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VENETO Soggetto

2. Il Museo Fortuny

Si prende ora in considerazione un secondo istituto culturale veneziano, il Museo Fortuny, che si trova a Palazzo Pesaro degli Orfei, edificio eretto attorno alla metà del XV secolo per volere di Benedetto fu Pietro, capitano da mar.

La costruzione, sviluppata su quattro piani, piano terra, primo e secondo piano nobile, sottotetto, presenta una facciata anteriore che guarda direttamente su campo di San Beneto, e una posteriore che dà sul canale; è presente inoltre un cortile interno sul quale si affacciano delle logge. La parte frontale del palazzo, quella dove si situa l’ingresso, mostra in corrispondenza del primo e del secondo piano nobile due eptafore, ovvero una fila di sette finestre, parallele, che conferiscono all’edificio un aspetto tipico delle costruzioni tardo gotiche veneziane, enfatizzato dalla presenza di decorazioni lapidee lungo cornici e balconi; il piano terra è poi dotato di un pòrtego profondo quasi 45 metri, molto più grande rispetto a quelli

tradizionalmente presenti nelle case veneziane195.

Nel Cinquecento, la famiglia Pesaro colloca nel palazzo le sue numerose opere realizzate dai più importanti maestri d’arte pittorica del XV secolo, tra i quali si segnalano, ad esempio, Giovanni Bellini e Paolo Veronese. Quando la nobile famiglia veneziana abbandona l’edificio, questo diventa teatro di banchetti organizzati da alcune corporazioni veneziane, tra cui vale la pena ricordare le celebri feste della Compagnia della Calza; in seguito, nel 1786, lo stabile diventa sede dell’accademia filarmonica degli Orfei, da cui prende il nome, la quale provvede alla restaurazione degli ambienti interni, dove si tengono concerti ed eventi culturali; in seguito, l’edificio ospita anche la Società Apollinea, associazione musicale poi trasferitasi al Teatro la Fenice.

Nel 1898 l’artista Mariano Fortuny si trasferisce nel palazzo, ormai ridotto in condizioni disastrate a causa dei continui cambiamenti; gli ambienti sono malmessi e frammentati per via dei numerosi riadattamenti strutturali, e Fortuny si impegna nel ripristinarne l’antico splendore, ristabilendo l’originale disposizione pòrtego -camere per ogni piano, e rispolverando gli antichi decori. Nel 1907, assieme alla sua futura moglie, Henriette Nigrin, inaugura il laboratorio tessile in cui produce i suoi celebri tessuti, e il palazzo rimane di proprietà della famiglia Fortuny sino al 1956, quando viene donato al Comune di Venezia per essere utilizzato come centro culturale. Nel 1965, anno in cui muore Henriette, l’amministrazione comunale diviene l’unica proprietaria dello stabile, trasformato in museo nel 1975.

Come il Museo di Palazzo Mocenigo, anche questo fa capo alla Fondazione Musei Civici di Venezia, ma è aperto al pubblico solo in occasione di mostre temporanee con il seguente orario: tutti i giorni, escluso il martedì, dalle ore 10.00 alle 18.00; il costo del biglietto d’ingresso a prezzo pieno è di 10 euro, ma sono previste riduzioni per alcune categorie di utenti, per i quali il

125 costo ammonta a 8 euro; è previsto inoltre l’ingresso gratuito per persone diversamente abili,

guide ed accompagnatori turistici e partners MUVE196.

Durante l’orario di apertura, il personale presente all’interno del museo è costituito dalla direttrice, la dott.ssa Daniela Ferretti, responsabile della gestione dell’ente e membro del Comitato di Direzione della Fondazione; un addetto alla biglietteria e alla videosorveglianza, dei guardia sala e personale di servizio responsabile della pulizia degli ambienti.

La collezione del museo contiene al suo interno diversi tipi di materiale tra cui pitture, sculture, invenzioni di illuminotecnica, teatro, fotografia e tessili.

Alcuni pezzi, come, ad esempio, i dipinti esposti nelle sale del palazzo, sono stati realizzati da Fortuny durante la sua vivace ed eterogenea attività d’artista; altri invece sono stati da lui raccolti e collezionati; sono presenti inoltre lavori del padre di Mariano, il pittore Mariano

Fortuny Marsal, e materiale proveniente da lasciti e donazioni197.

Per quanto riguarda la collezione tessile, oggi depositata presso il Museo di Palazzo Mocenigo, questa è costituita da quattrocento esemplari di stoffe e vesti antiche collezionate direttamente da Fortuny, da cui egli trae ispirazione per realizzare i propri tessuti; tra i pezzi più pregiati della raccolta, si segnalano “broccatelli fiorentini rinascimentali, sontuosi velluti, lampassi e damaschi cinquecenteschi, tessuti barocchi e rocaille […] ricami, soprattutto rinascimentali, di ambito toscano, spagnolo e inglese mentre, per quanto riguarda l'Oriente, si spazia […] dalle vesti degli imperatori alle tuniche asiatiche sino alle sopravvesti islamiche (persiane, egiziane, africane)” per un periodo compreso tra il XV e il XVIII secolo198.

Nonostante si sia tentato più volte di contattare un responsabile del museo per avere informazioni circa il sistema espositivo adottato per esporre capi Fortuny, e le modalità di conservazione con cui gli abiti vengono sistemati nel deposito, non è possibile fornire alcuna informazione a riguardo a causa della mancata risposta da parte dei rappresentanti dell’istituzione, per cui mi vedo costretta a proseguire oltre.

Prima di procedere con la trattazione del caso studio specifico per questo museo, è bene

precisare che si tratta di un’istituzione museale sui generis per due ragioni.

Per prima cosa, quest’istituto conserva e propone un’immagine di sé fortemente improntata sul lavoro e sulla personalità di Mariano, come testimonia l’allestimento, che conserva gli arredi interni originali, disposti in maniera tale da trasmettere al visitatore l’impressione di trovarsi in un ambiente in cui il tempo si è fermato all’epoca del celebre creatore. Si tratta quindi di una casa – museo più che di un museo vero e proprio; in questo luogo si promuove la cultura

196

Cfr. http://www.fortuny.visitmuve.it (consultato in data 05/09/2012).

197 Ibidem. 198

La collezione tessile appena descritta, acquistata nel 1966 dalla Cassa di Risparmio di Venezia e oggi proprietà della Fondazione, è stata esposta per la prima volta in pubblico durante la mostra “Seta & Oro: la collezione tessile di Mariano Fortuny”, curata da Doretta Davanzo Poli, allestita presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, all’interno della Libreria Sansoviniana e aperta al pubblico dal 16 novembre 1997 al 24 febbraio 1998; l’evento è stato allestito all’interno delle Sale Monumentali della Libreria Nazionale Marciana, progettate da Jacopo Sansovino ed erette tra il 1537 e il 1553. Seta e Oro. La collezione tessile di Mariano Fortuny, catalogo della mostra a cura di Doretta Davanzo Poli (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana), Arsenale editrice srl, Venezia 1997, p. XII.

126 facendo di Fortuny il perno attorno al quale progettare tutto l’apparato allestitivo permanente dell’edificio.

In secondo luogo purtroppo esso non rispetta orari e giorni di apertura come una normale attività museale, essendo aperto solo in occasione di mostre temporanee stagionali come “Autunno a Palazzo Fortuny”, “Inverno a Palazzo Fortuny” e “Primavera a Palazzo Fortuny”, tre manifestazioni durante le quali possono essere organizzate una o più mostre d’arte, di moda o di fotografia. Ad esempio, per l’edizione autunnale 2012, aperta al pubblico dal 1 settembre al 19 novembre 2012, sono previste ben quattro esposizioni che coinvolgono i lavori di diversi artisti contemporanei, mentre l’appuntamento invernale, consiste in un’unica grande mostra, “Fortuny e Wagner. Il wagnerismo nelle arti visive in Italia”, aperta al pubblico dal 7 dicembre

2012 al 19 marzo 2013199.

Questo museo non può altresì essere definito museo di abiti per due ragioni: innanzitutto perché non possiede un’esposizione permanente di indumenti, come di norma accade all’interno di un museo di questo genere, ma si limita ad esporre materiale proveniente soprattutto da altre istituzioni, progettando di volta in volta, nuovi allestimenti temporanei; la seconda ragione risiede nell’eterogeneità tematica delle mostre ospitate al suo interno, carattere imputabile alla storia stessa dell’istituzione, inizialmente museo della fotografia e, successivamente, luogo di ricerca nell’ambito delle arti visive200.

Solo in anni recenti sono state organizzate esposizioni di moda: nel 2009 vi si è tenuta una mostra di abiti dedicata allo stilista Roberto Capucci, “Roberto Capucci a Palazzo Fortuny”201, mentre, nel 2011, si celebra la creatività di Roberta di Camerino con l’evento “Roberta di Camerino. La rivoluzione del colore”202.

Nel corso della prima esposizione, si è indagata la figura di Capucci, creatore di moda colto, che conosce la storia dell’arte e dell’architettura, e ne riutilizza precetti estetici e strutturali riadattandoli al mondo della moda, dando vita ad un’incessante modificazione del corpo che trasforma e seduce secondo un preciso ideale estetico basato su abiti ingombranti, complessi, che annullano le forme corporee, astraendole.

Gli abiti esposti a Palazzo Fortuny ne raccontano la carriera artistica a partire dagli anni Ottanta sino ai giorni nostri, coinvolgendo il primo e il secondo piano nobile, dove sono presenti manichini privi degli arti superiori e dal volto astratto, sprovvisti di teche protettive; il visitatore può così ammirare da vicino i tessuti e la struttura dell’abito, senza però toccarli.

La mostra dedicata al total look della stilista Giuliana Coen, in arte “Roberta di Camerino”, invece, gioca molto sull’uso della stilista del trompe-l’oeil e sul suo celebre abito pannello, diventati segni distintivi di un nuovo modo di intendere la femminilità.

199 Cfr. http://www.fortuny.visitmuve.it (consultato in data 05/09/2012). 200

Cfr. Artempo: where time becomes art, catalogo della mostra a cura di Jean-Hubert Martin, Giandomenico Romanelli, Mattijs Visser, Daniela Ferretti (Venezia, Palazzo Fortuny) Skira, Milano 2007.

201

Cfr. Roberto Capucci a Palazzo Fortuny, catalogo della mostra a cura di Daniela Ferretti, Enrico Minio, Milly Passigli (Venezia, Palazzo Fortuny)Skira editore, Milano 2009.

127 Anche in questo caso, l’allestimento occupa due piani del palazzo e, oltre agli abiti, sono presenti ombrelli e le famose borse “R”, accessori che hanno raggiunto un successo internazionale.

Molte borse sono esposte all’interno del grande mobile a vetrinette presente al primo piano, facente parte dell’arredo originale del Palazzo; si tratta di piccoli bauletti realizzati con materiali pregiati come fibra tartarugata, pelliccia o il merletto di Burano ricamato a mano e montato su raso, e rifinite nei dettagli.

Gli ombrelli, invece, sono sistemati in maniera tale da creare vere e proprie installazioni, delle strutture avvolgenti attorno agli abiti pannello, posti su manichini sartoriali sprovvisti di testa e braccia; non vi sono teche a proteggere gli indumenti, direttamente illuminati da un gioco di luci scenografico, atto a mettere in evidenza le illusioni grafiche create dal trompe-l’oeil.

Queste due mostre hanno riscosso un buon successo di pubblico e, a mio avviso, rappresentano due validi esempi dell’attività espositiva di Palazzo Fortuny nell’ambito delle mostre di abiti e accessori, utili ad introdurre il caso studio che s’intende trattare.

Caso di studio : mostra temporanea “Diana Vreeland after Diana Vreeland”,a cura di Judith Clark (10 marzo 2012-25 giugno 2012)

L’evento che si va ora ad approfondire vuol presentare un modo diverso, rispetto a quelli che si discuteranno nel corso di questa trattazione, di allestire capi d’abbigliamento; si tratta della

mostra “Diana Vreeland after Diana Vreeland”, tenutasi al Museo Fortuny durante l’edizione

2012 di “Primavera a Palazzo Fortuny”, curata dall’exhibition maker free lance Judith Clark e dalla direttrice del corso di laurea in Design della Moda dell’Università IUAV di Venezia, Maria Luisa Frisa, e aperta al pubblico dal 10 marzo al 25 giugno.

L’allestimento, realizzato assieme ad un’altra esposizione, “Avere una bella cera. Le figure di

cera a Venezia e in Italia”, curata dall’antiquario Andrea Daninos in collaborazione con Daniela

Ferretti, comincia all’esterno del Palazzo, dove è sistemato un grande pannello di colore rosso su cui è riportata a grandi lettere la scritta “Palazzo Fortuny”, mentre, all’entrata è presente un telo quadrato che annuncia i due eventi espositivi [Fig. 60].

128 Una volta varcata la soglia d’ingresso, il visitatore si trova immediatamente di fronte alla biglietteria, allestita in un angolo dell’ampio pòrtego al pian terreno, spazio utilizzato per mostre ed eventi collaterali come, ad esempio, l’esposizione dedicata ai ritratti di cera.

Si tratta di un ambiente completamente spoglio, con una copertura sorretta da travi lignee e un sistema di illuminazione costituito da faretti direzionabili a bassa intensità luminosa, che percorrono l’ambiente in tutta la sua lunghezza. Le pareti laterali sono nude, prive di tinteggiatura con mattoni e intonaco a vista, mentre il pavimento originale è nascosto da un rivestimento di legno.

In occasione della mostra “Avere una bella cera”, è stato allestito un percorso espositivo suddiviso in quattro sezioni principali, la prima dedicata ad una serie di maschere funebri in cera di dogi veneziani risalenti al XVIII secolo, a testimoniare come già nel Settecento fosse in uso ricorrere a “doppi” di cera durante le cerimonie funebri; la seconda, invece, incentrata sui volti di santi e criminali; la terza riguardante un insieme di ritratti in cera eseguiti in Italia, mentre l’ultima contenente i lavori di due artisti, l’austriaco Joseph Muller-Deym e il piemontese Francesco Orso203.

Per quest’allestimento sono state utilizzate delle interpareti di grandi dimensioni ma di modesto spessore, in compensato, con le quali è stato possibile creare degli ambienti “isola” che hanno permesso di articolare lo spazio mantenendo un’impressione di continuità [Fig. 61].

[Fig. 61] Allestimento pòrtego piano terra, “Avere una bella cera. Le figure di cera a Venezia e in Italia”, Museo Fortuny, Venezia

203 Cfr. Avere una bella cera: le figure in cera a Venezia e in Italia, catalogo della mostra a cura di Andrea Daninos,

129 Per l’esposizione dei pezzi sono state invece adottate molteplici soluzioni: i pezzi di maggior valore sono stati esposti singolarmente all’interno di parallelepipedi espositivi costituiti da teche di vetro trasparente poste su supporti espostivi color grigio chiaro, con piano d’appoggio quadrato; là dove sono stati esposti più pezzi contemporaneamente, sono state utilizzate ampie bacheche espositive formate da lunghi parallelepipedi in compensato, con il piano d’appoggio in linea con lo sguardo dell’osservatore, collocando così gli oggetti esposti all’interno del suo campo visivo.

I pezzi possono essere collocati direttamente sul piano d’appoggio, orizzontalmente, oppure su singoli supporti espositivi cilindrici, come accade per i volti dei santi ; i ritratti dei criminali, invece, sono riposti su cuscinetti color vinaccia, sistemati all’interno di un armadio con ante vetrate a tre ripiani, ciascuno avente quattro volti [Fig. 62 a,b].

a b

[Fig. 62 a, b] Allestimento pòrtego piano terra, “Avere una bella cera. Le figure di cera a Venezia e in Italia”, Museo Fortuny, Venezia

Alcuni pezzi sono stati esposti invece all’interno di vani rettangolari ricavati nelle pareti, circondati da cornici lavorate ad arte per ricreare l’impressione di piccole edicole e vani votivi. Le teche più grandi sono illuminate internamente da un sistema di faretti disposti nella zona centrale del tetto della vetrina, mentre i fari che illuminano la sala sono stati regolati in modo da creare zone di penombra alternate a coni luminosi in corrispondenza delle opere.

Ad accompagnare ciascuno oggetto esposto vi è una didascalia, realizzata su di un cartoncino rigido bianco in cui vengono riportati dati essenziali come nome dell’autore, identità del soggetto ritratto, data, materiali; ulteriori informazioni sono fornite da pannelli didascalici posizionati lungo il percorso espositivo.

130 I curatori hanno optato per un allestimento essenziale nelle forme e nei colori per mettere meglio in risalto i pezzi, alcuni dei quali arricchiti da dettagli vestimentari che ne sottolineano il periodo di realizzazione. Ad esempio, nella sezione centrale sono esposte due fedeli riproduzioni di bambini veneziani del XVIII secolo: la bambina veste un abitino rosa decorato con tulle bianco lungo la scollatura, le maniche e la gonna, mentre il bambino indossa un completo azzurro pastello, costituito da un paio di calzoni, una giacchina e una camiciola bianca con colletto e risvolti delle maniche a vista; a completare l’abbigliamento del piccolo gentiluomo, una fascia rosa stretta alla vita e due scarpine marroni con lacci dorati [Fig. 63 a,b].

a b

[Fig. 63 a, b] Allestimento pòrtego piano terra, “Avere una bella cera. Le figure di cera a Venezia e in Italia”, Museo Fortuny, Venezia

Rispetto a “Tessuto non tessuto”, quest’esposizione presenta una struttura decisamente più

complessa e strutturata, e la decisione di allestirla nel pòrtego al pian terreno, ha permesso alla

direzione di realizzare due eventi espositivi autonomi senza che questi interferissero tra loro. La seconda mostra, quella di nostro interesse, occupa infatti i due piani superiori, a cui si accede attraverso una rampa di scale ai piedi della quale è presente un atrio di piccole dimensioni; questo spazio viene talvolta utilizzato per ospitare pezzi in esposizione, alcuni dei quali riposti all’interno di teche basse teche orizzontali, provviste di vetro trasparente protettivo e piano espositivo leggermente inclinato verso l’osservatore, per consentire una migliore visibilità dei tessuti esposti, ma, nell’allestimento preso in analisi, quest’ambiente non è coinvolto.

Proseguendo lungo le scale si giunge al bookshop, arredato con mobili in legno che rendono lo spazio caldo e accogliente; qui è possibile acquistare numerosi articoli, specie testi e pubblicazioni riguardanti Mariano Fortuny, la storia del costume, cataloghi delle mostre passate

131 e del materiale informativo circa l’evento in corso; sono presenti inoltre borse ed articoli di cancelleria. Da qui è possibile accedere ad una seconda rampa di gradini, più ripida e stretta rispetto alla precedente, che conduce al primo piano nobile dove, ad accogliere il visitatore, vi è un grande salone centrale, le cui pareti sono interamente rivestite di tessuti creati da Fortuny; l’ambiente, scarsamente illuminato, presenta solo alcuni punti luce che creano un’atmosfera di magico mistero attorno ai numerosi oggetti d’antiquariato e creazioni dell’artista.

Il percorso espositivo della mostra curata da Clark e Frisa comincia proprio da questo spazio; come si avrà modo di notare nel corso dell’analisi dell’allestimento, gli oggetti sono esposti in base ad un gioco di libere associazioni e non secondo un ordine cronologico prestabilito.

Prima di entrare nel vivo della descrizione, è importante, a mio avviso, tener ben presente l’intenzione curatoriale che si cela dietro ciascuno dei piccoli dispositivi che verranno analizzati, ovvero il voler mettere in scena il lavoro di Vreeland attraverso l’esposizione di capi che in qualche modo ripropongano i dodici allestimenti curati quando fu special consultant presso il

Costume Institute al Metropolitan Museum of Art di New York.

Nel corso di un’intervista, Judith Clark dice che la difficoltà più grande incontrata nel realizzare questo progetto allestitivo, è stata quella di trovare il modo più giusto per interpretare il lavoro di Vreeland, mostrandone non solo gli aspetti positivi , ma anche quelli negativi, mettendo in evidenzia in maniera ironica gli eccessi e i punti deboli che contraddistinguono le sue esposizioni, prive come di coerenza storica e costruite principalmente in base al suo gusto estetico204.

Fatte queste necessarie premesse, è possibile ora iniziare a descrivere la disposizione spaziale degli oggetti, osservando nel dettaglio come questi sono stati allestiti; si parte quindi dalla prima sala, l’ampio salone del primo piano, dove sono presenti tre teche, disposte una di fianco all’altra, a pochi centimetri di distanza, chiuse da quattro grandi lastre di vetro extrachiaro, quelle anteriore e posteriore di forma quadrata, mentre le due laterali di forma rettangolare. La vetrata anteriore è scorrevole, di facile apertura per consentire un’agevole collocazione degli abiti al suo interno, mentre la struttura portante, sorretta da sottili infissi marroni, poggia su quattro spessi parallelepipedi posizionati in corrispondenza di ciascun angolo della base, un pannello rettangolare in legno scuro, con forma e dimensione identiche a quelle della copertura, per cui essa risulta leggermente sollevata da terra.

La forma semplice e solida delle tre vetrine si inserisce perfettamente all’interno dell’arredo della sala, in quanto strutturalmente simili ad altre già facenti parte dell’arredo museale come, ad esempio, quella di fronte la prima vetrina da sinistra, posta sopra una cassettiera in legno scuro, contenente tre busti, posizionati uno di fianco all’altro, ciascuno sistemato su un unico

204

In riferimento all’intervista via mail a Judith Clark, fashion curator e exhibition maker free lance, in data 14 aprile 2012.

132 parallelepipedo di legno steso orizzontalmente per consentire la collocazione di tutti e tre i piccoli pezzi.