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Il contrasto tradizionale tra obiettivi energetici e ambientali. La situazione attuale nella generalità dei paesi industrializzati

2. Gli elementi del problema

2.2. Il contrasto tradizionale tra obiettivi energetici e ambientali. La situazione attuale nella generalità dei paesi industrializzati

ed in via di sviluppo è caratterizzata dall'esistenza di un evidente contrasto tra obiettivi di natura strettamente energetica e quelli di natura ambientale. Da un punto di vista degli obiettivi ambientali è palese che i sistemi industriali consumano eccessive quantità di energia se si considerano i costi di natura sociale che a questo con-sumo sono collegati. La ragione di questa situazione sta nei criteri impiegati per governare la politica energetica. Questa è stata rego-lata, sin dalla sua nascita, sulla base del principio che tanto più bassi fossero stati i prezzi delle risorse energetiche tanto più alto sarebbe stato nel tempo il saggio di crescita economica del paese.

Con particolare riferimento ai paesi della Comunità Europea, si può osservare come una aggregazione di interessi intorno al pro-blema energetico si stabilisce già nell'immediato dopoguerra. La Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (Ceca) del 1951, e la Comunità Economica Europea del 1958, contengono entrambe una unitarietà di indirizzo in tema di politica energetica, che in seno al-l'Euratom, prese forma di obiettivo strategico:

«... se i nostri paesi, guidati e stimolati dall'Euratom, sosten-gono gli sforzi necessari, si garantiranno per il futuro fonti di ener-gia abbondanti ed economiche, in modo da essere in grado di arri-vare con sicurezza nell'era atomica » (21).

La struttura definitiva, e un maggiore grado di coesione per la politica energetica dei paesi europei, arrivano con la prima crisi petrolifera. Già dal dicembre 1973 (accordo di Copenhagen), e suc-cessivamente nel 1974, si raggiunge un accordo tra i paesi membri della Comunità Economica in termini di obiettivi della politica energetica. Questi obiettivi prevedono la riduzione della dipenden-za dal petrolio importato, l'intensificazione delle ricerche e dello sfruttamento di altri idrocarburi, lo sviluppo dell'energia nucleare e il miglioramento dell'efficienza negli usi finali di energia.

In tempi recenti l'emergere del problema ambientale ha posto la necessità, sia a livello dei governi dei singoli Stati membri, sia a livello comunitario ed occasionalmente mondiale (vedi l'iniziativa

( 2 1 ) A R M A N D L . , E T Z E L F . e G I O R D A N I F . ( 1 9 5 7 ) , Targets for Euratom, R e

-port Commissioned by the Governments of Member Countries, p. 13, Euratom, mimeo.

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—-di Montreal per i Cfc), —-di riesaminare, con l'intento —-di integrarli, gli obiettivi energetici e quelli ambientali. A livello della Comunità Europea la situazione è convenientemente sintetizzata nella Tabel-la I.

Tabella I - Obiettivi principali delle politiche europee per l'energia e l'ambiente.

Energia Obiettivi generali

Miglioramento dell'efficienza di almeno il « 0 % entro il 1995

Contenere le importazioni di petrolio al di sotto di 1/3 del consumo totale

Mantenere una quota di mercato del 20% per il metano

Aumentare la quota di mercato degli altri com-bustibili fossili

Aumentare l'uso degli altri combustibili fossili e del nucleare nella produzione di energia elettrica Portare la quota delle fonti rinnovabili al 5 % en-tro il 2000

Obiettivi specifici Completamento del mercato interno europeo Raggiungimento di un sistema comune di fissa-zione dei prezzi delle risorse energetiche Miglioramento della sicurezza di approvvigiona-mento

Miglioramento delle relazioni esterne Protezione dell'ambiente

Favorire l'innovazione tecnologica

Ambiente Obiettivi generali

Prevenzione, riduzione ed eliminazione dell'in-quinamento e dei rifiuti

Mantenimento di un equilibrio ambientale soddi-sfacente

Garantire una gestione coerente delle risorse Miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita Tenere conto dell'ambiente nella pianificazione delle strutture per lo sviluppo regionale

Cercare soluzioni comuni con altri Stati al di fuori della Comunità

Obiettivi specifici

Studio e applicazione di standard ambientali stringenti

Integrazione degli obiettivi ambientali in altre politiche

Allargare l'uso dei sistemi di valutazione dell im-patto ambientale

Applicazione del principio del « chi inquina paga » Riduzione alla fonte delle cause di inquinamento Rafforzare l'azione comunitaria per gli impianti nucleari

Migliorare la gestione ed il trattamento dei rifiuti Favorire lo sviluppo di tecnologie « pulite » Combattere l'inquinamento transfrontaliere Protezione delle aree ecologicamente deboli

Fonte: Commission of the European Commumties, The European Energy Policy, 1987, pp. 6-10, Bruxelles.

Salvo alcune eccezioni, anche se rilevanti in prospettiva, come il caso del miglioramento dell'efficienza nel settore energetico e l'integrazione dell'ambiente nelle altre politiche, risulta evidente come gli obiettivi principali delle due politiche siano tra di loro in contrasto, e comunque presentano notevoli difficoltà di integrazio-ne (22).

(22) Tipico è il caso dello sviluppo delle fonti alternative, sia che con que-sto si intenda il nucleare, sia che si intenda il carbone, in quanto in entrambi i casi

Un caso interessante in quanto rappresenta una situazione di conflitto in termini di obiettivi futuri è quello che viene a crearsi tra lo sviluppo di nuove tecnologie « pulite » e la politica di mantenere i prezzi delle materie prime energetiche quanto più basi possibili. L'esperienza degli ultimi due decenni indica, infatti, che sostanziali risparmi energetici e un notevole sviluppo di nuove tecnologie sono state le conseguenze di un periodo di alti prezzi reali delle materie energetiche e del petrolio in particolare.

Nel periodo 1973-1982 il contenuto energetico delle produzioni nazionali dei paesi comunitari è diminuita in media del 20%, men-tre nel periodo 1982-1986, in una fase calante dei prezzi la diminu-zione è stata in media di solo il 2,4%, che per diversi paesi ha di fatto significato un aumento (Figura I) (23).

Proprio la riduzione dell'intensità energetica delle produzioni nazionali dei paesi industrializzati, verificatasi nella seconda parte degli anni '70 e nei primi anni '80, non è che un'accidentale combi-nazione favorevole di eventi che, tramite l'aumento dei prezzi mondiali delle materie prime, ha spinto i sistemi produttivi verso un processo di adeguamento e miglioramento dell'efficienza in ter-mini di consumi energetici, che come effetto secondario (in terter-mini di intenzioni) ha contribuito positivamente al miglioramento della situazione ambientale.

L'ostacolo principale ad una integrazione tra politica energeti-ca e ambientale non sta tanto, come pure viene comunemente rite-nuto, nel fatto che la crescita economica sostenibile in termini am-bientali sarebbe inferiore a quella potenzialmente possibile date le dotazioni di risorse energetiche. Gli ampi e inutilizzati margini di

l'impatto ambientale è notevole, e un trade off deve essere stabilito tra i due

obiettivi energetico ed ambientale. Lo stesso problema della necessità di un trade off si ripresenta per l'obiettivo di migliorare la sicurezza degli

approvvigionamen-ti, che in termini pratici significa un maggiore sviluppo delle fonti interne, che, a sua volta, necessariamente ha dei costi ambientali interni alla Comunità. Inoltre è evidente il contrasto che si sta creando tra l'intensificazione dell'uso del metano e il suo ruolo tra i gas dell'effetto serra. È probabile che tra le righe di questa elen-cazione comunitaria di obiettivi si debba proprio leggere una sorta di indielen-cazione per il nucleare, specie se si considera che in questa direzione si esprime la Com-mission of the European Communities, The European Energy Policy,

Commis-sion of the European Communities, 1987, Bruxelles.

(23) Cfr. Commission of the European Communities (1988), The Main Findings of the Commission Review of Member's States' Energy Policies,

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—-miglioramento dell'efficienza nei processi e nel consumo di energia, indicano, infatti, la possibilità di una riduzione delle emissioni di C 0 2 senza effetti drammatici sui livelli di attività. Gli ostacoli ef-fettivi son diversi, meno evidenti, ed essenzialmente di natura non economica.

Figura I - Intensità energetica e petrolifera: 12 paesi Cee (Tep per 1000 di Pil

a prezzi 1970, indice 1980 = 100).

Intensità energetica + intensità petrolifera

Un primo ostacolo è costituito dalla entità del mutamento degli obiettivi e degli strumenti di politica energetica una volta che si debba anche considerare il problema del degrado ambientale. Vi sarebbero cambiamenti anche drastici nel funzionamento e nel pe-so relativo dei diversi settori con uno spostamento del livello di at-tività verso sistemi di produzione profondamente diversi da quelli attuali. Un effetto collegato a questo tipo di ostacoli è il fatto che le politiche di tutela ambientali, pur in rapido sviluppo in tutti i paesi industrializzati, sono state confinate ad aree e aspetti marginali ri-spetto al problema energetico. Questo è conseguenza del fatto che nei sistemi attuali degli interessi in gioco vi è una sostanziale diver-sità di peso specifico quando si debbano confrontare i costi conse-guenti ad un aumento dei prezzi di mercato delle materie prime

energetiche rispetto ai costi, non di mercato e di natura incerta, del danno ambientale.

Un secondo ostacolo è costituito dal grado di cooperazione in-ternazionale necessaria sia per avere effetti significativi, sia per ri-durre l'effetto penalizzante che l'adozione di misure di tutela am-bientale finisce con l'avere sui singoli paesi qualora agiscano indi-pendentemente .

Un terzo ostacolo è costituito dal fatto che gli attuali accordi sul commercio internazionale non permettono di tenere conto di possi-bili misure tese a includere nei costi privati e di mercato anche i costi sociali collegati all'uso dell'energia da fonte fossile. In partico-lare, il sistema attuale è tale da penalizzare in termini economici qualsiasi paese che autonomamente decidesse di introdurre delle imposte o semplicemente di regolamentare in modo accurato alcu-ne attività economiche collegate in modo diretto alle emissioni di C02. L'effetto immediato di un aumento dei prezzi interni, una perdita di competitività internazionale, e, quindi, una riduzione dei livelli di occupazione, rappresenta una argomentazione che è desti-nata a costituire un ostacolo insormontabile.

Il perseguimento dell'obiettivo di fornire energia al minimo co-sto, ha comportato una definizione restrittiva di coco-sto, limitata ai semplici componenti privati o di mercato. L'uso finale di energia è risultato sussidiato e quindi aumentato oltre i livelli e i saggi di cre-scita che si sarebbero verificati se nei prezzi dell'energia fossero stati compresi i costi di natura ambientale. Sia i consumatori finali, che gli utilizzatori intermedi, non sono stati posti nella condizione di beneficiare dell'adeguato incentivo economico, costituito da prezzi più elevati di quelli effettivi, che li avrebbe spinti contempo-raneamente a contenere i consumi e ad impiegare tecniche a mino-re intensità di energia (24).

Con specifico riferimento al caso italiano, è facile osservare co-me l'obiettivo di politica energetica di mantenere i prezzi bassi sia

(24) Una valutazione del tutto indicativa dell'entità del sussidio che la poli-tica energepoli-tica ha costantemente concesso all'utilizzo dell'energia può ricavarsi notando che, entro ipotesi comunemente accettate, il costo dell'energia elettrica di una centrale a carbone, quando si includano i danni causati dalle piogge acide, ma non siano inclusi i danni derivanti dall'effetto serra, sarebbe più del doppio di quello attuale. In particolare, HOHEMEYER O., Social Costs, op. cit. Più in

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—-stato costantemente perseguito. I prezzi in dollari e in lire sono di-minuiti sensibilmente nei periodi successivi agli shocks

e in particolare sono diminuiti tra il 1974 ed il 1978, e accentuatamente dal 1982 in avanti. In questi ultimi anni i reali sono tornati a essere circa pari a quelli in vigore

1974 (Figura II).

Figura II - Prezzi reali del greggio in dollari e in lire (1974 = 100).

200 190 180 170 160 150 140 130 120 110 100 90 80 70 60 50 in dollari + in lire

Per quanto riguarda i prezzi dei principali prodotti energetici, quali sono la benzina, il gasolio per autotrazione e l'elettricità, l'an-damento dei prezzi è stato in media tale da seguire per grandi linee l'andamento dei prezzi della materia prima, anche se il caso della benzina nella metà degli anni '70 costituisce una rilevante eccezio-ne. Il suo prezzo in termini reali drasticamente aumenta, contraria-mente sia a quello degli altri prodotti sia a quello del petrolio sul mercato internazionale.

Dall'andamento complessivo dei prezzi in termini reali si os-serva anche come ciascuna impennata dei prezzi (1974 e 1979-81) sia poi seguita da un periodo di prezzi reali calanti (Figura III). Questo effetto, oltre che essere determinato, come appena sopra accennato, da prezzi del petrolio in diminuzione, è stato anche e

spesso in modo prevalente, determinato dal ruolo svolto dalla poli-tica fiscale. Più precisamente, dalla combinazione di un periodo di elevati saggi di inflazione rispetto a una tassazione rimasta fissa in termini nominali sui principali prodotti petroliferi. In questo modo sono state allentate molte delle pressioni che il sistema produttivo riceveva per una più forte riduzione dei consumi.

Figura III - Prezzi reali in lire di alcuni prodotti petroliferi (1974 = 100).

o b e n z i n a + G a s o l i o a u t o o E l e t t r i c i t à

3. Strumenti economici e politica ambientale.

3.1. Scelte irreversibili: aspetti tecnici di un problema etico.

Il rischio di un cambiamento climatico, pone un problema per certi versi imprevisto all'analisi economica. La irreversibilità del cambiamento costituisce un caso concreto rispetto al quale le tradi-zionali tecniche di valutazione degli eventi in condizioni di incer-tezza mostrano limiti evidenti.

I problemi che sorgono per una analisi di tipo economico sono almeno di due diversi tipi. Da una parte, c'è quello di come e con

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—-quali criteri valutare il danno che viene arrecato, se da questo dan-no possodan-no discendere modificazioni anche drastiche delle condi-zioni di vita. Dall'altra, c'è il problema di quali strumenti utilizzare per fare in modo che sia possibile attenuare il conflitto di interessi che si crea tra l'attuale generazione e .qupiln future. Accenniamo brevemente ad alcuni degli aspetti che devono essere considerati perché da essi riteniamo si debbano trarre un paio di indicazioni che risultano centrali per la organizzazione e la coerenza interna delle azioni.

Un primo aspetto da notare è che la irreversibilità dei cambia-menti climatici viene a costituire un esempio particolare di bene pubblico che come tale il mercato privato non è in grado di valuta-re e richiede un intervento dello Stato quale portatovaluta-re di intevaluta-ressi superiori. La irreversibilità a sua volta non avviene in un contesto di certezza degli eventi, anzi cosa esattamente accadrà e tra quanto tempo sono elementi intorno ai quali l'incertezza è molto alta. La natura di bene pubblico viene ad essere determinata dal fatto che il benessere delle future generazioni è un bene pubblico per la gene-razione attuale, e quindi le preferenze collettive della genegene-razione presente sono tali da spingere verso un maggiore investimento, os-sia un minore consumo di risorse di quanto non venga fatto dalle preferenze dei singoli (25).

Delicato risulta pure il secondo aspetto che riguarda il tratta-mento dell'incertezza. È immediato notare come il tradizionale mo-do di valutazione tramite il valore atteso dell'evento, non sia soddi-sfacente in situazioni nelle quali l'evento può significare una cata-strofe. In questo modo si perde, infatti, un elemento del problema che è rappresentato dal fatto che esiste al presente una volontà di evitare l'evento, non solo di compensarne le conseguenze. In bre-ve, l'evento risulta influenzare non solo il momento nel quale si ve-rifica, ma anche la situazione presente.

L'insoddisfazione con la tradizionale teoria economica del trat-tamento del rischio, aumenta poi, se si considera che proprio in

ter-(25) Nei termini tradizionali dell'analisi costi benefici questo implica l'uti-lizzo di un saggio di sconto inferiore a quello privato o di mercato. Il punto così esposto è quello tradizionale che segue dalla natura di bene pubblico della redi-stribuzione di tipo paretiana, cfr. MARGLIN S.A., The Social Rate of Discount and the Optimal Rate of Investment, in Quarterly Journal of Economica, 1963, pp.

95-112. La redistribuzione, infatti, viene ad essere basata su criteri di efficienza in-tergenerazionale e non di equità distributiva tra generazioni.

mini di valori attesi valgono due ben noti risultati della letteratura secondo i quali quando un fenomeno incerto è visto da un punto di vista collettivo inteso come insieme (somma) di individui, si posso-no verificare le condizioni per le quali la componente rischio, rile-vante per ciascun individuo, finisca con il compensarsi a livello col-lettivo. Sia la spartizione del rischio (26) su di un numero pratica-mente infinito di progetti, sia la concentrazione del rischio (27) da parte di un numero infinito di individui, costituiscono i casi nei qua-li la letteratura raccomanda la non inclusione nel saggio di sconto per la collettività di un premio per il rischio.

Se questa indicazione viene seguita per il problema dell'effetto serra, il danno ambientale dovrebbe esservi incluso solo per il suo valore atteso, senza alcun ruolo per la componente « avversione al

rischio » che potrebbe essere presente oltre che nelle preferenze individuali anche in quelle collettive. Il risultato complessivo a li-vello dell'intera collettività sarebbe quello di ammettere progetti con effetti negativi sull'ambiente oltre la soglia di scelta individua-le (28).

Che questi risultati non siano applicabili al caso del cambia-mento climatico è una conclusione che si raggiunge immediatamen-te, una volta che si consideri come in effetti il rischio non possa in questo caso essere concentrato, in quanto, data la natura del pro-blema, l'assunzione del rischio da parte di un individuo non muta in alcun modo il rischio sopportato da un altro (29). L'obiezione va-le allo stesso modo se riferita alla spartizione del rischio tra più progetti, in quanto, anche qui, il rischio di un progetto non può ri-durre il rischio di un altro progetto, anzi è probabile che vi sia un effetto di scala per cui il rischio complessivo possa aumentare.

(26) Ci si riferisce al fenomeno del rislc spreading, cfr. SAMUELSON A . P . , Discussion, in American Economie Review, 1964, 54, pp. 93-96.

(27) E il Risk Pooling, cfr. ARROW K.J. e LIND R . C . , Uncertainty and the Evaluation of Public Investment Decision, in American Economie Review, 1970,

60, pp. 364-378.

(28) Cfr. FISHER A . , Energy and Environment in the Long Terni, in

Ener-gy Policy, 1 9 8 9 , 7 , p p . 8 4 - 8 7 ; B A R B I E R E . B . e P E A R C E D . W . , Thinking

Economi-cally About Clìmate Change, in Energy Policy, 1990, Jan-Feb., pp. 11-18.

(29) Cfr. FISHER A . C . , Environmental Externalities and the Arrow - Lind Public Investment, in American Economie Review, 1973, 63, pp. 722-725; BROWN

S.P.A., Note on Environmental Risk and the Rate of Discount, in Journal of En-vironmental Economics and Management, 1985, 10, pp. 282-286.

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—-La conclusione che può ricavarsi da queste considerazioni è che nel caso del cambiamento climatico sembrano esservi diversi elementi convincenti per ritenere che a livello dell'intera collettivi-tà si debba stabilire un metodo di valutazione del danno ambientale tale che i costi futuri degli eventi mantengano un peso relativo su-periore a quello che risulterebbe da una valutazione privata (30). Questo, a ben guardare altro non è che il riconoscimento del fatto che il rischio associato al mutamento degli equilibri ambientali, è di per sé un bene pubblico in quanto si è costretti comunque ad accol-larselo, e non per una parte ma per l'intero (31).

Inoltre, nel caso specifico dei mutamenti ambientali irreversi-bili si è interessati non solo a valutare le conseguenze future di un'azione, ma anche .1 fatto che l'irreversibilità viene a far sorgere un conflitto tra generazioni: la scelta di consumare energia in modo intenso al presente preclude la possibilità che la generazione futura possa scegliere di avere un effetto serra inferiore a quello che le impone la generazione attuale. Visto in questo modo, il problema del mutamento climatico viene ad avere due componenti. La pri-ma, è quella tradizionalmente accettata delle conseguenze climati-che, in sostanza le conseguenze sulla vita umana del mutamento dell'equilibrio ambientale. La seconda, è quella relativa alla dimi-nuita capacità di scelta per le generazioni future in dipendenza del-le scelte attuali. Queste componenti non sono distinte ma rappre-sentano le due facce della stessa medaglia come è evidente dal fat-to che il danno sulle generazioni future è la conseguenza della limi-tazione imposta sul loro campo di scelta.

(30) In breve, se si tratta di una analisi costi-benefici, che si adoperi un saggio di sconto inferiore a quello di mercato. Per maggiori e meno sintetiche ar-gomentazioni su questo punto specifico, cfr. BROWN S.P.A Note op cit e

inoltre, PRINCE R „ Note on Environmental Risk and the Rate of Discount. Com-ment, in Journal of Environmental Economa and ManageCom-ment, 1989, 12, pp.

1 7 9 - 1 S i ) Su questo punto e per un'analisi secondo la visione della teoria del