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Contraddizione tra logiche di sicurezza nei discorsi europei. Una ricercatrice del Danish

4. Risultati delle iniziative europee

4.2 Gli impedimenti

4.3.4 Contraddizione tra logiche di sicurezza nei discorsi europei. Una ricercatrice del Danish

Institute for International Studies (Malvig, 2004) ha condotto uno specifico studio per indagare sui modesti risultati ottenuti dalle politiche euro-mediterranee in materia di sicurezza. Si tratta di una discourse analysis, basata sui principi ideati dal francese Focault, che definisce il “discorso” come:

"un insieme di affermazioni che governano la produzione di oggetti, concetti, soggetti e strategie" (Focault 1972, riportato da Malvig 2004).

Dopo aver individuato due principali discorsi presenti nelle varie prese di posizione europee, quello della sicurezza cooperativa e quello del riformismo liberale, l'analisi dei documenti ufficiali emessi da vari organismi dell'Unione Europea è stata guidata da tre domande adatte a distinguere tali discorsi:

qual è il carattere delle minacce per la sicurezza e come possono essere affrontate?

la sicurezza e gli interessi di chi vanno protetti?

com’è costruita l'identità relativa tra UE e partners mediterranei?

Partendo dal discorso della sicurezza cooperativa, nel rispondere alla prima domanda va osservato che non si parla di minacce ma di sfide, che queste sono viste come comuni tra UE e partners e che non sono individuati attori responsabili di tali sfide, piuttosto rappresentate come concetti anonimi da contrastare in cooperazione. Viene anche espresso l'obiettivo a lungo termine di creare una zona di stabilità e pace condivise in termini simili a quelli delle già citate “Comunità di Sicurezza” (Deutsch 1957). Queste ultime, però, si basavano sulla comunanza di valori, mentre nel nostro

caso si parla di "rispetto per le particolarità religiose, politiche e culturali”.

Il secondo quesito (sicurezza/interessi di chi?) ha una risposta immediata: si parla di sicurezza e interessi comuni tra UE e partners mediterranei, ugualmente intesi e congiuntamente affrontati, con piena convinzione nel comune beneficio.

Riguardo al terzo quesito, sulla questione delle identità, è chiaro che l'"altro" è considerato paritetico, che non vi è alcun tentativo di cambiarlo o di imporgli le proprie norme e idee, mentre invece si persegue un contesto di dialogo, tolleranza e rispetto, astensione da ingerenze e a maggior ragione da interventi. Sono anche accentuate le radici e la storia comuni.

Quando si passa al discorso del riformismo liberale, la situazione è ben diversa, per non dire opposta. Le minacce (non più sfide) sono costituite dagli stessi fenomeni ma, piuttosto della comunanza, è accentuata la provenienza da sud e la causa è individuata nei problemi politici e sociali dei paesi mediterranei, in particolare il carattere autoritario dei governi e la stagnazione economica. La soluzione a tali minacce è vista nella democratizzazione e nella liberalizzazione dell'economia, richiamando la "teoria della pace democratica".

È anche chiaro che la sicurezza e gli interessi da salvaguardare sono in questo caso principalmente quelli dell’UE, mentre il beneficio per i paesi mediterranei, che progrediranno con l'applicazione di questa strategia, sarà un effetto secondario che renderà comunque nobile la spinta europea.

L'identità dei paesi del sud non è più, in questa visione, paritetica, ma l'"altro" è visto come inferiore e pericoloso, ma fortunatamente in grado di risollevarsi a condizione che si lasci guidare dall’UE. Ne deriva un’UE col potere e il diritto di redimere i paesi mediterranei, oggetto e non soggetto di politiche.

La presenza contemporanea di entrambi i suddetti discorsi nelle espressioni ufficiali dell’UE evidenzia la convivenza di due strategie di sicurezza contrastanti, entrambe idealiste e orientate alla risposta non militare alle sfide/minacce, ma basate su opposte costruzioni delle minacce, strategie, interessi ed identità.

Questo conflitto tra logiche di sicurezza contrastanti portate avanti congiuntamente sarebbe la causa, secondo Malmvig, degli insuccessi delle politiche mediterranee di sicurezza dell’UE, quindi non attribuibili soltanto alla preferenza per la stabilità a danno della democratizzazione che l’UE avrebbe perseguito per salvaguardare i propri interessi immediati. Tale situazione spiegherebbe anche i sospetti dei regimi dei paesi partners mediterranei sulle vere intenzioni dell’UE, la cui retorica sulla collaborazione e il rispetto nasconderebbero la volontà di imporre i valori e le politiche europee, pericolose per i regimi stessi. Allo steso tempo il mancato sostegno alla democratizzazione è visto con delusione e riprovazione dalle società civili dei paesi del sud, che vedono nelle politiche dell’UE un sostegno ai regimi autoritari e repressivi. In conclusione quindi le politiche europee non sarebbero solo bloccate dal classico dilemma sicurezza-democratizzazione

paragonato alla quasi c

       

ma sarebbero condizionate da una contraddizione più profonda che produrrebbe confusione, sfiducia e paure negli interlocutori.

La tesi della Malvig è acuta e illuminante ed effettivamente occorrerebbe evitare quest’ambiguità che disorienta le controparti e fa perdere credibilità al progetto europeo.

Un’analisi condotta da un’altra ricercatrice dello stesso istituto di base a Copenhagen (Ulla Holm 2004), usando lo stesso metodo della discourse analysis, determina la presenza, nei documenti e nelle dichiarazioni ufficiali di rappresentanti dell’UE, di due contraddizioni.

La prima contraddizione è tra il concetto di Mediterraneo come culla culturale di grandi civiltà68 o come area dominata dai conflitti. La seconda è tra l’UE come esportatore di democrazia (concetto imperiale) o come modello da imitare (rifiuto delle idee imperiali). Dalle due contraddizioni derivano due dilemmi: rispetto della diversità culturale dei paesi mediterranei o esportazione di valori politici condivisi, rispetto per la loro sovranità ed esportazione di valori politici europei. Anche Holm, quindi, rileva un’ambiguità fondamentale nell’approccio dell’UE, che vuole influenzare con l’esempio e il dialogo i paesi vicini dichiarandoli partners paritari e vuole esportare il liberalismo politico, ma teme i risultati dei cambiamenti prodotti. L’incertezza può determinare l’immobilismo e far prevalere la soluzione dei paesi mediterranei che si può riassumere in “sovvenzioni si, discorsi politici no (tanto meno quelli sulla sicurezza)”, che renderebbe però l’UE un “non attore” nel Mediterraneo e certamente non farebbe nascere un “anello di amici” nel suo vicinato. .

4.3.5 Adozione d’iniziative successive d’intensità decrescente. L’approccio prevalentemente

multilaterale del Partenariato, essenziale per la costruzione della regione, è stato ridimensionato con il ripiegamento dell’Europa verso la Politica di Vicinato, che non è equivalente, poiché l’accordo politico generale è diluito a favore di accordi bilaterali con i singoli. Questa soluzione ha avuto un razionale e ha comportato dei vantaggi, come visto al capitolo precedente, evitando di mantenere la cooperazione a un minimo comune denominatore, soprattutto in materia di riforme politiche e diritti umani. Dovrebbe essere chiaro, però, che, appena possibile l’approccio multilaterale dovrebbe essere riconfermato e rinforzato. Un ridimensionamento ancora più importante si è avuto con l'Unione per il Mediterraneo, che si è rivolto a questioni pratiche non controverse, allontanando l'attenzione dalle questioni politiche più delicate. Questo pragmatismo e questa concentrazione su questioni che i partners meridionali possono più facilmente accogliere e fare proprie hanno senso nell'immediato ma è un sintomo di debolezza del processo, soprattutto se ontemporanea “Eastern Partnership”, la politica verso il vicinato orientale, che

 

68 Il Mediterraneo come “culla di civiltà” è un’immagine tratta da un saggio seminale in materia (Braudel, 1992) che è stato spesso richiamato dai sostenitori del partenariato.

affronta tematiche di alto contenuto geopolitico e strategico. In un’analisi riportata in bibliografia (Kausch e Youngs, 2009) l’Unione per il Mediterraneo, con la sua depoliticizzazione, è definita “un chiodo sulla bara della visione che aveva ispirato l’avvio del PEM nel 1995”.

4.4 Le difficoltà.