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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

CAPITOLO III: TERRORISMO TRA OCCUPAZIONE E DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Al termine della presente analisi siamo in grado di svolgere alcune considerazioni finali sul fenomeno poliedrico del terrorismo internazionale, che oggi più che mai attira su di sé l’attenzione dell’intera comunità internazionale. Alla luce dei recentissimi avvenimenti terroristici rivendicati dal terrorismo jihadista facente capo allo Stato Islamico, gli Stati sono stati posti ancora una volta di fronte alle loro debolezze e all’incapacità di contrastare efficacemente ed effettivamente la minaccia terroristica. I Governi hanno preso atto dei limiti e delle lacune presenti nella normativa internazionale e nelle loro legislazioni interne e si stanno impegnando più che mai a risolvere questioni finora lasciate irrisolte.

Al centro del problema vi è la sentita esigenza di una definizione universalmente accolta di “terrorismo” che risolva definitivamente i dibattiti in materia in modo da uniformare la cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo. Infatti, abbiamo cercato di illustrare come il diritto convenzionale offra un quadro giuridico molto frammentato a causa di strumenti antiterrorismo settoriali e limitati che non sono in grado di rispondere alle molteplici situazioni di violenza ipotizzabili e che escludono dal loro ambito le ipotesi di terrorismo nel corso dei conflitti armati. Sebbene sia emersa una norma consuetudinaria che ha messo in luce alcuni elementi costitutivi del crimine di terrorismo internazionale, quantomeno in tempo di pace, essa non appare sufficiente a ricomprendere le molteplici forme in cui il terrorismo può manifestarsi. In questo contesto si rende auspicabile la convergenza ed il dialogo tra gli Stati per ultimare il Progetto di una Convenzione globale sul terrorismo internazionale, da quasi vent’anni oggetto di dibattito e fratture interne alle Nazioni Unite, che riesca a disciplinare quelle zone grigie rimaste incerte fino ad oggi e che riconduca il tema del terrorismo all’ambito del diritto delimitandone i confini rispetto a condotte ritenute legittime da altre fonti del diritto penale, militare o umanitario.

152 Anche se la minaccia del terrorismo odierno certamente non può essere sconfitta soltanto attraverso strumenti normativi e definizioni giuridiche, il riferimento al diritto internazionale umanitario nel Progetto di una Convenzione globale potrebbe risolvere la questione dei rapporti tra il DIU e gli strumenti internazionali antiterrorismo che hanno generato incertezze sulla qualificazione degli atti di terrorismo nelle ipotesi esaminate.

Infatti, dopo l’11 settembre e l’inizio della cosiddetta “global war on terror” la comunità internazionale si è interrogata anche sull’efficacia del DIU a fronteggiare le nuove sfide del terrorismo. Con il presente elaborato abbiamo cercato di analizzare gli aspetti legati alla violenza terrorista nel corso dei conflitti armati, che può essere posta in essere da gruppi non statali ed anche forze armate regolari. Nel DIU sussiste un divieto generale di compiere atti terroristici contro la popolazione civile con il fine di terrorizzare o piegare i Governi verso una certa linea politica. In questo contesto i divieti sono rivolti sia ai civili, che ai combattenti delle forze armate statali o non statali, siano essi legittimi o illegittimi. A differenza delle Convenzioni antiterrorismo, il DIU non proibisce attacchi ai nemici combattenti o alle proprietà militari e di Governo, ed anzi esiste un vero e proprio diritto dei combattenti legittimi a partecipare direttamente alle ostilità, fermo restando il divieto di commettere perfidia.

Numerosi problemi ruotano intorno all’applicazione del DIU nei confronti delle violenze che coinvolgono i gruppi terroristici nel contesto di un conflitto. Spesso gli Stati fanno ricorso a prassi applicative ed interpretazioni estensive degli articoli 2 e 3 comuni alle Convenzioni di Ginevra del 1949 per inquadrare giuridicamente situazioni a carattere transnazionale, al fine di estendere la tutela umanitaria. Da più parti, compreso il Comitato della Croce Rossa Internazionale, è sentita l’esigenza di adeguare le categorie esistenti di conflitti attraverso una diversa interpretazione di conflitto armato o negoziare un nuovo regime di norme che garantisca maggiori protezioni. Se a questi problemi di inquadramento si aggiunge poi il fatto che gli Stati per non vincolarsi agli obblighi imposti dal DIU tendono a non

153 riconoscere l’esistenza di un conflitto al loro interno ed a classificare come mere tensioni le ostilità interne, si complica ancora di più il quadro della repressione del terrorismo. Invero, la soluzione delle questioni viene lasciata alla mercé dei singoli Stati che privilegiano le fonti nazionali e i trattati internazionali antiterrorismo di cui fanno parte, i quali si pongono come regime alternativo a quello di diritto internazionale umanitario, piuttosto che cooperare e rendere efficaci gli strumenti di diritto internazionale umanitari. Gli Stati non potrebbero semplicemente dichiarare che una situazione rappresenta o meno un conflitto armato basandosi su preferenze politiche, ma in pratica è ciò che accade.

Per il momento possiamo concludere che, nonostante le incertezze e a differenza dei trattati internazionali antiterrorismo, il DIU è frutto di un lungo e graduale percorso di consenso che offre un quadro adeguato ai conflitti armati contemporanei esaminati, per cui ogni tentativo degli Stati di indebolire la sua portata per sottrarsi agli obblighi da esso previsti appare contradditorio e privo di senso. Si rende necessaria una definizione chiara per determinare le situazioni di “terrorismo” e distinguere nettamente il terrorista da chi terrorista non è per poter determinare l’applicazione delle norme rilevanti in materia. Il diritto internazionale umanitario protegge tutte le persone coinvolte in un conflitto armato, inclusi i sospetti terroristi e coloro che sono accusati o condannati per atti di terrorismo. Nell’attuale lotta al terrorismo, mentre da una parte gli Stati Uniti affermano di impiegare il DIU dei conflitti internazionali, dall’altra non si sentono vincolati a rispettare molte delle obbligazioni da esso prescritte e, soprattutto, non riconoscono alcun diritto ai loro nemici ritenuti terroristi. Sarebbe necessario, dunque, che gli Stati si sforzassero per rispettare ed attuare le regole esistenti e adoperarsi affinché tutte le parti del conflitto, compresi i terroristi, le rispettino, accordando a questi ultimi anche determinati diritti. La grande sfida politica, giuridica e morale consiste nel trovare il modo di gestire le nuove forme di violenza conservando le norme di protezione già previste per evitare lacune e vuoti di tutela.

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