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LA NASCITA DELLA SCUOLA PITTORICA MOGHUL

2. Genesi della pittura Moghul da Babur a Humayun (1526-1556)

2.3. Contesto e principali caratteristiche del primo stile moghul

2.3.1. Lo stile moghul come insieme di tradizioni

Mario Bussagli, nel dare una definizione delle prime manifestazioni dell’arte moghul usò le seguenti parole: “le prime opere di epoca moghul sono praticamente delle opere iraniche eseguite in territorio indiano per sovrani turchi regnanti sull’India”.91

È dunque possibile affermare che il primo aggettivo da attribuire allo stile moghul sia quello di “ibrido”. I Moghul, turco-mongoli, una volta conquistata l’India vi importarono un linguaggio artistico nuovo, tanto a loro, quanto all’ambiente di applicazione; solo in un secondo momento la tradizione locale vi si unì, per poi accoglierne una terza, attraverso le opere d’arte Europea.

Ciò che rende interessante e unico il caso della pittura moghul, consiste nella riuscita di quello che si potrebbe definire un “esperimento culturale” in cui, maestranze provenienti dai più diversi ambienti artistici, riuscirono a far interagire i propri stili e a convogliarli verso uno unico e omogeneo.

I principali elementi stilistici persiani applicati alla miniatura Moghul sono stati riassunti nel già citato testo di Ashok Kumar Srivastava nel quale, vengono in sequenza esaminate le diverse influenze straniere che interessarono la miniatura moghul.

Il paesaggio fu uno degli elementi su cui l’influenza persiana fece maggiormente sentire il proprio peso. Oltre alla rappresentazione di una linea dell’orizzonte molto alta e di cui si è già fatta menzione, si fece ampio utilizzo del repertorio figurativo tratto dalla flora persiana, presente nella memoria degli artisti trapiantati in terra Indiana. Ancora persiano era il gusto per la rappresentazione dei corsi d’acqua e la resa delle architetture in senso piatto e bidimensionale, con particolare attenzione all’enfasi decorativa.

Nel trattamento della figura umana le norme stilistiche persiane trovarono applicazione in alcune gestualità convenzionali e nella particolare forma arrotondata dei visi; nei ritratti si mantenne la tipica posizione persiana di tre quarti, alla quale si sarebbe poi affiancata la

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rappresentazione totalmente di profilo, ereditata, invece, dalla tradizione pittorica indiana.92

Ulteriore influenza stilistica, entrata nella sfera moghul in quanto già parte dello stile persiano, fu costituita dalla pittura cinese.

Soprattutto nei particolari del paesaggio, infatti, la pittura iranica era ricca di tracce dello stile dell’estremo oriente, trasferiti di conseguenza nelle miniature moghul, in cui cieli e montagne sono riconducibili alle pitture murali centro-asiatiche.93

Con il ruolo assunto dalle maestranze locali hindu all’interno dell’atelier di Akbar, vennero ad affermarsi nuovi canoni stilistici dedotti dalla tradizione indiana, identificabile con il termine “pre-moghul” e generalmente suddivisa nei tre sottogruppi di arte hindu, arte legata alla corrente del Gianismo e a quella musulmana prodotta durante il Sultanato anteriore alla dominazione moghul sullo stesso territorio.94

I più noti esempi di arte hindu, pre-moghul, si trovano racchiusi nelle immagini di uno dei testi sacri più popolari di tale tradizione, il Bhagavata Purana,composto attorno al 1540 per narrare le vicende e le varie incarnazioni dalla divinità Hindu Vishnu/Krishna e del volume illustrato di versi erotici Chaurapancanchasika, di dieci anni successivo al precedente: in entrambi i casi le figure sono disposte su sfondi piatti e dai colori decisi totalmente di profilo, norma rappresentativa che, come già detto, sarebbe poi entrata nella sfera del ritratto moghul95

(Figura 8).

92 Srivastava, A.K.. Op. cit., pp. 38-41. 93 Ivi, p. 83.

94 Beach, M.C. Op. cit., 1992, p. 6. 95 Ibid.

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Figura 8. Krishna sconfigge il demone Whirlwind, da Bhagavata Purana, scuola “pre-moghul”, Delhi o dintorni,1540 ca. Acquerello opaco e inchiostro su carta. Freer Sackler, The Smithsonian

Museum of Asian Art, Washington D.C..

La presenza degli artisti hindu risultò anche in un nuovo approccio alle rappresentazioni dell’ambiente, le quali iniziarono ad essere sempre più derivate dall’osservazione del territorio circostante. Tal evoluzione avvenne in maniera concreta nell’atelier di Jahangir nelle cui produzioni il paesaggio di derivazione persiana sparì quasi totalmente,96 per lasciare spazio alle

rappresentazioni della pianura indiana, con i suoi caratteristici alberi di grandi dimensioni, resi ora con realistica forma e consistenza e con l’attenzione ai particolari che riconducessero l’immagine al particolare elemento rappresentato e non ad un qualcosa di generalmente simile, “il pittore moghul, perciò, rappresenta ‘quel’ determinato albero, non un albero qualsiasi che sintetizzi in sé la specie”.97

96 Srivastava, A.K. Op. cit., p. 38. 97 Bussagli, M. Op. cit., p. 84, cit.

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2.3.2. Secolarità e realismo

Secolarità e realismo sono due aspetti generalmente attribuiti alle espressioni artistiche della scuola moghul. La pittura moghul, soprattutto nell’epoca di Akbar, era espressione dell’ “ora e adesso ed era profondamente radicata agli aspetti tangibili del reale.

La definizione di “realismo” applicata all’arte moghul è un concetto che, nel trovare la propria affermazione viene al medesimo tempo negato dal momento che non corrisponde in toto alla concezione di realismo come da noi intesa.

Assumendo che realismo e naturalismo fossero le principali finalità degli artisti moghul durante l’esecuzione di un’opera e che la sua riuscita in questi termini si facesse derivare dall’utilizzo di tecniche illusionistiche - in aiuto all’artista nella rappresentazione, più vicina al reale possibile, tanto di paesaggi, quanto di architetture e delle figure umane e animali- se ne dedurrebbe, di conseguenza, una familiarità con la condotta degli artisti Europei dell’epoca, egualmente impegnati nella ricerca del reale. Nella pittura moghul è però anche riscontrabile un frequente ricorso all’anti-illusionismo, tanto nello stile quanto nelle intenzioni.98

Un’interessante riflessione sulla particolarità del realismo moghul - in particolare quello corrispondente alle pitture di stampo essenzialmente persiano – è stata fatta da Emmy Wellesz la quale afferma che, nel definire la pittura moghul “realista”, non se ne sta dando la più precisa interpretazione. La miniatura moghul non si concentrò, infatti, sulla trasposizione pura dei fatti, ma preferì, piuttosto, riprodurne la percezione, che, prima di fissarsi sulla carta, passava due stadi di elaborazione, dall’idea del sovrano all’artista e da questo alla messa in figura. In tale processo di elaborazione, l’illustrazione si arricchiva dunque di aspetti immaginifici, inserendosi in una sorta di “limbo” figurativo, tra la rappresentazione del reale e quella dell’irreale.

Come sostenuto dalla studiosa, ciò che noi vediamo della loro arte non corrisponde al loro realismo, ma consiste nella rappresentazione della loro perfezione decorativa, messa in pratica, attraverso scelte figurative, cromatiche e ritmiche in perfetta armonia tra loro. Non vi è una rappresentazione fotografica del mondo reale ma un trasferimento dello spettatore in un loro

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mondo definibile “magico”, fatto di cieli blu profondo o tinti d’oro, nuvole rosa e rocce dai colori vivaci, combinati insieme al fine di creare un piacere per gli occhi.99

Tuttavia, come invece rilevato da Jeremiah Losty e come già affermato in precedenza, si nota che, dal 1580, la pittura Moghul, sebbene mantenendo le sue caratteristiche peculiari, iniziò ad assumere un approccio sempre più naturalista nelle espressioni dei volumi e dei pesi, tanto delle figure quanto dei particolari dell’ambiente circostante.100