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Conoscenza del settore e delle attività di comunicazione

Cap IV Analisi dei dati e interpretazione dei risultat

IV.2. Sensibilità aziendale alle attività e pratiche di comunicazione

IV.2.2. Conoscenza del settore e delle attività di comunicazione

Altro indicatore utile alla comprensione della sensibilità delle PMI alle attività di comunicazione è la reale conoscenza che il target possiede di questo settore. Di seguito riportiamo le tabelle che rivelano il grado di consapevolezza e di conoscenza che gli intervistati hanno rispetto alle potenzialità che la comunicazione ha di influenzare il business aziendale.

Tav. IV. 5 - Ritiene che la comunicazione serva:

% Ad aiutare la penetrazione del mercato 40,3

A promuovere l’immagine aziendale 31,3

A comunicare i valori aziendali 26,9

A poco/nulla 1,5

Totale 100,0

Il target appare abbastanza consapevole del fatto che la comunicazione ha un ruolo effettivo e concreto nel business d’impresa. Il 40,3% degli intervistati dichiara, infatti, che la comunicazione serve ad aiutare la penetrazione di mercato; il 31,3% dichiara che la comunicazione ha come fine la promozione dell’immagine aziendale, mentre il 26,9% ritiene abbia un ruolo di diffusione dei valori aziendali. Solo l’1,5% ritiene la comunicazione un’attività di scarso valore o comunque del tutto opzionale ai fini delle attività d’impresa.

Sembra essere ancora piuttosto diffusa l’idea che la comunicazione sia un’attività principalmente finalizzata alla vendita del bene o servizio prodotto, e

tendenze individuali, come la desiderabilità sociale – propensione individuale a fornire volutamente risposte infedeli per aderire a canoni socialmente accettati (Edwards) – e l’acquiescenza – tendenza dell’intervistato a compiacere l’intervistatore, a non contraddirlo rispondendo alle domande in un modo che egli pensa sia gradito all’intervistatore (Goffman). Cfr Edwards A., The social desirability variable in personalità assessment and research, New York 1957, Dryden. – Goffman E., The presentation of self in everyday life, reprint Penguin Book, London ((1959)-1990).

che sia necessaria ma quasi circoscritta al campo della sola informazione (commerciale, di prodotto, etc.).

Le percentuali raccolte nella risposta “a promuovere l’immagine aziendale” rappresentano un punto di vista del target che colloca la comunicazione a metà strada tra le relazioni pubbliche e l’informazione. Nella maggioranza dei casi, infatti, gli intervistati hanno dichiarato che la comunicazione facilita i rapporti e le transazioni con gli stakeholder, amplificando nella loro mente la notorietà ed il peso imprenditoriale dell’azienda.

Le percentuali raccolte nella risposta “a comunicare i valori aziendali”, ci restituiscono una positiva consapevolezza del target rispetto al fatto di considerare la comunicazione come veicolo di trasmissione dell’identità aziendale; tuttavia, dalle informazioni aggiuntive fornite durante i colloqui è emersa una visione abbastanza unidirezionale dei suoi processi. In altre parole, gli imprenditori intendono la comunicazione istituzionale come un processo che parte dall’azienda e giunge ai destinatari; poca consapevolezza (quasi nulla) è stata riscontrata della necessità di valutarne i feedback e di utilizzare questi ultimi come chiave di indirizzamento per l’organizzazione delle future pianificazioni, come invece auspicato da Balmer e Gray.

La valutazione operata dagli intervistati rispetto alle possibili differenze di investimento in comunicazione tra aziende collocate su territori diversi dell’Italia unita alla successiva individuazione delle motivazioni di tali differenze ci fa comprendere, invece, la percezione che gli intervistati hanno dell’opportunità o necessità di tali attività, nonché dei fattori esterni o interni che ne vincolano l’utilizzo.

Tav. IV. 6 - Riguardo la quantità di investimenti in comunicazione delle aziende appartenenti al suo settore, ritiene ci siano differenze tra aziende del sud ed aziende del centro-nord Italia?

v.a. %

Si 39 84,8

No 7 15,2

Totale 46 100,0

I questa tavola è possibile osservare come l’84,8% degli intervistati dichiari di riscontrare differenze effettive tra aziende del nord e del sud Italia

appartenenti al proprio settore; solo il 15,2% ritiene che non vi siano affatto differenze. Da questa prima valutazione è possibile osservare la consapevolezza del target di una considerevole diversità che passa tra le dinamiche delle aziende meridionali, e dunque anche della propria, e quelle dei competitor settentrionali.

Quanto alle motivazioni individuate e fornite sul perché di tali differenze, riportiamo i seguenti dati.

Tav. IV. 7 - Se si, pensa siano imputabili a:

v.a. %

Maggiore cultura d’impresa rispetto alle imprese del sud 19 47,5 Maggiori capitali disponibili rispetto alle imprese del sud 13 32,5 Contesto lavorativo più stimolante e competitivo rispetto a

quello del sud 8 20,0

Totale 40 100,0

Gli intervistati ritengono che la maggiore propensione delle aziende settentrionali sia stimolata da: maggiori capitali disponibili rispetto alle imprese del sud, per il 32,5%; maggiore cultura d’impresa rispetto alle imprese del sud per il 47,5%; contesto lavorativo più stimolante e competitivo rispetto a quello del sud per il 20,0%.

È interessante osservare come una parte degli intervistati, il 32,2%, faccia dipendere l’impiego delle attività di comunicazione quasi esclusivamente dalla disponibilità economica dell’impresa; tale affermazione conferma, dunque, l’idea che queste siano ancora percepite come attività secondarie, subordinate a quelle di stampo più marcatamente economico (investimenti in risorse lavorative ed organizzative, ricerca di nuovi fornitori, etc.), considerate i veri motori imprenditoriali. Tuttavia, il 47,5% degli intervistati dimostra di avere consapevolezza del legame che intercorre tra cultura d’impresa ed utilizzo delle tecniche di comunicazione. Il 20,0% individua nella comunicazione un plus aziendale il cui utilizzo è legato alla vivacità del mercato in cui l’azienda è inserita; in tal caso, spesso gli intervistati ritengono che la ridotta presenza sul territorio di riferimento di competitor giustifichi la minore pulsione all’utilizzo di tecniche di penetrazione di mercato differenti da quelle squisitamente economiche e commerciali (scontistica, fidelizzazioni, accordi di distribuzione, etc.).

Uno degli step decisivi che le aziende compiono quando si convincono dell’importanza delle attività di comunicazione, e ne comprendono a pieno le caratteristiche, individuando in esse un tassello importante per lo sviluppo del proprio business, consiste nel rivolgersi a dei consulenti esterni che possiedano competenze specifiche ed ottimizzate. Tale slancio è, in concreto, un altro indicatore essenziale della sensibilità e dell’interesse che i dirigenti di una PMI mostrano di avere nei confronti delle attività immateriali d’impresa.

Tav. IV. 8 - Ha mai chiesto la consulenza di un esperto in comunicazione?

v.a. %

Si 36 78,3

No 10 21,7

Totale 46 100,0

Come riportato nella tavola, ben il 78,3% degli intervistati ha fatto ricorso a consulenze professionali, contro il 21,7% che sostiene di non essersi mai servito di esperti di comunicazione esterni alla propria azienda.

La seguente tavola, riporta il grado di soddisfazione e, più genericamente, l’esperienza che l’imprenditore ha ricavato dal suddetto rapporto di consulenza.

Tav. IV. 9 - Se si, qual è stato il risultato del rapporto consulenziale?

v.a. %

Soddisfacente, si è instaurata una collaborazione durevole

14 38,9

Interessante, ho compreso l’importanza delle attività di comunicazione

18 50,0

Deludente, le proposte ricevute non erano coerenti con le strategie d’azienda

3 8,3

Insoddisfacente, ho compreso essere attività non utili alla mia azienda

1 2,8

Totale 36 100,0

Coloro che hanno usufruito di consulenze con esperti del settore della comunicazione d’impresa dichiarano, per il 38,9%, che il risultato dell’esperienza è stato soddisfacente, e che da essa è scaturita una collaborazione durevole. I

più, ovvero il 50,0% degli intervistati, ritengono che il rapporto con i consulenti di comunicazione sia stato interessante e comunque istruttivo, poiché ha consentito di comprendere e valutare l’importanza che tali attività hanno nelle dinamiche d’impresa; dunque questa parte di intervistati si é per lo più soffermata sull’aspetto generico della positività dell’esperienza fatta. Si segnala, tuttavia, che questa percentuale può essere gonfiata dall’attivazione di atteggiamenti di acquiescenza 70: alcuni tra gli intervistati hanno trovato

opportuno conformarsi alle aspettative dell’intervistatore rispondendo alla domanda con un’affermazione più speculativa, e dunque meno descrittiva del loro reale impegno. L’8,3% si dice deluso dalle proposte ricevute e dalle soluzioni offerte dai consulenti, ritenute non coerenti con le strategie dell’impresa; una sola impresa dichiara di aver maturato, proprio a seguito di tale esperienza, la convinzione che la comunicazione sia un’attività inutile per la propria impresa.