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L’Hanzanama: testimonianza dell’evoluzione stilistica della pittura moghul

LA NASCITA DELLA SCUOLA PITTORICA MOGHUL

2. Genesi della pittura Moghul da Babur a Humayun (1526-1556)

2.5. La prima fase artistica dell’atelier di Akbar

2.5.2. L’arte narrativa di Akbar

2.5.2.1. L’Hanzanama: testimonianza dell’evoluzione stilistica della pittura moghul

L’Hanzanama (Figura 9), è considerato il più importante progetto editoriale commissionato da Humayun a Mir Sayyid Ali, fu successivamente curato da Akbar al quale si fa generalmente risalire la commissione dell’opera. Opera chiave nel percorso di formazione dello stile pittorico moghul è inoltre considerata la prima testimonianza del marcato interesse di Akbar nei confronti della pittura che non compare sporadicamente lungo la narrazione, ma ne costituisce l’essenza in un rapporto di totale dipendenza dal testo e viceversa. Alla sua origine il manoscritto contava 1400 illustrazioni, di cui se ne sono però conservate poco più che un decimo, principalmente dai volumi decimo e undicesimo. A causa delle poche pagine conservate, non si è rivelato semplice individuarne il carattere generale e la precisa cronologia dell’evoluzione stilistica che caratterizzò il manoscritto alla cui composizione lavorarono cento artisti. La supervisione del progetto fu primariamente affidata al più anziano degli artisti persiani presenti nell’atelier, Mir Sayyid Ali e, in seguito, al compatriota Abd al-Samad, ai quali non viene però attribuita alcuna esecuzione all’interno dell’opera avendo questi avuto, invece, un ruolo principalmente amministrativo.

Il supporto scelto per la sua composizione rappresenta un’eccezione nella storia della pittura Moghul, in quanto unico esempio di manoscritto illustrato interamente composto su tessuto di cotone, con le immagini direttamente dipinte sulla stoffa e la parte testuale composta su carta, poi incollata al tessuto.113 Analogamente al Tutinama, l’Hanzanama non contiene un’indicazione

riguardo la data di inizio e fine esecuzione,114 la quale si fa generalmente risalire in un periodo

compreso tra il 1562 e il 1567.115 Rispetto al precedente manoscritto, l’Hanzanama presenta

un’evidente evoluzione stilistica nella composizione consistente nel raggiungimento di un’uniformità illustrativa non riscontrabile nelle pagine del Tutinama.116

113 Srivastava,A.K. Op. cit.,p. 25. 114 Beach, M.C.Op. cit., 1992, p. 28.

115 Fonte online: http://www.vam.ac.uk/content/articles/h/hamzanama/; la datazione del

manoscritto non è accertata ma, generalmente, le fonti danno per attendibile quella qui riportata. Nel manuale della Schimmel viene invece indicata una datazione diversa fissando l’inizio dei lavori sul manoscritto al 1558; Schimmel, A. Op. cit, p. 266.

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Previsto per la lettura al pubblico, fu realizzato con le immagini da un intero lato e il testo, organizzato in blocchi di diciannove linee, scritto sul lato opposto: tale composizione avrebbe permesso al lettore di mostrare all’udienza l’immagine esattamente corrispondente alla parte di testo in lettura.117 Ci sono più elementi che concorrono a fare dell’Hanzanama la principale tra

le opere responsabili della formazione della prima pittura moghul. In primo luogo, la grandezza del progetto, che richiese un’organizzazione sistematica del lavoro degli artisti dell’atelier impegnati nella composizione e nell’assemblaggio dei numerosi volumi e che ne comportò un consistente ampliamento. Il manoscritto si presentava come una storia avventurosa composta da episodi basati in parte su fatti, in parte su storie popolari e leggende locali118 che concorrono a raccontare le avventure che il protagonista, Hamir Hamza, zio del

Profeta Maometto, affronta nell’intraprendere la sua missione di conversione del mondo alla fede Islamica.

In stretta dipendenza con la tradizione della narrativa orale persiana, costituiva un capolavoro di inventiva visuale dispiegata mediante immagini di rimando alle molteplicità del reale, l’irreale ed il surreale. Attraverso il dispiegamento dei più vari elementi naturali e non, mediante illustrazioni finalizzate a narrare più episodi o più aspetti della storia senza, però, privilegiare un’azione ad un’altra, si proponeva di portare l’attenzione dello spettatore sull’immagine nella sua interezza, privandolo del vantaggio di un focus centrale119 e rappresenta il gusto per le

narrazioni immaginifiche degli anni della gioventù di Akbar.120

In generale, i primi anni di regno di Akbar furono caratterizzati dalla curiosità, occupati dall’interesse per la sperimentazione intellettuale di un sovrano mosso dalla scoperta della cultura indiana, fino a quel momento sconosciuta. Seppur illetterato l’imperatore esercitò un costante controllo sull’avanzamento dei lavori mediante il reclutamento di lettori incaricati di tenerlo aggiornato sui progressi dell’opera.121

117 Ivi, p. 266.

118 Beach, M.C., Op. cit., 1992, p. 27.

119 Murthy, K.S.S. “Sixty-one of the extant 200 Hamzanama Manuscript Illustrations of the Mughal

period constitute a major travelling exhibition in the West.” Frontline. 19. 26 (21 dicembre 2002- 3 gennaio 2003), < http://www.frontline.in/static/html/fl1926/stories/20030103001408300.htm>

120 Fonte online: https://www.asia.si.edu/exhibitions/online/hamza/hamza.htm 121 Beach, M.C., Op. cit., 1992, p. 25.

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Figura 9. Basawan e Shravana (attribuzione), Un leviatano attacca Hamza e i suoi uomini, da

Hamzanama, corte moghul, ca. 1567. Acquerello opaco e oro su tela di cotone. Collezione

privata.

Gli anni dedicati alla creazione del manoscritto furono interessati dal nuovo influsso di artisti hindu, i quali, come indicato in precedenza, si fecero promotori di nuovi sviluppi nel linguaggio artistico ancora in formazione attraverso l’applicazione di norme stilistiche non familiari alla pittura safavide. E’ in questo senso, da un punto di vista illustrativo, che l’Hanzanama mette in luce più di altri manoscritti l’evoluzione dello stile moghul, poiché è possibile individuarvi le diverse fasi che lo interessarono.

Nonostante l’influsso di artisti estranei alla tradizione safavide, i primi volumi del manoscritto furono dominati dall’applicazione di convenzioni pittoriche ancora strettamente persiane, riscontrabili, ad esempio, nella mancanza di profondità che caratterizza gli sfondi.

Dal 1565 circa, in corrispondenza alla creazione dei volumi centrali dell’opera, occorse una prima evoluzione in favore di manierismi tipici della pittura indiana la quale, dal settimo volume in avanti interessò, in modo particolare la resa delle architetture.

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Queste, sebbene ancora riccamente decorate da motivi tipici dello stile persiano, dimostrano una maggior consapevolezza da parte dell’artista nella rappresentazione di spazialità e volume, visibili, ad esempio, nella raffigurazione della fortezza nell’immagine Basu decapita Namadposh, si

traveste e trova accoglienza nel castello di Acre (Figura 10) risalente al settimo volume del

manoscritto, attribuita agli artisti Mahesa122 e Mah Muhammad.123

Oltre alla resa delle architetture è possibile notare come anche nell’ambiente circostante si fecero sempre più presenti dettagli dedotti dall’osservazione del paesaggio indiano, con l’inserimento di particolari tipici, come le radici di alberi sporgenti e diffuse in modo serpeggiante sul terreno.

Allo stesso modo di architettura e paesaggi anche la rappresentazione delle persone e dei costumi subì un’evoluzione in senso indiano con delle modifiche nella rappresentazione delle carnagioni e la presenza, sempre più comune nel procedere del manoscritto, di un abbigliamento tipico del luogo. Si ritrovano, ad esempio, le jamas (Figura 10) già comparse sotto il patronato di Humayun e la rappresentazione della figura umana si caratterizzò per nuove particolarità, con pose ed espressioni non riconducibili alla pittura persiana, né a quella indiana pre-moghul.

Tale evoluzione è da considerarsi sintomo del fatto che, arrivati al 1570 circa e in corrispondenza delle ultime fasi di elaborazione del manoscritto, l’arte moghul era giunta all’elaborazione di un suo personale stile pittorico, non composto dalla somma di elementi

122 Maesha, trovato più comunemente scritto come Mahesh, risulta essere stato uno dei principali

pittori attivi durante il regno di Akbar, entrò a far parte del suo atelier dai primi tempi della sua fondazione e vi lavorò, praticamente, fino alla fine del periodo di reggenza dello stesso sovrano; è autore di un gran numero di miniature; Verma, S.P. Op. cit., p. 241. È menzionato da Abu’l Fazl nell’ A’in-i Akbari come il dodicesimo dei diciassette più importanti pittori dell’atelier Moghul. Padre di un altro importante pittore, Miskin, artista attivo alla corte di Akbar dal 1580, particolarmente interessato all’arte europea e all’acquisizione delle sue tecniche europee nella resa delle forme e in quella prospettica e chiaroscurale, attivo anche nell’atelier di Jahangir (Beach, M. C. Op. cit. ,1992, p. 85; Verma, S.P. Op. cit., pp. 281-282). Mahesh viene riconosciuto per la spiccata vivacità delle sue figure, espressa attraverso un’ampia gamma di gestualità ed espressioni messe in risalto dall’utilizzo di colori brillanti. Il suo stile trovò maggior facilità di adattamento ai manoscritti risalenti alla prima fase del regno di Akbar, trovando invece difficoltà di applicazione negli ultimi anni di regno dell’imperatore, in cui la pittura si caratterizzò per una maggiore enfasi. Il suo nome è presente in undici manoscritti e in altri cinque vi sono pagine a lui attribuite (Beach, M.C. Op. cit., pp. 85-86).

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Persiani e Indiani, ma risultato dall’incontro dei due e reso unico,124 un risultato che avrebbe

trovato il suo compimento con la produzione artistica corrispondente al regno di Jahangir.

Figura 10. Mahesa e Mah Muhammad (attribuzione), Basu decapita Namadposh, si traveste e trova

accoglienza nel castello di Acre, da Hamzanama, corte Moghul, circa 1566. Acquerello opaco su

stoffa di cotone. Victoria & Albert Museum, Londra.

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Figura 11. Basavana125 e Shravana, Hamza viene rapito da Sharashob e messo su una barca durante le

nozze della figlia del principe Unug, da Hamzanama, corte Moghul, 1570 ca.

Acquerello opaco su tessuto di cotone. MAK, Vienna.

125 Viene qui trascritto il nome dell’artista come indicato dalla fonte da cui si è ricavata l’immagine. Il

nome Basavana corrisponde a Basawan, trascrizione con cui viene comunemente indicato il nome di tale artista nei testi consultati e nelle pagine di questo elaborato.

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