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CAPITOLO 2 I musei di moda in Italia

3. La catalogazione degli abiti: la scheda VeAC

Nel 1996 il ministro Antonio Paolucci istituisce, nell’ambito dell’Ufficio centrale per i beni archeologici e architettonici, la Commissione nazionale per la tutela delle arti decorative, della moda e del costume, presieduta, al momento della sua fondazione, da Cristina Aschengreen Piacenti. Nello stesso anno, le Soprintendenze delle città di Prato, Pistoia e Firenze colgono l’occasione di promuovere un programma di formazione sulla catalogazione dell’abito, iniziativa resa possibile grazie ai finanziamenti messi a disposizione dall’ Amministrazione provinciale di Firenze finalizzati a promuovere progetti di formazione di alto livello. Tali finanziamenti vengono quindi destinati alla costituzione di un corso formativo per la catalogazione di abiti antichi e moderni, alla luce della grande quantità di indumenti conservati presso la Galleria del Costume di Palazzo Pitti, che, all’epoca, non erano stati ancora oggetto di nessun tipo di classificazione né approfondimento catalografico. Il corso di formazione, affidato ad esperti nell’ambito della catalogazione e del restauro, durava un anno e, al termine delle lezioni, i partecipanti potevano considerarsi catalogatori dotati di un’alta competenza nel settore.

Con il passare del tempo, si rivela però necessario adottare un sistema informatizzato di catalogazione, a causa dell’enorme quantità e complessità delle informazioni raccolte; inoltre l’impiego di tale sistema consentirebbe un accesso più veloce e facile ai dati, favorendone lo scambio tra istituzioni museali sia italiane che straniere165. Si impone quindi la necessità di

creare un archivio elettronico dell’abito antico e moderno che renda accessibili informazioni di carattere morfologico, tipologico e sartoriale sull’abito e sulla sua funzione d’uso e storia166.

164 Idem, pp.5-13. Cfr. M. Brooks, La conservazione degli oggetti di moda, in Moda. Storia e storie, Bruno Mondadori,

Milano 2010, pp. 169-176.

165

R. Orsi Landini, La nuova scheda di catalogazione dei vestimenti antichi e contemporanei, in Vestimenti antichi e contemporanei…, op. cit., pp. 28-29.

166

L. Moro, Presentazione in Vestimenti antichi e contemporanei…op. cit., p.9. Cfr. S. Bondi, Presentazione, in Vestimenti antichi e contemporanei…op. cit., p.5; G. Damiani, Dalla prassi al metodo, in Vestimenti antichi e contemporanei…op. cit., pp. 25-26.

85 Per tale ragione viene creata nel 2010 la scheda VeAC, strumento si catalogazione di vestimenti antichi e contemporanei, “la prima ed unica scheda ministeriale valida per la catalogazione dei costumi della varie epoche”167. Come osserva Laura Moro, direttore dell'Istituto Centrale per il

Catalogo e la Documentazione (ICCD) nella presentazione del libro Vestimenti antichi e

contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario. Strumenti di catalogazione per la conoscenza e la tutela di un patrimonio (2010), l’idea di creare un scheda apposita per la catalogazione dei capi d’abbigliamento deriva dalla convinzione che “ i costumi e gli abiti antichi […] sono documento storico e testimonianza della volontà d’arte di determinati contesti culturali, ma anche dato antropologico in senso pieno, specchio di civiltà, indice di appartenenza, prodotto finale di

sistemi si produzione oggi indagati con attenzione”168.

Oltre alla scheda, si realizza anche un Lemmario; entrambi questi strumenti di catalogazione sono il frutto di una felice collaborazione fra due gruppi di lavoro, uno formato da alcuni membri del personale scientifico della Galleria del Costume di Palazzo Pitti e uno costituito da parte dell’organico dell’ ICCD.

Le due squadre sono radunate dalla Commissione nazionale per la tutela delle arti decorative, della moda e del costume nella seconda metà degli anni novanta, quando prende il via il restauro delle residenze sabaude in Piemonte e il riallestimento dei palazzi reali italiani, tra i quali anche Palazzo Pitti. Il primo gruppo è responsabile della catalogazione del patrimonio dei palazzi reali, lavoro facilitato dall’ingente quantità di inventari patrimoniali redatti a partire dalla

fine del Cinquecento, che porta alla pubblicazione, nel 2004, del volume Gli inventari delle corti,

le guardarobe reali in Italia tra il XVI e il XX secolo. Il secondo gruppo si occupa invece della

realizzazione della scheda relativa abiti antichi e contemporanei e del Lemmario169, procedendo

all’individuazione delle caratteristiche principali di ciascuna tipologia di beni, che devono chiaramente trasparire dalla scheda come la manifattura, la data di fabbricazione, la collocazione, le condizioni, i restauri e la bibliografia.

Oltre a queste informazioni, la scheda VeAC riporta ance le analisi della struttura sartoriale, dei materiali tessili e dei punti impiegati per la confezione dell’abito.

Il Lemmario, invece, raggruppa circa 400 schede e 600 immagini, prendendo in considerazione le tipologie vestimentali dal XVIII secolo ad oggi, consentendo di scegliere i termini più appropriati per descrivere la foggia di un capo o di verificare quelli già utilizzati, il tutto per garantire una corretta e facile schedatura170.

167C. Aschengreen Piacenti, I progetti della Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative,

della moda e del costume, in Vestimenti antichi e contemporanei…op. cit., pp. 12-13.

168 L. Moro, Presentazione, in Vestimenti antichi e contemporanei…op. cit., p.9.

169 C. Aschengreen Piacenti, I progetti della Commissione… in Vestimenti antichi e contemporanei…op. cit., pp. 12-13. 170 E. Giffi, Per una condivisione delle conoscenze, in Vestimenti antichi e contemporanei…op. cit., p. 27.

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CAPITOLO 4

Allestimenti di abiti in Veneto: sei casi studio

Si passa ora a trattare l’argomento principale di questa tesi, ossia l’allestimento di abiti all’interno di sei istituzioni museali venete; per poter conoscere e descrivere nella maniera più chiara ed attendibile possibile le scelte espositive fatte da ciascun istituto, sono state intervistati curatori, conservatori e direttori che lavorano all’interno degli enti presi in esame, al fine di capire le motivazioni che hanno determinato i singoli allestimenti.

Le diverse istituzioni sono state raggruppate in base al luogo in cui hanno sede, per cui vengono discusse per prime quelle della città di Venezia, capoluogo di Regione; a seguire quella di Padova, capoluogo di Provincia e, infine, quelle Asolo e Bassano del Grappa, quest’ultimo trattato alla fine del capitolo essendo l’unico ad esporre costumi teatrali.

La presentazione dei casi studio avviene quindi secondo il seguente ordine: il museo di Palazzo Mocenigo – Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, Museo di Palazzo Fortuny, la “Stanza di Eleonora Duse” del Centro studi per la ricerca documentale sul teatro e il melodramma europeo presso la Fondazione “Giorgio Cini” dell’Isola di San Giorgio Maggiore, il Nuovo Museo dell’Arte e delle Arti Applicate di Padova, la sezione “Eleonora Duse” del Museo Civico di Asolo e la sala “Tito Gobbi” del Museo Civico di Bassano del Grappa.

Ogni paragrafo è dedicato ad un singolo museo, di cui vengono fornite informazioni generali riguardanti la sede e la storia; il tipo di struttura amministrativa, l’orario di apertura e il personale in servizio.

Si procede poi, nel caso in cui ve ne fossero, ad elencare i servizi per gli studiosi (come la biblioteca, il archivio, la fototeca e il servizio di fotoriproduzione), per le scuole (ovvero i laboratori didattici) e per il pubblico generico (ad esempio le visite guidate), descrivendo inoltre le collezioni museali, il deposito e l’allestimento generale del museo, attraverso una sommaria descrizione degli spazi interni, piani e sale espositive, il tipo di arredo impiegato, il sistema di illuminazione e di climatizzazione in uso.

Si passa quindi a trattare i singoli allestimenti, analizzando il percorso espositivo, qual’ora esso sia presente, e precisando il numero delle sale espositive e il tipo di materiali utilizzati per esporre i singoli abiti, segnalando la presenza di eventuali accessori o elementi d’arredo.

Alla luce delle considerazioni fatte nel capitolo precedente, riguardante gli accorgimenti allestitivi che sarebbe bene osservare per allestire capi d’abbigliamento in sicurezza, si è data molta importanza alla descrizione dei manichini, delle vetrine e alla disposizione degli abiti sia al loro interno che nello spazio, segnalando la presenza di eventuali incongruenze rispetto alle norme precedentemente elencate.

Si è prestata inoltre attenzione alla presenza di un adeguato sistema informativo che completi l’allestimento, dato dalla presenza di didascalie e pannelli didattici, utili strumenti di

87 comprensione che permettenono al visitatore di comprendere il significato e il valore insito negli abiti esposti.

Infine, qual’ora se ne sia registrata la presenza, viene dedicato un piccolo spazio al programma di comunicazione dell’istituzione, dove si fa riferimento ad eventuali mostre, convegni e seminari organizzati dall’ente o in esso ospitati, e a materiale riguardante le attività svolte, come pieghevoli, periodici o cataloghi.

Prima di procedere con la trattazione dei singoli casi studio, si ritiene opportuno concludere questa breve introduzione con una tabella in cui vengono riportate tutte le istituzioni culturali venete che conservano ed espongono raccolte di moda, di modo da poter avere una visione completa dell’effettiva presenza di questo genere di enti all’interno della Regione.

VENETO