4. Risultati delle iniziative europee
4.2 Gli impedimenti
4.2.1 I conflitti. La mancata soluzione dei conflitti regionali ha sicuramente ostacolato la
4.2 Gli impedimenti.
La differenza tra gli obiettivi dichiarati, sia pure di lungo termine, e i risultati ottenuti e l'incapacità di compiere dei passi che erano stati programmati, come l’accordo sulla “Carta per la Pace e la Stabilità nel Mediterraneo”, hanno stimolato grandi discussioni e hanno prodotto varie interpretazioni e opinioni sui motivi dello stallo, se non proprio accuse nei confronti delle istituzioni europee o dei parteners di entrambe le sponde. Il Partenariato Euro Mediterraneo, nella sua essenza e conseguentemente soprattutto nei contenuti del primo “paniere” (cooperazione politica e di sicurezza), è stato un progetto ambizioso, avveniristico e basato sulla visione di uno stato finale veramente lontano dalla realtà del momento. Costruire una “Comunità di Sicurezza” in un’area di conflitti, diffidenze e grandi diversità non è d’altra parte un’impresa agevole, soprattutto in presenza di forze impegnate da ambo i lati a fomentare la separazione64. Quest’ambizione, di marchio sostanzialmente europeo e solo subita dai partners, ha portato ad aspettative elevate e quindi percepiti insuccessi. Non era scontato nel 1995 che la dichiarazione avrebbe contenuto un obiettivo di questo tipo, ma alla fine prevalse il progetto in tal senso, soprattutto per la spinta spagnola e in particolare dell’allora Direttore Generale spagnolo per il Mediterraneo, attualmente Ministro degli Esteri di quel paese (da una conferenza in regime di Chatam House Rule). La comune dichiarazione d’impegno a perseguire un obiettivo giusto anche se difficile e di lungo termine non può, però, essere vista come un errore. Il problema è piuttosto che nel tempo trascorso, non ci sono stati progressi apprezzabili, per il perdurare dei conflitti in atto, per alcune situazioni sopraggiunte e per alcune incongruenze e ostacoli.
4.2.1 I conflitti. La mancata soluzione dei conflitti regionali ha sicuramente ostacolato la
cooperazione nord-sud e ha impedito l'integrazione tra di loro dei paesi arabi mediterranei, che sarebbe stata importante per la consentire una loro politica unitaria verso l'UE. In particolare il processo di pace in Medio Oriente è sempre stato ed è il maggiore ostacolo alla messa in pratica dei
e non un motivo per non farlo, ma non è quello che sta succedendo nell'area in esame. Oltre ai
principi della dichiarazione di Barcellona riguardanti il settore politico e di sicurezza. Il documento istitutivo del PEM, la dichiarazione di Barcellona, nell’affermare:
“il supporto per una giusta, comprensiva e duratura soluzione pacifica al conflitto in Medio Oriente” (Conferenza Ministeriale Euro-Mediterranea, 27 e 28 novembre 1995)
Precisava però che il partenariato:
“non intendeva sostituire altre attività e iniziative intraprese nell’interesse della pace, stabilita’ e sviluppo della regione” (Conferenza Ministeriale Euro-Mediterranea, novembre 1995)
Sebbene si sia cercato di separare i due processi questo nella realtà non è riuscito, come dimostrano le paralisi, sia pure temporanee, e i duraturi danni all’atmosfera di cooperazione creati dalla crisi in Libano del 2006 e da quella di Gaza nel 2008. La situazione conflittuale, infatti, impedisce la cooperazione tra Israele e i paesi arabi e compromette anche i rapporti di questi con l’Europa, da sempre accusata di non fare abbastanza in questo campo o criticata per non essere in grado di avere una politica incisiva. Indipendentemente dall’andamento dei negoziati e delle iniziative di pace, gli arabi ritengono l’occupazione dei territori stranieri da parte di Israele come delle palesi violazioni del diritto internazionale, della sovranità e del principio di autodeterminazione. I recenti violenti conflitti con Hezbollah e Hamas, le vittime palestinesi, la prosecuzione della costruzione degli insediamenti, il problema dei profughi e il muro sono tutte aggravanti della situazione. Finché questa situazione permarrà, gli arabi avranno un motivo per ritenere di non dover neanche approcciare discorsi sulla sicurezza. Il dialogo è complicato dalla mancanza di relazioni diplomatiche tra Israele e alcuni paesi arabi, mentre da parte araba è sicuramente sentita l’asimmetria creata dal possesso di armi nucleari da parte di Israele. Le accuse all’Europa, però, non sono venute solo da parte araba. Nel periodo che ha seguito il primo stallo nel processo di pace dopo Oslo, nel 1996, Israele ha accusato l’UE di avere pregiudizi anti-israeliani. Forti proteste del governo israeliano hanno anche fatto seguito a dichiarazioni dell’UE sulla necessità di concessioni israeliane nel ’98 e sullo status di Gerusalemme nel 1999, mentre la condanna europea della repressione che ha fatto seguito all’Intifada del 2000 ha convinto il governo Tel Aviv a fare opposizione a un ruolo politico europeo nel processo di pace, mentre era ben visto quello economico a supporto dell’Autorità Palestinese. Non tutti concordano sul fatto che il perdurare dei conflitti ostacoli la cooperazione, perché si può obiettare che i regimi di sicurezza servano proprio dove c’è conflittualità, e la presenza di conflitti dovrebbe essere pertanto un incentivo a cooperare
salvo forse un caso67. I
conflitti irrisolti esistenti nell'area mediterranea65,influiscono anche conflitti esterni come quelli che interessano Iraq, Afghanistan e Pakistan. Queste situazioni sono percepite nei paesi con popolazione a maggioranza islamica come manifestazioni d’ingerenza nei loro affari interni, ostilità e aggressività occidentale nei loro confronti e molto probabilmente nei confronti della loro religione, senz’alcuna possibile accettazione, con riferimento a questi casi, di discorsi su “operazioni di pace”, supporto a governi legittimamente eletti, stabilizzazione, interventi militari anti-terrorismo. Tali conflitti sono pertanto un potente inibitore di cooperazione in materia di sicurezza.
4.2.2 La lotta al terrorismo nei paesi mediterranei e in Europa. Gli attacchi dell’11 settembre,
quelli successivi riusciti in Europa e i tantissimi sventati hanno radicalmente modificato l’approccio dell’occidente nei confronti di questa nuova variante del fenomeno terroristico. L’Europa, in particolare, che per decenni aveva ospitato come rifugiati politici gli ideologi dei movimenti anche violenti di opposizione ai regimi in Medio Oriente e in Africa settentrionale, ha seguito gli Stati Uniti nella cooperazione alla lotta anti-terrorismo con i governi di quei paesi, considerandola essenziale per limitare i rischi sul proprio territorio. I governi del sud l’avevano cercata ben prima dell'11 settembre, senza riuscirvi, ma ora ricevono dall’Europa finanziamenti, addestramento, tecnologie e collaborazione.
Tale lotta ha però favorito un arresto, se non una regressione, dei processi di democratizzazione dei paesi mediterranei, creando un vero e proprio dilemma. La mancanza di democrazia e delle libertà essenziali e il carattere autoritario dei governi, infatti, alimentano forme di ribellione che possono servirsi anche del terrorismo, ma la repressione di tutte le forme di dissenso, che è attuata, aggrava i motivi che ne hanno aiutato lo sviluppo. In sostanza l’UE ha:
“adottato le agende dei paesi mediterranei verso il terrorismo, di fatto annullando le politiche normative che aveva precedentemente adottato” (Joffe 2008)
4.2.3 Il conflitto iracheno. L’attacco all’Iraq del 2003, sebbene abbia visto l’Europa divisa e non
schierata in modo compatto con l’amministrazione Bush, ha creato una frattura tra occidente e mondo islamico, che ha indubbiamente peggiorato i rapporti all’interno del PEM. In particolare i discorsi del Presidente Bush su “regime change” ed esportazione della democrazia, associati a tale intervento, hanno allarmato non poco i paesi mediterranei66 e hanno avvelenato il clima generale, l discorso sull’esportazione della democrazia era ovviamente ben diverso nel
65 Analizzati nel successivo Capitolo 5 66 Sia i governi che le società civili e le masse
Questa percezione è sicuramente poco promettente di future cooperazioni e dimostra che non è
caso del Partenariato Euro-Mediterraneo, perché anch’esso puntava allo sviluppo dei processi democratici, ma attraverso il dialogo e le riforme che si cercava di far adottare volontariamente da ogni paese, senza coercizione. Il discorso americano che ha seguito l’attacco all’Iraq ha inciso molto negativamente sulle diverse iniziative europee e ha in sostanza accentuato l’avversione dei paesi mediterranei verso qualunque tipo d’interferenza politica nei loro affari.
4.3 Le incongruenze.
4.3.1 Scarso supporto europeo ai movimenti riformisti e per la protezione dei diritti umani