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Associazione Nazionale Donne Geometra

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Academic year: 2022

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it

RACCOLTA SENTENZE

ANNO 2011

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SENTENZE TECNICHE

URBANISTICA-EDILIZIA

DISTANZE LEGALI, REALIZZAZIONI DI TUBI D'ACQUA O GRONDAIE A MENO DI UN METRO DAL FONDO DEL VICINO

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione,Sez. II, Sentenza n. 2558 del 2 febbraio 2009

In tema di distanze per impianti dal fondo contiguo, la disposizione dell'art. 889, secondo comma, c.c., secondo cui per i tubi d'acqua pura o lurida (come anche i canali di gronda) e loro diramazioni deve osservarsi la distanza dal confine di almeno un metro, si fonda su una presunzione assoluta di dannosità per infiltrazioni o trasudamenti che non ammette la prova contraria. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso avanzato secondo cui un pluviale discendente dal tetto, esposto a meno di un metro, non comportando un pericolo perenne per il fondo del vicino, doveva considerarsi escluso dall'applicazione della sopraindicata norma).

NATURA PERMANENTE DEGLI ILLECITI URBANISTICI, EDILIZI E PAESISTICI

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, sez. IV, Sentenza n. 2160 del 16 aprile 2010

Gli illeciti in materia urbanistica, edilizia e paesistica, laddove consistano nella realizzazione di opere senza le prescritte concessioni e autorizzazioni, hanno carattere di illeciti permanenti, che si protraggono nel tempo e vengono meno solo con il cessare della situazione di illiceità, vale a dire o con l’irrogazione della sanzione pecuniaria o con il conseguimento dell’autorizzazione (che, secondo pacifico orientamento, può essere rilasciata anche in via postuma) o più in generale, con il ripristino secundum jus dello stato dei luoghi. Ne consegue che, per quanto riguarda la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 28

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it della legge n. 689 del 1981, in caso di illecito amministrativo permanente, trova applicazione il principio relativo al reato permanente, secondo cui detto termine decorre solamente dal giorno in cui la permanenza è cessata (art. 158, comma I, c.p.). Rispetto a siffatti illeciti il potere amministrativo repressivo, come la determinazione di applicare la sanzione pecuniaria, può dunque essere esercitato senza limiti di tempo e senza necessità di motivazione in ordine al ritardo nell’esercizio del potere e pertanto, se l’Autorità amministrativa, riscontrato l’illecito, emana un provvedimento repressivo (di demolizione, ovvero di irrogazione di una sanzione pecuniaria), non emana un atto “a distanza di tempo” dall’abuso, ma reprime una situazione antigiuridica ancora sussistente.

TRASFORMAZIONE IN PORTA DI UNA FINESTRA DESTINATA ALLA VEDUTA VERSO L'IMMOBILE ALTRUI

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, sez. II, Sentenza n. 10746 del 4 maggio 2010

Dà luogo al mutamento da servitù di veduta a servitù di passaggio la trasformazione in porta di una finestra, la quale è destinata alla veduta verso l'immobile altrui, posto che la funzione precipua della porta è, appunto, il transito da un luogo all'altro.

INCOSTITUZIONALE L’ARTICOLO 3, C. 9 L. 99/2009, NORMA CHE ESCLUDEVA LA RILEVANZA A FINI URBANISTICI ED EDILIZI DI INSTALLAZIONI E I RIMESSAGGI DI MEZZI MOBILI DI PERNOTTAMENTO IN STRUTTURE TURISTICHE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte Costituzionale, Sentenza n. 278 del 22 luglio 2010

Con la decisione in esame, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, comma nono, della Legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Tale disposizione, in particolare, prevedeva che “Al fine di garantire migliori condizioni di competitività sul mercato internazionale e dell'offerta di servizi turistici, nelle strutture turistico-ricettive all'aperto, le installazioni e i rimessaggi dei mezzi mobili di pernottamento, anche se collocati permanentemente, per l’esercizio dell'attività, entro il perimetro delle strutture turistico-ricettive regolarmente autorizzate, purché ottemperino alle specifiche condizioni strutturali e di mobilità stabilite dagli ordinamenti regionali, non costituiscono in alcun caso attività rilevanti ai fini urbanistici, edilizi e paesaggistici”. In queste ipotesi, la norma dichiarata incostituzionale escludeva la rilevanza di tali attività a fini urbanistici ed edilizi (oltre che paesaggistici), e, conseguentemente, la necessità di conseguire apposito titolo abilitativo per la loro realizzazione, sulla base del mero dato oggettivo, cioè della precarietà del manufatto, dovendo trattarsi di “mezzi mobili” secondo quanto stabilito dagli ordinamenti regionali.

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it La Corte l’ha, in particolare, dichiarata incostituzionale poiché introduce una disciplina che si risolve in una normativa dettagliata e specifica che non lascia alcuno spazio al legislatore regionale, così oltrepassando i confini delle competenze che, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. spettano al legislatore statale in materia di governo del territorio.

PRESUNZIONE LEGALE DI COMUNIONE, CORTILE ESISTENTE TRA PIÙ EDIFICI APPARTENENTI A PROPRIETARI DIVERSI

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, sez. II, Sentenza n. 17993 del 2 agosto 2010

In tema di condominio degli edifici, la presunzione legale di comunione di talune parti, stabilita dall'art. 1117 cod. civ., trova applicazione anche nel caso di cortile esistente tra più edifici appartenenti a proprietari diversi, ove lo stesso sia strutturalmente destinato a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che lo circondano.

L'AMMINISTRAZIONE PUÒ RIVEDERE LA CLASSIFICAZIONE CATASTALE DI UN IMMOBILE CHE NON HA SUBITO VARIAZIONI EDILIZIE SENZA DOVER EFFETTUARE UNA VISITA PREVENTIVA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 22313 del 3 novembre 2010

La revisione delle rendite catastali urbane, in assenza di variazioni edilizie, è regolata dalla Legge n. 662 del 1996, articolo 3, comma 58, e, ricorrendone i presupposti (ripartizione del territorio comunale in microzone), dalla Legge n. 311 del 2004, articolo 1, comma 335; essa, proprio per l'assenza di variazioni edilizie, non richiede la previa visita sopralluogo dell'ufficio e non è condizionata ad alcun contraddittorio endoprocedimentale; la motivazione dell'atto di riclassamento - secondo i principi generali in materia di accertamento di maggior valore - mira a delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ufficio nella successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l'esercizio del diritto di difesa; per questo, l'effettiva sussistenza dei dati necessari a giustificare la correttezza della categoria, della classe e della rendita (ri)attribuite all'immobile andrà verificata, nell'ambito dei parametri addotti, nella sede contenziosa, in contraddittorio con il contribuente; tale verifica attiene tuttavia non alla idoneità della motivazione dell'atto, ma al merito propriamente detto della controversia.

RISTRUTTURAZIONE E TRASLAZIONE VOLUMETRIA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 4640 del 17 novembre 2010

Non è riconducibile alla nozione di ristrutturazione l'intervento consistente nella totale demolizione del manufatto preesistente, con alterazione e variazione della

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it quota di imposta e del piano di campagna rispetto allo stato originario, traslazione della volumetria, modifica della sagoma e aumento dell'altezza.

IL CERTIFICATO DI AGIBILITÀ VA RILASCIATO A CHIUNQUE ABBIA UN INTERESSE GIURIDICAMENTE APPREZZABILE AD UTILIZZARE L’EDIFICIO AL QUALE SI RIFERISCE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • TAR Umbria, Sez. I, Sentenza n. 512 del 18 novembre 2010

Il certificato di agibilità si limita ad attestare una situazione oggettiva ed in particolare la corrispondenza dell’opera realizzata al progetto assentito, dal punto di vista dimensionale, della destinazione d’uso e delle eventuali prescrizioni contenute nel titolo, nonché attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità degli edifici, di risparmio energetico e di sicurezza degli impianti negli stessi installati, alla stregua della normativa vigente.

Si tratta di una certificazione in senso stretto, cioè una dichiarazione di scienza riproduttiva di una certezza giuridica), ovvero, al di là del nomen iuris, di un atto di accertamento. Il certificato di agibilità non ha un unico intestatario, e dunque un solo soggetto legittimato ad avvalersene. Ciò significa che deve essere rilasciato non solo al titolare del permesso di costruire ma a chiunque abbia un interesse giuridicamente apprezzabile ad utilizzare l’edificio al quale si riferisce.

ESECUZIONE DI LAVORI, MORTE DI UN LAVORATORE NELLA PROPRIA ABITAZIONE, RESPONSABILITÀ

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sezione IV, Sentenza n. 42465 del 01 dicembre 2010

Chiunque commissioni l'esecuzione di lavori ha l'obbligo di imporre l’osservanza degli obblighi di sicurezza e di adottare tutte le cautele idonee ad evitare ogni rischio per il lavoratore la cui condotta omissiva non può essere considerata quale unica causa dell’eventuale infortunio. In caso di inosservanza delle cautele da parte del lavoratore incaricato, il committente deve rifiutarsi di stipulare il contratto o di proseguire nella sua esecuzione, chiedendone l'immediata risoluzione. (Nella specie la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro le sentenze di primo e secondo grado che imputavano una pena di otto mesi per omicidio colposo al proprietario di un appartamento ritenuto responsabile della morte dell’operaio, lavoratore autonomo, contattato per la pittura dei soffitti.) Infatti, nella sentenza si evince che:

il committente dei lavori nell’abitazione è responsabile dell’infortunio occorso ad un lavoratore autonomo impegnato in tali lavori in quanto ha l’obbligo di far rispettare tutte le normative sulla sicurezza ancorchè chi esegue la prestazione lavorativa sia un lavoratore autonomo; il lavoratore autonomo in ogni caso è sottoposto alla sorveglianza e controllo del committente dei lavori in materia di sicurezza.

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it ESECUZIONE DELL’ORDINE DI DEMOLIZIONE E DIRITTI DEI TERZI

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 45064 del 23 dicembre 2010

In tema di esecuzione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo non assume rilievo la posizione di soggetti terzi rispetto alla commissione dell’abuso che vantino la qualità di proprietari del suolo ove insista l’opera, attesa la natura di sanzione amministrativa a contenuto ripristinatorio dell’ordine di demolizione e la possibilità da parte di costoro di utilizzare gli strumenti privatistici per far ricadere in capo ai soggetti responsabili dell’attività abusiva gli eventuali effetti negativi sopportati in via pubblicistica

DIA O SCIA PER LA RICOSTRUZIONE COME RISTRUTTURAZIONE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 7310/2010

Gli interventi di demolizione e ricostruzione possono essere effettuati con Dia se classificati come ristrutturazione edilizia. Rientrano in questa tipologia i lavori che danno luogo ad un edificio identico al precedente per tipologia edilizia, sagoma e volumi. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che, con la sentenza in esame ha chiarito che questa impostazione è valida da prima dell’entrata in vigore del Testo Unico dell’edilizia, D.lgs. 380/2001. Già la Legge 457/1978 indicava infatti la demolizione e successiva ricostruzione come possibile forma di ristrutturazione.

Per conformarsi alle novità normative introdotte con la manovra estiva, potrebbe essere inclusa anche la Scia tra i titoli abilitativi ammessi per le sostituzioni edilizie che si configurano come ristrutturazione.

Se al contrario la ricostruzione implica interventi più incisivi che alterano la sagoma dell’edificio, l’intervento non può più essere classificato come ristrutturazione. Per la sua realizzazione diventa quindi necessario richiedere il permesso di costruire. Il Consiglio di Stato ha formulato questa conclusione analizzando il caso di una ricostruzione, autorizzata in variante ad una precedente concessione di manutenzione ordinaria e straordinaria per apportare interventi più incisivi. Era infatti prevista una diversa dislocazione delle volumetrie dell’immobile, con una inevitabile variazione della sagoma.

MORTE DEL LAVORATORE: RESPONSABILITÀ PENALE DEL DATORE DI LAVORO SOLO SE SI PROVA CHE LA PROTRAZIONE DELL'ESPOSIZIONE ALL’AMIANTO HA UN SICURO EFFETTO ACCELERATORE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 43786 del 2010

La quarta sezione penale della corte di Cassazione, con la sentenza in esame interviene in merito ad un caso di malattia lavorativa determinata dall'esposizione all'amianto. Nello specifico, il caso è relativo alla morte di un lavoratore deceduto nel 2003 per mesotelioma pleurico dopo aver lavorato presso un'azienda ove veniva

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it esposto a polveri di amianto. Le Corti di merito affermavano la responsabilità penale della direzione aziendale configurando il reato di omicidio colposo, e avverso tali decisioni veniva proposto ricorso in Cassazione. La Corte - sottolineando che il giudice di legittimità non è giudice del sapere scientifico, non detiene proprie conoscenze privilegiate ed è chiamato soltanto a valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, approccio che riguarda la preliminare indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto - afferma la complessità esistente nello stabilire, nelle malattie neoplastiche, in quale momento sia avvenuto l'avvio del processo che, talvolta dopo una lunghissima latenza, conduce alla formazione della prima cellula tumorale e quindi all'evento lesivo. Rilevante è, secondo i giudici di legittimità, accertare se la patologia che ha colpito il lavoratore abbia effettivamente la sua causa nell'esposizione lavorativa o se, invece, siano concretamente ipotizzabili altre ipotesi causali che riconducano l'evento lesivo a distinti fattori eziologici o ad esposizioni extralavorative. Gli Ermellini affermano che "si è in presenza di un comportamento soggettivamente rimproverabile a titolo di colpa quando l'attuazione delle cautele esistenti all'epoca dei fatti avrebbero significativamente abbattuto la probabilità di contrarre la malattia. Tale conclusiva valutazione in fatto si rinviene nelle pronunzie di merito, nelle quali da un canto si mette in luce l'intensità dell'esposizione all'agente patogeno; e dall'altro si rimarca la totale assenza di misure di prevenzione, alcune molto semplici e di rilievo anche intuitivo, che avrebbero potuto diminuire drasticamente l'entità delle fibre disperse nell'ambiente di lavoro e quindi fortemente ridurre la probabilità di contrarre la malattia: si parla di apparati di aspirazione, di maschere individuali, ma anche di maggiore cautela nella movimentazione delle polveri magari semplicemente bagnandole." Per tali ragioni la Corte annulla la sentenza d'appello, con rinvio per una nuova valutazione in ordine al nesso di causalità.

DIA PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO O ATTO PRIVATO, PER IL CONSIGLIO DI STATO È ANCORA DA CHIARIRE LA NATURA GIURIDICA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Ordinanza n. 14 del 5 gennaio 2011

La IV Sezione del Consiglio di Stato, chiamata a pronunciarsi sugli effetti prodotti nei rapporti fra privati dai lavori eseguiti a seguito di una denuncia di inizio attività (DIA), sottolinea come le diverse tesi sulla natura dell'istituto – quale provvedimento amministrativo tacito ovvero quale atto privato sottoposto a controllo dell'amministrazione – possano portare a conclusioni diametralmente opposte sul punto dei rimedi esperibili da parte del terzo, nel senso che la «qualificazione giuridica» dell'istituto sostanziale condiziona l'accesso alle «tecniche di tutela» della posizione del terzo pregiudicato. Il Consiglio di stato riorganizza i diversi orientamenti giurisprudenziali in materia. La tesi secondo cui sia inammissibile il ricorso proposto per l'annullamento della denuncia di inizio attività, intesa come

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it atto avente natura oggettivamente e soggettivamente privata, ha avuto un riconoscimento in sede giurisprudenziale (ex plurimis, da ultimo, Cons. Stato, IV, 13 maggio 2010, n.2919; Cons. Stato, V, 22 febbraio 2007, n. 948). Tale inammissibilità della impugnativa troverebbe comunque un rimedio nell'azione avverso il silenzio- inadempimento; il terzo che intende opporsi all'intervento, una volta decorso il termine per l'esercizio del potere inibitorio, sarebbe legittimato unicamente a presentare all'amministrazione formale istanza per la adozione dei provvedimenti sanzionatori previsti e ad impugnare l'eventuale silenzio-rifiuto su di essa formatosi, oppure a impugnare il provvedimento emanato all'esito della avvenuta verifica. Di recente, poi, la VI Sezione del Consiglio di Stato (sentenza 9 febbraio 2009 n.717) ha concluso per la tesi dell'atto privato, nei confronti del quale il terzo potrebbe agire dinanzi al giudice amministrativo per l'accertamento della inesistenza dei presupposti stabiliti dall'ordinamento. La opposta tesi (cd «provvedimentale»), che i terzi che ritengano di essere pregiudicati dall’attuazione di una attività edilizia assentita in modo implicito possano agire dinanzi al giudice amministrativo per chiedere l'annullamento del titolo abilitativo formatosi per il decorso del termine fissato dalla legge entro cui l'amministrazione può impedire gli effetti della D.I.A., ha anch'essa avuto riconoscimento in sede giurisprudenziale (Cons. Stato; IV, 13 gennaio 2010 n.72). In altra recente sentenza (4 maggio 2010, n.2558) poi, la stessa IV Sezione del CdS, senza prendere specifica posizione sulla natura giuridica dell'istituto ma solo ai fini della risoluzione del problema della tempestività della impugnativa avverso una denuncia di inizio di attività, ha sostenuto che - sia che si aderisca alla tesi privatistica sia che si aderisca a quella del titolo abilitativo implicito - in ogni caso l'azione costituente il rimedio del terzo pregiudicato deve attenersi al termine decadenziale di sessanta giorni (ex art. 21 legge 6 dicembre 1971, n. 1034), rilevando altresì che la struttura tradizionalmente impugnatoria del giudizio amministrativo può riguardare anche fattispecie a formazione provvedimentale implicita, come la DIA in materia edilizia. Dopo un'ampia illustrazione delle diverse tesi, analizzate nell'evoluzione del contesto normativo, rilevando che l'argomento sottoposto al suo esame ha dato luogo a contrasti giurisprudenziali (nella specie, rimedi e tutela del terzo avverso la DIA), la IV Sezione, «consapevole della delicatezza delle questioni e del loro evidente carattere di massima», con l'ordinanza n. 14 del 5 gennaio 2011 ne rimette l'esame all'Adunanza plenaria.

IMPUGNAZIONE DI ATTI ABILITATIVI DELL’EDIFICAZIONE: LEGITTIMAZIONE A RICORRERE E DECORRENZA DEL TERMINE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 18 del 05 gennaio 2011

E’ pacifico avviso della giurisprudenza che, in materia di impugnazione del permesso di costruire, sia sufficiente la c.d. “vicinitas”, quale elemento che distingue la posizione giuridica del ricorrente da quella della generalità dei consociati, di talché è corretto riconoscere a chi si trovi in tale situazione un interesse tutelato dacché il provvedimento dell’Amministrazione sia procedimentalmente e sostanzialmente

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it ossequioso delle norme vigenti in materia; per di più, nella specie, a tale interesse si aggiunge anche quello economico proprio delle aziende ricorrenti che agiscono nello stesso campo turistico ed economico della Boomerang, per cui la posizione legittimante delle prime può ritenersi ancor più consistente e meritevole di tutela in relazione all’impugnato permesso di costruire una struttura ricettiva.

La decorrenza del termine per ricorrere in sede giurisdizionale avverso atti abilitativi dell’edificazione si ha, per i soggetti diversi da quelli cui l’atto è rilasciato (ovvero che in esso sono comunque indicati) dalla data in cui si renda palese ed oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto, la qual cosa si verifica quando sia percepibile dal controinteressato la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica.

E’ da escludere che possano avere rilievo determinante elementi quali l’esistenza, nell’area di edificazione, di una gru, di una baracca, di servizi di cantiere, nonché di recinzione dell’area stessa e lo spianamento della superficie, in quanto non soltanto singolarmente considerati, ma anche complessivamente valutati, certamente non consentivano ai ricorrenti di rendersi conto dell’entità dell’opera, perché non ancora realizzata quanto meno nelle sue strutture portanti, né della sua incidenza sui loro interessi protetti.

I BALCONI AGGETTANTI NON POSSONO CONSIDERARSI A SERVIZIO DEI PIANI SOVRAPPOSTI E, QUINDI, DI PROPRIETÀ COMUNE DEI PROPRIETARI DI TALI PIANI

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sez. II Civ., Sentenza n. 218 del 5 gennaio 2011

I balconi "aggettanti", i quali sporgono dalla facciata dell'edificio, costituiscono solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno ne' di necessaria copertura dell'edificio - come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell'edificio - non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani; pertanto ad essi non può applicarsi il disposto dell'art.

1125 cod. civ.: i balconi "aggettanti", pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. Nella sentenza si legge:

"il balcone dell'attrice, essendo ubicato a piano terra, non svolge alcuna funzione di copertura neppure della sottostante proprietà condominiale, dovendo perciò escludersi che il bene sia destinato al servizio o al godimento collettivo: qui e' appena il caso di ricordare che la c.d. presunzione di condominialità di cui all'art.

1117 cod. civ. si basa sul carattere strumentale ed accessorio dei beni ivi indicati rispetto alle unità di proprietà esclusiva dei condomini. Del tutto fuori luogo e', altresì, il riferimento alla presunzione di cui all'art. 1125 cod. civ., atteso che tale norma prevede la comunione del solaio divisorio fra l'appartamento sovrastante e quello sottostante, ipotesi che evidentemente non ricorre nella specie."

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it AREE VINCOLATE: LA SOPRINTENDENZA HA NOVANTA GIORNI PER IL “NO”, ALTRIMENTI ARRIVA “L’ECOMOSTRO”

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 43 del 10 gennaio 2011

In base all’articolo 151 del DLgs 490/99 la Soprintendenza che tutela i beni architettonici ha sessanta giorni di tempo, a partire dalla ricezione dei documenti, per effettuare il controllo di sua competenza sul placet concesso dall’ente locale al privato che vuole costruire in area vincolata. Altri trenta giorni di tempo, e fanno dunque novanta in tutto, possono essere concessi se all’amministrazione che protegge il paesaggio serve un’integrazione del materiale necessario ad assumere la sua determinazione. Dopodiché, se non decide, decade dal potere di farlo: il termine fissato dalla legge ha natura perentoria. Accolto, nella specie, il ricorso originario di due cittadini che intendono costruire nella piana sottostante la Torre di Velia, a un passo dall’omonima area archeologica in provincia di Salerno, «aggredita - si legge in sentenza - da una costante richiesta di edificazione». Ma lo stop della Soprintendenza arriva dopo oltre cento giorni ed è quindi fuori tempo massimo.

MALATTIA PROFESSIONALE: LA RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO È DI NATURA CONTRATTUALE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 306 del 10 gennaio 2011

In presenza di una malattia professionale l'imprenditore è tenuto a provare di aver adottato, nel rispetto dell’art. 2087 c.c., "tutte le misure che, seconda la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". E' quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 306 del 10 gennaio 2011 accogliendo il ricorso di un lavoratore che aveva visto accertare, dalla Corte d’Appello, la natura professionale della propria malattia ma non la domanda di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno morale. Alla base della decisione dei giudici di merito veniva posta l'omissione da parte del lavoratore di allegazione della documentazione relativa alla violazione delle misure di prevenzione idonee ad evitare il danno da parte del datore di lavoro e il fatto che l'articolo 2087 c.c. non prevede una responsabilità oggettiva e non può risolversi in un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile. I Giudici di legittimità ritengono la sentenza della Corte d'Appello non rispettosa del dettato normativo e la cassano con rinvio ad altra Corte d'Appello per una nuova valutazione di merito, alla luce del criterio di ripartizione dell'onere della prova in forza del quale "incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo".

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it IL DURC INCOMPLETO NON COMPORTA L'ESCLUSIONE AUTOMATICA DALLA GARA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 83 dell’ 11 gennaio 2011

La presentazione di un documento unico di regolarità contributiva (DURC) incompleto per la mancata pronuncia di uno degli enti tenuti al rilascio non comporta l'esclusione automatica di un partecipante ad un gara di appalto.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza in esame, interpellato nuovamente in merito alla presentazione del DURC per la partecipazione ad una gara di appalto. Nel caso di specie, l'aggiudicatario di una gara per l'affidamento di lavori di manutenzione di pubblica illuminazione aveva presentato un DURC in corso di validità ma non regolare poiché recava l'attestazione della regolarità contributiva INAIL ma non quella INPS, non essendosi pronunciata la sede INPS di riferimento.

I giudici di Palazzo Spada, confermando la sentenza di primo grado, hanno ricordato che il dato normativo e giurisprudenziale secondo il quale neppure in presenza di una accertata violazione degli obblighi contributivi la stazione appaltante può disporre automaticamente la esclusione dalla gara, e ciò deve indurre, per il principio di continenza, a trarre conclusioni dello stesso segno in ipotesi, come quella in esame, in cui sia presentato un DURC in corso di validità, dal quale non emerga alcuna inadempienza ai predetti obblighi. Nell'ipotesi in cui l'INPS competente non si è ancora pronunciato al 28esimo giorno dalla domanda non è motivo sufficiente escludere l'impresa partecipante alla gara.

In tema di rilascio del DURC vige il principio del silenzio assenso che si matura al trentesimo giorno dalla data di presentazione della richiesta. L'emissione di un DURC incompleto per mancata pronuncia di uno degli enti tenuti al rilascio non impedisce di ritenere implicitamente certificata la regolarità contributiva, per la parte non considerata dalla certificazione esplicita, con il compiersi del termine prescritto per la formazione del silenzio assenso.

D'altra parte, il concorrente che abbia tempestivamente richiesto il DURC e si veda rilasciare un documento, privo di accertamenti negativi, ma incompleto per inerzia dell'ente interpellato, non può subire conseguenze pregiudizievoli a causa dell'inefficienza del medesimo, avendo, oltretutto, soddisfatto l'onere di produrre l'unico documento di cui poteva disporre alla scadenza del termine per la presentazione della domanda.

In definitiva, il durc, anche se formatosi in virtù del silenzio assenso, assume la valenza di una dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell'articolo 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso.

Attesa la natura giuridica del DURC, non residua in capo alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso contenute.

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it NELLE GARE SPAZIO ALLE NORME REGIONALI

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 391 dell’11 gennaio 2011

In materia di aggiudicazioni di procedure di gara e di conclusione dei contratti le Regioni hanno voce in capitolo.

La Corte di cassazione, sezioni unite, con la sentenza in esame ha infatti chiarito che le Regioni possono prevedere la necessità di un contratto successivamente all'aggiudicazione di una procedura di gara; infatti, la regola generale secondo cui l'aggiudicazione di una procedura di gara equivale alla stipula del contratto può essere derogata da una legge regionale. Nella sentenza i giudici affermano che la disposizione statale, secondo cui i processi verbali di aggiudicazione definitiva equivalgono per ogni legale effetto al contratto (articolo 16 della legge di contabilità dello Stato n. 2440 del 1923), ha natura di “norma dispositiva”. Vale a dire di norma

“che si presta a essere derogata nel senso di escludere che l'aggiudicazione, oltre a concludere il procedimento di scelta del contraente, produca da sé la conclusione dell'accordo”.

Più in generale, la Cassazione sostiene che la norma statale “può essere derogata da una norma regionale nell'ambito di una materia, la cui competenza appartenga alla regione”. Nel caso in esame, la disciplina riguardante la conclusione dei contratti rappresenta secondo i giudici una materia di competenza regionale. Pertanto, conclude la Cassazione, una legge regionale in materia di conclusione dei contratti può derogare alla norma statale che stabilisce l'equivalenza tra l'aggiudicazione di una procedura di gara e la stipula del contratto.

VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS)

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 133 del 12 gennaio 2011

Il Consiglio di Stato e` intervenuto in tema di Valutazione ambientale strategica (VAS) di piani e programmi, precisando alcuni aspetti fondamentali della disciplina introdotta dal D.Lgs. 152/2006 cd. ``Codice dell`ambiente`` in attuazione della direttiva comunitaria 2001/42/CE. In particolare, da tale pronuncia emerge che:

- la VAS non rappresenta un procedimento o un sub procedimento autonomo rispetto alla procedura di pianificazione, ma semplicemente un passaggio endoprocedimentale di questa ultima

- il “parere motivato” che conclude la fase di VAS non ha natura di provvedimento amministrativo vero e proprio e quindi non e` autonomamente impugnabile davanti al giudice amministrativo

- la competenza ad effettuare la VAS non deve essere posta necessariamente in capo ad una pubblica amministrazione diversa da quella titolare del procedimento di pianificazione, ma può anche essere individuata in un diverso organo all`interno dello stesso ente pianificatore.

Sulla base di queste considerazioni, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Regione Lombardia contro una sentenza del TAR che aveva annullato il piano di

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it governo del territorio (pgt) di un comune lombardo per incompetenza dell`autorità`

che aveva svolto la VAS, trattandosi di un organo all`interno dello stesso ente locale.

In Lombardia, infatti, in base alla delibera di Giunta Regionale VIII/6420/2007, l’autorità` competente allo svolgimento della VAS sui piani territoriali ed urbanistici e` individuata da ciascuna pubblica amministrazione procedente al proprio interno, tra coloro che hanno compiti di tutela e valorizzazione ambientale. In conclusione, secondo i giudici, le due amministrazioni - quella pianificatrice e quella competente alla VAS - seppure chiamate a tutelare interessi diversi, operano in collaborazione in vista del risultato finale della formazione di un piano attento ai valori della sostenibilità e compatibilità ambientale, come previsto dall`art. 11 del D.Lgs.

152/2006.

PARCHEGGI SEMINTERRATI E "LEGGE TOGNOLI"

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • T.A.R. per il Piemonte, Sentenza n.31 del 14 gennaio 2011

I parcheggi non si possono considerare "interrati" ai sensi dell’art. 9, co. 1, l. n.

122/2009 (cosiddetta "legge Tognoli") se l’“interramento” è artificialmente realizzato per effetto di riporto di terra al di sopra del piano naturale di campagna fino ad 1 metro. Un innalzamento di quasi un metro della quota naturale del terreno, tanto più ove finalizzato a realizzare un vano seminterrato, non può considerarsi lavoro o opera di sistemazione, poiché esso determina un’alterazione significativa dello stato dei luoghi. La quota del piano di campagna non può dipendere dalle scelte progettuali, bensì dipende dallo stato di fatto del terreno;

infatti, le "opere di sistemazione" del terreno, non sono tutte quelle scelte dal progettista, ma sono quegli interventi di minima entità necessari a conformare il terreno alla futura attività edilizia (dissodamento, livellamento e interventi analoghi) e non certo ad alterarne la caratteristiche naturali, altrimenti si perverrebbe alla conclusone assurda che lo stacco dell’edificio dal terreno non sia ancorato a dati certi ed obiettivi, ma a scelte arbitrarie ed insindacabili del proprietario dell’immobile”. La legge Tognoli, se pure è volta a favorire la realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a fare salvo l’aspetto esteriore e visibile del territorio, nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali strutture non comportano alterazioni visibili del territorio.

SOGGETTI LEGITTIMATI A RICHIEDERE LA SANATORIA EDILIZIA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • TAR Campania Napoli, sez. VIII, Sentenza n. 196 del 14 gennaio 2011

«Titolo legittimante alla richiesta della sanatoria edilizia non è solo la proprietà degli immobili oggetto dei lavori: in linea con la giurisprudenza del superiore giudice amministrativo, il Tribunale rileva che potenziale responsabile dell’abuso può essere non solo il proprietario o altro soggetto che vanti, sull’area, un diritto reale o

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it obbligatorio, ma anche, ad esempio, il titolare o altro responsabile dell’impresa realizzatrice dei lavori, come altri soggetti che, in relazione al loro rapporto privilegiato con il bene, abbiano avuto la possibilità di realizzare l’abuso, così assumendosene la responsabilità.

(Ex pluris, L’istanza di sanatoria di opera abusiva può essere presentata dall’autore dell’abuso anche se non proprietario dell’immobile: Consiglio Stato, sez. V, 23 novembre 2006, n. 6906; “Ai sensi dell’art. 31 comma 3, l. n. 47 del 1985 - applicabile per il richiamo effettuato dall’art. 39 comma 1, l. n. 724 del 1994 alle disposizioni dei capi IV e V della l. n. 47 del 1985 - alla richiesta di sanatoria e agli adempimenti relativi possono provvedere, non solo “coloro che hanno titolo, ai sensi della l. 28 gennaio 1977 n. 10, a richiedere la concessione edilizia o l’autorizzazione”, ma anche, “salvo rivalsa nei confronti del proprietario, ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria medesima”: Consiglio Stato, sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3282)».

RAPPORTO TRA CONDONO E SANATORIA ORDINARIA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza n. 761 del 14 gennaio 2011

«La normativa sui condono edilizio assume certamente carattere di specialità rispetto alle disposizioni che disciplinano la possibilità di sanatoria degli abusi edilizi in via ordinaria (art. 36 del DPR n. 380/2001), sicché il divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui all’ari 146, comma 4, del D. Lgs n. 42/2004, come sostituito dall’art 2, comma I lett. s), del D. Lgs n. 63/2008, non si applica alle ipotesi in cui la sanatoria stessa sia prevista da una normativa speciale quale quella in materia di condono edilizio».

GARA D’APPALTO VALIDA ANCHE SE L’AZIENDA NON HA INDICATO I COSTI SOSTENUTI PER LA SICUREZZA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 209 del 17 gennaio 2011

Il Consiglio di Stato, con la decisione in esame ha respinto l’istanza con la quale un consorzio aveva chiesto che venisse invalidata la gara di appalto perché una delle concorrenti non aveva indicato i costi sostenuti per la sicurezza lavoro. In particolare secondo i giudici di Palazzo Spada «in tema di gara d’appalto, laddove l’entità dei costi per la sicurezza è stata preventivamente prevista, il bando non pone a carico del concorrente l’incombente che consiste nel segnalare espressamente quali sono gli oneri economici che chi partecipa alla procedura ritiene di dover sopportare per adempiere agli obblighi di sicurezza. Ne consegue che non può invocarsi la violazione del disposto dell’articolo 87, comma 4, del D.lgs. 163/06, il quale prevede una valutazione della congruità dei costi in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta».

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it OFFERTA CONTROFIRMATA SUI LEMBI MA PRIVA DI SOTTOSCRIZIONE: LEGITTIMA L’ESCLUSIONE DALLA GARA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato , Sez. V, Sentenza n. 528 del 25 gennaio 2011

In una gara pubblica un concorrente si era dimenticato di firmare l’offerta economica, pur provvedendo a controfirmare i lembi sigillati della busta. In primo grado l’esclusione veniva considerata illegittima. Di diverso avviso il Consiglio di Stato (Quinta Sezione, sentenza 25 gennaio 2011 n. 528). Infatti, la sottoscrizione dell’offerta, prescritta ai sensi dell’art. 74 d.lgs. n. 163 del 2006 , si configura come lo strumento mediante il quale l’autore fa propria la dichiarazione contenuta nel documento, e serve a renderne nota la paternità e a vincolare l’autore alla manifestazione di volontà in esso contenuta. Essa assolve la funzione di assicurare provenienza, serietà, affidabilità e insostituibilità dell’offerta e costituisce elemento essenziale per la sua ammissibilità, sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, potendosi solo ad essa riconnettere gli effetti dell’offerta come dichiarazione di volontà volta alla costituzione di un rapporto giuridico. La sua mancanza inficia, pertanto, la validità e la ricevibilità della manifestazione di volontà contenuta nell’offerta senza che sia necessaria, ai fini dell’esclusione, una espressa previsione della legge di gara (Cons. St. Sez. V, 7.11.2008, n. 5547). Non può ritenersi equivalente alla sottoscrizione dell’offerta l’apposizione della controfirma sui lembi sigillati della busta che la contiene. Invero, tale modalità di autenticazione della chiusura della busta – talvolta associata o alternativa alla sigillatura con ceralacca, secondo le prescrizioni della legge di gara - mira, diversamente dalla sottoscrizione dell’offerta che serve a far propria la manifestazione di volontà dell’offerente, a garantire il principio della segretezza dell’offerta e della integrità del plico, richieste ai fini della regolarità della procedura. Secondo piani principi, poi, il favor alla massima partecipazione degli aspiranti ad una selezione pubblica opera in presenza di clausole di esclusione incerte od ambigue, da interpretare nel senso più favorevole alla più ampia partecipazione possibile, ma trova un insuperabile ostacolo nelle cause di esclusione dipendenti dalla mancanza di elementi essenziali dell’offerta quali la sottoscrizione. Del tutto irrilevante è, quindi, l’accertamento circa la corrispondenza della controfirma apposta sulla busta rispetto a quella dell’offerente, data la non sostituibilità, in ogni caso, della sottoscrizione dell’offerta con la controfirma apposta sull’involucro.

SOTTOTETTI E VOLUMI TECNICI : LE LEGGI E REGOLAMENTI PREVALGONO SUGLI STRUMENTI URBANISTICI ED EDILIZI LOCALI. NOZIONE DI VOLUMI TECNICI

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 678 del 28 gennaio 2011

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, riferita all'annullamento di un permesso di costruire rilasciato per la realizzazione di un sottotetto, chiarisce come la controversia derivante dalla impugnazione di un permesso di costruire costituisca una disputa non già tra privati ma tra privato e pubblica amministrazione, ricorda la

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it prevalenza delle fonti normative primarie (leggi e regolamenti) sugli strumenti urbanistici ed edilizi locali, ribadisce la nozione di volumi tecnici.

Viene quindi confermato l'annullamento del permesso di costruire, rilasciato in base alle norme del regolamento edilizio che stabiliscono una specifica disciplina in merito alle distanze, ai sottotetti e alla definizione di volumi tecnici, le quali risultano in contrasto con le definizioni contenute nell'art. 3 del t.u. edilizia (DPR 380/2001), che prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi, costituendo criterio ermeneutico generale per la intera disciplina urbanistico-edilizia su base locale.

Nel merito viene ricordato come i volumi tecnici di un edificio siano solo quelli destinati esclusivamente agli impianti necessari per l'utilizzo della abitazione e che non possano essere ubicati al suo interno. Pertanto non sono tali - e sono computabili quindi ai fini della volumetria consentita - le soffitte, gli stenditoi chiusi e quelli di sgombero; parimenti non è volume tecnico un piano di copertura, definito impropriamente sottotetto, se costituente in realtà una mansarda in quanto dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda.

Inoltre viene ricordato come il privato, che si ritenga danneggiato da un'attività edilizia autorizzata (che - nel caso in esame - ha violato le norme in tema di distanza fra costruzioni e di queste con i confini), ha diritto alla c.d. "doppia tutela", che si caratterizza per essere concorrente ma separata per le diverse posizioni giuridiche di diritto soggettivo e interesse, in quanto la controversia derivante dalla impugnazione di un permesso di costruire costituisce una disputa non già tra privati ma tra privato e pubblica amministrazione, nella quale la posizione del primo si atteggia a interesse legittimo, con conseguente spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo, mentre spetta al giudice ordinario qualora venga richiesto il risarcimento del danno ovvero la rimozione dell'opera (in tal caso infatti è implicita una richiesta di disapplicazione dell'atto illegittimo).

Al riguardo ricorda inoltre come risulti pacifica la ammissibilità del ricorso collettivo, proposto da una pluralità di soggetti, se i ricorrenti agiscono a tutela di posizioni analoghe, lese da atti aventi identico contenuto e quando non sussista un conflitto di interessi tra i ricorrenti; quest'ultima condizione nel senso che l'interesse sostanziale fatto valere non presenti punti di contrasto o conflitto, e l'eventuale accoglimento del gravame avanti al giudice amministrativo possa tornare a vantaggio di tutti (che non sarebbe, per esempio, se in virtù dell'accoglimento per mancato rispetto delle distanze, l'arretramento del fabbricato portasse a una nuova violazione nei confronti di un ricorrente e non dell'altro).

MANCATO ESERCIZIO POTERI RIPRISTINATORI E REPRESSIVI

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza n. 744 del 2 febbraio 2011

Il proprietario di un’area o di un fabbricato nella cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’Organo preposto è titolare di un interesse legittimo

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it all’esercizio di detti poteri e può pretendere se non vengono adottate le misure richieste , un provvedimento che ne spieghi le ragioni, con la conseguenza che il silenzio serbato sulla istanza –diffida integra gli estremi del silenzio –rifiuto sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere espressamente

ORTOFOTO, ULTIMAZIONE DEI LAVORI E CONDONO EDILIZIO

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 752 del 02 febbraio 2011

L’onere della prova dell’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria; ciò perché mentre l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che richiede la sanatoria può fornire qualche documentazione da cui si desuma che l’abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta come ad es. fatture, ricevute, bolle di consegna, relative all’esecuzione dei lavori e/o all’acquisto dei materiali ecc.

(cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8298; Consiglio Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 45).

L’ortofoto costituisce un elemento, proveniente da un terzo, assolutamente inequivocabile della non-edificazione dell’area alla data del volo. E’ infondata la censura relativa all’utilizzabilità del rilievo aereo come strumento di prova in un processo civile, penale e amministrativo, in quanto lo stesso sarebbe stato eseguito da una ditta specializzata senza che fosse stato esperito il collaudo, cioè la verifica a campione su almeno il 10% dei fogli della correttezza tecnica della procedura.

Infatti, in assenza di una querela di falso, è del tutto irrilevante la lamentata mancanza del collaudo finale ai fini della valenza probatoria dell’aerofotogrammetria, poiché il Capitolato Speciale d’appalto non ha rilievo normativo, ma costituisce una disciplina di carattere negoziale il cui valore è limitato alle parti contraenti. In quanto “res inter alios acta”, la disciplina contrattuale non può essere invocata da terzi, come il ricorrente, per contestare la qualità dell’esecuzione dell’obbligazione, che invece è stata pacificamente accettata dal committente Istituto Geografico Militare.

SPETTA SIA AL PROPRIETARIO SIA AL COMUNE STABILIRE L’UBICAZIONE DEL PASSO CARRABILE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 797 del 03 febbraio 2011

La questione risolta dai giudici nasceva dalla natura controversa di una strada, per alcuni pubblica e per altri privata. Una strada è pubblica quando soddisfa tre requisiti fondamentali, tra i quali il passaggio di una collettività di persone, qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale tale da determinare un diritto di servitù; inoltre la concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it generale interesse, anche per il collegamento con la pubblica via ed il titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, contribuiscono a definirla pubblica. Nel caso sottoposto all’esame dei giudici di Palazzo Spada l’amministrazione comunale aveva concesso un permesso di costruire, peraltro non contestato, ed un passo carrabile su pubblica via, collegato all'intervento edilizio concesso al legittimo proprietario del fondo che alla stessa via accede. Non risulta, dunque, rilevante la tesi dei vicini di casa, secondo cui in astratto, si poteva immaginare un accesso al lotto situato in altro luogo.

SANZIONI PENALI PER CHI COSTRUISCE CON DIA NON IDONEA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 3872 del 3 febbraio 2011

Può subire delle sanzioni penali e deve risarcire i danni a chi è stato danneggiato chiunque edifica sulla base di una Dia (denuncia di inizio attività) solo in apparenza legittima. Lo ha stabilito la Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza in esame avente ad oggetto la costruzione nel Comune di Palermo di un complesso di edilizia sociale in un'area destinata a verde agricolo dal piano regolatore generale. In Sicilia la legge 221996 (ampliando le maglie della legge 136/99) rende possibili gli interventi edilizi anche nelle aree destinate a verde agricolo, a condizione che siano contigue a insediamenti abitativi. Nel caso in esame, un commissario regionale si è sostituito al Comune di Palermo nell'approvazione del progetto edilizio in zona a verde agricolo, giudicato però illegittimo dalla Cassazione in quanto in contrasto con il piano regolatore generale. Secondo i giudici penali, i provvedimenti del commissario regionale e il titolo abilitativo (Dia) che consente la costruzione del complesso edilizio sono illegittimi, in quanto le aree destinate all'espansione edilizia non si erano ancora esaurite e quindi erano assenti le condizioni per edificare su aree agricole.

IL TITOLARE NON È SEMPRE RESPONSABILE IN CASO DI INFORTUNIO SUL LUOGO DI LAVORO

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Cassazione Penale, sezione IV, Sentenza n. 4106 del 3 febbraio 2011

Il titolare di un'azienda che opera in diverse sedi non risponde penalmente di un infortunio sul luogo di lavoro se esiste un direttore di stabilimento e questi ha poteri di spesa in materia di prevenzione antinfortunistica. Sarà il responsabile dell'unità produttiva che risponderà penalmente di un infortunio ad un lavoratore della sua sede, nei limiti di quelli che sono gli adempimenti prescritti dalla normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

In particolare, la Corte Suprema ha accolto il ricorso presentato da un datore di lavoro, il quale era stato condannato nei precedenti due gradi di giudizio per l'infortunio di un operaio che era caduto da una scala mentre effettuava opere di

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it manutenzione ad una pressa a iniezione, in quanto non sussisteva una delega a favore del direttore e non era stato nominato un responsabile per la sicurezza.

È evidente che la responsabilità del direttore dell'unità produttiva è legata ai suoi poteri decisionali e di spesa in materia di sicurezza; egli sarà considerato come datore di lavoro ai fini della sicurezza solo se gli siano attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge e solo entro quei limiti, mentre, per tutti gli altri adempimenti per i quali non dispone dei mezzi e dei poteri per realizzarli, le eventuali violazioni e relative conseguenze non saranno a lui ascrivibili.

Pertanto, nel caso in esame, il direttore dello stabilimento, rientrando l'intervento sulla scala nel suo potere di spesa e nell'autonomia di cui disponeva (alcune migliaia di euro), va considerato datore di lavoro in materia di sicurezza e non risulta necessaria la rigorosa prova della sussistenza di una delega al direttore dello stabilimento, in quanto lo stesso è da ritenersi responsabile a titolo originario e non per delega.

ABUSI EDILIZI: L’ITER DELLA DEMOLIZIONE VA AVANTI ANCHE SE È IMPUGNATO IL

“NO” AL CONDONO

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Tar Liguria, Sentenza n. 226 del 05 febbraio 2011

Il responsabile della violazione urbanistica non riesce a ottenere lo stop all’ordinanza del Comune pronto a mandare in campo le ruspe contro la costruzione abusiva. E questo nonostante il proprietario dell’opera abbia impugnato tanto la reiezione della domanda di condono, con ricorso straordinario al Capo dello Stato, quanto il diniego di conformità alla normativa urbanistica, stavolta con ricorso al Tar. L’immobile “incriminato”, tuttavia, non poteva essere costruito senza licenza edilizia né ha buon gioco il tentativo di ottenere il permesso in sanatoria da parte del proprietario. Insomma: non può più aspettare l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune dopo il doppio rifiuto opposto dalle autorità alle istanze del trasgressore: l’attività sanzionatoria dell’ente locale contro le violazioni alla normativa urbanistica ha natura vincolata. Non basta di per sé la pendenza dei ricorsi, proposti in sede amministrativa o giudiziale, a impedire all’amministrazione di esercitare il suo potere di sanzionare gli abusi, in mancanza della concessione di misure cautelari. Infine: quando la domanda di sanatoria è respinta (come in questo caso), il termine concesso al privato per l’esecuzione spontanea della demolizione decorre dal momento in cui l’interessato viene a conoscenza del diniego opposto alla sua istanza; il proprietario dell’opera, infatti, non può essere danneggiato per aver esercitato una facoltà che la legge gli riconosce e deve dunque avere a disposizione l’intero lasso di tempo previsto dalla normativa per adeguarsi all’ordine dell’amministrazione.

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it APPALTI PUBBLICI: I DANNI AL PROGETTISTA VANNO CHIESTI AL GIUDICE ORDINARIO

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 3165 del 09 febbraio 2011

Il Massimo consesso di Piazza Cavour ha respinto il ricorso di un progettista, un libero professionista, che era stato citato dal comune di Molfetta per l’inutilizzabilità dell’immobile realizzato dall’appaltatore. Nel rispedire gli atti al giudice ordinario gli Ermellini hanno precisato che «in tema di incarico per la progettazione di opera pubblica affidato a libero professionista, nessun rapporto di servizio è configurabile tra la stazione appaltante ed il progettista dell'opera, il cui elaborato deve essere fatto proprio dall'amministrazione mediante specifica approvazione, versandosi in tal caso in un'ipotesi, non di inserimento del soggetto nell’organizzazione dell’amministrazione, ma di contratto d’opera professionale». Ma non è tutto.

Secondo il Collegio, «il vincolo che lega il progettista all’amministrazione è da ricercare nell'art. 2222 c.c. e che i principi disciplinanti l'attività di progettazione sono quelli stabiliti dall’art. 1176 c.c. La progettazione di opera pubblica, come più volte affermato anche dal giudice contabile, quando sia affidata ad un libero professionista, non comporta l'instaurarsi di una relazione funzionale con l’ente pubblico, in quanto non comporta l’esercizio di poteri propri della P.A., diversamente da quanto avviene nell’attività del Direttore dei lavori ove viene in rilievo anche l’imputabilità in via diretta ed immediata alla P.A. dell'attività con rilevanza esterna del soggetto, il quale assume la rappresentanza del committente».

IMPIANTO FOGNARIO ABUSIVO, EFFETTUAZIONE DI UNO SCARICO SENZA AVERE RICHIESTO L’AUTORIZZAZIONE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sezione II, Sentenza n. 3417 del

Nell’individuare il soggetto attivo della violazione in “chiunque” si renda responsabile dell’apertura o dell’effettuazione di uno scarico senza avere richiesto l’autorizzazione, l’articolo 54, D. Lgs. n. 152 del 1999, chiarisce che, coerentemente con la finalità di tutela ambientale, la violazione non presuppone una particolare qualità del soggetto attivo, potendo lo stesso identificarsi sia in colui che, realizzando il relativo impianto abbia aperto gli scarichi e sia in chi, valendosi dell’impianto in quanto lo gestisca o lo detenga di fatto o anche in assenza di esso, effettui gli scarichi.

11 febbraio 2011

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • PAESAGGIO E BENI DEMANIALI

Corte di Cassazione, Sentenza n. 3665 del 14 febbraio 2011

Dalla applicazione diretta (“drittwirkung”) degli artt. 2, 9 e 42 Costituzione si ricava il principio della tutela della umana personalità e del suo corretto svolgimento nell’ambito dello Stato sociale, anche nell’ambito del “paesaggio”, con specifico

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it riferimento non solo ai beni costituenti, per classificazione legislativa-codicistica, il demanio e il patrimonio oggetto della “proprietà” dello Stato ma anche riguardo a quei beni che, indipendentemente da una preventiva individuazione da parte del legislatore, per loro intrinseca natura o finalizzazione, risultino, sulla base di una compiuta interpretazione dell’intero sistema normativo, funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della collettività e che – per tale loro destinazione, appunto, alla realizzazione dello Stato sociale – devono ritenersi

“comuni”, prescindendo dal titolo di proprietà, risultando così recessivo l’aspetto demaniale a fronte di quello della funzionalità del bene rispetto ad interessi della collettività. (Principio enunciato a proposito delle c.d. valli da pesca della laguna di Venezia).

APPALTI PUBBLICI: GIÀ OGGI CHI CERTIFICA LA QUALITÀ NON PUÒ RILASCIARE ATTESTAZIONI SOA

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di stato, Sentenza n. 987 del 16 febbraio 2011

Accolto il ricorso dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici: risulta in conflitto di interessi la persona fisica titolare di partecipazioni in un’azienda che si occupa di certificazione di qualità e in una Soa (e che per giunta è pure dipendente del ministero delle Infrastrutture, sia pure parti time). Palazzo Spada respinge l’impugnazione originaria, ha torto il poliedrico funzionario ministeriale: il divieto di svolgere contemporaneamente attività di certificazione e di attestazione ai fini degli appalti non è stato affatto rimosso dalla riforma del 2002. Anzi, l’effetto è stato blindare ancora di più il sistema: per la Società organismo di attestazione (Soa) l’oggetto sociale deve essere esclusivo e dunque non è possibile svolgere alcuna altra attività rispetto a quella finalizzata alla partecipazione del terzo all’appalto pubblico. E come corollario scaturisce che un organismo di certificazione non può avere partecipazioni azionarie in una Soa. Non resta che attenderà qualche mese:

con l’entrata in vigore del Dpr 207/10 ci sarà un divieto esplicito per gli organismi di certificazione di possedere a qualsiasi titolo, diretto o indiretto, una partecipazione al capitale di una Soa.

NOZIONE DI «VOLUMI TECNICI» NON POSSONO ESSERE TALI MANUFATTI DI INGOMBRO RILEVANTE, CON PROPRIA AUTONOMIA FUNZIONALE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Corte di Cassazione, Sentenza n. 7217 del 25 febbraio 2011

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione torna sull'identificazione della nozione di «volume tecnico».

Per l’identificazione della nozione di «volume tecnico», assumono valore tre ordini di parametri:

- il primo, positivo, di tipo funzionale, relativo al rapporto di strumentalità necessaria del manufatto con l’utilizzo della costruzione alla quale si connette;

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it - il secondo negativo, ricollegato all’impossibilità di soluzioni progettuali diverse (nel senso che tali costruzioni non devono potere essere ubicate all’interno della parte abitativa);

- il terzo, negativo, ricollegato ad un rapporto di necessaria proporzionalità tra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti.

Ne deriva che la nozione in esame può essere applicata solo alle opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, ed invece esclusa rispetto a locali, in specie laddove di ingombro rilevante, oggettivamente incidenti in modo significativo sui luoghi esterni.

CONSIGLIO DI STATO: COMUNE “RITARDATARIO” PAGA ANCHE DANNO BIOLOGICO AL COSTRUTTORE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza n. 1271 del 28 febbraio 2011

Con la sentenza in esame, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha stabilito che il comune che ritarda nel rilasciare il permesso di costruire paga non solo il danno patrimoniale ma anche quello biologico e cioè la lesione alla salute derivante dall'inerzia della P.A. L'imprenditore davanti ai giudici amministrativi di secondo grado, è infatti riuscito a provare che l'inerzia della P.A. gli aveva creato uno squilibrio, concretizzatosi in uno stato di ansia e in vari disturbi di origine dermatologica. Grazie alla nuova formulazione dell'art. 2-bis della legge sul procedimento amministrativo, introdotto dalla legge 69/2009, l'imprenditore è riuscito così ad avere non solo il risarcimento del danno di origine patrimoniale ma anche il risarcimento dell'ingiusto danno da ritardo, basato sul non rispetto del termine di conclusione del procedimento. Secondo la ricostruzione della vicenda, in primo grado il Tar aveva respinto la richiesta dell'imprenditore che aveva quindi impugnato la sentenza del Tar al Consiglio di Stato. I giudici di Palazzo Spada, accogliendo il ricorso dell'uomo, hanno in proposito spiegato che "nel caso di specie, ricorre l'ipotesi in cui il privato invoca la tutela risarcitoria per i danni conseguenti al ritardo con cui l'amministrazione ha adottato un provvedimento a lui favorevole, ma emanato appunto con ritardo rispetto al termine previsto per quel determinato procedimento. Il ritardo procedimentale ha, quindi, determinato un ritardo nell'attribuzione del c.d. "bene della vita", costituito nel caso di specie dalla possibilità di edificare secondo il progetto richiesto in variante. In questi casi la giurisprudenza è pacifica nell'ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l'intervenuto art.

2-bis, comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle p.a., stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. La norma presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento

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Associazione Nazionale “Donne Geometra www.donnegeometra.it che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 4 novembre 2010 n.

1368, che, traendo argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l'esito fosse stato in ipotesi negativo)".

RITARDO NEL RILASCIO DEL PERMESSO DI COSTRUIRE RISARCIMENTO DEL DANNO DOVUTO ALL'INOSSERVANZA DEL TERMINE PER IL RILASCIO DEL PERMESSO DI COSTRUIRE

• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Consiglio di Stato, Sentenza nn. 1271 e 1335 del 02 marzo 2011

Due recenti sentenze del Consiglio di Stato entrano nel merito del risarcimento del danno ingiusto, previsto dall'articolo 2-bis della legge 241/1990 (introdotto dalla legge 69/2009), cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento da parte della PA e dei soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative. Con la sentenza n. 1271 del 28 febbraio 2011, che annulla la precedente pronuncia dei TAR, il Consiglio di Stato riconosce quale dovuto il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo nel rilascio di un permesso di costruire in variante, avvenuto con due anni di ritardo solo dopo la presentazione di un ricorso avverso il silenzio, il cui accoglimento da parte del TAR conferma come non sussistesse alcun elemento ostativo per il rilascio del provvedimento. Partendo dal presupposto che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino, si deve ritenere che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo in grado anche di inficiare un investimento, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica. Oltre a dettare alcuni criteri per la quantificazione del danno, il Consiglio di Stato stabilisce anche che, in sede di determinazione del risarcimento del danno da ritardo nel rilascio di un permesso di costruire, può essere liquidato anche il danno biologico, il quale costituisce quell'aspetto del danno non patrimoniale che afferisce all'integrità fisica della persona. Con la sentenza n. 1335 del 2 marzo 2011, che annulla la precedente pronuncia dei TAR, il Consiglio di Stato stabilisce che non può essere accolta una domanda di risarcimento del danno derivante dal ritardato rilascio di un permesso di costruire, nel caso in cui risulti l'insussistenza in capo all'Ente locale degli elementi costitutivi di responsabilità produttiva di danno risarcibile. Nel caso in esame il ritardo risulta determinato esclusivamente dal responsabile dell'Ufficio tecnico comunale, il quale, per tale ritardo, è stato sottoposto a procedimento penale, conclusosi con una condanna in primo grado, sostanzialmente confermata in appello, con la quale è stato condannato anche al risarcimento del danno in favore

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