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CAPITOLO 3: Il Chande Momentum Oscillator

3.3 Considerazioni e confronti

È stato ripetutamente richiamato il fatto che il Chande Momentum Oscillator sia un indicatore che condivide con l’RSI di Wilder molti dettagli, tanto è vero che viene proprio considerato come una variante di tale indicatore.

Le differenze sostanziali con l’RSI consistono nel fatto che: l’indicatore di Wilder contempla al numeratore della formula solo i valori delle sedute al rialzo 𝑀𝐼 mentre nel caso del CMO vengono considerate sia le sedute al rialzo che quelle al ribasso tramite la differenza 𝑆H − 𝑆I; contrariamente a quanto avviene con l’RSI, nel CMO non si

ponderano i valori inseriti nel computo infatti sia la somma dei rialzi che quella dei ribassi non viene divisa per il numero totale di sedute analizzate eliminando qualsiasi tentativo di smorzamento di tali valori.

Il CMO si presenta dunque come un indicatore di momentum flessibile e versatile, grazie anche ad un’altra caratteristica peculiare ovvero quella di avere un range di oscillazione compreso tra -100 e 100; questa circostanza si rivela essere il vero e proprio punto di forza di tale indicatore, dato che in questo modo il CMO si presta ad identificare livelli di ipercomprato e ipervenduto con estrema facilità oltre al fatto che la presenza di valori positivi e negativi facilita la comprensione del segno del momentum “netto” del titolo (o del mercato), cosa che invece risulta più complicata attraverso l’RSI visto il fatto che questo oscilla in una fascia compresa tra 0 a +100. Un valore del CMO negativo indicherà quindi una forza al ribasso predominante, mentre nel caso dell’RSI quando la forza dei ribassi è predominante su quella dei rialzi si individuano valori dell’indicatore compresi tra 0 e 50, essendo 50 il punto medio.

Se poi viene approfondito ulteriormente il confronto tra i due indicatori in questione, si è detto che si scopre come l’oscillatore di Chande raggiunga più facilmente le zone di eccesso, mentre un RSI con pari time span supera più difficilmente i valori che delimitano le zone estreme; questo porta in alcuni casi a preferire il CMO a discapito dell’RSI in quanto più propenso a fornire segnali operativi. L’esempio che viene proposto di seguito è uno dei tentativi più adeguati che l’autore ha selezionato per dimostrare quanto appena esposto.

Si scelga un titolo quotato sul mercato finanziario italiano come ad esempio il titolo di Intesa San Paolo SpA, uno dei più importanti gruppi bancari italiani, e successivamente si selezioni un periodo di riferimento per l’analisi: dall’1 novembre 2017 al 28 febbraio 2018, un arco temporale di circa quattro mesi che appare sufficientemente ampio per dare rilevanza alle ipotesi prodotte.

Figura 3.11: grafico a candele e RSI a 14 giorni, titolo banca Intesa San Paolo.

Nella figura è stato posizionato in alto l’andamento del titolo, sotto forma di grafico lineare, mentre in basso si trova il grafico dell’indicatore RSI con time span fissato a 14 sedute. Si nota perfettamente come nel periodo preso in esame l’RSI oscilli

costantemente nella fascia di normalità non fornendo alcun tipo di segnale operativo rilevante nelle zone estreme.

L’analista potrebbe quindi decidere di andare ad analizzare un altro indicatore tecnico ed essendo interessato alle informazioni che fornisce l’RSI riguardo la forza dei movimenti al rialzo e al ribasso, la scelta potrebbe ricadere sul CMO. Scaricando le quotazioni del titolo interessato e modificando i parametri di input del Live Script mostrato al paragrafo precedente, l’analista avrebbe a disposizione il grafico del Chande Momentum Oscillator in pochi passi41.

Figura 3.12

Dalla figura si nota come l’indicatore CMO calcolato utilizzando un time span di 14 sedute per renderlo equiparabile all’RSI, nello stesso periodo di 4 mesi che va dall’1

novembre 2017 al 28 febbraio 2018 nella quale l’indicatore di Wilder non aveva fornito segnali operativi a causa della costante occupazione della fascia di normalità, sconfini in due occasioni nelle fasce estreme offrendo segnali di compravendita e dando quindi occasione all’analista di effettuare operazioni di trading.

Una delle possibili strategie da adottare in questa circostanza è quella proposta di seguito, anche se sembra opportuno ricordare che la creazione di una strategia operativa è un processo assai personale e quindi non è possibile proporre una strategia operativa universalmente valida:

• Primi di novembre: analisi e studio dell’andamento dei prezzi e del CMO e sostanziale cautela operativa;

• Metà novembre: il CMO entra nella fascia di ipervenduto, l’operatore si prepara per entrare nel mercato;

• 22 novembre: dopo una serie di 3 minimi consecutivi non decrescenti42,

l’indicatore CMO al termine della seduta trapassa dal basso verso l’alto la linea tratteggiata dell’ipervenduto. L’operatore decide quindi di entrare nel mercato acquistando tale titolo ad un valore di 2,81 euro per azione e posizionando uno stop loss al di sotto di tale valore nel caso in cui il titolo non mostri una risalita e anzi prosegua con la discesa43; tale livello viene individuato in questo caso

specifico nel valore di 2,7 euro, che rappresenta una perdita di 0,11 euro per azione equivalente al 4% del valore totale iniziale; nel caso in cui venga raggiunto il livello contrassegnato dallo stop loss, l’operatore deve avere la fermezza di uscire dall’operazione registrando la perdita prefissata;

42 Configurazione denominata triplo minimo analizzata nella sezione 2.1.6 a pagina 44.

• Mese di dicembre: dopo una piccola risalita iniziale, il trend dei prezzi entra in una fase di lateralizzazione e l’analista attende quindi con cautela;

• Prima metà di gennaio: il trend dei prezzi entra in una fase di rialzo più decisa ed anche il CMO sembra confermare tale tendenza, avvicinandosi decisamente alla zona di ipervenduto;

• Seconda metà di gennaio: il trend rialzista dei prezzi prosegue e l’indicatore entra in fascia di ipercomprato. L’operatore entra in fase di allerta ed è pronto a vendere i propri titolo per monetizzare i profitti ottenuti;

• 29 gennaio 2018: il CMO mostra un evidente top failure swing, evidenziando una divergenza col trend principale dei prezzi che invece prosegue al rialzo, e l’operatore intuisce che la forza rialzista del titolo si sta piano piano esaurendo; • 31 gennaio 2018: due giorni dopo, il CMO oltrepassa dall’alto verso il basso la

linea dell’ipercomprato e l’analista capta un segnale di vendita. Cede il proprio titolo ad un prezzo di mercato pari a 3,16 euro per azione.

L’operatore ha quindi sfruttato i segnali derivanti dall’indicatore CMO in un periodo in cui l’RSI sembrava non offrire spunti per effettuare trading: il valore del proprio asset è aumentato da 2,81 euro per azione a 3,16 euro per azione ovvero di circa 0,35 euro per azione; in termini percentuali il valore del titolo è salito del 12,46% in circa 4 mesi. Il rapporto tra perdita preventivata tramite lo stop loss (4%) e profitto ricavato dall’operazione (12,46%) è del tutto coerente con quanto esposto a riguardo della creazione della strategia operativa, dove veniva suggerito di fissare un profit target pari a circa 3 volte il livello di stop loss.

Inoltre, il periodo di operatività di 4 mesi ci permette di affermare che la strategia messa in atto dall’operatore sia stata una strategia di medio periodo, escludendo

categoricamente l’eventualità di trovarsi davanti ad un’operatività di breve periodo o addirittura di intraday, che hanno delle dinamiche completamente differenti che fanno sì che tale processo non risulti assimilabile a quello sopra esposto.

Per concludere, se l’analisi di questo titolo fosse stata impostata basandosi esclusivamente sull’RSI, non sarebbe stata effettuata alcuna operazione visto il sostanziale stallo dell’indicatore nella fascia di normalità; se però l’analisi si fosse basata o fosse stata quantomeno coadiuvata dal CMO, sarebbero stati individuati due segnali operativi molto evidenti, uno di acquisto e uno di vendita, che avrebbero dato l’occasione di incrementare il valore del proprio portafoglio. La presente analisi non intende però affermare che il CMO sia un indicatore migliore in assoluto rispetto all’RSI, ma vuole soltanto sottolineare il fatto che in specifiche situazioni può essere un valido sostituto o supporto per un’analisi che risulti più completa e che, come è stato più volte ripetuto, deve comprendere una moltitudine di strumenti per risultare attendibile. Prima di impostare una strategia con un indicatore sconosciuto è inoltre consigliabile fare dei tentativi per familiarizzare col nuovo strumento, cercando di comprendere tutti gli aspetti positivi che offre e dall’altro lato ponderando in maniera adeguata tutti i rischi a cui espone.

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