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avessero la possibilità, non avrebbero inoltre nessun motivo per farlo e rischierebbero potenti rappresaglie. Anche in caso di instaurazione di regimi ostili in Egitto o Siria , le minacce sarebbero inconsistenti (Biscop 2003).

Un aspetto importante ai fini della non proliferazione è l'adesione alle convenzioni internazionali per il controllo di questi armamenti. Mentre la situazione è ottima nel Maghreb, i paesi più direttamente coinvolti nel conflitto arabo-israeliano sono quelli che hanno ratificato meno convenzioni. Solo la Giordania, tra i paesi del Mashreq è quella con le maggiori ratifiche. È stato più volte ribadito l’obiettivo di trasformare il Medio Oriente in una zona libera da armi di distruzione di massa. In particolare nel 1995, in occasione della conferenza per la revisione del trattato di non proliferazione, una risoluzione congiunta ha richiesto ai paesi del Medio Oriente di prendere le iniziative pratiche necessarie a progredire verso questo obiettivo e a stabilire tale zona libera da armi nucleari, biologiche e chimiche e dai relativi vettori e di astenersi dal prendere qualunque misura che potesse precludere il raggiungimento di questo obiettivo.

2.4 La sicurezza umana

Mentre la sicurezza nazionale riguarda la protezione dell’integrità dello stato attraverso la difesa dalle minacce esterne e interne, una nuova forma di sicurezza, quella degli individui che abitano gli stati, ha assunto nuova rilevanza. Questa nuova prospettiva nel guardare alla sicurezza è stata portata all’attenzione internazionale dal primo rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano pubblicato nel 1994 (UN Human Development Report, 1994). Per rendere possibile lo sviluppo delle persone, inteso come diffusione e utilizzo delle opportunità e valorizzazione delle capacità, è necessario difenderle dalle minacce alle loro vite, ai loro beni e alla loro dignità. Secondo l’agenzia

elle Nazione Unite sullo sviluppo umano, la sicurezza umana è definita come: d

 

“la liberazione degli esseri umani da quelle intense minacce estese, persistenti e multidimensionali, alle quali le loro vite sono vulnerabili” (United Nations, 1994).

 

Con la sponsorizzazione di quest’agenzia, è stato costituito un gruppo di lavoro indipendente, costituito da intellettuali esclusivamente arabi, incaricato di analizzare la sicurezza umana nei loro paesi, che ha prodotto cinque rapporti, dal 2002 in poi, fino all’ultimo diffuso nel 2009. I primi tre rapporti, pubblicati annualmente dal 2002 al 2004, hanno diffuso dati preoccupanti e giudizi severi. Tra i dati si citano quelli sull’esplosione demografica in atto (280 milioni di abitanti nel paesi arabi nel 2002, che sarebbero saliti a 400 milioni nel 2020), sul Prodotto Interno Lordo complessivo di i di USD) inferiore a quello della sola Spagna17, sull’analfabetismo del 40%  

del 2004 e delle costituzioni nazionali, che spesso non includono gli impegni internazionali assunti,

        della popolazione, sull’esigenza di creare 100 milioni di posti di lavoro entro il 2020, sul desiderio di emigrare di più del 50% dei giovani.

Tra i giudizi si cita la denuncia sullo stato deplorevole dello sviluppo e della governance, sulla carenza di libertà non solo nei territori occupati, sull’utilizzo della questione palestinese da parte dei governi come pretesto per non fare riforme, sull’esistenza di un network di supporto reciproco ai fini del mantenimento del potere da parte dei governi autoritari.

Il rapporto 2009 analizza le seguenti aree: - pressioni sulle risorse ambientali;

- prestazioni degli stati in materia di sicurezza umana; - gruppi vulnerabili;

- vulnerabilità economica, povertà e disoccupazione; - sicurezza alimentare;

- salute

- occupazioni straniere.

Le minacce principali sono individuate nella crescita demografica, in concomitanza di desertificazione e riduzione delle risorse idriche, sovrappopolazione delle città (nel 2020 conterranno il 60% della popolazione contro il 38% del 1970), esplosione demografica giovanile (il 60% della popolazione è sotto i 25 anni), inquinamento crescente, rischio di inabilità di vaste zone per effetto dell’innalzamento del livello del mare.

Un aspetto di particolare interesse è quello della grande diversità etnica, culturale, linguistica, tribale e settaria esistente nella maggior parte degli stati. Essa avrebbe richiesto forme di rappresentanza inclusive, equità e rispetto, mentre ha prevalso l’imposizione di nazionalismi che hanno negato e mascherato le diversità con misure oppressive. Questo ha portato all’esasperazione delle identità oppresse, alla delegittimazione dei governi e alla presenza di tensioni, alla base di continui conflitti interni e di rischi di nuovi scontri. Procede con estrema lentezza, infatti, il processo di maturazione politica associato alla creazione di un concetto di cittadinanza e di coscienza civica che faccia superare i particolarismi e trovare forme di convivenza non imposte dallo stato. Alla base degli scontri, comunque, il rapporto vede nelle questioni identitarie solo delle coperture dei motivi reali, costituiti da lotte per accaparrare potere e ricchezze.

Il rapporto esamina se le adesioni a trattati internazionali, in particolare quelli relativi ai diritti umani, siano stati effettivamente incorporati nelle legislazioni locali e se siano rispettati. Il risultato è deludente, come è d’altra parte indicato anche dai bassi standards della carta araba dei diritti umani

 

superati economicamente da un solo paese europeo, neanche tra i primi, e per di più in buona parte ex possedimento arabo.

adottano formule ideologiche e dottrinarie che svuotano di valore le affermazioni dei diritti e rendono di fatto possibili le violazioni. Un aspetto carente è la protezione da discriminazioni verso le minoranze e soprattutto verso le donne.

Questa carta araba dei diritti manca spesso di proibire comportamenti crudeli o di estendere i diritti ai residenti stranieri, consente l’imposizione di limitazioni alla libertà di opinione e religiosa (non solo alla loro espressione). Importanti diritti sono inoltre demandati alle leggi nazionali (Rishmawi 2009) e comunque diversi stati non l’hanno ratificata, in alcuni casi su richiesta di rappresentanti nazionali delle società civili, che vedevano nell’applicazione della carta un’eliminazione di garanzie offerte dalle leggi nazionali esistenti.

Ma il tema più scottante è quello dei limiti alla libertà di espressione e all’esercizio delle libertà politiche. In sei paesi sono proibiti i partiti politici e in altri ci sono partiti banditi o comunque con pesanti limitazioni al loro operato. Pesanti limitazioni sono imposte anche a gruppi di rappresentanza della società civile.

Si è già parlato dell’eccesso di potere dei servizi di sicurezza e dell’uso di tribunali militari per questioni interne. Serve qui evidenziare il mantenimento a tempo indeterminato di stati di emergenza, l’uso della tortura18 e la frequente subordinazione del potere giudiziario all’esecutivo. Un aspetto critico di primaria importanza è quello economico, la povertà diffusa, il conseguente malessere sociale, la malnutrizione e la mancanza di assistenza sanitaria. Questi problemi sono ovviamente più gravi per i 7.5 milioni di profughi esistenti secondo i dell’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees).

Le occupazioni militari, in particolare quella della Cisgiordania, sono citate come fonte di compromissione della sicurezza umana nelle aree direttamente interessate, per l’impatto diretto sulle condizioni di vita degli abitanti. Ma l’effetto si estende alle zone circostanti, per l’esistenza dei profughi, per lo sfruttamento della situazione da parte degli estremisti per giustificare e incitare la violenza, per la giustificazione fornita ai governi dei paesi adiacenti al mantenimento del carattere autoritario degli stati, motivandolo con esigenze di sicurezza nazionale. Il rapporto si conclude con le raccomandazioni sulle politiche da adottare in tutti i settori carenti, in particolare perseguendo la liberalizzazione e il buongoverno. Un richiamo finale è al mondo esterno a quello arabo, in particolare si direbbe all’occidente, anche se non citato espressamente, affinché siano interrotte occupazioni, interventi militari e violazioni dei diritti umani degli arabi. Un collegamento è stabilito tra queste situazioni, gli effetti negativi sullo sviluppo umano e l’estremismo, che lascia ovviamente pensare anche al non citato terrorismo.

Il rapporto UNDP 2008 del 2009, come quelli precedenti, è stato in sostanza ignorato dai governi interessati e pesantemente criticato da settori filo-governativi, come strumento di propaganda a

benché questo sia stato ridotto con l'allontanamento di alcuni influenti personaggi, voluto dal         favore dei movimenti anti-governativi, indubbiamente rappresentati tra gli autori. Anche i gruppi islamisti li hanno criticati, vedendo in essi rappresentati interessi occidentali, in particolare uno strumento per giustificare la lotta a tutte le forme di Islam politico, anche pacifiche e democratiche, col pretesto dell’anti-terrorismo (Fattah 2009). I rapporti sono comunque apprezzati dagli intellettuali e da organizzazioni di società civili, che anzi avrebbero voluto accuse più circostanziate. Di sicuro i rapporti sono utili in occidente, per capire i problemi e le sfide nell’area.