un laboRatoRio «photovoice» con adolescenti
5. Osservazioni conclusive
Non vi è dubbio che le rappresentazioni degli individui sulla realtà sociale producano effet-ti sulla stessa e sul modo in cui ci si rapporta ad essa. Quando si tratta di rappresentazioni giovanili, queste assumono ancora più valore poiché in grado di proiettare una società verso il suo futuro. Come osserva Avallone:
[...] la percezione della legalità non può essere spiegata con riferimento esclusivo alle dinamiche culturali e psicologiche della persona, ma lo studio della percezio-ne della legalità e delle relative condotte è costruziopercezio-ne e ricostruzione delle rappresentazioni che l’individuo formula sul contesto sociale, organizzativo e professio-nale e sulla sua presenza in detti contesti. (2011, p. 32)
I risultati del laboratorio Photovoice, svolto nell’ambito del progetto educativo «Le(g)ali al Sud», offrono diversi spunti per la riflessione sul-la legalità nel contesto del Mezzogiorno italiano, sul suo processo di costruzione sociale che passa anche attraverso i percorsi educativi scolastici e, infine, sulle potenzialità di progetti di ricerca-azione in questo ambito, condotti con adolescenti.
Intanto, da quello che emerge, appare eviden-te come la legalità sia esito di un processo di costruzione sociale che affonda le radici nella storia di un Paese, all’origine del consolidarsi di determinate strutture e relazioni; una storia, tuttavia, che è in continuo divenire, ribadita o modificata non solo dalle forze macro del mu-tamento sociale ma anche dall’azione micro-sociale che si svolge nella vita di ogni giorno.
Gli esiti di questa esperienza di ricerca-azione appaiono in linea con la letteratura che collega l’affermazione di forme o modelli di legalità particolari alla variabilità dei processi di mo-dernizzazione: il Sud Italia appare come un contesto di analisi adatto a dimostrare la forza delle ambivalenze risultanti da un percorso di
sviluppo in cui elementi della tradizione e del-la modernità si sono combinati generando una forma societaria peculiare. Il contesto in cui si svolge il progetto analizzato presenta chiara-mente i segni di fratture che si sono ricomposte in modo originale (Costabile, 2009), consen-tendo una coesistenza di credenze, attitudini, comportamenti apparentemente antitetici, alla base di conflitti, potenziali e reali, tra norme sociali comunitarie che trovano fondamento nella cultura e nella tradizione locale, e norme legali che sono diretta emanazione dello Stato.
Di queste antitesi è ricca la realtà sociale de-scritta dalle rappresentazioni dei giovani par-tecipanti al Photovoice. Lo Stato che questi incontrano ogni giorno sembra avere un volto indefinito e spesso ambiguo, sicuramente ina-deguato a rispondere ai bisogni della cittadi-nanza. È facile cogliere la rabbia, la sfiducia, il senso di estraneità che gli studenti manifestano nei confronti di alcune istituzioni dello Stato, soprattutto di quelle con compiti politico-am-ministrativi, distinte da quelle con funzioni di controllo e giustizia che, viceversa, sembrano ottenere un giudizio meno categorico. Nella stessa direzione andavano anche le rappresen-tazioni rilevate dalla ricerca sulla legalità tra le élite, con il campione di intervistati calabresi fortemente critico nei confronti delle forze della politica e dell’amministrazione pubblica, coeso nell’affermare la forte diffusione di illegalità fra gli attori di questi contesti (Chiodo & Pascuzzi, 2012).
Le osservazioni dei giovani riproducono dunque quelle degli adulti, ne rappresentano la continuità, seguono lo stesso filo. Le due ricer-che interrogano attori differenti: quanti hanno raggiunto il gradino più alto della scala sociale, nel caso dello studio sulle élite; adolescenti che si preparano ad affrontare la vita adulta, nella ricerca oggetto di questo articolo. Eppure, in entrambi i casi la lettura della realtà sociale appare univoca, quasi come se la trasmissione intergenerazionale della credenza nella legali-tà e della sua pratica finisse con il riproporre nodi irrisolti di un’antica questione meridionale, aggravata da un più generalizzato clima di sfi-ducia politico-istituzionale che colpisce la
de-mocrazia italiana. Non va dimenticato, infatti, che il cambiamento dello scenario generale, con il passaggio dalla prima alla seconda modernità (o dalla modernità alla post-modernità), impone la fatica di una ridefinizione continua legata al mutamento:
[...] in un clima di continue ridefinizioni e ricodifiche da parte degli individui, anche la fiducia nelle istitu-zioni non è più data una volta per tutte, bensì neces-sita di essere costruita e ricostruita giorno per giorno all’interno dei mutamenti continui della società. (Baz-zanella, Deluca & Grassi, 2007, p. 57)
Come in altri studi (Licursi & Marcello, 2012), bisogna senz’altro constatare la difficoltà educativa degli adulti, della famiglia in primis, come prima agenzia di socializzazione alle nor-me, che non riesce a trasmettere un messaggio chiaro sul significato delle istituzioni e delle norme legali.
Nelle osservazioni dei giovani studenti, le regole del vivere civile codificate dalla legge appaiono come costrutti formali non sempre efficaci nell’orientare concretamente l’agire dei cittadini. Nelle prassi sociali quotidiane l’ordinamento legale si realizza, interpreta o si sfida; in ciascuna azione, infatti, si manifesta la scelta dell’individuo di aderire al contenuto della legge, di prescindere da esso o di violarlo espressamente (Silbey, 2005). È in questo modo e attraverso l’interazione quotidiana che la gen-te comune costruisce e de-costruisce la legalità, modificando il rapporto con essa (Marshall &
Barclay, 2003).
Anche da questo lato, le osservazioni degli studenti mettono in evidenza le dinamiche di una realtà in cui il rapporto con le norme legali risulta tutt’altro che lineare. Le linee di respon-sabilità sono confuse, intricate; il funzionamen-to del sistema incoraggia piccole e grandi vio-lazioni, che sono già talmente diffuse — basti guardare alla condizione dell’ambiente urbano
— e hanno una tale forza da incanalare le nuove generazioni verso una socializzazione al mondo reale non sempre corrispondente a una socializ-zazione al mondo legale.
D’altro canto, come ci ricorda Di Gennaro:
[...] quando territorialmente un substrato di condizioni appare così radicato e strutturato da gravare ex ante sulla vita e sulle attività economiche e sociali, sì da
renderne pericoloso l’esercizio e tale da produrre una sorta di «sistema dell’illegalità» dominante la zona di residenza, quello che gli studiosi inglesi chiamano disorder, ossia l’insieme di signs of incivility (di tipo sociale e fisico), allora l’insicurezza si accresce perché la convinzione che si radica nelle persone è che gli spazi pubblici, quelli che regolano la vita quotidia-na, sono l’emblema visibile della degradazione delle norme, delle regole che governano le relazioni sociali e dell’avanzamento indiscusso dell’illegalità. (2004, p. 508)
Se lo scenario è questo, quale impatto può mai avere un progetto educativo sulla legalità?
Che ruolo può avere la scuola? Sappiamo che quest’ultima è un sistema complesso: essa può essere luogo di mantenimento dello status quo e di riproduzione delle disuguaglianze sociali oppure luogo di liberazione, trasformazione e opportunità (Freire, 1974; Schizzerotto, 2002;
Ballarino & Checchi, 2006; Ballarino & Schiz-zerotto, 2011; McNamara & Earl Davis, 2011).
Sono gli stessi studenti di questo progetto a suggerire l’importanza del percorso in cui sono inseriti. Affinché aumenti in loro il grado di consapevolezza, affinché le contraddizioni che vivono ogni giorno sulla propria pelle siano svi-scerate, comprese, raccontate, i nessi tra cause e fenomeni siano chiariti, le conseguenze di possibili scelte valutate, è necessario fare luce e dare forza. Fare luce attraverso la produzio-ne, trasmissioproduzio-ne, circolazione della conoscenza.
Dare forza attraverso l’azione di empowerment individuale, per accrescere l’autostima e il sen-so di autoefficacia (Bandura, 2012) — che dan-no stimolo alla capacità di ciascudan-no di agire sul/per il cambiamento della propria vita — e di empowerment sociale (Pigg, 2002), per au-mentare la capacità dei gruppi di partecipare e di intervenire sulla scena sociale, di cooperare e costruire capitale sociale positivo, di stabilire un dialogo con le istituzioni, andando oltre la tradizionale relazione particolaristico-cliente-lare che media i rapporti tra autorità e cittadini nelle città del Sud.
In questo contesto diventano strategicamente necessa-rie iniziative istituzionali e associative tese a potenziare le opportunità d’integrazione economica, sociale e cul-turale dei giovani. Orientare l’azione giovanile significa affiancare famiglie, comunità e agenzie di socializza-zione nell’asocializza-zione di regolasocializza-zione. Tale asocializza-zione è efficace quando permette di fornire quella fiducia istituzionale e
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RiceRcaZione dicembre 2013
sistemica che solitamente i giovani non conoscono e di cui hanno spesso rappresentazioni e in alcuni casi anche esperienze negative. (Fantozzi, 2003, p. 7)
All’interno di questo quadro, i progetti edu-cativi per la legalità pensati come percorsi di ricerca-azione partecipata possono offrire un contributo importante: oltre a trasmettere co-noscenze sulle regole del vivere civile, sul fun-zionamento delle istituzioni dello Stato e delle istituzioni civili, sul significato di cittadinanza attiva e responsabile, infatti, è auspicabile che la consapevolezza acquisita dai partecipanti si traduca in energie per l’azione. In questo senso, un progetto Photovoice non deve sottovalutare l’importanza dell’evento finale (Strack, Magill
& McDonagh, 2004), momento nel quale il la-voro svolto dai partecipanti si apre alla comu-nità e ai decisori istituzionali, nel tentativo di stabilire non un punto di arrivo, ma quello per una nuova ripartenza.
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