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La voce del terzo settore: forme di accoglienza tra sconfinamenti e apprendimento organizzativo

3.9 Un confronto tra enti di gestori di grandi dimension

Guardando alla storia e alle memorie su cui sono stati costruiti i servizi di accoglienza di Sol.Co e Olinda notiamo già alcune differenze. Il consorzio Sol.Co, nonostante sia costituito da 21 cooperative impegnate nel campo dei servizi socio-assistenziali, non dispone di un’esperienza specifica nella gestione di servizi rivolti ad utenza immigrata.

Al contrario Olinda si lancia nella sfida dell’accoglienza dei richiedenti asilo, potendo contare su anni di lavoro svolto all’interno di segretariati sociali per l’immigrazione, di servizi di mediazione interculturale, di corsi di alfabetizzazione per adulti, e altri progetti in favore degli alunni stranieri nelle scuole.

Per Sol.Co, quindi, l’accoglienza ha rappresentato una vera e propria sfida per l’innovazione dei propri servizi; mentre per Olinda è stata l’occasione per consolidare e soprattutto ampliare la propria esperienza, in ottica imprenditoriale, fino ad diventare il primo ente per numero di persone accolte a Mantova.

Essendo enti che accolgono più di 300 persone, e gestiscono più di 40 centri diversi tra loro (dai mini appartamenti, agli Hub), entrambi presentano un modello organizzativo che suddivide l’attività di accoglienza in due fasi: la primissima accoglienza presso gli Hub (Hotel da massimo 50 persone) e una seconda accoglienza in centri specializzati per le diverse tipologie di utenza. Negli Hub entrambi gli enti garantiscono l’erogazione dei servizi primari (simili al modello CARA). In questi centri non vengono svolti i servizi minimi per l’integrazione previsti dalla convenzione (alfabetizzazione e orientamento al territorio) che sono rimandati alla seconda fase dell’accoglienza. Dopo due mesi di permanenza nell’Hub le persone sono collocate in centri di seconda accoglienza in base alla tipologia di utenza cui appartengono: entrambi gli enti hanno predisposto centri per uomini, per donne, per famiglie e anche due centri per minori stranieri non accompagnati.

Da questo punto di vista il rischio ravvisato è che, nei periodi di maggior intensità dei flussi, il tempo di permanenza negli Hub, in attesa di un posto nei centri della seconda accoglienza, si prolunghi più di due mesi, lasciando le persone per un tempo eccessivo prive dei servizi per l’integrazione, cui hanno diritto. Si rivela, fondamentale l’apertura di nuovi centri specializzati nella seconda accoglienza, che offrano posti ulteriori ed evitino il blocco delle persone negli Hub. Proprio questa spinta verso la specializzazione, di cui si fanno promotori, sia Sol.Co che Olinda, seppur con accezioni diverse, rappresenta un interessante elemento di confronto.

La nostra indagine ci ha portato ad analizzare in profondità i processi di inquiry e di apprendimento organizzativo che hanno permesso e sostenuto il percorso di specializzazione intrapreso da questi due enti. L’indagine, in entrambi i casi, è scaturita dalla mancata corrispondenza tra risultati attesi – dall’applicazione delle vecchie teorie in uso- e i risultati effettivamente conseguiti. Questo conflitto ha spinto le organizzazioni ad un processo di riflessione sia rivolto verso il proprio interno (sono stati rivisti gli organigrammi e la gestione del personale), che verso l’esterno (sono state individuate nuove strategie di azione, nuovi servizi per rispondere più efficacemente ai

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bisogni dell’utenza). Rispetto alla gestione del personale, un evidente esito del processo di apprendimento organizzativo è dato dalla costituzione di équipe multi-professionali.

Sol.Co, si rende conto che appoggiarsi solo sulle esperienze maturate dai professionisti in campo sociale, educativo e psicologico, come aveva sempre fatto, non è sufficiente per rispondere efficacemente ad una domanda sociale così complessa e nuova. Diventa fondamentale assumere professionalità diverse, che sappiano guardare alla realtà dell’accoglienza con occhi nuovi, offrendo metodi di lavoro e competenze nuove per il consorzio (quelle di operai, tecnici informatici, mediatori, studenti ecc.). Nello specifico il lavoro dell’équipe multi-professionale di Alce Nero, si rivela fondamentale per la creazione di servizi di un’accoglienza sempre più capace di funzionare in ottica interculturale e rispettosa della complessità. La convinzione che l’inter-professionalità sia propedeutica all’inter-culturalità diventa un importante forma di apprendimento per questa organizzazione. Inizialmente il consorzio era chiuso all’idea che altre professionalità (lontane dal lavoro sociale) potessero rivelarsi utili per la costituzione di un nuovo servizio, come quello dell’accoglienza, ma nel tempo ha dovuto rivedere queste convinzioni e le teorie in uso che le sostenevano. Il consorzio si è quindi dimostrato capace di mettere in dubbio un proprio principio cardine, secondo cui il lavoro sociale poteva essere svolto solo da professionisti dell’ambito educativo, sociale, psicologico. Per questo possiamo dire che si tratta di un apprendimento doubble-loop (Argyris e Schön, 1977), ovvero capace di modificare la teoria in uso di un’organizzazione, compresi gli assunti e i valori di riferimento.

Olinda invece, nella gestione del personale sembra mantenersi su un apprendimento single-loop, poiché giunge anch’essa a introdurre équipe multi-professionali, ma decide di puntare principalmente su figure professionali tipiche dell’area socio-assistenziale (OSS, ostetriche, assistenti sociali, psicologi ecc.), senza mettere in discussione le teorie in uso precedenti. In questo Olinda sceglie di camminare su un terreno più sicuro di Sol.co, senza aprirsi alla sfida rappresentata dalle figure professionali non-sociali. Queste ultime infatti hanno richiesto a Sol.Co un maggior sforzo nella costruzione di percorsi formativi che potessero aiutare il confronto e portare a alla effettiva co- costruzione di nuove pratiche di accoglienza.

Abbiamo detto che il processo di apprendimento di queste organizzazioni non si dispiega solo verso il proprio interno, ma anche verso l’esterno, tramite l’elaborazione di nuove teorie per l’azione, nuovi servizi, volti a rispondere più efficacemente ai bisogni di un’utenza in cambiamento. Entrambi gli enti, si dimostrano capaci di leggere alcuni bisogni emergenti e di elaborare risposte innovative e per farvi fronte.

Olinda si concentra sull’utenza femminile, e sulla fornitura di servizi specifici per le donne in stato di gravidanza, che sarebbero, invece, di competenza dei centri di seconda accoglienza SPRAR. Sopperendo alla mancanza di posti nella rete SPRAR, Olinda ha predisposto dei centri per sole donne in cui viene garantito un pacchetto di servizi specifici per il sostegno alla maternità, realizzati da diverse figure professionali dell’area socio-assistenziale (ostetriche, assistenti sociali, OSS, mediatori culturali). Dal

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punto di vista dell’assistenza legale Olinda si è dotata di un proprio studio legale, per rispondere con maggior adeguatezza a tutte le esigenze dell’utenza.

Anche Sol.Co si è dimostrato capace di cogliere un bisogno emergente dall’utenza dei CAS e di proporre soluzioni altrettanto innovative. È stata rilevata la presenza di ospiti con sindrome da stress post-traumatico, conseguente a traumi vissuti durante la traversata. Da qui l’ente ha scelto di attivare un servizio innovativo rappresentato dai “Gruppi di parola”, funzionale a sostenere le persone nel difficile compito di conciliare la propria identità culturale con quel del paese di arrivo.

L’elemento della formazione rappresenta un ultima importante differenza tra i due enti, che ha influenzato i loro processi di apprendimento. Nel caso di Sol.Co viene fatta la scelta di supportare le cooperative nella costruzione di nuovi servizi di accoglienza, tramite un percorso di formazione continua cominciato nel 2015 e tutt’ora attivo. La formazione si è rivelata più volte essenziale, nel caso di Alce Nero, per la costruzione della nuova équipe multi-professionale e delle prassi di lavoro. In questa sede infatti si è scelto di costituire servizi sempre più volti ad attivare le persone e a renderle meno dipendenti dall’aiuto esterno. Questo ci ha fatto capire che la costruzione delle nuove teorie per l’azione è partita dal basso, dalle équipe, dagli operatori, arrivando a valorizzare le diverse professionalità in gioco, anche quelle cui non si era abituati. Potremmo quindi parlare di un apprendimento organizzativo partito dal basso e sviluppatosi secondo una logica bottom-up: dai livelli più bassi dell’organizzazione a quelli più alti.

Nel caso di Olinda invece, potendosi avvalere di un’esperienza pregressa nel lavoro con gli immigrati, la formazione ha assunto via via una posizione marginale, incentrata soprattutto sull’aggiornamento e il coordinamento. La scelta di creare delle équipe multi-professionali e dei servizi sempre più specializzati nella gestione dell’utenza femminile, appare essere l’esito di un processo di riflessione portato avanti più dalla dirigenza dell’organizzazione, che dagli operatori. Un apprendimento che si realizza secondo una logica up-down, che rischia di fermarsi ai livelli più alti dell’organizzazione senza influenzare effettivamente le pratiche di operatori ed équipe di lavoro.

Un ultimo elemento non può mancare al nostro confronto: l’analisi dei servizi del post-accoglienza, emblema dell’azione sconfinate dei CAS.

Abbiamo visto che entrambi gli enti iscrivono i propri ospiti a corsi di formazione professionale classici, ma Sol.Co ha anche predisposto un corso di formazione specifico per la nuova figura professionale del Custode nei CAS. Inoltre, lo sportello lavoro ha organizzato diversi tirocini presso le cooperative di tipo B del consorzio. Anche Olinda, ultimamente ha attivato una collaborazione con una cooperativa di tipo B, Terranima, per creare opportunità di lavoro alle persone uscite dai propri centri.

L’accoglienza di questi enti si dimostra sempre più orientata a costruire prospettive di futuro concreto per i richiedenti asilo. Un’accoglienza che non si piega alle logiche assistenzialistiche del mandato istituzionale, non limitata a servizi essenziali ma sempre più specializzata per offrire risposte diverse alle molteplici esigenze dell’utenza. In

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questo le cooperative sociali dimostrano il forte carisma innovativo e flessibile, che le caratterizza come imprese sociale, di cui ci avevano parlato Franzoni e Anconelli (2003) ad inizio capitolo. Questo tipo di accoglienza sconfinante, che va oltre i confini del mandato istituzionale, diventa l’unico mezzo attraverso cui queste organizzazioni possono mantenersi fedeli al proprio mandato etico-professionale. Un lavoro di ricomposizione tra i mandati che attraversa il quotidiano operare di questi enti, parte da un conflitto, passa per un processo di inquiry e infine assume la forma di apprendimento organizzativo.

3.10 Considerazioni finali: una co-progettazione possibile nel welfare