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IDENTIFICAZIONE DI SPECIE NEI PRODOTTI A BASE DI PESCE

5.3 VALUTAZIONE QUALITA’ DNA TOTALE ESTRATTO, MISURAZIONE SPETTROFOTOMETRICA

5.4.3 Contaminanti e inibizione della PCR

Al di là dei processi di degradazione, esistono casi in cui l’efficienza delle tecnologie molecolari può venire meno a causa della presenza di determinate sostanze ad azione inibitrice coestratte insieme al DNA. Tale fenomeno rappresenta uno dei principali problemi nelle successive analisi del campione e soprattutto nella reazione della PCR, in quanto queste sostanze sono in grado di ridurre, o addirittura bloccare, la capacità di amplificazione degli acidi nucleici (Lantz et al., 2000). Si tratta di contaminanti originariamente presenti nel campione o derivati dai successivi processi di manipolazione e preparazione dello stesso, o addirittura da entrambe le fonti (Rossen et al., 1992). La letteratura riporta quali principali sostanze inibitrici i sali biliari nelle feci, i polisaccaridi complessi nelle feci e nei campioni vegetali, gli acidi umici nel suolo e nei campioni vegetali, il collagene nei tessuti, l’emoglobina e le immunoglobuline nel sangue, la mioglobina nei tessuti muscolari, l’urea nelle urine, le proteinasi e gli ioni calcio nel latte (Rådström et al., 2004). Un’altra importante causa di inibizione della reazione di PCR è data dai composti che vengono in contatto con il DNA durante le fasi di preparazione del campione: tra questi, si ricordano il Cloruro di Sodio o di Potassio (utilizzati in eccesso), i detergenti ionici come il Sodio desossicolato, sarkosyl e SDS (Weyant et al., 1990), l’etanolo e l’isopropanolo (Loffert, 1997), il fenolo (Katcher & Schwartz, 1994). I più

104 importanti inibitori del DNA delle matrici alimentari comprendono i composti organici e fenolici, i polisaccaridi, il glicogeno, i grassi, il collagene, i metalli come ferro e cobalto (Wilson, 1997), eventuali residui di cellule batteriche e qualsiasi DNA estraneo all’analisi. I meccanismi inibitori da parte delle suddette sostanze sono essenzialmente tre (Wilson, 1997):

1. Inattivazione della DNA polimerasi: da parte di enzimi proteolitici, denaturanti e composti fenolici presenti nel campione. E’ stato ad esempio dimostrato che le proteasi dei formaggi sono in grado di inattivare la Taq polimerasi (Rossen et al., 1992), così come la presenza di eventuali proteasi e nucleasi di origine batterica (Wilson, 1997). In questo caso, si può ricorrere all’uso di sostanze in grado di inibire le proteinasi o, soprattutto, alla Siero Albumina Bovina (BSA), che riduce il grado di inibizione della polimerasi fornendo un substrato alternativo alle proteasi. (Powell, 1994).

2. Degradazione o cattura degli acidi nucleici: la degradazione è essenzialmente imputabile a fenomeni di idrolisi, metilazione non enzimatica, danno ossidativo e degradazione enzimatica (Lindahl, 1993). La cattura, invece, può avvenire ad opera di cellule batteriche, detriti, proteine e polisaccaridi, che possono rendere il DNA bersaglio inutilizzabile da parte della polimerasi attraverso blocchi o sequestri aspecifici; si pensi a tal proposito alle proteine del latte, che tendono a formare complessi ad alto peso molecolare con il DNA, limitando quindi le possibilità di azione della polimerasi (Rijpens et al., 1996).

3. Interferenza con i processi di lisi cellulare: Affinchè l’amplificazione vada a buon fine è assolutamente necessaria una corretta esposizione degli acidi nucleici a seguito della lisi delle membrane cellulari; talvolta il processo litico della parete/membrana cellulare potrebbe non essere sufficiente a determinare una corretta liberazione del DNA ed è quindi necessario ricorrere all’uso di enzimi specifici (Wilson et al., 1997). I composti fenolici eventualmente presenti nel campione, d’altro canto, potrebbero a loro volta interferire con la reazione denaturando i suddetti enzimi litici (Jacobsen & Rasmussen, 1992). Per far fronte al problema degli inibitori, a livello laboratoristico è possibile ricorrere ad alcuni accorgimenti in grado, se non di ottimizzare le tecniche analitiche, quantomeno di limitare i danni apportati da tali sostanze. Il DNA estratto può infatti essere diluito prima dell’amplificazione, in modo da ridurre anche la concentrazione degli inibitori; può inoltre essere aggiunta alla soluzione di reazione una quantità maggiore di Taq, in modo da far sì che una parte di molecole dell’enzima leghino gli inibitori rimuovendoli dalla reazione,

105 mentre altre rimangano libere per agganciare i primer; ancora, può risultare utile ricorrere all’utilizzo di polimerasi diverse dalla Taq classica quali come ad esempio la Klein Taq; infine, come precedentemente accennato, oltre è alla sieroalbumina bovina (BSA) è possibile inserire in soluzione particolari additivi in grado di contrastare l’azione delle sostanze inibitrici, quali dimetilsolfossido (DMSO), dimetilformamide (DMF), urea, formammide, glicerolo, polietilenglicole (PEG) (Scialpi et al., 2008).

5.4.4 Elettroforesi

L’analisi della PCR è solitamente effettuata mediante corsa elettroforetica che permette di riconoscere i frammenti amplificati in base alla dimensione attesa nota, poiché determinata dalla sequenza compresa tra i due primer utilizzati.

Questo è possibile poiché la PCR produce un numero di copie del frammento di interesse sufficientemente alta da essere visibile ad occhio nudo se legato ad una molecola colorata o fluorescente.

L’elettroforesi è un processo elettrocinetico nel quale molecole e particelle cariche, in soluzione acquosa, sotto l’influenza di un campo elettrico, migrano in direzione del polo che ha la carica opposta (Mathews et al., 2004). In campo biologico sono molte le molecole che possiedono gruppi ionizzabili (come aminoacidi, proteine e acidi nucleici) e quindi, a ogni valore di pH, sono presenti in soluzione come specie elettricamente cariche. Grazie alla presenza di gruppi fosfato le molecole di DNA sono cariche negativamente e quindi, se sottoposte ad un campo elettrico, migrano verso il polo positivo.

Fondamentalmente, qualsiasi apparecchiatura per elettroforesi è strutturata in due componenti principali:

1. Un alimentatore;

2. Una camera di separazione, che è la parte principale dello strumento e può essere realizzata in molti modi differenti.

Nel caso delle molecole biologiche, come acidi nucleici e proteine, è particolarmente indicata la separazione elettroforetica su mezzo stabilizzante come poliacrilammide o gel di agarosio. L’agarosio è un polisaccaride preparato per purificazione dell’agar, che per riscaldamento e successivo raffreddamento forma un gel solido la cui struttura porosa ricorda i fori di un setaccio. A seconda della concentrazione dell’agarosio i pori del gel sono più o meno grandi: le molecole di DNA passano attraverso i pori del gel e, a seconda della propria lunghezza, percorrono una distanza più o meno lunga.

La velocità di migrazione dipende da più fattori, tra cui la dimensione del DNA (molecole grandi migrano lentamente, molecole piccole migrano velocemente) e la sua

106 conformazione (la forma superavvolta corre più veloce perché più compatta; quella circolare corre più lenta perché più ingombrante; quella lineare corre ad una velocità intermedia tra le due precedenti) del DNA, la concentrazione di agarosio nel gel (i pori del gel hanno dimensione diversa a seconda della concentrazione utilizzata), il voltaggio applicato (circa 5 Volt/cm) e la composizione del buffer.

Per consentire la visualizzazione degli acidi nucleici migrati si possono utilizzare diversi tipi di coloranti; quello più usato in assoluto è il bromuro d’etidio. Questa molecola planare si inserisce tra le basi dell'acido nucleico a doppio filamento, ed emette luce fluorescente quando irradiata con luce ultravioletta (300 nm).

E’ una sostanza cancerogena, pertanto va maneggiata con cautela, usando i guanti e operando sotto cappa se si adoperano le polveri. Per questo motivo sono stati recentemente sviluppati altri tipi di colorazioni utilizzano: Gel Red, sali di argento, blu di metilene. 5.4.5 Purificazione dei prodotti PCR

La completa rimozione di primer, nucleotidi non incorporati, sali ed enzimi dai prodotti PCR è essenziale per il buon esito degli esperimenti successivi (sequenziamento, analisi di restrizione ecc.). Per purificare i prodotti della PCR sono disponibili in commercio appositi kit, in formato spin-column, per il legame reversibile di DNA a microsfere di vetro, a matrici in silica-gel o matrici in Sephacryl (Guenzi, 2000). L’acido nucleico si lega infatti in modo specifico alla superficie delle fibre di vetro o dei materiali di silice, oppure ad altre speciali matrici in presenza di sali caotropici. La reazione di legame ha luogo in pochi secondi a causa della rottura (dovuta a tali sali) della struttura organizzata dell’acqua che circonda le molecole di DNA. Rompendo l’interazione DNA-acqua, viene favorito l’assorbimento e, dato che il processo è specifico per gli acidi nucleici, il materiale legato viene facilmente separato da proteine, sali e nucleotidi liberi con un semplice passaggio di lavaggio. Il processo richiede una lunghezza minima del DNA (di circa 100-120 bp) in maniera tale che gli oligonucleotidi, ma anche i primer dimerizzati (di 40-80 bp) siano anch’essi rimossi. Le spin-column consentono in genere una rimozione del 90-99% dei contaminanti ed un recupero del 90-95% dei frammenti di DNA di dimensioni variabili a seconda del tipo di matrice utilizzata (compresi tra 300 bp e 5-20 kp). Il tempo della procedura di purificazione è di circa 5-15 minuti (Guenzi, 2000).

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5.5 SEQUENZIAMENTO DEL DNA ED ANALISI FILOGENETICA