o l e p r i m e c o m e m e n o

“ p r e g i a t e ” d e l l e s e c o n d e .

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regolamenti comunitari, anche specifiche convenzioni (come ad esempio l’Arrangement di Lisbona) che da una limitano espressamente il loro campo di applicazione al solo settore agroalimentare e dall’altra prevedono che perché possa sorgere una “denominazione di origine” o una “indicazione geografica” debbano essere esperiti particolari forme di riconoscimento da parte di un'autorità pubblica21.

Sempre ai fini dell’esame dei segni di cui all’art. 29 C.P.I., occorre quindi chiedersi:

i) quale sia l’ambito di applicazione di tale tipologia di segni;

ii) quali siano i requisiti che il prodotto per il cui nome di provenienza geografica qualificata si invoca tutela dovrà concretamente possedere affinché possa essere protetto sulla base degli artt. 29 e 30 C.P.I..

Sub i) ci si domanda: gli art. 29 e 30 C.P.I. sono applicabili unicamente al settore agroalimentare e della produzione vitivinicola (analogamente a quanto avviene a livello comunitario e di alcune delle convenzioni bilaterali e multilaterali in materia) oppure sono applicabili a qualunque tipologia produttiva che ha nella propria provenienza geografica un plus qualitativo o reputazionale rilevante ai fini delle scelte dei consumatori e di tutela della concorrenza?

21 C o m e a v v i e n e i n p a r t i c o l a r e p e r l e “ d e n o m i n a z i o n i d i o r i g i n e ” e “ l e i n d i c a z i o n i g e o g r a f i c h e ” o g g e t t o d e i R e g . C E 2 0 . 3 . 2 0 0 6 , n . 5 1 0 / 2 0 0 6 , R e g . C E 2 9 . 4 . 2 0 0 8 , n . 4 7 9 / 2 0 0 8 e R e g . C E 1 5 . 1 . 2 0 0 8 , n . 1 1 0 / 2 0 0 8 , n o n c h é d i a l c u n e c o n v e n z i o n i i n t e r n a z i o n a l i o d i l e g g i s p e c i a l i d e l n o s t r o o r d i n a m e n t o .

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L’opzione più corretta appare senza ombra di dubbio la seconda (ossia applicabilità a qualunque tipologia produttiva), sia in quanto è indiscutibile che possano esistere prodotti - diversi da quelli agroalimentari – la cui apprezzata qualità (con le problematiche che vedremo più avanti) e/o rinomata reputazione derivi da fattori umani e/o di tradizione (si pensi ad esempio alle tipiche produzioni artigianali di molte regioni e province italiane e straniere, oppure – ad un livello superiore – allo specifico settore dell'abbigliamento dove è sotto gli occhi di tutti l'esistenza di una qualità e di una reputazione produttiva22 essenzialmente legati a una tradizione e a un know-how tipici di peculiari aree geografiche), sia in quanto tale pretesa limitazione (ossia l’applicabilità) è in realtà del tutto assente, come visto in precedenza, sia a livello di Convenzione di Unione di Parigi (in cui si parla genericamente di “indicazioni false relative alla provenienza geografica del prodotto” senza cioè distinguere tra prodotti agroalimentari e prodotti di altra natura) che di accordi TRIPs (in cui si definisce l’indicazione geografica come quella atta ad identificare “a good as originating in the territory of a Member, or a region or locality in that territory, where a given quality, reputation or other characteristic of the good is essentially attributable to its geographical origin” senza cioè distinguere anche in questo caso tra prodotti agroalimentari e prodotti di altra natura) ai quali la disciplina interna del nostro paese (specie in assenza di

22 L a c u i t u t e l a è s t a t a p e r a l t r o f a t t a o g g e t t o d i s p e c i f i c i e p i ù o m e n o r i u s c i t i t e n t a t i v i d i t u t e l a d a p a r t e d e l l e g i s l a t o r e : c f r . L . 5 5 / 1 0 c . d .

“ L e g g e R e g u z z o n i - V e r s a c e ” .

(20)

una direttiva comunitaria in senso opposto) è tenuta a conformarsi.

In questo senso è stato peraltro correttamente osservato che, mentre non può essere di regola negato che ove la caratteristica del prodotto dipenda esclusivamente dai fattori ambientali allora “la tutela delle denominazioni o indicazioni è immaginabile soltanto nel settore agroalimentare, non essendo concepibile che le caratteristiche di altre tipologie di prodotti siano parimenti condizionate da fattori naturali o climatici”23, ugualmente non può essere negato che ove l'incidenza qualitativa e/o della mera reputazione di cui i prodotti godono presso il pubblico derivi (anche o solo) dal fattore umano e di tradizione, i segni in oggetto potranno essere utilizzati, anche in relazione a prodotti differenti dai soli prodotti agroalimentari.

Inoltre l'utilizzabilità di tali segni anche in relazione a settori merceologici diversi da quello prettamente agroalimentare appare confermata dal fatto che, come vedremo meglio in seguito, la giurisprudenza comunitaria ha espressamente ammesso la tutelabilità delle c.d. “indicazioni geografiche semplici”, opportunità questa che “presuppone del resto certamente la tutelabilità nazionale di indicazioni relative a prodotti diversi dagli agroalimentari, per i quali una

23 C o s ì SA R T I, L e i n d i c a z i o n i d ’ o r i g i n e g e o g r a f i c a : s t o r i a , q u e s t i o n i t e r m i n o l o g i c h e e p r o p o s t e i n t e r p r e t a t i v e , i n S t u d i i n m e m o r i a d i P a o l a F r a s s i , p . 6 2 1 c o n u n ' a f f e r m a z i o n e c h e t u t t a v i a n o n p u ò e s s e r e g e n e r a l i z z a t a , s u s s i s t e n d o a n c h e p r o d u z i o n i m a n i f a t t u r i e r e a r t i g i a n e i n c u i a d e s e m p i o p a r t i c o l a r i m i c r o c l i m i i n f l u e n z a n o l a q u a l i t à f i n a l e d e l p r o d o t t o , e c o m u n q u e i n c u i l a r e p u t a z i o n e d i e s s o è l e g a t a a d e l e m e n t i f i s i c i l e g a t i a l t e r r i t o r i o .

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registrazione comunitaria non è nemmeno astrattamente concepibile” 24.

Sub ii) occorre in primo luogo appurare se il segno che si ritenga costituisca una “denominazione di origine” o una

“indicazione geografica” sia idoneo ad identificare “un Paese, una regione o una località”.

In questo senso, anche nel sostanziale silenzio della norma (che infatti non chiarisce a quali condizioni il segno debba essere considerato “idoneo” a identificare un luogo geografico), sembra possibile sostenere che il segno possa essere costituito alternativamente:

- o da un vero e proprio toponimo o comunque da un'espressione avente comunemente una valenza geografica;

- o da un’espressione che, pur non dotata di chiara e diretta valenza geografica, risulti comunque idonea ad individuare uno specifico luogo geografico, in quanto ad esempio ad esso notoriamente riferibile e riferita.

Tale duplice e alternativa idoneità25 risulta del resto chiaramente evincibile sia dalla ratio della norma stessa (ossia la tutela di segni idonei - senza cioè particolari restrizioni - a comunicare al pubblico una specifica provenienza geografica qualificata agli occhi del pubblico stesso), che non consente di

24 SA R T I, v o c e I n d i c a z i o n i G e o g r a f i c h e , i n I l D i r i t t o – E n c i c l o p e d i a G i u r i d i c a , v o l . 7 , M i l a n o , 2 0 0 7 , p . 6 5 1

25 I n d o t t r i n a , i n q u e s t o s e n s o , s e m b r a d e l r e s t o e s s e r s i g i à p r o n u n c i a t o LA T T A N Z I, i n D e n o m i n a z i o n e d ' o r i g i n e p r o t e t t a e m a r c h i o c o l l e t t i v o g e o g r a f i c o : i l c a s o « G r a n a P a d a n o » , i n R i v . D i r . A g r . , 2 0 0 2 , p . 4 4 s e c o n d o c u i i s e g n i i n q u e s t i o n e ( e d i n p a r t i c o l a r e l e d e n o m i n a z i o n i d i o r i g i n e ) s o n o c o s t i t u i t i s e m p l i c e m e n t e “ d a n o m i g i à n o t i s u l p i a n o s o c i a l e ” .

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operare distinzioni al riguardo, sia (ed anzi soprattutto) dalla lettera della norma stessa la quale, da una parte parla genericamente di “indicazioni” e “denominazioni” (non quindi specificamente ed esclusivamente di “toponimi”) e dall’altra di segni idonei a “identificare” (idoneità evidentemente attribuibile anche a segni non geografici in senso stretto, purché comunque utilizzati - e soprattutto percepiti - per designare un prodotto le cui qualità, reputazione o caratteristiche sono dovute esclusivamente o essenzialmente all'ambiente geografico d'origine, comprensivo dei fattori naturali, umani e di tradizione ove questi siano in concreto percepiti dal pubblico come riferibili alla zona geografica di provenienza del prodotto), il che sembra consentire di ricomprendere anche nella disciplina nazionale tutte le espressioni concretamente idonee a comunicare una determinata provenienza geografica.

Occorre del resto evidenziare che l’interpretazione qui proposta è espressamente prevista dalla disciplina comunitaria in materia di prodotti tipici del settore agroalimentare ed in particolare dall'art. 2, 2° co., Reg. CE n. 510/200 6, il quale stabilisce espressamente che “sono altresì considerate come denominazioni d'origine o indicazioni geografiche le denominazioni tradizionali, geografiche o meno, che designano un prodotto agricolo o alimentare e che soddisfino i requisiti di cui al paragrafo 1”26.

26 Per correttezza è necessario evidenziare come una recente pronuncia giurisprudenziale sembrerebbe aver ritenuto, contrariamente a quanto sin qui argomentato, che il segno azionato non possa essere tutelato ove lo stesso non rappresenti il nome di una località geografica. In particolare è stato affermato che “il difetto del presupposto stesso della protezione delle denominazioni d’origine” deriva anche dal fatto che “né «Budweis», né

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In sostanza, sembra quindi possibile affermare che si avrà una “indicazione geografica” o una “denominazione di origine” ogni qual volta ci si trovi di fronte ad un segno costituito da una qualunque espressione (ad esempio, parole del dialetto locale storicamente utilizzate per individuare uno specifico prodotto tipico) tradizionalmente usata per e percepita come idonea ad indicare un prodotto tipico di una particolare zona geografica; ciò appare del resto più conforme a quella che è la realtà del mercato in cui spesso anche nomi non puramente geografici, ma comunque appartenenti alle tradizioni locali, vengono concretamente adottati per designare un prodotto che ne è originario e le cui qualità, reputazione o caratteristiche sono dovute esclusivamente o essenzialmente all'ambiente geografico d'origine, comprensivo dei fattori naturali, umani e di tradizione e dunque sono a loro volta in grado di comunicare al consumatore un messaggio sia di qualità, sia di provenienza geografica (e ciò anche nell'ipotesi in cui tali espressioni non siano utilizzate in combinazione con preposizioni quali «di» o

«della» unitamente ad un nome geografico), sia di garanzia e certificazione di predeterminati standard qualitativi.

Il secondo requisito (parzialmente già richiamato sopra) è che i segni in questione siano “adottati per designare”, il che sembrerebbe indicare la necessità che il segno che si pretende

«Budweiser» né «Bud» rappresentano il nome di una località geografica, essendo il primo la traduzione tedesca della località ceca ove la birra viene prodotta, il secondo l’oggettivazione del primo, e il terzo la relativa abbrevizione” (Cfr. Trib. Firenze, 16 ottobre 2009, in Giur. ann. dir. ind. 2009, n. 5461). Tuttavia occorre qui sottolineare che i termini presi in considerazione dalla citata sentenza erano espressioni appartenenti ad una lingua diversa da quella parlata nel luogo di origine del prodotto per cui si invocava tutela.

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costituisca una “denominazione di origine” o una “indicazione geografica” venga concretamente (ossia proprio nelle modalità invocate) e attualmente (ossia con un uso iniziato anteriormente all’invocata tutela e protratrattosi in maniera costante sino al momento dell’invocata tutela) utilizzato.

Ciò potrebbe apparire del resto logico posto che segni utilizzati in passato e successivamente abbandonati, o comunque il cui uso è si continuato, ma in modalità estremamente diverse nel tempo, potrebbero non essere (o anche solo non esserlo più) idonei a comunicare al consumatore l’origine qualificata di un prodotto: tale apparente

“regola” non deve tuttavia essere applicata rigidamente ma, come spesso capita, valutando caso per caso le singole fattispecie posto che la linea guida della materia qui in esame (come per i segni distintivi in generale e i marchi in particolare) deve sempre essere la c.d. “percezione del pubblico”, il quale potrebbe essere concretamente in grado di associare un segno non più utilizzato o anche solo un segno utilizzato in maniera differente dalla normalità ad uno specifico prodotto dotato di un’origine geografica qualificata (fermo restando ovviamente il divieto di inganno del pubblico sul quale torneremo più diffusamente in seguito).

Il prodotto dovrà poi essere “originario” della zona geografica a cui si riferisce il segno: la definizione di questo ulteriore requisito è alquanto problematica per due distinti profili.

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Da una parte in quanto, a stretto rigore letterale, non sembrerebbe esservi spazio per prodotti provenienti da zone geografiche limitrofe a quella a cui si riferisce espressamente e tra loro del tutto corrispondenti (il ché, nella realtà dei fatti, è essenzialmente la norma posto che le “denominazioni di origine” e le “indicazioni geografiche” sono utilizzate con riferimento a produzioni dislocate su territori spesso più ampi di quelli specificamente individuati dal segno).

Dall’altra parte in quanto la genericità dell’espressione

“originario” è tale da non consentire di comprendere se tale debba essere il solo prodotto finito o se, viceversa, qualunque fase produttiva (dalla produzione della materia prima, passando per le eventuali lavorazioni e sino ad arrivare al prodotto finito) debba essere svolta nella zona geografica di interesse.

In realtà l’espressione “originario” dovrà essere interpretata in senso più elastico, non fosse altro per il fatto che a livello comunitario (cfr. ancora art. 2 Reg. C.E. 510/06) le c.d.

I.G.P. (Indicazioni Geografiche Protette che dovranno necessariamente ricevere tutela anche ai sensi degli artt. 29 e 30 C.P.I.) possono avere espressamente ad oggetto (differentemente dalla c.d. D.O.P. - Denominazione di Origine Protetta - che dovrà essere invece composta dal “nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese” che serve ad individuare il prodotto “originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese” specificando espressamente che in tale zona dovranno avvenire sia la produzione, che la trasformazione che la elaborazione) un

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nome geografico che sia idoneo ad individuare il prodotto designato “come originario” della zona delimitata, precisando altresì che in tale zona potranno avvenire la produzione e/o la trasformazione e/o l’elaborazione, elementi questi che lasciano chiaramente intendere come l'effettivo legame tra prodotto e territorio in questa specifica tipologia di segno possa essere meno pregnante: l'avverbio "come" e l’uso della congiunzione

“e/o” sono infatti diretti a lasciare ai produttori non solo la possibilità di utilizzare materie prime provenienti da altre zone geografiche, ivi trasformate e poi solo in parte lavorate nel territorio delimitato ma addirittura di contrassegnare con il segno in questione produzioni realizzate su territori più o meno adiacenti alla zona geografica specificamente individuata dal segno in questione.

E tale possibilità dovrà essere quindi espressamente riconosciuta anche ai segni di cui all’art. 29 C.P.I. non fosse altro per evitare una disciplina configgente con quella comunitaria o addirittura in conflitto con principi di rango costituzionale (quale quello di “eguaglianza”)27.

Infine, l’art. 29 C.P.I. prevede che il prodotto che si fregia di una “denominazione di origine” o di una “indicazione geografica” possieda “qualità” e “caratteristiche” o anche più semplicemente la cui “reputazione” derivino “esclusivamente o

27 F e r m o r e s t a n d o l ’ a p p l i c a b i l i t à a n c h e a l l ’ a r t . 2 9 C . P . I . d e l g i u s t o r i l i e v o e f f e t t u a t o d a l l a g i u r i s p r u d e n z a c o m u n i t a r i a s e c o n d o c u i l a z o n a g e o g r a f i c a d i p r o v e n i e n z a d e i p r o d o t t i c h e s i f r e g i a n o d i t a l i s e g n i , p e r q u a n t o e s t e s a , « d e v e p r e s e n t a r e f a t t o r i n a t u r a l i o m o g e n e i c h e l a d e l i m i t i n o r i s p e t t o a l l e z o n e l i m i t r o f e » ( C . G i u s t . C E , 2 5 . 1 0 . 2 0 0 5 , C - 4 6 5 / 0 2 , p u n t o 5 0 , i n w w w . c u r i a . e u r o p a . e u ) .

(27)

essenzialmente” dall’ambiente geografico d’origine

“comprensivo dei fattori naturali, umani e di tradizione”.

Sul concetto di “reputazione” torneremo più diffusamente al successivo paragrafo 1.3.

Alquanto complesso (soprattutto in assenza di specifici precedenti giurisprudenziali che si siano specificamente occupati della questione) appare del resto delimitare con precisione i contorni del concetto di “qualità” specie a causa del successivo riferimento fatto dalla norma alle “caratteristiche” del prodotto.

Le alternative sono evidentemente due: o il termine

“qualità” del prodotto è stato utilizzato come sostanziale sinonimo del successivo “caratteristiche” del prodotto (e quindi entrambi si riferiscono unicamente alle proprietà e del prodotto senza alcuna connotazione valutativa), oppure essi hanno un significato tra loro distinto (ossia mentre le caratteristiche di un prodotto sono tali senza comunicare alcun giudizio - un formaggio può essere morbido o duro, fresco o stagionato -, la qualità di un prodotto implica di per sé un giudizio positivo e di approvazione – il formaggio di cui sopra può essere di migliore o peggiore qualità nel senso di più o meno buono28 - ) .

La prima ipotesi non appare corretta in quanto difficilmente il legislatore potrebbe aver optato per una inutile ripetizione.

28 Sul punto si è affermato che “in generale, la misura della qualità indica una misura delle caratteristiche o delle proprietà di una entità (una persona, un prodotto, un processo, un progetto) in confronto a quanto ci si attende da tale entità, per un determinato impiego”:

cfr. www.wikipedia.org, voce “qualità”.

(28)

La seconda ipotesi, dunque, appare sicuramente più corretta29, aprendo però uno scenario di obiettiva incertezza. Se infatti, con specifico riferimento ai prodotti agroalimentari, sembra possibile ampliare il concetto di qualità sino al suo significato valutativo (in quanto il valore qualitativo può essere facilmente misurabile e classificabile in maniera standardizzata utilizzando gli appositi parametri delineati nel tempo dagli uomini), il medesimo ampliamento appare più vago e indefinito (e quindi rischioso) rispetto ai prodotti di altri settori (ad esempio in un prodotto meccanico o artigianale cosa rappresenta la qualità? la precisione costruttiva? il minor prezzo? la solidità strutturale? la valenza innovativa? È possibile inoltre misurare con precisione tali “valori”? E se si, esiste uno standard di giudizio univocamente accettato?).

Allo stesso tempo non è chiaro se la “qualità” di cui all’art.

29 C.P.I. debba essere effettiva e concreta (il che aprirebbe a scenari incerti stante la sostanziale incapacità della stragrande maggioranza dei consumatori di valutare e comprendere gli elementi caratterizzanti di tale “qualità”) o possa anche essere solo teorica e percepita (il che però non apre scenari meno

29 I n q u e s t o s e n s o è s t a t o p e r a l t r o a f f e r m a t o i n d o t t r i n a c h e “ l e d e n o m i n a z i o n i d i o r i g i n e g e o g r a f i c a a t t e s t a n o u n o s p e c i f i c o l i v e l l o q u a l i t a t i v o d e i b e n i d a e s s e c o n t r a s s e g n a t i ” ( c o s ì AU T E R I, FL O R I D I A, MA N G I N I, OL I V I E R I, RI C O L F I, SP A D A, i n “ D i r i t t o i n d u s t r i a l e , p r o p r i e t à i n t e l l e t t u a l e e c o n c o r r e n z a ” , T o r i n o , 2 0 0 9 , p . 1 6 0 . U g u a l m e n t e , l a g i u r i s p r u d e n z a h a p r e c i s a t o c h e “ l a d e n o m i n a z i o n e d i o r i g i n e è s t r u m e n t o c h e i d e n t i f i c a l a p r o v e n i e n z a d i u n p r o d o t t o ( c h i u n q u e l o i m m e t t a s u l m e r c a t o ) d a u n l u o g o p r e c i s o e l a r a g i o n e d e l l a p r o t e z i o n e è n e l f a t t o c h e i l p r o d o t t o t r a e d a t a l e o r i g i n e u n p a r t i c o l a r e c a r a t t e r e , o g g e t t i v a m e n t e r a v v i s a t o n e l c o m p l e s s i v o a m b i e n t e , n a t u r a l e e d u m a n o , d i p r o d u z i o n e ” ( c o s ì C a s s . 2 8 n o v e m b r e 1 9 9 6 , n . 1 0 5 8 7 , i n G i u r . a n n . d i r . i n d . 1 9 9 7 , n . 3 5 6 5 )

(29)

incerti posto che una qualità meramente percepita – nel senso di elemento ritenuto a torto o a ragione come attribuente qualità al prodotto – da una parte rischierebbe di divenire una sorta di sinonimo del diverso criterio della “reputazione” e dall’altra potrebbe indurre il consumatore a percepire il suddetto elemento qualitativo come presente in maniera identica anche in prodotti provenienti da altre zone non qualificate).

Evidentemente proprio per cercare di superare questo delineato profilo di incertezza, una parte della dottrina ha giustamente evidenziato come sembri più corretto ricostruire il messaggio qualitativo connesso a questa tipologia di segni come indipendente dall'effettiva percezione del consumatore, suggerendo che esso debba essere in realtà interpretato più come obiettivo standard qualitativo (inteso come omogeneità di caratteristiche nei prodotti provenienti da un certo luogo), che non appunto come qualità percepibile da parte del consumatore comune, che spesso non possiede in concreto le competenze per riconoscere le caratteristiche del prodotto30.

Tornando ai requisiti di accesso alla tutela qui in esame, particolarmente significativo31 è poi il gradiente di legame che deve sussistere tra il prodotto e la zona di provenienza del medesimo: tale legame, secondo l’art. 29 C.P.I., deve infatti

30 C o s ì SA R T I, S e g n i e g a r a n z i e d i q u a l i t à , i n L e i n d i c a z i o n i d i q u a l i t à d e g l i a l i m e n t i , a c u r a d i U b e r t a z z i - E s p a d a , M i l a n o , 2 0 0 9 , p . 1 2 5

31 I n t a l s e n s o è s t a t o e v i d e n z i a t o i n d o t t r i n a c o m e “ I l l e g a m e c o n l a s p e c i f i c a a r e a g e o g r a f i c a d i c u i s i c o n t e m p l a l ' i n d i c a z i o n e i n e s c l u s i v a v i e n e p e r t a n t o c o n f i g u r a t o c o m e c o n d i z i o n e a d u n t e m p o n e c e s s a r i a e s u f f i c i e n t e a l f i n e d i a c c e d e r e a l l a t u t e l a p r e v i s t a p e r l e d e n o m i n a z i o n i d i o r i g i n e ” ( c o s ì AB R I A N I, D e n o m i n a z i o n i d 'o r i g i n e p r o t e t t e e m a r c h i c o l l e t t i v i g e o g r a f i c i : n o t e m i n i m e s u u n a c o n v i v e n z a p r o b l e m a t i c a , i n G i u r . I t . , 2 0 0 1 , 2 ) .

(30)

essere tale che la qualità, le caratteristiche o la reputazione del prodotto derivino “esclusivamente o essenzialmente” dal territorio di provenienza.

Sulla natura di rapporto “esclusivo” non sembrano esservi particolari problemi: qualità e reputazione non potranno dipendere da fattori diversi da quelli propri del territorio di origine, ossia il prodotto dovrà essere considerato di qualità o godere di una buona reputazione solo in quanto avente una determinata provenienza geografica32.

32 La giurisprudenza, anche se in tema di denominazione registrata ai sensi dell’Arrangement di Lisbona, ha avuto modo di segnalare che “Non è tutelabile per mancanza del c.d. milieu geographique una denominazione d'origine ove le caratteristiche del prodotto per il quale la denominazione è registrata non dipendano da fattori naturali o comunque collegabili all'ambito geografico di produzione, cosicché queste caratteristiche ben possono essere conservate ancora ancorché il prodotto sia fabbricato altrove” (così Cass. civ., 10.9.2002, n. 13168 in Giur. ann. dir. ind. 2002, n. 4337). Occorre però segnalare che a dottrina ha avuto modo di evidenziare che, sebbene sia certamente vero che il rapporto con il territorio di provenienza, per essere in grado di fornire in via esclusiva al prodotto le proprie qualità, dovrà essere inteso «nel senso più rigoroso di presenza necessaria di fattori ambientali tipici del luogo ed indispensabili per dare al prodotto determinate caratteristiche», al contempo però tale rapporto esclusivo potrebbe comunque

“risultare relativo nel tempo perché l'evoluzione tecnologica potrebbe in certi momenti storici consentire di replicare in altri luoghi condizioni climatiche e ambientali originariamente tipiche di una sola regione” (SARTI, Le indicazioni d'origine geografica:

storia, questioni terminologiche e proposte interpretative, in Studi in memoria di Paola Frassi, Milano, 2010, 621), senza con ciò far venir meno la proteggibilità della denominazione. In senso analogo v. già GALLI, Globalizzazione dell'economia e tutela delle denominazioni di origine dei prodotti agro-alimentari, in RDI, 2004, I, 60 s., alle pp. 66-68, dove sottolinea che, mentre si ritiene che l’irriproducibilità altrove sia richiesta per le denominazioni protette ai sensi dell’Arrangement di Lisbona del 31 ottobre 1958, nel testo riveduto a Stoccolma nel 1967, ratificato con l. 4.7.1967, n. 676, ciò non vale per le denominazioni protette ai sensi del regolamento comunitario e degli artt. 29-30 D.Lgs.

10.2.2005, n. 30, in relazione alle quali sarebbe “irragionevole … richiedere come presupposto della tutela che le stesse caratteristiche o lo stesso livello qualitativo non si possano ritrovare anche in prodotti legati ad un altro ambiente, posto che anche se questo presupposto non si verifica, egualmente l’uso della denominazione da parte di un soggetto che realizza prodotti in ipotesi anche identici a quelli della zona tipica, ma realizzati in un ambiente geografico diverso, implica uno sfruttamento parassitario del valore di mercato connesso alla denominazione cui il pubblico associa una tipicità”.

(31)

Meno chiaro è cosa debba in concreto intendersi per qualità, caratteristiche e reputazione “essenzialmente”

derivante dall’origine geografica.

Con riferimento a tale tipologia di legame evidentemente

“meno stretto”, la giurisprudenza comunitaria ha precisato che deve comunque “esistere un nesso diretto tra la qualità o le caratteristiche del prodotto e la sua origine geografica specifica”33, tuttavia lo stesso per quanto pregnante può evidentemente non essere esclusivo e dipendere quindi:

- da fattori totalmente estranei dalla mera provenienza geografica in senso stretto (ad esempio politiche di marketing elaborate a tavolino per indurre nel consumatore una determinata percezione – e quindi reputazione - del prodotto);

- da fattori in parte dipendenti anche da altre provenienze geografiche (ad esempio utilizzo di materie prime prodotte in zone diverse).

In realtà, la nostra giurisprudenza nazionale ha talvolta inteso tale rapporto tra prodotto e territorio in maniera forse eccessivamente pregnante, affermando che presupposto essenziale per la protezione di una denominazione di origine, è che la stessa serva a “distinguere un prodotto le cui qualità o caratteristiche siano dovuti esclusivamente o essenzialmente all'ambiente geografico comprendente i fattori naturali e umani, al punto da risultarne imprescindibili per l'influenza che hanno sul prodotto, e da renderlo assolutamente unico e irriproducibile

33 C . G i u s t . C E , 7 . 5 . 1 9 9 7 , C - 3 2 1 / 9 4 , p u n t o 3 5 , i n w w w . c u r i a . e u r o p a . e u .

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