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CONTRATTO DI COMPRAVENDITA IMMOBILIARE, FALSA ATTESTAZIONE DI POSSESSO DI PROCURA IN ATTO NOTARILE

Nel documento Associazione Nazionale Donne Geometra (pagine 127-130)

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione,sez. V, Sentenza n. 28529 del 20 luglio 2010

L'atto pubblico di compravendita, infatti, ha la funzione tipica di trasferire un bene mobile o immobile da un soggetto all'altro, previa corresponsione del prezzo, ma non quella di attestare la verità delle dichiarazioni dei contraenti in ordine alle loro qualità personali (sulla necessità che i fatti attestati dal privato abbiano una rilevanza probatoria inerente alla essenza funzionale dell'atto vedi Cass., Sez. V, 31 marzo 1969, CED 112068).

Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it Ed, infatti, secondo la legge notarile il contraente è obbligato a declinare all'ufficiale rogante le sue esatte generalità - nome, cognome e paternità - perchè di ciò fa fede l'atto pubblico di compravendita, ma non anche le sue qualità personali.

Del resto in un caso del tutto analogo la Suprema Corte ha stabilito che non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico - violazione dell'art. 483 c.p. - la condotta di colui che dichiari falsamente al notaio - in sede di redazione di un atto pubblico di donazione - di avere usucapito alcuni immobili oggetto della donazione in quanto detto atto, destinato a trasferire la proprietà dei beni donati al donatario, non è, invece, destinato a provare la verità dei fatti dichiarati dal donante (così Cass., Sez. V, 4 dicembre 2007 - 4 febbraio 208, n. 5365, CED 239110).

È vero che sempre la Suprema Corte (Cass., Sez. V, 3 giugno 2008, sentenza n.

35999) ha ravvisato il reato in discussione nella condotta di un privato, parte di un contratto di compravendita immobiliare, che aveva dichiarato falsamente al notaio rogante la conformità dell'immobile alle caratteristiche previste dalla concessione ed ivi autorizzate, ma è pure vero che la stessa Corte ha chiarito che sussiste a carico del privato l'obbligo giuridico di dire la verità in ordine alla condizione giuridica dell'immobile oggetto di alienazione e alla corrispondenza dello stesso agli estremi della concessione, trattandosi di obbligo preordinato alla tutela di interessi pubblici, connessi alla ordinata trasformazione del territorio, prevalenti rispetto agli interessi della proprietà.

Tale decisione, in effetti, non è in contrasto con l'indirizzo giurisprudenziale dinanzi segnalato perchè conferma che l'atto di compravendita non è in linea generale funzionalmente destinato a provare la verità di quanto dichiarato dalle parti, essendo prevista siffatta funzione soltanto in relazione a specifiche dichiarazioni richieste espressamente dalla legge per la tutela di prevalenti interessi pubblici.

La correttezza di quanto fin qui affermato si desume altresì dal fatto che il contratto stipulato dal falsus procurator, ovvero da colui che ha contratto come rappresentante senza averne i poteri, non è, da un punto di vista civilistico, illecito, ma semplicemente annullabile, tanto è vero che, ai sensi dell'art. 1399 c.c., il contratto può essere sempre ratificato dal rappresentato.

In siffatte situazioni il falsus procurator assumerà responsabilità nei confronti, oltre che del rappresentato, anche nei confronti del terzo acquirente in buona fede.

Si può, in conclusione, affermare che il contratto di compravendita non ha la funzione tipica di provare la verità di quanto dichiarato dalle parti in ordine alle loro qualità personali, cosicchè non è ravvisabile, per quel che prima si è detto, nel caso di specie l'elemento oggettivo del reato contestato. Ne consegue che il reato contestato non sussiste, e tanto deve essere dichiarato da questa Corte, previo annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. L'accoglimento del primo motivo di impugnazione rende ovviamente superfluo l'esame degli altri motivi di ricorso

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• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 17004 del 04 agosto 2011

E' deontologicamente riprovevole la scarsa attenzione prestata dal professionista nell'espletamento dell'incarico conferitogli dal cliente, per non avere esplicitato le difficoltà operative incontrate nell'adempimento del mandato. Con la decisione ora impugnata per cassazione il Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati ha respinto il ricorso proposto contro la deliberazione del Consiglio Direttivo del Collegio di Genova che le aveva irrogato la sanzione dell'avvertimento, ritenendo deontologicamente riprovevole la scarsa attenzione prestata nell'espletamento dell'incarico conferitole dal cliente, per non avere esplicitato le difficoltà operative nella predisposizione dei primi elaborati grafici. Il ricorso per cassazione della cliente (al quale resiste con controricorso il Consiglio Nazionale) è svolto in due motivi.

Attraverso il primo la decisione è censurata per non avere specificato la norma del codice deontologico che sarebbe stata violata. Attraverso il secondo si sostiene che la decisione - laddove afferma che la professionista avrebbe dovuto far emergere le difficoltà incontrate già nella redazione dei primi elaborati - violerebbe l'art. 4 del Codice deontologico. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Occorre infatti ribadire che le previsioni del codice deontologico forense hanno la natura di fonte meramente integrativa dei precetti normativi e possono ispirarsi legittimamente a concetti diffusi e generalmente compresi dalla collettività, sicché, al fine di garantire l'esercizio del diritto di difesa all'interno del procedimento disciplinare è necessario che all'incolpato venga contestato il comportamento ascritto come integrante la violazione deontologica e non già il nomen juris o la rubrica della ritenuta infrazione, essendo libero il giudice disciplinare di individuare l'esatta configurazione della violazione tanto in clausole generali richiamanti il dovere di astensione da contegni lesivi del decoro e della dignità professionale, quanto in diverse norme deontologiche o anche di ravvisare un fatto disciplinarmente rilevante in condotte atipiche non previste da dette norme (Cass.

sez. un. 15852/09). Nella specie, la decisione impugnata, attraverso una congrua e logica motivazione, fornisce una compiuta descrizione della condotta contestata e delle ragioni per le quali essa è stata ritenuta contraria ai doveri comportamentali del professionista. La Suprema Corte ritiene che le conclusioni alle quali è pervenuto il consigliere relatore debbano essere condivise, in quanto il principio giurisprudenziale sopra riportato (riferito al disciplinare forense) va sicuramente applicato anche al disciplinare dei Geometri, né dalla memoria depositata emergono argomentazioni che consentono di giungere a diversa conclusione.

Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it AUTOCERTIFICAZIONE DEL REQUISITO DI MORALITÀ PROFESSIONALE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 19364 del 22 settembre 2011

Con la Sentenza in esame, la Corte Suprema di Cassazione si esprime alla possibilità, per la Pubblica Amministrazione, di esercitare il potere di controllo della veridicità dell'autocertificazione prodotta dalle imprese nell'ambito di gare di affidamento di contratti pubblici. La Corte ricorda che nonostante sia riconosciuto al privato il potere di autocertificazione, questo non è svincolato da ogni controllo sulla veridicità della stessa autocertificazione da parte della P.A., e che il potere della P.A.

di effettuare ricerche anche di ufficio, ovvero con misure dirette sui dati del casellario personali del richiedente la conclusione di un contratto, trova nella legge centralità garantita dalla previsione di normative regolamentari attuative. In sintesi, dall'analisi del caso in esame, risulta legittimo il comportamento della stazione appaltante che, al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni contenute in una autocertificazione prodotta da un'impresa per dimostrare il possesso del requisito della moralità professionale necessario per la partecipazione ad una gara, inoltra all’Ufficio locale del Casellario giudiziale richiesta di rilascio del certificato penale del legale rappresentante dell'impresa medesima.

IL ROGITO NOTARILE NON GIUSTIFICA L’ACQUIRENTE NEL REATO DI

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