CAPITOLO III: TERRORISMO TRA OCCUPAZIONE E DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE
2. TERRORISMO E AUTODETERMINAZIONE DEI POPOL
2.2. L’autodeterminazione dei popoli e il diritto internazionale umanitario
Il diritto internazionale umanitario mira ad applicarsi a tutte le parti coinvolte in un conflitto, ma l’inviolabilità della sovranità statale spesso porta gli Stati ad ignorare il DIU durante situazioni di violenza interne, esigendo il ricorso alla forza militare e di polizia. Pertanto, è necessario chiarire la distinzione tra la violenza terroristica e la violenza per la liberazione nell’ambito dei conflitti armati in cui il DIU è potenzialmente rilevante. È poi rilevata la flessibilità fornita agli Stati dalle norme internazionali antiterrorismo per illustrare le lacune tra il DIU ed il diritto interno nell’ambito in esame.
La forza oggi è disciplinata dalla Carta delle Nazioni Unite e dai vincoli imposti dal DIU. La Carta proibisce l’uso della forza tra gli Stati, lasciando la decisione del suo utilizzo interno alla discrezione dello Stato sovrano. Le disposizioni della Carta sono, inoltre, emendabili ad opera di interpretazioni soggettive, mentre il DIU comprende un approccio oggettivo al conflitto armato. Come abbiamo sostenuto, quest’ultimo include una netta distinzione tra combattenti e civili, con il risultato che attacchi intenzionali e diretti contro civili sono proibiti, a differenza di danni collaterali agli stessi che possono essere tollerati sempreché proporzionati agli scopi militari e legittimi relativamente ai metodi di guerra utilizzati. Inoltre, fintantoché gli
144 attacchi militari sono circoscritti a raggiungere obiettivi militari legittimi, risultano accettati nella prassi.272
Per quanto riguarda l’identificazione del “conflitto armato”, l’International Law Association (ILA) nel 2010 ha tracciato due caratteristiche essenziali in termini oggettivi:
i. L’esistenza di un gruppo armato organizzato;
ii. Il coinvolgimento in una lotta di una certa intensità.273
Queste caratteristiche oggettive, tuttavia, non risolvono le problematiche legate alla questione. Ad esempio, nel corso della Guerra Civile americana furono adattate alcune norme del diritto internazionale dei conflitti armati alle particolarità di questa guerra interna e per definizione a carattere non internazionale. La Società delle Nazioni e poi la Carta delle NU hanno viceversa cercato di contenere l’uso della forza. Su tali basi, gli obblighi imposti dal DIU riconoscono il diritto degli Stati a mantenere l’ordine interno, distinguendo nettamente tra i conflitti armati internazionali e non internazionali. Il diritto internazionale consuetudinario, gli usi militari, alcuni aspetti sopravvissuti delle Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907, le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 ed i due Protocolli aggiuntivi del 1977 si applicano pienamente ai conflitti armati. Quindi, laddove un conflitto armato presenti una dimensione internazionale, l’uso della forza necessiterà di essere disciplinata a livello internazionale. I conflitti per la liberazione possono essere disciplinati come internazionali se lo Stato minacciato è Parte del I Protocollo aggiuntivo o sceglie di essere vincolato ad esso274. L’art. 1, par. 4 del I Protocollo aggiuntivo estende il DIU ai conflitti armati in cui i popoli sono in lotta contro una dominazione coloniale, un’occupazione straniera o un regime razzista nell’esercizio del loro diritto
272 Cfr. E. CHADWICK, ibidem, pp. 304 e s.
273 Vedi International Law Association Use of Force Committee, Final Report on the
Meaning of Armed Conflict in International Law, Conferenza annuale dell’Aja, 15-20
agosto 2010.
145 all’autodeterminazione. L’ICRC nel Commentario al Protocollo chiarisce il significato dell’articolo come segue:
“The expression “colonial nomination” certainly covers the most frequently occurring case in recent years … The expression “alien occupation” … covers case of partial or total occupation of a territory which has not yet been fully formed as a state. Finally, the expression “racist regime” covers cases of regimes founded on racist criteria. The first two situations imply the existence of distinct peoples. The third implies, if not the existence of two completely distinct peoples, at least a rift within a people which ensures hegemony of one section in accordance with racist ideas”.
Da un diverso punto di vista, le questioni riguardanti implicazioni politiche che circondano la distinzione tra “conflitto armato” e “terrorismo” non sono ancora risolte nella misura in cui le cause sottostanti ad un conflitto non garantiscono l’attuazione del DIU. Invero, la mera esistenza di un movimento di resistenza non è sufficiente a determinare il carattere internazionale del conflitto. Di conseguenza, saranno utilizzate soltanto disposizioni minime del DIU per disciplinare i conflitti armati non internazionali, tra cui tali lotte di autodeterminazione non regolate dal I Protocollo275. Viceversa, continueranno a trovare applicazione le norme del diritto penale interno. Gli Stati considerano infatti molto più utile adottare i loro poteri di emergenza tipici del tempi di pace durante una tensione interna ed attenuare le tutele processuali all’interno di un quadro ibrido di polizia e di giustizia penale e militare contro i terroristi, comunque definiti, piuttosto che dichiarare la sussistenza di un conflitto armato con i susseguenti obblighi imposti dal DIU.
La tendenza politica contro l’attuazione del DIU appare particolarmente evidente durante i conflitti asimmetrici, nei quali il terrore è utilizzato da tutte le parti coinvolte nel conflitto. Tali tendenze politiche non possono
275 Tra queste: le consuetudini internazionali, gli usi militari, l’art. 3 comune alle
Convenzioni di Ginevra del 1949 e, se le condizioni della sua ratifica ed attuazione sono rispettate, il II Protocollo del 1977.
146 comunque superare il valore giuridicamente vincolante dell’art. 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 nel diritto internazionale, in quanto tale articolo rappresenta lo standard giuridico minimo del controllo durante tutti i conflitti armati. Inoltre, una responsabilità internazionale può sorgere nei confronti di atti illegittimi nel tentativo di mantenere il potere o di conquistarlo, come avviene ad esempio laddove i movimenti rivoluzionari riescano ad instaurarsi al Governo. Di conseguenza, gli Stati non possono semplicemente dichiarare che una situazione rappresenta o meno un conflitto armato basandosi su preferenze politiche. In pratica, è ciò che gli Stati fanno.276