2. Il processo di determinazione del rating
3.2 Gli effetti di una variazione del Sovereign Credit Rating
3.2.1 Il contesto italiano
Come brevemente accennato in precedenza il primo passo da svolgere per effettuare questa analisi è quello di illustrare il rating dello Stato italiano e delle due imprese per visualizzare quale sia stato il loro andamento fino ai giorni nostri e vedere se il cambiamento della qualità del rating sovrano abbia in qualche modo influenzato quello delle altre due imprese e per fare ciò ho deciso di prendere come punto di riferimento la valutazione effettuata da Moody’s.
Figura 10: Italy Government long-term issuer rating
Fonte: Moody’s Investor Service
https://www.moodys.com/credit-ratings/Italy-Government-of-credit-rating-423690
Nel grafico sopra viene riportato l’andamento del rating sovrano del governo italiano e possiamo notare quale sia stato il suo declino che lo ha portato ad un giudizio attuale Baa3 (il peggiore dagli anni ’90). L’economia italiana è una delle maggiori al mondo per dimensione, infatti nel 2012 era ottava per PIL nominale e decima a parità di potere d’acquisto; è un paese fortemente orientato al commercio estero essendo infatti tra le prime posizioni al mondo per livello di esportazioni e di importazioni. A partire dal periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale l’Italia ha registrato profondi cambiamenti economici che l’hanno resa negli anni successivi una delle potenze
economiche più grandi al mondo, grazie ad un continuo processo di crescita economica che è durato fino alle fine del XX secolo; questo processo di espansione economica è attestato dal fatto che vi è un aumento della qualità del rating che passa da un livello A1 nel 1993 ad Aa2 nel 2002. Negli anni 2000 l’economia italiana entra in una fase di stagnazione caratterizzata da una crescita
relativamente molto bassa (il livello di rating rimane infatti invariato fino al 2011). Alla fine del decennio per effetto della crisi economica globale il Paese entra in una situazione di vera e propria
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recessione tra il 2011 e il 2014 (in questo periodo il livello di rating crolla drasticamente, per effetto della crisi globale che intaccò il debito sovrano e le finanze pubbliche del Paese, da un livello A2 a Baa2). Successivamente il Paese registra leggeri segni di crescita con un leggero aumento del PIL (il rating rimane costante fino al 2018) fino all’anno scorso, anno in cui l’agenzia declassa il rating dell’Italia da Baa2 a Baa3 cambiando l’outlook in stabile. Le ragioni di questo downgrade sono dovute ad una prospettiva di un deficit più alto delle attese e agli impatti negativi dovuti allo stallo delle riforme fiscali e strutturali, mancando difatti un piano coerente per la crescita futura. La prospettiva è rimasta stabile e non negativa poiché il paese secondo l’agenzia di rating mantiene punti di forza del credito che bilanciano le sue fragilità a livello fiscale; in questo giudizio Moody’s ha anche considerato una possibile uscita dall’euro da parte dell’Italia a causa di un aumento delle tensioni con i partner comunitari. Un altro fattore che ha destato preoccupazione per l’agenzia è dovuto ad una possibile crescita del debito pubblico in contrasto quindi a tutte le stime governative ritenute troppo ottimistiche63. Proprio questo declassamento potrebbe avere molte ripercussioni
sulle altre società che operano all’interno del Paese, soprattutto per gli istituti bancari, che proprio per la grande incidenza di titoli di Stato potrebbero risentire molto di più gli effetti di tale
downgrade.
Per verificare quanto detto il successivo passo da compiere è quello di verificare come si sono mossi i rating delle due società che ho deciso di prendere in considerazione (una operante nel settore bancario e l’altra nel settore della distribuzione di energia elettrica) e per quanto concerno il mercato italiano ho deciso di prendere in considerazione Intesa Sanpaolo e Enel.
La prima è un istituto bancario attivo dal primo gennaio 2007, nato dalla fusione tra Sanpaolo IMI e Banca Intesa ed ha sede legale ed amministrativa a Torino, più una sede secondaria a Milano. Rappresenta il primo gruppo bancario italiano per livello di capitalizzazione, per numero di sportelli e per quota di mercato; la società fa parte del paniere FTSE MIB64 ed è quotata nella Borsa di
63 Magnani, A. (2018), Moody’s declassa l’Italia a Baa3 con outlook stabile. Pesano strategia di bilancio e debito, Il Sole 24 Ore.
64 “l FTSE MIB (pronunciato futsi mib, acronimo di Financial Times Stock Exchange Milano Indice di Borsa) è il più significativo indice azionario della Borsa italiana. È il paniere che racchiude di norma, tranne eccezioni, le azioni delle 40 società italiane, anche se hanno la sede legale all'estero, quotate sull'MTA con
maggiore capitalizzazione, flottante e liquidità.” https://it.wikipedia.org/wiki/FTSE_MIB
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Milano ed inoltre L'azione di Intesa Sanpaolo rientra nell'indice Euro Stoxx 5065 e nell'Euro Stoxx
50 Banks.
La seconda invece è una multinazionale dell’energia e uno dei principali operatori integrati a livello globale nei settori dell'energia elettrica e gas. E’ stata istituita come ente pubblico nel 1962 per poi essere trasformata nel 1992 in una società per azioni, e ancora più tardi nel 1999, in seguito alla liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica in Italia, viene quotata in borsa. La società, avente un azionariato diffuso, rimane comunque in possesso del Ministero dell’economia e delle finanze che possiede il pacchetto di maggioranza del capitale sociale. La società è tra le prime 100 al mondo per fatturato ed è quotata nell'indice FTSE MIB della Borsa di Milano.
Fonte: Moody’s Investor Service
https://www.moodys.com/credit-ratings/Intesa-Sanpaolo-SpA-credit-rating-600011958
Nel grafico viene rappresentato l’andamento del rating di banca Intesa Sanpaolo S.p.A. la cui valutazione è stata effettuata da Moody’s; da tale grafico è possibile notare come, coerentemente con il periodo di crescita economica che ha caratterizzato gli ultimi anni del XX secolo e il primo decennio degli anni 2000, è stato registrato un continuo aumento e miglioramento della qualità del rating della banca che passa da un livello iniziale A2 fino ad Aa2 raggiunto nel 2007 per poi stabilizzarsi fino al 2011, anno in cui per effetto della crisi economica globale il paese entra in un grande periodo di recessione (tale evento è attestato dal repentino crollo del rating che passa in poco
65“ L'EURO STOXX 50 è un indice azionario di titoli dell'eurozona creato nel 1998 dalla STOXX Limited; una joint venture creata da Deutsche Börse AG, Dow Jones & Company e SWX Group nel 1997.”
https://it.wikipedia.org/wiki/Euro_Stoxx_50
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più di 1 anno da Aa2 a Baa2). Il periodo successivo è caratterizzato da un leggero miglioramento e da una leggera crescita economica che inizia a partire dal 2014 (si registra un aumento del livello di esportazioni, importazioni e occupazione) in cui assistiamo ad un primo momento di stabilizzazione del livello di rating che nel 2015 inizia a crescere fino a raggiungere un livello Baa1. Tale livello viene mantenuto fino ai giorni nostri. Una delle maggiori motivazioni che hanno portato ad un declassamento del livello di rating della banca è stata la riduzione della qualità del rating dello stato sovrano, di conseguenza si può affermare che l’opinione negativa in relazione alle emissioni e depositi a medio-lungo termine della banca riflette il vincolo del rating sovrano italiano (Baa2) che a sua volta presenta un outlook negativo.
Le motivazioni che hanno spinto l’agenzia a mantenere il rating della banca allo stesso livello negli ultimi anni, con un outlook stabile, è dato dal CET1 ratio che rimane al di sopra del limite imposto ed un buffer di capitale che rimane tra i più alti in Europa nel 2018 e fattore chiave per mantenere stabile il rating della banca. Moody’s afferma che se Intesa Sanpaolo dovesse raggiungere i propri obiettivi questo la condurrà ad avere sostanzialmente minori problemi legati allo stock di prestiti, con ampi buffer di capitale che possono permettere un maggior assorbimento delle perdite
inaspettate; l’agenzia nel fornire questa opinione ha riscontrato una buona prepensione della banca in passato a raggiungere i propri obiettivi consolidando un determinato livello stabile di
profittabilità riuscendo persino a distribuire più o meno tutti i suoi profitti come dividendi in un ambiente esterno generalmente molto debole.
Figura 12: Enel S.p.A. long-term issuer rating
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https://www.moodys.com/credit-ratings/ENEL-SpA-credit-rating-600045247
Nel grafico sopra riportato viene rappresentato l’andamento del rating di Enel; dal grafico è facilmente visibile come con il passare del tempo la qualità del rating sia notevolmente peggiorata passando da un livello iniziale di Aa3 fino ad un livello A2 nel 2008 per poi rimanere
successivamente stabile fino al 2011, anno in cui inizia un percorso di crollo del rating che raggiunge i livelli più bassi che la società avesse mai visto (Baa2). La causa principale di questo crollo è stata la crisi economica che com’è possibile vedere anche nei due grafici superiori ha colpito ogni settore economico del Paese, e questa crisi ha inciso notevolmente sulla domanda di energia elettrica, di gran lunga inferiore rispetto alla rispettiva offerta, che ha mantenuto il suo trend espansivo. In questo periodo si sono drasticamente ridotti gli scambi di energia elettrica e il livello di importazioni di energia dall’estero che ha raggiunto i minimi storici. In tale periodo si è invece registrato un aumento delle vendite da impianti a fonte rinnovabile. Nonostante la bassa domanda di energia elettrica e la generale tendenza di un abbassamento dei prezzi nelle principali borse
europee, il prezzo di acquisto dell’energia nella borsa elettrica ha registrato un leggero aumento66.
La combinazione di questi eventi ha portato ad un declassamento al livello Baa2 della qualità del rating della società che è rimasto invariato fino ad oggi. L’andamento stabile è stato giustificato dall’agenzia considerando il basso supporto del Governo e la bassa dipendenza della società dallo Stato che ne possiede solo il 23,6%. Il livello di rating Baa2, superiore di un punto rispetto a quello del governo italiano, riflette il notevole livello di diversificazione del portafoglio societario che presenta una bassa volatilità. Il livello di stabilità aziendale deriva proprio dalla volontà della società di investire in strumenti a basso livello di rischio e di dotarsi di un robusto profilo finanziario.
Com’è possibile osservare in questa prima parte del capitolo una variazione del rating sovrano ha notevoli effetti a cascata su quello delle altre società che operano all’interno del paese,
indipendentemente dal settore di appartenenza. Il momento decisivo si è registrato quando tra il 2011 e il 2012 la profonda crisi economica ha toccato i debiti sovrani e messo in risalto le debolezze delle finanze pubbliche, che non si sono dimostrate sufficienti per evitare la crisi. In questo periodo infatti si registra un profondo crollo del rating dello stato sovrano che a sua volta si ripercuote a cascata su quello della banca e della società distributrice di energia elettrica. È possibile vedere che il rating delle società si è inizialmente allineato allo stesso livello di quello dello Stato (Baa2), per
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poi rimanere tendenzialmente stabile, discostandosi di poco dal livello attuale Baa3 dello Stato italiano.
In linea generale gli istituti bancari dovrebbero risentire molto di più delle variazioni del rating sovrano proprio per la maggiore presenza nel portafoglio di titoli emessi dallo stato. Intesa Sanpaolo e Enel vedono ridursi drasticamente il livello di qualità del rating anche se,
tendenzialmente, entrano in gioco tutta una serie di fattori macroeconomici che, manifestandosi, producono i loro effetti andando ad incidere in modo positivo o negativo sui rating. Infatti, mentre la riduzione del livello di Intesa è direttamente ricollegabile al downgrade dello Stato, quello di Enel è dovuto anche ad una riduzione del consumo e domanda di energia causata della profonda crisi.
Per visualizzare meglio gli effetti di un declassamento dello standing creditizio dello Stato italiano, viene riportato qui sotto l’andamento azionario dei titoli di stato a lungo termine (per la precisione a 20 anni).
Figura 13: Rendimento titoli di stato Italia 10 anni
Fonte: TradingView
https://it.tradingview.com/symbols/TVC-IT10Y/
Il grafico dimostra che durante il periodo di stazionamento dell’economia italiana nel primo
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nota anche che il valore azionario dei titoli di stato a 10 anni mantengo un valore abbastanza stabile, solo con delle leggere oscillazioni di valore. Il punto focale di questo grafico sta proprio nel
momento in cui la crisi economica si espande e intacca il valore degli stati sovrani, difatti dal grafico si nota come in sintonia con il declassamento del livello di rating si registra anche una notevole perdita di valore del titolo nella borsa italiana che raggiunge i livelli minimi storici. Il periodo immediatamente successivo (più o meno intorno alla metà del 2016) registra una leggera ripresa economica caratterizzata anche da un aumento del valore del titolo.
Figura 14: Rendimento titoli Intesa Sanpaolo
Fonte: TradingView
73 Figura 15: Rendimento titoli Enel
Fonte: TradingView
https://it.tradingview.com/symbols/MIL-ENEL/
Nelle due figure sopra riportate sono rappresentati gli andamenti dei titoli azionari rispettivamente di Intesa Sanpaolo e Enel. Dalla figura emerge che contemporaneamente al crollo del valore del titolo di stato (nel 2011) si assiste conseguentemente anche al crollo del valore in borsa dei titoli delle due società. In entrambi i casi si assiste ad un periodo di successiva ripresa del valore, nettamente superiore per la società di distribuzione dell’energia rispetto alla banca.
Questo è dovuto all’influenza che il rating, che riflette il debito dello Stato, influisce in maniera maggiore su quello delle banche di grande dimensione che presentano un portafoglio investimenti fortemente orientato verso i titoli di stato nazionali.
3.2.2 Il contesto spagnolo
In questo paragrafo, seguendo il procedimento utilizzato per quello precedente, viene analizzato il contesto spagnolo partendo da un’analisi del souvereign credit rating, per poi analizzare quello delle due società: una operante nel settore bancario e l’altra in quello della distribuzione energetica, al
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fine di verificare se le variazioni della qualità dello standing creditizio sovrano influenzino il rating delle due imprese. Il risultato si otterrà verificando il trend dei loro rating.
Figura 16: Spain Government long-term issuer rating
Fonte: Moody’s Investor Service
https://www.moodys.com/credit-ratings/Spain-Government-of-credit-rating-704550
Nel grafico viene rappresentato l’andamento del rating sovrano del governo spagnolo, dal seguente grafico è possibile notare quale sia stato il percorso che ha condotto il rating da un livello Aa2 a Baa1: tale trend segue il corso storico che ha caratterizzato la Spagna fin dai primi anni ’90. Negli anni che precedono il 1990 la recessione internazionale, che ha travolto moltissimi Stati, ha messo in evidenza tutta una serie di carenze e difficoltà strutturali, in primo luogo la forte
dipendenza dello Stato da capitali stranieri, situazione che si è ulteriormente aggravata nei primi anni ’90 con la riduzione degli investimenti esteri e del livello di occupazione, nonché la
svalutazione della moneta nazionale.
A metà degli anni ’90 inizia una fase di sostenuta crescita economica, testimoniata da un periodo in cui si registra un aumento del PIL, che si protrae fino ad i primi anni 2000: nel grafico possiamo notare come il livello di rating (Aa2) rimanga costante fino ad i primi anni 2000 per poi registrare un upgrade nel 2001, raggiungendo così un livello Aaa. Durante il periodo seguente che precede la crisi economica spagnola, dal 2008 al 2014, si assiste ad un momento di continua crescita
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spagnola a posizionarsi tra i primi posti nella classifica delle economie più dinamiche dell’eurozona.
Il periodo tra il 2008 e il 2014 è quello che desta maggior interesse; infatti si assiste ad una vera e propria crisi finanziaria spagnola. Il boom economico registrato nei primi anni 2000 ha infatti subìto un periodo di arresto sin dai primi mesi del 2008 in seguito alla crisi di alcuni settori industriali, soprattutto per quelli considerati decisivi e trainanti per la crescita economica del paese, in primis il settore dell’edilizia. In questo periodo si assiste ad una notevole contrazione del PIL che si protrae fino al 2009 confermando così la situazione di recessione spagnola. Questa situazione ha destato molto interesse negli istituti di sorveglianza a livello europeo i quali hanno messo lo stato spagnolo sotto sorveglianza; la grande recessione mondiale ha infatti avuto un impatto disastroso
sull’economia spagnola aumentando drasticamente il rapporto debito pubblico/PIL che è passato da un livello del 34% nel 2007 ad uno del 67% nel 2009, la cui diretta conseguenza è stata un notevole aumento del livello di disoccupazione.
Il profondo periodo di crisi economica che ha travolto la Spagna fino al 2014 viene rispecchiato anche dal suo livello di rating, che, come è possibile notare dal grafico, nel 2010, come
conseguenza della situazione economica che il paese si trovava ad affrontare, si registra un andamento negativo caratterizzato da un declassamento del rating sovrano che passa da un livello Aaa ad un livello A3 nel 2012 con una continua prospettiva di riduzione.
Nel 2012 Moody’s taglia nuovamente il rating di ben tre gradini portandolo ad un livello Baa3 mettendo lo stato spagnolo sotto osservazione per un possibile ulteriore declassamento; questa decisione presa dall’agenzia è giustificata da una serie di fattori: la decisione da parte del governo spagnolo di chiedere miliardi di euro per ricapitalizzare il sistema bancario, decisione che senza dubbio avrebbe condotto ad un aumento del debito pubblico, un peggioramento del rapporto debito pubblico/PIL e di conseguenza un peggioramento della situazione economica, nonché della stabilità del paese. “Il governo spagnolo ha un accesso al mercato finanziario molto limitato e la debolezza
finanziaria dell'economia spagnola comporta preoccupazioni molto serie sulle ragionevoli aspettative di crescita dei prossimi anni67”. La crisi bancaria spagnola di quel periodo,
accompagnata da un declassamento del debito sovrano hanno fatto sì che i titoli di stato iberici a 10 anni perdessero notevolmente valore sfiorando la soglia di un rendimento del 7% considerato un punto verso la strada del default dello stato.
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Dopo il 2014 inizia un periodo di grande ripresa economica che ha portato la Spagna a registrare un tasso di crescita molto elevato, il più elevato tra tutti i paesi dell’area euro, che ha aumentato con il passare del tempo il livello di occupazione e il PIL che ha superato i livelli precedenti la crisi finanziaria.
Questi risultati positivi sono dovuti soprattutto alle riforme strutturali del primo governo di Mariano Rajoy, introdotte proprio nel momento peggiore di quel periodo, che è riuscito nell’impresa di riformare il mercato del lavoro, ristabilizzare e risistemare il mercato finanziario e ridurre il deficit pubblico: il fattore decisivo è stato l’aumento del livello di esportazioni che rappresentano circa un terzo del valore totale del PIL, ne è un esempio il fatto che ad oggi la Spagna è la seconda nazione per produzione e distribuzione di automobili dopo la Germania. Altri fattori determinanti sono stati l’aumento del turismo, la nascita di numerose imprese e la riduzione del deficit pubblico grazie all’aumento delle tasse e la riduzione dei debiti delle famiglie e delle imprese. Quindi, come detto in precedenza, il vero driver di questa ripresa economica è rappresentato dalle varie riforme adottate, tra le quali si annovera quella sul lavoro68 che ha permesso di diminuire il livello di disoccupazione,
aumentando la flessibilità dei contratti di lavoro permettendo così anche alle aziende di evitare la chiusura e il fallimento.
Quanto sopra descritto accompagna un processo di miglioramento del rating, caratterizzato da una crescita continua dal 2014 ad oggi, passando da un livello Baa3 a Baa1.
Dopo aver descritto il trend storico del rating sovrano, il passo successivo è quello di analizzare le