• Non ci sono risultati.

Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1990, Anno 49, dicembre, n.4

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1990, Anno 49, dicembre, n.4"

Copied!
350
0
0

Testo completo

(1)

DICEMBRE 1990 Pubblicazione trimestrale Anno XLIX - N. 4 Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV - 70%

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E SCIENZA DELLE FINANZE

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(E R I V I S T A I T A L I A N A D I D I R I T T O F I N A N Z I A R I O ) R O B E R T O A R T O N I - F I L I P P O C A V A Z Z U T I - A U G U S T O F A N T O Z Z I G F R A N C O G A F F U R I - D I N O P I E R O G I A R D A - E Z I O L A N C E L L O T T I S A L V A T O R E L A R O S A - I T A L O M A G N A N I - G I L B E R T O M U R A R O L E O N A R D O P E R R O N E - E N R I C O P O T I T O - P A S Q U A L E R U S S O F R A N C E S C O T E S A U R O - G I U L I O T R E M O N T I - R O L A N D O V A L I A N I DIREZIONE

ENRICO ALLORIO - EMILIO GERELLI

COMITATO SCIENTIFICO

COMITATO DIRETTIVO

M V L T A

PAVCIs

(2)

territoriale dell'Università, della Camera di Commercio di Pavia e dell'Istituto di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma. Questa Rivista viene pubblicata con il contributo finanziario del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

DIREZIONE e REDAZIONE: Dipartimento di Economia pubblica e territoriale del-l'Università, Strada Nuova 6 5 , 2 7 1 0 0 Pavia; tel. 0 3 8 2 / 3 8 7 . 4 0 6

A d essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

Redattori: SILVIA CIPOLUNA, ANGELA FRASCHINI, GIUSEPPE GHESSI. S e g r e t a r i a d i R e d a -z i o n e : CLAUDIA BANCHIERI.

L'AMMINISTRAZIONE è presso la casa editrice Dott. A . G I U F F R È E D I T O R E S . p . A . ,

via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tel. 3 8 . 0 0 0 . 9 7 5 PUBBLICITÀ:

dott. A . Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità

via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tel. 3 8 . 0 0 0 . 9 7 5 , int. 3 2 4 CONDIZIONI DI ABBONAMENTO PER IL 1991

Abbonamento annuo Italia L. 7 0 . 0 0 0 Abbonamento annuo estero L. 1 0 5 . 0 0 0

Annate arretrate senza aumento rispetto alla quota annuale.

L'abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell'annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all'Editore, anche con versamento sul conto corrente postale 721209, indicando a tergo del modulo, in modo leggibile, nome, cognome ed indirizzo dell'abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l'anno successivo.

Il rinnovo dell'abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno: trascorso tale termine, l'Amministrazione provvede direttamente all'incasso nella ma-niera più conveniente, addebitando le spese relative.

I fascicoli non pervenuti all'abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine si spediscono, se disponibili, contro rimessa dell'importo.

All'Editore vanno indirizzate inoltre le comunicazioni per mutamenti di indirizzo, quest'ultime accompagnate dall'importo di L. 500 in francobolli.

Per ogni effetto l'abbonato elegge domicilio presso l'Amministrazione della Rivista. Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all'atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell'autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Iscrizione Registro nazionale stampa (legge n. 4 1 6 del 5 . 8 . 8 1 art. 11)

n. 0 0 0 2 3 voi. 1 foglio 177 del 2 . 7 . 1 9 8 2

D i r e t t o r e r e s p o n s a b i l e : EMILIO GERELLI

Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 7 0 %

(3)

INDICE-SOMMARIO

P A R T E P R I M A

SERGIO STEVE - L'«oJficina» di Benvenuto Griziotti 471 VINCENZO PATRIZII - Strumenti economici per la tutela dell'ambiente. Il caso

delle modificazioni irreversibili 181 MARIO OTERI - MICHELE TRIMARCHI - Public Subsidies and Cultural Habits:

An Empirica! Test of Drama Attendante 524 MARIO POLANO - Gli atti impugnabili nel processo tributario (Art. Iti D.P.R.

•26 ottobre 1972, n. 636) 538 APPUNTI E RASSEGNE

GIUSEPPE FAUCEGLIA - Il finanziamento agevolato alla ricerca industriale in

Italia 648 LEGGI E DOCUMENTI

Conclusione of the Informai Thinlc Tank Meeting On Proposals of Economie

Instruments far Environmental Protection 646 RECENSIONI

TRAMONTANA A. (a cura di) - Cambiamenti strutturali dell'economia italiana

negli anni ottanta 05x NUOVI LIBRI "54 RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI 657

P A R T E S E C O N D A

MARIA DIONISIA CORRADO - Un'esemplare pronuncia della Cassazione in ma-teria di Invitti

ELENA PIGNOLO - Casa di abitazione e capacità contributiva: irrazionalità di an'imposizione su un reddito inesistente

SEBASTIANO MAURIZIO MESSINA - Note in tema di condono e di proponibilità dell'azione di condanna nel processo tributario

SENTENZE ANNOTATE

(4)

e 2. D.P.R. IL. 599/1973 - Questione «li legittimità per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. - Manifesta infondatezza (Cornili. Trib. Centr.. Sez.

X I I . 5 o t t o b r e 1 9 8 7 , n . 6 8 0 7 ) ( c o n n o t a d i E . PIGNOLO)

(5)

URBANISTICA, TRASPORTI, ECOLOGIA

SERVIZI, LAVORO e SANITÀ

IN UN'AGGIORNATA RASSEGNA DELLE

DECISIONI DEGLI ORGANI DI CONTROLLO

E DEI VARI GRADI DELLA GIUSTIZIA

AMMINISTRATIVA

IL MONDO SCIENTIFICO E DELLE

PROFESSIONI A CONFRONTO CON

LA POLITICA E L'ECONOMIA PER IL

FUTURO DELLA PUBBLICA

AMMINISTRAZIONE

RICHIEDETE UNA COPIA IN OMAGGIO

ALLA RIVISTA:

«CONFRONTI» REGIONE LOMBARDIA

VIA FABIO FILZI, 22 - 20124 MILANO

TEL. 02/67654740

ABBONAMENTO ANNUO 1991

PER SEI NUMERI L. 100.000

PREZZO PER COPIA L. 21.000

(ARRETRATI IL DOPPIO)

(6)

CESARE RUPERTO

GLI ONORARI DI AVVOCATO

E DI PROCURATORE

IX EDIZIONE

RIFATTA E AGGIORNATA

COL DM. 24 NOVEMBRE 1990, N. 392

Commento del sistema normativo con tavole prospettiche

8°, p. XII-216, L. 20.000

906

(7)

V

L'ORDINAMENTO TRIBUTARIO ITALIANO

MARIO MACCARONE

TEORIA E TECNICA

DELLE

IMPOSTE SUI REDDITI

seconda edizione

Questa nuova edizione, completamente rielaborata in seguito all'ema-nazione del Testo unico, tiene conto anche delle più recenti norme in materia, nonché dei più significativi orientamenti dottrinali, ammini-strativi e giurisprudenziali.

Volume primo

L'imposta sul reddito delle persone fisiche

Volume secondo

L'imposta sul reddito delle persone giuridiche L'imposta locale sui redditi

Disposizioni comuni e varie

8°, due voli, di complessive p. XVIII-1164, L. 100.000

124

(8)

I S E L

ISTITUTO DI DOCUMENTAZIONE, RICERCHE E DI FORMAZIONE PER GLI ENTI LOCALI - PALERMO

GUIDA TEORICO-PRATICA

PER IL CONTO GIUDIZIALE

DEGLI ENTI LOCALI

CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA SICILIA Sommario:

Premessa sul giudizio di conto per gli enti locali (S. Buscema) - Peculiarità del sistema normativo per la Sicilia (F. Iraci) - La struttura del conto a redazione normale o meccanizzata (F. Bruno) - Atti e documenti da allegare o collegati al conto consuntivo (F. Bruno) - Gli adempimenti del Tesoriere e del Ragioniere (F. Bruno) - Gli adempimenti della Giunta e del Consiglio sul conto consuntivo dell'Ente locale (A. Buscema) - Il giudizio per resa di conto (F. Iraci) - La relazione dei revisori (F. Bruno) - L'accertamento dei debiti fuori bilancio (L. Principato) - Il controllo della deliberazione da parte dell'organo regionale di controllo (C. Galtieri) - L'azione popolare (L. Principato) - L'instaurazione del giudizio (A. Buscema, L. Principato) - L'istruttoria presso la Sezione giurisdi-zionale (A. Buscema) - L'istruttoria presso la Sezione giurisdigiurisdi-zionale successi-vamente alla riforma dell'ordinamento degli enti locali (A. Buscema) - Il decreto di discarico (F. Iraci) - Il giudizio (il problema della costituzione del tesoriere) (F. Iraci) - I rimedi contro la decisione di primo grado (F. Iraci) - APPENDICE: Giurisprudenza della Corte costituzionale, della cassazione e delle SS.RR. della Corte dei conti.

8°, p. X-292, L. 30.000

709

(9)

VII

Francesco Capriglione Vincenzo Mezzacapo

CODICE

COMMENTATO

DELLA BANCA

Disciplina generale

Le profonde trasformazioni che nell'ultimo decennio hanno interessato il settore creditizio sottolineano l'utilità di una nuova ordinata raccolta delle leggi vigenti in materia.

Il criterio seguito nella impostazione del presente "codice" è stato quello di illustrare i diversi aspetti della regolamentazione pubblicistica del cre-dito; dalla identificazione dei princìpi costituzionali, che ne sono alla base, all'analisi delle più recenti disposizioni (fino alla legge 19 marzo 1990, n. 55) concernenti gli intermediari creditizi. In tale contesto un posto di rilievo assume la disciplina comunitaria, che registra ed evidenzia, tra l'altro, il progressivo spostamento dell'attività degli enti bancari da uno schema tradizionale di intermediazione creditizia ad un'operatività che è ormai pienamente innestata nel mercato finanziario. L'analisi di tale normativa e delle relative disposizioni nazionali di recepimento consente di valutare fino a che punto il processo di integrazione economica europea interagisca

sulle banche italiane, contribuendo al diffondersi di una nuova cultura della concorrenza ed all'affermazione degli strumenti introdotti dall'inno-vazione finanziaria.

Gli indici sommario, normativo e analitico, che corredano l'opera, facilitano qualsiasi tipo di ricerca.

Sommario:

Costituzione della Repubblica - Legge bancaria - Altri provvedimenti nazionali - Regioni - Disciplina comunitaria - Accordi interbancari.

16°, due tomi ril. di complessive p. XXIV-2364 L. 200.000

434

(10)

MANUALI DI FORMAZIONE E DI CONSULTAZIONE PROFESSIONALE

LUIGI PUDDU

LA TESORERIA UNICA

E CENTRALIZZATA

DEGLI ENTI PUBBLICI

Sommario:

La gestione accentrata della tesoreria - Il sistema pubblico

di tesoreria - Il sistema di tesoreria unica dello Stato e

degli altri enti pubblici - Gli enti pubblici non aventi

teso-reria unica e caratterizzati dal vincolo di deposito presso la

tesoreria dello Stato di parte delle proprie disponibilità

liquide - Gli obblighi del tesoriere e le anticipazioni di

tesoreria -1 mandati ed il loro pagamento - Gli ordinativi di

incasso e le quietanze del tesoriere.

8°, p. X-146, L. 15.000

325

(11)

L'« OFFICINA » DI BENVENUTO GRIZIOTTI (*)

Qualche anno fa ho parlato brevemente in quest'aula nelle giornate per il centenario di Cesare Angelini, che fu molto vicino a Benvenuto Griziotti e che fu tra gli amici che illuminarono i miei anni pavesi. Di quegli amici ne voglio ricordare qui un altro, Fau-sto Ardigò, anch'egli operoso nell'officina di Griziotti, quale colla-boratore, per la parte giuridica, alla Rivista di diritto finanziario e

scienza delle finanze. Voglio ricordarlo perché, dopo la morte re-cente di Gianfranco Contini, il suo più grande amico che scrisse di lui con penetrante intelligenza e con intensità di affetto, siamo ri-masti assai pochi ad avere memoria delle sue qualità di giurista, ma soprattutto a ripensare, e a ritrovare nelle sue splendide lette-re, la cultura e il gusto e la comprensione della letteratura, la ric-chezza profonda del suo sentimento della vita, il dono della sua amicizia.

Gli anni pavesi dal 1938 al 1941 sono stati un momento fonda-mentale della mia formazione di studioso e di uomo. Per questo è commossa la mia gratitudine al Rotary e alla commissione del pre-mio nella quale ha avuto tanta parte Emilio Gerelli. Del prepre-mio che lega il mio nome a quello del mio maestro e che per me è come un ponte dalla mia età avanzata verso gli anni della giovinezza che sento tanto vicini se rifletto a quanto sono vivi i miei ricordi di per-sone e di cose della Pavia di allora.

Apprezzo molto che il premio Cardano si richiami ai maestri dell'Ateneo pavese nel passato. Questo significa consapevolezza che la sostanze e la giustificazione di un'università sono i suoi mae-stri. Questa verità è stata ed è offuscata dal gran polverone che da qualche decennio si è levato attorno all'università italiana. Eppure alla lunga non c'è ragione più solida dell'esistenza di un'università che la possibilità di lavoro e di insegnamento che essa ha dato e dà ai suoi maestri.

(*) Parole lette il 12 aprile 1990 nell'Aula foscoliana dell'Università di Pa-via, in occasione del conferimento del Premio Cardano del Rotary Club di Pavia.

(12)

Dai veri maestri, anche se i loro tempi sono lontani, si possono sempre ricavare lezioni profonde. E nel caso di Benvenuto Griziot-ti la sua opera e il suo insegnamento sono parGriziot-ticolarmente vivi.

È viva, e sotto la direzione di Emilio Gerelli ed Enrico Allorio mantiene le tradizioni che le sono proprie e che le hanno valso si-gnificativi riconoscimenti internazionali la Rivista di diritto

finan-ziario e scienza delle finanze che Griziotti ha fondato nel 1937.

È vivo, anche se è confluito nel Dipartimento di economia pubblica e territoriale, l'Istituto di finanza che Griziotti ha ideato e realizzato con l'appoggio della Camera di commercio pavese, e che rimane esempio molto raro della capacità di uno studioso di richia-mare sul lavoro dell'università l'attenzione del mondo delle attività produttive, e della capacità di un'istituzione economica di risponde-re a quel richiamo con intelligenza e disinterisponde-resse.

La confluenza dell'Istituto di finanza nel Dipartimento di eco-nomia pubblica può essere visto come un segno dell'ampliarsi, dai tempi di Griziotti ad oggi, del campo degli studi finanziari e della caduta degli steccati tra la scienza delle finanze ed altre discipline economiche e sociali.

Per Griziotti la scienza delle finanze era lo studio dei criteri di-stributivi delle pubbliche entrate, ed anche per gli altri studiosi suoi contemporanei il campo non era molto diverso. Anche il capo-lavoro della scienza delle finanze italiana nei primi decenni del No-vecento, i Principi di economia finanziaria di Antonio De Viti de Marco, un altro maestro dell'università pavese, a parte poche, se pur fondamentali pagine sulle decisioni finanziarie, è un trattato delle tasse, delle imposte e delle entrate straordinarie. Da quei tempi è in corso un processo di integrazione tra lo studio delle en-trate e lo studio delle spese pubbliche, necessario perché soltanto per questa via si può cogliere il significato effettivo della manovra finanziaria, come determinante della ripartizione delle risorse e della distribuzione del reddito. Anche il Griziotti, in uno dei suoi ultimi scritti riconosceva che « la scienza delle finanze debba com-prendere lo studio delle spese pubbliche accanto a quello delle en-trate » (1).

(13)

— 4 7 3

—-Ma più specificamente, l'enorme sviluppo dell'attività finanzia-ria dai tempi della giovinezza di Griziotti, e anche da quelli della sua maturità, ha aperto nuovi temi di indagine, dalla finanza della sicurezza sociale, all'economia sanitaria, all'economia dell'educa-zione, alla teoria delle imprese pubbliche.

Ad abbattere steccati attorno al campo della scienza delle fi-nanze contribuisce anche l'affidamento di funzioni di redistribuzio-ne e di controllo redistribuzio-nell'uso delle risorse non soltanto agli strumenti tradizionali delle entrate e delle spese pubbliche, ma a forme di re-golazione (disciplina urbanistica; regime delle locazioni; legislazio-ne del lavoro; controllo degli inquinamenti) che sui bilanci pubblici non hanno effetti diretti, o li hanno soltanto di rilevanza secondaria. L'evoluzione dei fatti e lo sviluppo del lavoro teorico richiedo-no quindi che la scienza delle finanze sia integrata nella teoria eco-nomica (ben al di là di quanto è sempre accaduto per la teoria degli effetti delle imposte) e nella teoria della politica economica.

Lo studio della politica del bilancio e del debito pubblico va in-serito nel quadro generale della macroeconomia e della teoria e po-litica monetaria. Lo studio dei modi nei quali si determinano le de-cisioni finanziarie non può non fare i conti con il grande sviluppo recente della teoria delle scelte pubbliche (anche se si può dubitare che questo sviluppo, con le sue complicazioni, ci aiuti a compren-dere la realtà molto meglio delle formulazioni del De Viti de Mar-co, semplici ma permeate di profondo realismo e di lucida intelli-genza). La valutazione e la teoria normativa dell'attività finanziaria rientrano (anche se ne costituiscono forse il contenuto più impor-tante) nella economia del benessere. La tassazione degli inquinatori non può essere studiata fuori della considerazione complessiva del-l'economia dell'ambiente e degli strumenti alternativi di controllo delle emissioni. E gli esempi potrebbero continuare.

(14)

i Miti e paradossi della giustizia tributaria, che egli considerava il suo trattato, hanno per oggetto i tributi).

E nel campo della teoria della ripartizione dei tributi il pensie-ro di Benvenuto Griziotti è ancora denso di insegnamenti attuali. L'ampio lavoro giovanile sull'imposizione dei sovraredditi e degli incrementi di valore, contiene un'analisi ancora assai utile del po-sto di tale imposizione nel sistema dei principi distributivi delle im-poste ed una discussione esemplare dei suoi effetti. E per il proble-ma sempre attuale della imposizione dei guadagni di capitale è rile-vante anche il saggio del 1918 sulla teoria dell'ammortamento delle imposte e sue applicazioni. In esso il Griziotti svolge quella che, in-sieme con i contributi contemporanei dell'Einaudi e del Borgatta, rappresenta ancora la più approfondita critica della tesi prevalente secondo la quale l'imposta generale sul reddito non si capitalizza. Questo apparentemente astratto problema teorico condiziona la questione della imposizione dei guadagni di capitale, perché a se-conda che l'imposta generale si capitalizzi o no ne segue che gli in-crementi di valore sono — o non sono — già decurtati dalla diminu-zione dei valori capitali conseguente all'applicadiminu-zione dell'imposta sul reddito.

Sempre rilevante è l'altro saggio del Griziotti sulla diversa pressione tributaria del prestito e dell'imposta (1917) nel quale, contro la tesi ricardiana, che, sia pure in prima approssimazione, sostiene l'indifferenza del soggetto tra imposta straordinaria e pre-stito, si afferma la diversità di pressione argomentando sulla base dei contrasti di interesse entro ciascuna generazione di contribuen-ti, e del fatto che gli individui di ogni generazione derivano da una parte soltanto degli individui della generazione precedente. La qualità intellettuale di questo saggio è stata riconosciuta da James Buchanan, che da esso è partito per avviare trent'anni fa la ripresa del dibattito, tuttora molto attivo, attorno alla tesi ricardiana.

(15)

nell'impor-— 4 7 5 nell'impor-

—-tanza predominante delle società per azioni e delle associazioni tra imprese; negli sviluppi demografici e nell'urbanismo; nello sviluppo dei sindacati operai; nel suffragio universale e nell'accresciuta im-portanza dei partiti politici.

In queste trasformazioni il Griziotti trovava le ragioni di crisi dell'imposta personale sul reddito, che era sorta quando la produ-zione era prevalentemente opera di imprese individuali che agiva-no in ambiti nazionali. Lo sviluppo delle società per azioni e delle imprese internazionali conduceva a « una grande disuguaglianza nell'applicazione del tributo che al contrario avrebbe l'ambizione di toccare il più alto grado di giustizia tributaria » (2). E aggiungeva il Griziotti: « con le false opinioni che in materia di imposte si forma-no i tribuni del popolo e gli improvvisati dilettanti di politica finan-ziaria è facile che l'imposta sul reddito complessivo si presti ad es-sere arma demagogica » (3).

Va qui rilevata l'onestà intellettuale del Griziotti il quale era convinto della possibilità di estendere l'azione dello Stato con razio-nalità ed efficacia, ma non si nascondeva gli inconvenienti e gli aspetti negativi che tale azione manifestava in concreto. Già qual-che anno prima, commemorando Pantaleoni e richiamandosi alle « Considerazioni sulle proprietà di un sistema di prezzi politici », aveva indicato i « limiti entro cui devono contenersi le imposte per non soffocare od ostacolare il sistema dei prezzi economici, da cui derivano i redditi e sul quale, con carattere parassitario, esse si innestano » (4).

E che nonostante la sua fiducia nell'estensione delle funzioni dello Stato, Griziotti non fosse un giurista dell'imperatore, è docu-mentato dal suo lungo lavoro sulla causa giuridica dell'imposta os-sia sulla correlazione tra l'imposta e « la partecipazione o anche la sola possibilità di partecipazione ai vantaggi derivanti dai servizi generali dello Stato » (5). Questo lavoro mirava ad allargare quanto

(2) Nuovi orientamenti nei sistemi tributari, in Festgabe fiir Georg von Schanz, Tubingen, 1928, ristampato in GRIZIOTTI B . , Studi di scienza delle finanze e diritto finanziario, Milano, 1956, voi. II, p. 434. Anche i lavori del Griziotti

cita-ti nel testo senza dacita-ti bibliografici, sono ristampacita-ti nei due volumi di quescita-ti Studi.

(3) Nuovi orientamenti, cit., p. 439.

(4) Le opere finanziarie di Maffeo Pantaleoni, in Giornale degli economisti,

marzo 1925, ristampato in Studi, cit., voi. II, pp. 506-7.

(5) Intorno al concetto di causa nel diritto finanziario, 1939, ristampato con

(16)

apprez-più possibile l'area della razionalità nella costruzione e nell'inter-pretazione delle leggi d'imposta; e a denunciare i margini d'arbi-trio, anziché accettarli con ossequio passivo al principio di autorità.

La crisi dell'imposizione personale sul reddito è ancora con noi, come abbiamo constatato nel convegno pavese del 1983 dedi-cato a questo tema (6). Ed è accentuata, per la maggiore rilevanza delle ragioni di crisi, in parte già individuate dal Griziotti. È forte-mente cresciuto il numero dei contribuenti, e quindi sono più gravi le difficoltà amministrative. Sono aumentate le aliquote. L'interna-zionalizzazione della vita economica ha continuato ad accentuarsi. Sempre più complessi e sempre meno definibili si fanno i rapporti tra reddito, comunque accertabile, e potere economico e benesse-re. Sempre più dubbia è la semplice teoria dell'incidenza (il contri-buente di diritto non può trasferire su altri l'onere dell'imposta) che è una delle basi dell'ideologia dell'imposta personale sul reddito. La tendenza alla contrattazione di stipendi e salari al netto è una delle prove della debolezza di quella teoria dell'incidenza. I gover-ni insistono nell'appesantire e complicare l'applicazione dell'impo-sta rendendo caotiche e arbitrarie la legislazione e l'amministrazio-ne, e sempre più oneroso l'adempimento degli obblighi fiscali. Non soltanto in Italia, ma in paesi dove la reputazione del costume fi-scale è — a torto o a ragione — molto migliore che da noi, si hanno indizi preoccupanti che le imposte progressive spingono all'espan-sione dell'economia sommersa e del « fare da sè » o addirittura al regresso verso il baratto.

Einaudi parlerebbe, con giustificato disprezzo, di « satinasi fi-scale » e Griziotti troverebbe ragioni più ampie per formulare le sue critiche.

Movimenti nelle direzioni auspicate dal Griziotti non sono mancati in questi ultimi anni: non soltanto da noi ma in Gran Bre-tagna, negli Stati Uniti e in altri paesi, sono state notevolmente ri-dotte le aliquote massime delle imposte progressive sul reddito. Più timidamente da noi, ma più decisamente altrove, si è passati da una struttura di aliquote progressive per scaglioni piuttosto ristret-ti, a una struttura più semplice, costituita da un ampio scaglione

zamento dell'Einaudi per la ricerca causale del Griziotti, in EINAUDI L.,

Prefazio-ne a GRIZIOTTI B . , Studi, cit., v o i . I , p . VII SS.

(6) I lavori sono pubblicati nel volume curato da GERELLI E. e VALIANI R . ,

(17)

— 4 7 7

—-iniziale nel quale rientra la maggior parte dei contribuenti (i quali, se non passano i limiti dello scaglione, sono soggetti in realtà a una imposta proporzionale) e pochi, o addirittura un solo scaglione, ad aliquota più elevata. L'affermazione di questa struttura fa dubitare che sia stata opportuna la soppressione, nel nostro sistema, con la riforma del 1973, di un'imposta proporzionale di base (la ricchezza mobile) e di una imposta progressiva (la complementare) con un numero di contribuenti piuttosto limitato. La tendenza a sottoporre larga parte dei redditi da lavoro a una imposizione che in sostanza è proporzionale non risponde soltanto alle pressioni dei sindacati, il cui entusiasmo per le imposte progressive sul reddito si è smorzato quando queste sono state estese alla quasi totalità dei redditi di la-voro. Ma risponde anche all'opportunità di eliminare gli effetti per-versi che si hanno quando elevate aliquote marginali di imposta si applicano in tutto il campo dei redditi di lavoro. Era stato anticipa-to da Goode nel 1952 e da Lundberg nel 1953 (7) che in condizioni inflazionistiche i sindacati avrebbero cercato di scontare nella con-trattazione salariale tanto l'aumento del livello dei prezzi quanto l'aumento delle aliquote dell'imposta connesso all'accrescersi del salario nominale. Evitare questo meccanismo di inflazione da im-posta è stata certo una ragione fondamentale per le riforme, che ho ricordato, della struttura della progressività.

Altre proposte avanzate dal Griziotti nel saggio del 1928 sono tuttora dibattute: così soprattutto il passaggio all'imposta personale sul reddito consumato (il cui accertamento il Griziotti avrebbe affi-dato in una certa misura a metodi indiziari).

Ma una proposta, l'imposta sulle società, è stata attuata ed è rimasta nel nostro sistema tributario. E l'influenza del Griziotti in questo caso è stata diretta, perché l'introduzione dell'imposta sulle società fu opera di Ezio Vanoni, l'allievo che più di ogni altro ha saputo ispirarsi alle idee del maestro e che ha avuto la possibilità di prenderle a base della sua azione di governo. Vanoni dette all'im-posta sulle società una formulazione che fu poi abbandonata, ma che era ingegnosa. Si trattava della combinazione di un'imposta sul valore patrimoniale della società iscritto a bilancio e di una imposta

(7) GOODE R., Inflationary Implications of Alternative Forms of Taxation,

in American Economie Review, Papere and Proceedings, May 1952, p. 157 ss.;

LUNDBERG E . , Business Cycles and Economie Policy, London, 1957 (l'originale

(18)

sull'eccedenza del reddito prodotto rispetto al reddito risultante dall'applicazione di un tasso fisso al patrimonio dichiarato. In que-sto modo si spingeva a dichiarazioni più realistiche dei valori patri-moniali perché valori bassi avrebbero fatto risparmiare dal lato dell'imposta sul patrimonio, ma a spese di un aggravio più che cor-rispondente dell'imposta sull'eccedenza di reddito.

Ma in complesso le condizioni di crisi delle imposte personali sul reddito, e in generale dei sistemi tributari, permangono e si de-ve constatare il persistere della scarsa capacità di pensare e di rea-lizzare l'adeguamento delle nostre imposte ai mutamenti delle con-dizioni nelle quali esse operano e, si aggiunga, all'estensione della funzione delle imposte che sono, e si vogliono, molto più ampie di quel che non era nella fase formativa delle imposte sul reddito, quando, al di fuori dei dazi protettivi, la funzione regolatrice delle imposte era pressoché inesistente.

Di fronte alla scarsa capacità delle forze politiche, ed anche dell'opinione scientifica, di adattare i sistemi tributari ai mutamenti economici e sociali, rimane esemplare la lezione del Griziotti di porsi di fronte ai problemi delle imposte senza pregiudizi e con at-tenzione alla realtà. Del resto il confronto con la realtà pervade tutta l'opera di Benvenuto Griziotti. Lo rilevò molto bene il Vano-ni: « il realismo del Griziotti non si arresta semplicemente al pro-blema dell'adeguamento degli schemi teorici alla realtà dei fatti. Questo adeguamento per il Griziotti ha uno scopo pratico che illu-mina di luce ideale l'opera razionale dello studioso: la scienza deve servire come strumento di progresso degli istituti umani » (8). In effetti si attaglia molto bene al Griziotti una frase detta di sé dal suo prediletto Romagnosi che amava « di conoscere con certezza solo per agire con efficacia » (9). Di qui il suo profondo interesse per l'analisi giuridica quale tramite per lavorare non su schemi astratti ma sui dati concreti dei fenomeni finanziari. Di qui la sua costante convinzione (fino dagli anni giovanili in cui ebbe in questo senso dal Pantaleoni una memorabile lezione che ricordava sempre ai suoi allievi (10) che sono più importanti le indagini capaci di

in-(8) Prefazione al II volume di GRIZIOTTI B., Studi, cit., p. v.

(9) Citato da GREENFIELD K . R . , Economia e liberalismo nel Risorgimento,

Bari, 1940, p. 414.

(10) La lezione è ricordata nel mio Alla scuola di Benvenuto Griziotti, in

(19)

— 4 7 9

—-terpretare la realtà, che non le indagini nelle quali il rigore analiti-co non si acanaliti-compagna alla rilevanza. Accanto agli aspetti giuridici della finanza, gli aspetti politici: il Griziotti non ha mai dimenticato che i fenomeni della finanza non si svolgono nel vuoto politico e che quindi non possono essere compresi e controllati da logiche che al dato politico non facciano posto. Ho ricordato altre volte che questa posizione si ritrova in Keynes che nel 1944 a un autore che gli ave-va sottoposto un'analisi formalistica del problema dell'inflazione da piena occupazione scriveva: « Non dubito che sorgerà un serio pro-blema politico sul come contenere i salari quando si avrà una com-binazione di contrattazione collettiva e di piena occupazione. Ma non so quanta luce il metodo analitico che voi impiegate possa get-tare su questo che è essenzialmente un problema politico » (11).

Il richiamo costante al realismo e alla rilevanza è certamente una delle lezioni essenziali che ci ha lasciato Benvenuto Griziotti. L'altra, a mio parere, è la sua consapevolezza, che come egli scri-veva già in uno scritto giovanile, « nel campo economico e sociale due principi opposti sono attivi: il principio della lotta e quello della solidarietà di interessi. Nessuno dei due è riuscito a escludere l'al-tro e un riflesso di questa coesistenza si ha pure nei fenomeni tribu-tari » (12). Questa consapevolezza mostra che non c'è contraddizio-ne tra i lavori, come quello sul debito pubblico, contraddizio-nei quali Griziotti pone in evidenza i divergenti interessi dei gruppi dentro la colletti-vità e nega la validità delle analisi condotte dal punto di vista della collettività come un tutto, e tanta parte della sua opera fondata sul-l'affermazione del principio della solidarietà.

Griziotti non ha dato indicazioni decisive su come progredire nella conciliazione di questi due aspetti autentici della realtà socia-le. Ma la lucidità con cui egli ha individuato questa contrapposizio-ne ha ancora molto da insegnarci in questi anni, quando la compo-sizione, che le parti considerano troppo costosa, dei conflitti di

inte-(11) Riportato da ROBINSON E . A . G . , J.M. Keynes: Economìst, Author, Sta-lesman, in Economie Journal, June 1972, p. 540.

(12) Le imposte sugli incrementi di valore nei capitali e sulle rendite dei redditi (1910), nella ristampa in Studi, cit., voi. I, p. 147. Si confronti questa

as-serzione del giovane Griziotti con l'affermazione dell'Einaudi maturo, a conclu-sione di una delle più belle tra le Prediche inutili, che « i due principi della

(20)

resse attraverso la lotta è spesso sostituita non da un'applicazione ragionata di criteri di solidarietà, ma dalle pressioni corporative sui governi che sono spinti alla ricerca della pace sociale mediante l'aumento incontrollato della spesa pubblica e dei disavanzi.

Chi è stato alla scuola di Benvenuto Griziotti può dunque testi-moniare la validità del metodo e la ricchezza del contenuto scienti-fico del suo insegnamento. Ma può soprattutto testimoniare il valo-re morale di questo insegnamento: l'esempio della dedizione agli studi e alla scuola misurata non soltanto in termini del tempo che ad essa dedicava, ma anche in termini della gelosa priorità che ad essi conferiva sopra qualunque impegno che avrebbe potuto com-promettere l'indipendenza dello studioso e del maestro. E l'esem-pio di fare scuola come scuola di libertà intellettuale. Vorrei così concludere anche oggi, come feci nella commemorazione in questa università, con un giudizio di Luigi Einaudi: « Se teoremi e corolla-ri degli scolacorolla-ri non sono... sempre collegati con quelli del maestro, se non sempre i lavoratori della scuola danno ai vari fattori econo-mici, politici e amministrativi del problema studiato un peso identi-co a quello che sarebbe stato preferito da lui, non è questa la prova più alta del valore del suo insegnamento? Quale più sapido frutto dell'opera sua poteva desiderare chi la vita sacrò alla scuola e alla ricerca della verità? » (13).

SERGIO STEVE

(13) EINAUDI L., Ricordo di Benvenuto Griziotti, in questa Rivista,

(21)

STRUMENTI ECONOMICI PER LA TUTELA DELL'AMBIENTE.

IL CASO DELLE MODIFICAZIONI IRREVERSIBILI (*)

SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Gli elementi del problema. - 2.1. Il rapporto energia-ambiente. - 2.2. Il contrasto tradizionale tra obiettivi energetici e ambientali. — 3. Strumenti economici e politica ambientale. - 3.1. Scelte irreversibili: aspetti tecnici di un problema etico. - 3.2. La scelta degli stru-menti e il ruolo degli economisti. - 3.2.1. Le basi logiche della preferenza per gli strumenti economici. - 3.2.2. Il ruolo degli economisti nella politica ambientale. — 4. Le imposte sui fattori produttivi: il caso dell'energia. -4.1. Aspetti generali. - 4.2. Le imposte sull'energia. — 5. Osservazioni conclusive.

1. Introduzione.

L'intenzione principale di questo lavoro è quella di sottoporre alla riflessione comune alcuni punti che riteniamo cruciali per una analisi economica dei problemi ambientali. Alla base delle argo-mentazioni contenute nel testo, vi è pure la convinzione che sia possibile per gli economisti formulare delle analisi che riproponga-no in modo convincente l'opportunità che in materia ambientale il problema della allocazione efficiente vada affrontato in modo più consapevole e meno impulsivo di quanto sia avvenuto in passato.

Due sono i problemi di fondo che intendiamo discutere, anche se solo per grandi linee. Il primo è quello di considerare in che mo-do l'analisi economica cerca di fare fronte ai problemi posti dai fe-nomeni di degrado ambientale, che, sulla base delle conoscenze at-tuali, sono ritenuti irreversibili. Il secondo è costituito dalla neces-sità di riesaminare le ragioni che tradizionalmente suggeriscono al-l'economista di proporre l'utilizzo di strumenti economici, e di con-trastare la regolamentazione amministrativa, nel trattare dei pro-blemi ambientali. Collegata a questo problema c'è la necessità di

(22)

indagare su quali siano gli elementi e le circostanze che hanno de-terminato una così scarsa applicazione degli strumenti economici nella politica di tutela dell'ambiente.

Questi problemi necessitano una riflessione approfondita per-ché, a nostro avviso, sono responsabili più di altri della difficoltà di rendere convincenti argomentazioni e criteri di valutazione che so-no generalmente accettati tra gli ecoso-nomisti. La comprensione di come sia stato possibile che, nonostante una comunanza di vedute, gli strumenti economici non abbiano avuto l'impiego così nettamen-te raccomandato, è una condizione necessaria per dare un contri-buto valido in un campo che, a giudicare dai problemi, necessita di molti validi suggerimenti. La preferenza degli economisti per l'uso di strumenti economici è ben nota e autorevolmente sostenuta:

« Qualsiasi sistema di imposizione crea una miriade di incentivi per gli individui e per le imprese, verso un cambiamento nei loro comportamenti economici. Il problema è che la maggior parte di questi cambiamenti sono dannosi. Essi causano distorsioni nel fun-zionamento del sistema economico, col risultato di produrre delle perdite in termini di benessere sociale » (1).

Contrariamente, le tasse ambientali trovano il loro elemento di forza nel fatto che gli aggiustamenti così determinati vanno proprio nella direzione voluta, quindi:

« La tassazione per fini ambientali costituisce una componente di grande interesse per il sistema tributario. (...) Questo tipo di im-poste ha un vantaggio essenziale: non solo fornisce un sistema di protezione per l'ambiente, ma può essere impiegato per procurare un gettito in sostituzione di altre imposte che creano distorsioni nel funzionamento del sistema economico » (2).

Nonostante l'apparente chiarezza del ragionamento e delle motivazioni, questo messaggio ha trovato solo in anni molto recenti qualche sporadica applicazione. Probabilmente, proprio gli econo-misti sono responsabili di avere sottovalutato altri aspetti, diversi dal problema dell'efficienza allocativa, che però possono spiegare come mai nella pratica vi sia un così basso ricorso allo strumento della tassazione per fronteggiare i problemi in campo ambientale.

(1) Cfr. OATES W . E . , Taxing Pullution: An Idea Whose Time Has Come,

in Resources, 1988, 91, pp. 27-31.

(23)

— 4 8 3

—-Nel prossimo paragrafo sono riportati in modo molto conciso quegli aspetti del problema del cambiamento climatico che a nostro modo di vedere sono essenziali per una visione in termini di analisi economica. Il collegamento che c e tra l'effetto serra e le principali attività economiche, è brevemente descritto con l'intento di mo-strare come il consumo di energia sia l'attività economica principal-mente responsabile di questo effetto (par. 2.1). La situazione che si è venuta a creare, specie in campo energetico, è il risultato anche, e in modo evidente, di un contrasto tra obiettivi di politica energe-tica e obiettivi di tutela ambientale (par. 2.2).

Nel par. 3 vengono esaminati due punti che, in modo diverso, risultano condizionare fortemente la possibilità di utilizzare gli stru-menti economici. In particolare, si considera il problema di come integrare i consueti metodi di valutazione dei progetti quando dalle decisioni attuali scaturiscono effetti irreversibili sull'equilibrio na-turale (par. 3.1). Successivamente, si esamina un insieme di argo-mentazioni che, suggerite da più parti e in contesti diversi, tentano di spiegare lo strano fenomeno per il quale in campo ambientale quando gli economisti propongono l'utilizzo degli strumenti econo-mici e delle tasse in particolare, essi vengono sistematicamente po-co aspo-coltati (par. 3.2). Dalle argomentazioni di questo paragrafo si cerca di trarre quelle indicazioni che permettono di definire in mo-do più convincente un sistema di tassazione dell'energia per finalità ambientali (par. 4). Alcune considerazioni conclusive sono esposte nel paragrafo finale.

2. Gli elementi del problema.

La struttura termica dell'atmosfera terrestre sta subendo dei cambiamenti repentini a causa di un insieme di gas che contribui-scono ad accrescere l'effetto serra. Il problema dell'aumento della temperatura è stato, dopo una iniziale sorpresa, riconosciuto quale principale causa di squilibrio del sistema naturale a livello mondia-le (3). Nonostante tutta l'incertezza che caratterizza mondia-le previsioni in

(24)

questo campo, vi è un sostanziale accordo nel ritenere che i livelli di C 0 2 saranno entro i prossimi 30-40 anni più che doppi rispetto a quelli che si stima ci fossero immediatamente prima della rivoluzio-ne industriale (4).

Sebbene queste stime siano circondate da un campo di incer-tezza veramente notevole, vi è un aspetto del fenomeno che non permette di attendere per valutazioni più precise. Infatti, la comu-nità scientifica generalmente ritiene che la componente di inerzia sia notevole in questo campo: a causa dell'effetto parzialmente compensativo degli oceani, l'aumento della temperatura osservato in un certo momento risulta inferiore all'aumento che tende a veri-ficarsi nel lungo periodo in una situazione di steady state. La diffe-renza tra queste due tendenze costituisce una sorta di aumento già avvenuto ma non ancora manifesto (5). Per questa ragione la valu-tazione dell'effetto serra non può avvenire sulla base di quello che si è già verificato, ma sulla base di quanto è probabile che si verifi-chi dati i cambiamenti strutturali già avvenuti nel sistema ecologi-co (6). Ed è sulla base di queste valutazioni che ecologi-comunemente si ri-tiene plausibile un aumento della temperatura tra 1 e 2 gradi entro

EVEREST D . A . , The Greenhouse Effect: Issue for Policymakers, Joint Energy

Programme Royal Institute of International Affairs, and the Policy Studies Insti-tute, 1988, London; Enep-Wmo, The Changing Atmosphere: Implication for Glo-bal Security, Proceedings of the Toronto Conference, World Meteorological

Orga-nisation, 1988, Geneva.

(4) Cfr. COLOMBO U . , Energia e ambiente, in Una politica per l'ambiente in Italia: prospettive e realizzazioni, Atti dei Convegni Lincei, Accademia Nazionale

dei Lincei, 1990, Roma; Unep - Global Environment Monitoring System and The Beijer Institute, op. cit.

(5) Cfr. BROECKER W . S . , Unplesant Surprises in the Greenhouse?, in Natu-re, 1989, 328, pp. 123-126.

(6) La valutazione delle conseguenze dell'effetto serra tramite l'impiego di modelli matematici della circolazione atmosferica, indica una probabilità pari al 50 percento che si verifichi una crescita costante della temperatura tra 1,5 e 4,5 gradi centigradi nel caso di un raddoppio della concentrazione di C 0 2 (una sintesi accessibile dei risultati di questi modelli è in TANS P.P., FUNG I . Y . e TAKAHASHI T . , Observational Constraints ori the Global Atmospheric C 0 2 Budget, in Science,

247, March 1990, pp. 1431-1438). Come termine di riferimento può valere la pena di notare che la concentrazione di C 0 2 nel 1985 è stata di 346 ppmv (parti per mi-lione a volume), nel 1960 di 315 ppmv, nel 1958 di 280 ppmv, cfr. COLOMBO U.,

Energia e ambiente, op. cit., p. 13; EVEREST D . A . , The Greenhouse Effect, ..., op. cit. A questo si deve aggiungere che la concentrazione degli altri gas (metano,

(25)

— 4 8 5

—-il 2030 (7). Queste cifre nella loro apparente precisione non riesco-no, però, in alcun modo a rendere netti i contorni del fenomeno in termini di aumento della temperatura e si deve rilevare come nel mondo scientifico esista una notevole incertezza interpretativa del fenomeno (8).

Un primo problema da affrontare riguarda la difficoltà di pre-vedere le conseguenze in termini di mutamenti ecologici, e quindi in termini socio-economici. Su di un elemento si può tuttavia con-cordare sulla base del buon senso: le capacità di adattamento di-pendono dall'intensità e dalla celerità dei mutamenti in atto. Que-sto è vero specie per il settore agricolo, che pure è il settore essen-ziale per gran parte della popolazione terrestre. L'indicazione da trarre da queste sommarie considerazioni, è quella della necessità di contenere il ritmo di accentuazione dell'effetto serra, ed evitare repentini aumenti come quelli che si sono verificati negli ultimi de-cenni. Anche se nel mondo scientifico non è chiaro cosa debba in-tendersi per livello tollerabile di effetto serra, sembra inevitabile concludere che dato il modo di operare dei moderni sistemi econo-mici, un certo contenimento delle emissioni sia reso necessario.

2.1. Il rapporto energia-ambiente.

Una stima generalmente accettata assegna al settore energeti-co, per i prossimi 40-50 anni, la responsabilità per almeno il 50 per-cento delle emissioni gassose in termini di C02, protossido di azo-to, ozono, metano, Cfc ed altri. In termini delle componenti gasso-se dell'effetto gasso-serra il C 0 2 è responsabile per un buon 50 percen-to (9), i Cfc e simili gas per il 20 percenpercen-to, il metano per il 15

per-(7) Questa è la valutazione più diffusa, cfr. Unep - Global Environment Monitoring System and The Beijer Institute, op. cit.-, EVEREST D . A . , op cit.,

1 9 8 8 ; W A R R I C K P . D . , JONES P . D . e R U S S E L L J . E . , The Greenhouse Effect,

Clima-tic Changes and Sea Level: an Overview, Report To Expert Group on ClimaClima-tic Change and Sea Level Rise, Commonwealth Secretariat, 1989, London. Per

maggiori dettagli quantitativi, cfr. US DEPARTMENT OF ENERGY, Atmospheric Car-bon Dioxide and the Global Cycle, US Department of Energy, 1986, Washington,

D . C .

(8) Infatti, mentre proprio in termini di aumento della temperatura si è re-gistrato un aumento medio di oltre 0,5 gradi negli ultimi 80 anni, non è possibile affermare che questo sia dovuto essenzialmente all'effetto serra. Altre componen-ti possono determinare questo effetto, i cambiamencomponen-ti nel ciclo del sole potrebbero essere un esempio del tutto « naturale ».

(26)

predomi-cento e gli altri (ozono e protossido di azoto) per la rimanente parte del 15 percento. La responsabilità del settore energetico in termini percentuali è destinata, molto probabilmente, ad aumentare, se non altro perché alcune misure di contenimento dell'uso dei Cfc so-no già in atto, o stanso-no per essere messe in pratica sia da singoli paesi, sia soprattutto tramite accordi internazionali, quali il Proto-collo di Montreal per le sostanze che riducono lo strato di ozono, e relativamente all'Europa il Protocollo di Helsinki per le emissioni solforose (10).

Queste misure incideranno in modo particolare nel settore in-dustriale, che da solo è responsabile per circa l'80 percento delle emissioni in termini di Cfc. Ben poco si conosce al momento circa le ragioni degli aumenti che sono stati registrati in termini di quan-tità di metano e di protossido di azoto. Si ritiene che almeno per il metano una causa sia quella dell'aumentata attività agricola in mol-ti paesi del terzo mondo (11). Se questa è la causa certo è molto po-co plausibile ritenere che si possa fare qualpo-cosa di significativo in termini di riduzioni della quantità di metano (12).

Il problema principale è, quindi, quello delle emissioni di C02, in base alle conoscenze attuali del funzionamento dei sistemi eco-nomici, questo significa che il settore energetico è quello sul quale puntare l'attenzione. Questa indicazione viene resa più evidente dalla considerazione per la quale gli altri gas che contribuiscono al-l'effetto serra presentano problemi in un certo senso meno compli-cati. La riduzione dello strato di ozono riguarda essenzialmente al-cuni settori produttivi (quali il settore industriale in senso stretto, la

nanza va notato come dall'uso dei combustibili fossili derivi 5 X 10" chilogrammi di carbonio, mentre da altri fenomeni tra i quali il principale è quello della defo-restazione, la componente annua di carbonio è stimabile tra lo 0,6 ed il 2,6 X 10", cfr. sezione 6.5.1.6 in US DEPARTMENT OF ENERGY, Atmospheric Carbon Dioxide and the Global Cycle, 1986, op. cit.

(10) Con specifico riferimento al caso dei Cfc, è interessante notare come in Danimarca, dopo due anni di applicazione di una tassa e di una più stretta re-golamentazione all'uso di questi gas, il loro consumo sia diminuito del 40 percen-to, cfr. MAGNER J., Description of the Danish Cfc - Charge, nota presentata al Think Tank on Economie Instrument, Ministero per l'ambiente, Roma, 12

no-vembre 1990.

(11) Cfr. ALLEN R . M . e CHRISTENSEN J . M . , Climate Change and the Need for a New Agenda, in Energy Policy, Jan-Feb. 1990, pp. 14-24.

(12) D'altra parte proprio il processo di diffusione dell'uso del metano ten-de ad accrescere il suo ruolo nell'effetto serra a causa ten-delle sistematiche perdite, cfr. DAVISON A., Fossil Fuel Consumption and the Environment, Oxford Institute

(27)

— 4 8 7

—-produzione di energia elettrica, e il settore dei trasporti) e all'inter-no di questi alcune industrie molto concentrate caratteristiche dei paesi industrializzati che, si può sostenere, possiedono sia le cono-scenze che la possibilità economica di affrontare il problema in ter-mini di cambiamenti tecnologici e di sostituti già disponibili. Per quanto riguarda i Cfc e le altre emissioni (essenzialmente anidride solforosa) le conoscenze tecnologiche sono tali da rendere possibili in tempi brevissimi un loro cambiamento e una variazione delle so-stanze chimiche utilizzate in modo da eliminare completamente il problema (13).

Il problema del C 0 2 non è, invece, altrettanto semplice, sia perché tecnologicamente più complesso, sia perché la sua distribu-zione geografica è tale da richiedere che lo sforzo maggiore di ade-guamento venga dai paesi in via di sviluppo e dai paesi ad econo-mia pianificata nei quali è più difficile ottenere quei miglioramenti tecnologici che sono invece possibili nei paesi industrializzati del-l'occidente.

In termini molto generali si possono immaginare tre diversi metodi per affrontare il problema C 0 2 nel settore energetico. Il primo è quello, sempre più spesso additato come possibile soluzio-ne, che consiste nel « rimuovere » questi gas dai processi che li creano: essenzialmente produzione di energia elettrica ed impiego dei combustibili fossili quali carburanti. Nonostante l'indubbio inte-resse di una simile possibilità, sembra che i margini operativi effet-tivamente disponibili siano piccoli, e ci si possa attendere un contri-buto solo marginale da queste iniziative (14). I procedimenti tecno-logici di rimozione o abbattimento del C02, sebbene acquisiti nelle conoscenze scientifiche, implicano costi che sconvolgerebbero il funzionamento dei sistemi economici (15).

(13) La validità di queste alternative è confermata, tra l'altro, proprio dai significativi risultati delle misure restrittive adottate in Danimarca, cfr. MAGNER J., Description of the Danish Cfc - Charge, op. cit.

(14) Cfr. ALBANESE S.S. e STEINBERG M . , Environmental Control Technolo-gy for Atmospheric Carbon Dioxide: Final Report, Brookhaven National

Labora-tory, 1980, Upton, New York, Usa; EDMONDS J.A. et. al., Future Atmospheric Carbon Dioxide Scenarios and Limitatimi Strategies, Noyes Publications, 1986,

C A , Usa.

(15) A titolo di solo termine di riferimento si consideri che alcuni calcoli sommari per il caso di un abbattimento del 90 percento delle emissioni di C 0 2 , indicano un aumento dei costi dell'energia elettrica prodotta con combustibili fos-sili di oltre tre volte quelli attuali, cfr. Electric Power Research Institute, Techni-cal Assessment Guide, EPRI, 1988, Palo Alto C A , Usa. Su di un altro fronte è

(28)

Il secondo metodo è quello di uno spostamento dei sistemi pro-duttivi verso tecniche a più basso contenuto di carbonio, ossia di combustibili fossili. Questo è il metodo che finora è stato meno spe-rimentato, anche se un caso in cui esso ha efficacemente operato è sotto gli occhi di tutti. Gli aumenti repentini dei prezzi del petrolio nel 1973 e nel 1979 hanno indotto tutte le economie occidentali a ri-durre il contenuto energetico delle proprie produzioni. Inoltre, una indiretta conferma di queste possibilità viene dalla situazione delle economie pianificate, dove l'assenza di un sistema dei prezzi, che trasmette al mercato la relativa scarsità delle materie energetiche, ha perpetuato un sistema produttivo che in termini di consumo di energia per unità di prodotto è simile a quelli occidentali degli inizi della rivoluzione industriale. Le conoscenze scientifiche e tecnolo-giche possedute dai paesi industrializzati confermano l'esistenza di ampi margini per miglioramenti in termini di tecniche più efficien-ti (16). La quesefficien-tione della economicità di queste tecniche è una questione di prezzi delle materie prime energetiche. Ai livelli at-tuali dei prezzi degli idrocarburi, in mancanza di un sistematico in-tervento che obblighi i mercati a considerare l'elemento ambientale tra i costi di utilizzo delle risorse, non vi è un sufficiente incentivo a contenere l'intensità energetica dei sistemi produttivi.

Il terzo metodo è quello di trovare nuove fonti di energia che non abbiano effetti negativi sull'equilibrio ambientale. Questa pos-sibilità è, tuttavia, collegata a innovazioni e scoperte scientifiche che devono ancora verificarsi. Non vi sono, infatti, fonti di energia per le quali si possa prevedere uno sviluppo nei prossimi 30-40 an-ni tale da sostituire i combustibili fossili e così fermare l'effetto ser-ra. Da una parte, le fonti alternative di energia quali quella eolica, solare, geotermica, sono competitive in termini di costo rispetto a

teressante notare come simili calcoli svolti però con riferimento al problema del-1S02, mostrano che se si tenesse conto dei costi sociali delle piogge acide, il costo finale dell'energia dovrebbe essere più del doppio di quello attuale, cfr. HOHEME-YER O., Social Costs of Energy Consumption - External Effects of Electricity Ge-neration in the Federai Republic of Germany, Springer Verlag, 1988, Heidelberg.

(16) Le indicazioni in questo senso sono innumerevoli, tra tanti, cfr. OECD,

Energy Demand Analysis Symposium Proceedings, International Energy

Agen-cy, 1987, Paris; IAEE Conference, From Supply-side to Demand-side Energy Eco-nomics, Proceedings of the 1988 Norwegian IAEE Conference, Oslo-Kiel;

GOLDEM-BERG J. et al., Energy for a Sustainable World, World Research Institute, 1987,

(29)

— 4 8 9

—-quella nucleare solo in condizioni molto particolari (17). Dall'altra parte, la quota di energia termonucleare è ancora così piccola ri-spetto al totale di energia prodotta con metodi convenzionali, che anche un sensibile aumento dell'energia prodotta tramite questa fonte avrebbe scarsi effetti in termini di emissioni di C 0 2 (18).

Le condizioni descritte non fanno, quindi, che delineare i ter-mini di riferimento che indicano nel miglioramento di efficienza del settore energetico l'unica strategia affidabile nel breve e medio ter-mine. Le ricerche e i numerosi tentativi portati avanti nei maggiori paesi industrializzati forniscono una indicazione convincente del fatto che esistono ampi margini per un miglioramento di efficienza nel settore energetico (19). Questo sembra essere vero sia per quanto riguarda le tecnologie di processo, che per quanto riguarda le tecnologie di consumo finale. Sufficienti investimenti in questa direzione potrebbero garantire la desiderata riduzione delle emis-sioni di C 0 2 senza condizionare in modo drastico i livelli finali di consumo, ed in particolare senza vincolare eccessivamente le pos-sibilità di crescita economica (20). D'altra parte, ogni tentativo di condizionare la crescita economica a livelli accettabili di squilibri ambientali trova sistematicamente divisa la comunità internaziona-le in quanto i paesi in via di sviluppo non si sentono responsabili dell'attuale stato delle cose, e comunque hanno necessità di cresci-ta economica più immediate di quelle dei paesi industrializzati.

Il problema dell'effetto serra diventa, così, un problema di co-me rendere economicaco-mente convenienti tutta quella serie di inve-stimenti che possono migliorare l'efficienza del settore energetico tenuto conto dei suoi effetti esterni di natura ambientale.

(17) Cfr. HOLBERG N. e KLEINBLOESEM B . A . , Wind Energy Research Acti-vities of the Dutch Eleetricity Generating Board, Sezione 4.3 in World Energy

Congress, The Proceedings of the Hth World Energy Congress, 1989, Montreal.

Bisogna, poi, riconoscere che nella maggioranza dei casi, e in particolare per la generazione di energia elettrica su vasta scala, tali alternative sono del tutto im-proponibili.

(18) Cfr. KEEPIN B. e KATS G . , Greenhouse Warming: Comparative Ana-lysis of Nuelear and Efficiency Abatement Strategies, in Energy Policy, 1988, 16,

pp. 538-561.

(19) Cfr. OECD, Energy Demand Analysis Symposium Proceedings, op. cit.\ IAEE Conference, From Sypply-side to Demand-side Energy Economics, op. cit.-, GOLDEMBERG J. et al., Energy for a Sustainable World, op. cit.

(20) Su questo fronte, l'unico studio con valutazioni quantitative di cui sia-mo a conoscenza è relativo al Canada, Ministry of Energy, Study on the Reduc-tion of Energy-related Greenhouse Gas Emissione, Ministry of Environment,

(30)

2.2. Il contrasto tradizionale tra obiettivi energetici e ambientali. La situazione attuale nella generalità dei paesi industrializzati ed in via di sviluppo è caratterizzata dall'esistenza di un evidente contrasto tra obiettivi di natura strettamente energetica e quelli di natura ambientale. Da un punto di vista degli obiettivi ambientali è palese che i sistemi industriali consumano eccessive quantità di energia se si considerano i costi di natura sociale che a questo con-sumo sono collegati. La ragione di questa situazione sta nei criteri impiegati per governare la politica energetica. Questa è stata rego-lata, sin dalla sua nascita, sulla base del principio che tanto più bassi fossero stati i prezzi delle risorse energetiche tanto più alto sarebbe stato nel tempo il saggio di crescita economica del paese.

Con particolare riferimento ai paesi della Comunità Europea, si può osservare come una aggregazione di interessi intorno al pro-blema energetico si stabilisce già nell'immediato dopoguerra. La Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (Ceca) del 1951, e la Comunità Economica Europea del 1958, contengono entrambe una unitarietà di indirizzo in tema di politica energetica, che in seno al-l'Euratom, prese forma di obiettivo strategico:

«... se i nostri paesi, guidati e stimolati dall'Euratom, sosten-gono gli sforzi necessari, si garantiranno per il futuro fonti di ener-gia abbondanti ed economiche, in modo da essere in grado di arri-vare con sicurezza nell'era atomica » (21).

La struttura definitiva, e un maggiore grado di coesione per la politica energetica dei paesi europei, arrivano con la prima crisi petrolifera. Già dal dicembre 1973 (accordo di Copenhagen), e suc-cessivamente nel 1974, si raggiunge un accordo tra i paesi membri della Comunità Economica in termini di obiettivi della politica energetica. Questi obiettivi prevedono la riduzione della dipenden-za dal petrolio importato, l'intensificazione delle ricerche e dello sfruttamento di altri idrocarburi, lo sviluppo dell'energia nucleare e il miglioramento dell'efficienza negli usi finali di energia.

In tempi recenti l'emergere del problema ambientale ha posto la necessità, sia a livello dei governi dei singoli Stati membri, sia a livello comunitario ed occasionalmente mondiale (vedi l'iniziativa

( 2 1 ) A R M A N D L . , E T Z E L F . e G I O R D A N I F . ( 1 9 5 7 ) , Targets for Euratom, R e

(31)

— 4 9 1

—-di Montreal per i Cfc), —-di riesaminare, con l'intento —-di integrarli, gli obiettivi energetici e quelli ambientali. A livello della Comunità Europea la situazione è convenientemente sintetizzata nella Tabel-la I.

Tabella I - Obiettivi principali delle politiche europee per l'energia e l'ambiente.

Energia Obiettivi generali

Miglioramento dell'efficienza di almeno il « 0 % entro il 1995

Contenere le importazioni di petrolio al di sotto di 1/3 del consumo totale

Mantenere una quota di mercato del 20% per il metano

Aumentare la quota di mercato degli altri com-bustibili fossili

Aumentare l'uso degli altri combustibili fossili e del nucleare nella produzione di energia elettrica Portare la quota delle fonti rinnovabili al 5 % en-tro il 2000

Obiettivi specifici Completamento del mercato interno europeo Raggiungimento di un sistema comune di fissa-zione dei prezzi delle risorse energetiche Miglioramento della sicurezza di approvvigiona-mento

Miglioramento delle relazioni esterne Protezione dell'ambiente

Favorire l'innovazione tecnologica

Ambiente Obiettivi generali

Prevenzione, riduzione ed eliminazione dell'in-quinamento e dei rifiuti

Mantenimento di un equilibrio ambientale soddi-sfacente

Garantire una gestione coerente delle risorse Miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita Tenere conto dell'ambiente nella pianificazione delle strutture per lo sviluppo regionale

Cercare soluzioni comuni con altri Stati al di fuori della Comunità

Obiettivi specifici

Studio e applicazione di standard ambientali stringenti

Integrazione degli obiettivi ambientali in altre politiche

Allargare l'uso dei sistemi di valutazione dell im-patto ambientale

Applicazione del principio del « chi inquina paga » Riduzione alla fonte delle cause di inquinamento Rafforzare l'azione comunitaria per gli impianti nucleari

Migliorare la gestione ed il trattamento dei rifiuti Favorire lo sviluppo di tecnologie « pulite » Combattere l'inquinamento transfrontaliere Protezione delle aree ecologicamente deboli

Fonte: Commission of the European Commumties, The European Energy Policy, 1987, pp. 6-10, Bruxelles.

Salvo alcune eccezioni, anche se rilevanti in prospettiva, come il caso del miglioramento dell'efficienza nel settore energetico e l'integrazione dell'ambiente nelle altre politiche, risulta evidente come gli obiettivi principali delle due politiche siano tra di loro in contrasto, e comunque presentano notevoli difficoltà di integrazio-ne (22).

(32)

Un caso interessante in quanto rappresenta una situazione di conflitto in termini di obiettivi futuri è quello che viene a crearsi tra lo sviluppo di nuove tecnologie « pulite » e la politica di mantenere i prezzi delle materie prime energetiche quanto più basi possibili. L'esperienza degli ultimi due decenni indica, infatti, che sostanziali risparmi energetici e un notevole sviluppo di nuove tecnologie sono state le conseguenze di un periodo di alti prezzi reali delle materie energetiche e del petrolio in particolare.

Nel periodo 1973-1982 il contenuto energetico delle produzioni nazionali dei paesi comunitari è diminuita in media del 20%, men-tre nel periodo 1982-1986, in una fase calante dei prezzi la diminu-zione è stata in media di solo il 2,4%, che per diversi paesi ha di fatto significato un aumento (Figura I) (23).

Proprio la riduzione dell'intensità energetica delle produzioni nazionali dei paesi industrializzati, verificatasi nella seconda parte degli anni '70 e nei primi anni '80, non è che un'accidentale combi-nazione favorevole di eventi che, tramite l'aumento dei prezzi mondiali delle materie prime, ha spinto i sistemi produttivi verso un processo di adeguamento e miglioramento dell'efficienza in ter-mini di consumi energetici, che come effetto secondario (in terter-mini di intenzioni) ha contribuito positivamente al miglioramento della situazione ambientale.

L'ostacolo principale ad una integrazione tra politica energeti-ca e ambientale non sta tanto, come pure viene comunemente rite-nuto, nel fatto che la crescita economica sostenibile in termini am-bientali sarebbe inferiore a quella potenzialmente possibile date le dotazioni di risorse energetiche. Gli ampi e inutilizzati margini di

l'impatto ambientale è notevole, e un trade off deve essere stabilito tra i due

obiettivi energetico ed ambientale. Lo stesso problema della necessità di un trade off si ripresenta per l'obiettivo di migliorare la sicurezza degli

approvvigionamen-ti, che in termini pratici significa un maggiore sviluppo delle fonti interne, che, a sua volta, necessariamente ha dei costi ambientali interni alla Comunità. Inoltre è evidente il contrasto che si sta creando tra l'intensificazione dell'uso del metano e il suo ruolo tra i gas dell'effetto serra. È probabile che tra le righe di questa elen-cazione comunitaria di obiettivi si debba proprio leggere una sorta di indielen-cazione per il nucleare, specie se si considera che in questa direzione si esprime la Com-mission of the European Communities, The European Energy Policy,

Commis-sion of the European Communities, 1987, Bruxelles.

(23) Cfr. Commission of the European Communities (1988), The Main Findings of the Commission Review of Member's States' Energy Policies,

(33)

— 4 9 3

—-miglioramento dell'efficienza nei processi e nel consumo di energia, indicano, infatti, la possibilità di una riduzione delle emissioni di C 0 2 senza effetti drammatici sui livelli di attività. Gli ostacoli ef-fettivi son diversi, meno evidenti, ed essenzialmente di natura non economica.

Figura I - Intensità energetica e petrolifera: 12 paesi Cee (Tep per 1000 di Pil

a prezzi 1970, indice 1980 = 100).

Intensità energetica + intensità petrolifera

(34)

energetiche rispetto ai costi, non di mercato e di natura incerta, del danno ambientale.

Un secondo ostacolo è costituito dal grado di cooperazione in-ternazionale necessaria sia per avere effetti significativi, sia per ri-durre l'effetto penalizzante che l'adozione di misure di tutela am-bientale finisce con l'avere sui singoli paesi qualora agiscano indi-pendentemente .

Un terzo ostacolo è costituito dal fatto che gli attuali accordi sul commercio internazionale non permettono di tenere conto di possi-bili misure tese a includere nei costi privati e di mercato anche i costi sociali collegati all'uso dell'energia da fonte fossile. In partico-lare, il sistema attuale è tale da penalizzare in termini economici qualsiasi paese che autonomamente decidesse di introdurre delle imposte o semplicemente di regolamentare in modo accurato alcu-ne attività economiche collegate in modo diretto alle emissioni di C02. L'effetto immediato di un aumento dei prezzi interni, una perdita di competitività internazionale, e, quindi, una riduzione dei livelli di occupazione, rappresenta una argomentazione che è desti-nata a costituire un ostacolo insormontabile.

Il perseguimento dell'obiettivo di fornire energia al minimo co-sto, ha comportato una definizione restrittiva di coco-sto, limitata ai semplici componenti privati o di mercato. L'uso finale di energia è risultato sussidiato e quindi aumentato oltre i livelli e i saggi di cre-scita che si sarebbero verificati se nei prezzi dell'energia fossero stati compresi i costi di natura ambientale. Sia i consumatori finali, che gli utilizzatori intermedi, non sono stati posti nella condizione di beneficiare dell'adeguato incentivo economico, costituito da prezzi più elevati di quelli effettivi, che li avrebbe spinti contempo-raneamente a contenere i consumi e ad impiegare tecniche a mino-re intensità di energia (24).

Con specifico riferimento al caso italiano, è facile osservare co-me l'obiettivo di politica energetica di mantenere i prezzi bassi sia

(24) Una valutazione del tutto indicativa dell'entità del sussidio che la poli-tica energepoli-tica ha costantemente concesso all'utilizzo dell'energia può ricavarsi notando che, entro ipotesi comunemente accettate, il costo dell'energia elettrica di una centrale a carbone, quando si includano i danni causati dalle piogge acide, ma non siano inclusi i danni derivanti dall'effetto serra, sarebbe più del doppio di quello attuale. In particolare, HOHEMEYER O., Social Costs, op. cit. Più in

(35)

— 4 9 5

—-stato costantemente perseguito. I prezzi in dollari e in lire sono di-minuiti sensibilmente nei periodi successivi agli shocks

e in particolare sono diminuiti tra il 1974 ed il 1978, e accentuatamente dal 1982 in avanti. In questi ultimi anni i reali sono tornati a essere circa pari a quelli in vigore

1974 (Figura II).

Figura II - Prezzi reali del greggio in dollari e in lire (1974 = 100).

200 190 180 170 160 150 140 130 120 110 100 90 80 70 60 50 in dollari + in lire

Per quanto riguarda i prezzi dei principali prodotti energetici, quali sono la benzina, il gasolio per autotrazione e l'elettricità, l'an-damento dei prezzi è stato in media tale da seguire per grandi linee l'andamento dei prezzi della materia prima, anche se il caso della benzina nella metà degli anni '70 costituisce una rilevante eccezio-ne. Il suo prezzo in termini reali drasticamente aumenta, contraria-mente sia a quello degli altri prodotti sia a quello del petrolio sul mercato internazionale.

Riferimenti

Documenti correlati

Nella trasformazione di una società di capitali in società di persone non può ravvisarsi una cessione di azienda, e non è quindi conflguraWle la rea­ lizzazione

D’altra parte, basta riferirsi alla dizione della norma del Trattato di Pace in cui è detto che: « i cittadini delle Nazioni Unite e le persone enti o

La retroattività degli effetti delle divisioni ha la funzione di consentire che gli atti di disposizione compiuti dai singoli condomini, in pendenza di

Per valutare il significato per l’economia italiana ed europea del Patto di Stabilità è opportuno cercare di mettere in evidenza la logica che ha portato alla

Infatti, per quanto attiene alla natura del diritto di usufrutto, la motivazione del­ la decisione di 1“ grado non appare convincente in quanto si fonda sulla affermazione

c) un terzo punto riguarda il problema della esportazione del carico fiscale al di fuori dei confini amministrativi dell'autorità che applica l'imposta. Anche i recenti studi

Il rimedio in esame, perciò, non sembra ancora capace di offri­ re soluzione alla problematica, cosicché, a mio giudizio, è davvero necessario optare per una

Per Nozick il valore morale può essere riferito solo ai vincoli che tutelano i diritti inviolabili degli altri (diritti-libertà), e che in un certo senso