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Considerazioni conclusive

Nel documento RicercAzione - Volume 5 Numero 2 (pagine 54-57)

e la lettuRa come pRatica Rituale situata

4. Considerazioni conclusive

In primo luogo occorre evidenziare che il possesso dell’oggetto-libro e le pratiche d’uso così disponibili non hanno perso rilevanza, soprattutto in ambito educativo. L’(inter)azio-ne materiale (col)sul libro — cui è già rivolta, come abbiamo visto, la stessa percezione del libro come oggetto materiale — costituisce, po-tremmo dire, un modo di fare propria la cultura in esso esplicitamente e tacitamente contenuta.

L’instaurazione, attraverso pratiche manipola-torie e quindi modificamanipola-torie, di un legame per-sonale (ed esperienziale) con il supporto all’ap-prendimento — che smette così di essere mero supporto — risulta di estrema importanza. In questo senso, pur non volendo certo suggeri-re l’abbandono dei nuovi (e di sempsuggeri-re nuovi) supporti tecnologici, è bene ricordare che, nel frattempo e nel farne uso, non dobbiamo «per-derci il libro per strada», proprio come non ci siamo persi la ruota o il cucchiaio (cfr. Carrière

& Eco, 2009, p. 16).

In secondo luogo va rilevato che quella che abbiamo definito «lettura di svago» è una pra-tica rituale largamente condivisa, trasversale rispetto alla maggior parte delle differenze generazionali, territoriali e socio-culturali. A essere condiviso, in particolare — al di là, cer-tamente, di un minimo grado di variabilità indi-viduale — è lo spazio-tempo ritenuto ideale per praticare, le condizioni fenomeniche di messa in atto, la cui rilevanza, come abbiamo visto, arriva a sovrastare quella della/e tipologia/e normativa/e del libro. Pare esserci una rituali-tà vissuta e abituale che agisce a livello tacito e che, a ben guardare e come spesso accade, appare più potente di altri sistemi di classifica-zione espliciti.

Inoltre, se quella che potremmo definire «let-tura di svago» è una pratica largamente condi-visa, che viene trasmessa socialmente, è allora

importante interrogarsi sul modo in cui ciò avviene. Una prima questione riguarda quello che viene trasmesso. In questo senso, possiamo concludere che si insegna con cosa, quando e dove praticare, nonché lo stato esperienziale in cui farlo, in cui occorre — ritualmente — porsi.

La ritualità della pratica nasconde — proprio in quanto tale, e il caso analizzato pare confer-marlo — un aspetto incorporato, performativo e vissuto e, contemporaneamente, un aspetto più marcatamente culturale, che poggia per così dire sulla dimensione tradizionale e (semi) normativa più/oltre che su quella fenomenica.

Entrambi gli aspetti concorrono, come già mo-stravano Durkheim (1912), prima, e Goffman (1955; 1959), poi, a quella forma di sacralizza-zione della pratica considerata che l’analisi qui condotta ha cercato di evidenziare.

Un’ultima riflessione che mi pare lecita è la seguente: come in molti altri casi, la didattica della lettura funziona (meglio) se la pratica che è oggetto di insegnamento viene anche effet-tivamente — e colleteffet-tivamente — praticata, messa in atto, come avviene nel caso dell’ora di lettura in classe. Praticare insieme si dimostra ancora una volta, anche nel caso di una pratica segnatamente individuale come quella conside-rata, il nucleo della sua trasmissione.

Ringraziamenti

Il progetto di ricerca su cui si basa l’articolo è stato parzialmente finanziato dalla Fonda-zione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto nell’ambito del bando «Borse di studio per gio-vani ricercatori post-doc-2010».

La maggior parte dei focus group sono stati svolti in collaborazione con il progetto di spe-rimentazione per la promozione della lettura

«Trovare la strada. Percorsi di vita adolescente», organizzato dal Sistema Bibliotecario Trentino e dall’Associazione Hamelin di Bologna.

Desidero ringraziare le Dott.sse Daniela Dalla Valle e Alessandra Faustini per la disponibilità.

Una versione precedente dell’articolo è sta-ta presensta-tasta-ta al Convegno nazionale Ais-Edu (Associazione Italiana di Sociologia, sezione Sociologia dell’Educazione) «Valutazione

del-le politiche scolastiche e universitarie: socio-logi ed economisti a confronto», Trento, 16-17 marzo 2012, Facoltà di Sociologia. Ringrazio in particolare gli organizzatori del Workshop

«La sociomaterialità dei processi educativi e di apprendimento», Assunta Viteritti e Paolo Volonté, e la discussant, Silvia Gherardi.

Il ringraziamento più sentito, infine, va a tutte le persone, docenti e alunni/e, che hanno reso possibile la ricerca accettando di condividere con me la propria esperienza.

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RiceRcaZione dicembre 2013

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