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CAPITOLO 2 I musei di moda in Italia

1. La conservazione degli abit

La natura organica degli abiti li rende soggetti ad un degrado costante e inarrestabile, la cui velocità dipende dalle condizioni ambientali in cui essi sono collocati durante tutta la loro esistenza, e i principali fattori che possono danneggiare gravemente questi manufatti sono la luce, l’umidità, il calore e l’inquinamento atmosferico.

La luce può essere nociva per indumenti e tessuti per tre motivi: l’eccessiva luminosità, l’elevata concentrazione di radiazioni ultraviolette e la capacità di generare calore. Un’illuminazione troppo intensa può causare un progressivo sbiadimento ed ingiallimento dei tessuti, per questa ragione si sconsiglia l’esposizione di manufatti alla luce diretta del giorno, in quanto i raggi solari posseggono una quantità di energia UV sei volte superiore a quella delle lampade ad incandescenza; è necessario precisare, però, che anche queste ultime hanno il difetto di produrre calore, per cui possono risultare dannose. Nell’esporre abiti e tessuti è auspicabile, quindi, fare un uso ponderato della luce, preoccupandosi innanzitutto della conservazione dei pezzi e mettendo in secondo piano questioni di natura estetica.

81 L’umidità può minare seriamente lo stato di conservazione di un capo d’abbigliamento dando luogo a due principali forme di degrado, ovvero l’alterazione della forma e delle dimensioni del capo, causando una deformazione del tessuto attraverso rigonfiamenti o restringimenti delle fibre, e l’attivazione di un processo di biodegradazione basato sulla proliferazione di microorganismi e insetti sui tessuti, che diventano fonte di nutrimento e deposito di escrementi. Il calore, al pari dell’umidità, accelera la decomposizione delle stoffe seguendo il loro “ordine di crescente sensibilità” alla temperatura, diverso a seconda del tessuto: si parte dal lino per proseguire poi con cotone, lana e seta; le conseguenti alterazioni si manifestano con la comparsa di zone di colore bruno155. In un ambiente dedicato all’esposizione è buona regola, perciò, tenere sotto controllo tutti questi elementi per creare delle “condizioni termo igrometriche stabili e nei limiti di variabilità corretti a seconda del materiale”156.

In un museo, però, la necessità di rendere i diversi luoghi accessibili al pubblico costituisce un serio problema per il mantenimento di tale equilibrio: un sovraffollamento di persone in stanze ristrette può infatti causare un aumento del calore e dell’umidità, che varia a seconda del numero di individui e della loro permanenza. L’oggetto esposto reagisce a queste variazioni cercando di ricreare una situazione di equilibrio con l’atmosfera circostante: esso quindi assorbe il calore e l’umidità in eccesso, restituendoli all’ambiente una volta che il pubblico ha abbandonato la sala, dopo lo spegnimento dei sistemi di illuminazione e condizionamento. Questo fenomeno, definito ciclo termo igrometrico, provoca un degrado dell’oggetto direttamente proporzionale al numero di volte in cui si verifica157.

Limitare i grossi affollamenti e il tempo di permanenza all’interno delle sale è quindi un’altra regola da seguire per conservare al meglio i pezzi esposti; inoltre, quando è possibile, si possono utilizzare sistemi di condizionamento che mantengano l’umidità e il calore a livelli accettabili. Negli ambienti interni di edifici antichi, grazie alle presenza di muri molto spessi, risulta più facile mantenere condizioni climatiche equilibrate; da questo punto di vista, i palazzi storici possono essere considerati idonei come sedi museali.

Un ultimo agente che può arrecare seri danni ai tessuti è l’inquinamento atmosferico, che può essere presente nell’aria sia in forma gassosa che sottoforma di particelle solide, come la polvere; quest’ultima è in grado di danneggiare un manufatto in due modi diversi: essa può produrre danni per sfregamento, particolarmente pericolosi per tessuti già degradati, oppure, essendo veicolo di sostanze inquinanti, può dar vita a processi chimici dannosi per i tessili come, ad esempio, la trasformazione di biossido di zolfo in acido solforico, che provocherebbe una lacerazione dei tessuti.

155 Idem.

156A.Bernardi, Aspetti metodologici per il controllo del microclima nei musei: individuazione delle cause di alterazione e

soluzioni possibili, in Ambiente, città e museo. Orientamenti per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, a cura di Gabriella Lippi, Nardini Editore, Fiesole 1995, p. 100.

82 Una cattiva conservazione degli abiti favorisce la formazione di diversi tipi di sporco, alcuni riconoscibili ad un primo sguardo, come la polvere di superficie e aloni dovuti all’acqua, altri toccando l’oggetto; anche un abito esposto senza i dovuti accorgimenti, può diventare untuoso sia a causa dell’inquinamento atmosferico, sia in presenza di un attacco biologico in corso; in tal

caso l’abito emana anche un cattivo odore158.

L’utilizzo di teche e vetrine opportunamente pulite, sigillate o dotate di speciali sistemi di filtraggio e areazione, risulta molto importante perché consente di proteggere gli indumenti da agenti esterni dannosi come la polvere e condizioni climatiche ostili, specie nell’ambito di allestimenti permanenti. È inoltre necessario prestare la dovuta attenzione ad alcuni importanti accorgimenti utili come, ad esempio, monitorare lo stato di conservazione dell’abito per tutta la durata dell’allestimento.

Si ricordi poi che un lungo periodo d’esposizione può provocare uno stress prolungato del tessuto, soprattutto nella zona delle spalle, sulle quali grava tutto il peso dell’oggetto appeso; una soluzione a questo problema è il ricambio periodico degli abiti esposti con quelli in deposito159.

Un ulteriore aspetto da non sottovalutare è quello che riguarda la scelta dei manichini: nel caso si debba esporre un capo storico o un costume teatrale, è necessario infatti utilizzare dei manichini dotati di sottostrutture realizzate ad hoc in relazione alla foggia dell’abito da esporre, inoltre è importante che entrambi siano costituiti di materiali che non alterino la composizione chimica delle fibre160.

Per concludere, vorrei infine accennare all’importanza del deposito, luogo climaticamente controllato in cui i capi d’abbigliamento dovrebbero essere conservati in posizione orizzontale, all’interno di speciali scatole di carta non acida oppure in cassettiere di metallo, sistemati accuratamente su spessi strati di carta velina non acida, la stessa utilizzata per le imbottiture, utili queste ultime ad evitare il formarsi di pieghe sul tessuto; nel caso si debba depositare un

pezzo particolarmente voluminoso o delicato, è possibile ricorrere anche a teli di ghinea161.