• Non ci sono risultati.

Contributi sulla revisione all’interno di testi di consultazione nell’ambito dei Translation Studies e

Capitolo 1 Definizione dell’oggetto di studio: di che cosa parliamo quando parliamo di revisione

1.2. Il metalinguaggio della revisione: ambito teorico

1.2.4 Contributi sulla revisione all’interno di testi di consultazione nell’ambito dei Translation Studies e

Studies e dei Writing Studies

Lo scopo di questo sottocapitolo è arricchire le definizioni illustrate e commentate finora con le riflessioni che alcuni fra i principali studiosi e ricercatori nell’ambito dei Translation Studies hanno formulato intorno al concetto di revisione. Non si tratta di definizioni contenute all’interno di repertori terminologici, né il loro intento principale è lessicografico: quelli di cui si offre qui di seguito una selezione sono contributi che concorrono ad ampliare e/o mettere in luce peculiarità e criticità della revisione, andando così ad arricchire il complesso quadro concettuale che la caratterizza.21

20

Consultabile all’indirizzo http://www.ecu.edu/cs-acad/writing/wac/writingglossary.cfm.

37

Una breve ma interessante rassegna diacronica sullo sviluppo del concetto di revisione e la sua successiva verbalizzazione è proposta da Lee (2006), il quale individua in Nida il primo traduttologo a mostrare consapevolezza dell’importanza del lavoro di revisione ‒ nel suo caso in relazione alle traduzioni della Bibbia ‒ e allo stesso tempo della sua difficoltà, quando dice: "Revisions are in some ways a good deal more difficult than original translations, and hence often involve very complex procedures, usually because of vested interests” (Nida, 1964, p. 245).

Tuttavia, è solo con Munday (2001) che il termine revisione appare “fisicamente” all’interno della cartografia dei Translation Studies da lui rielaborata sulla base della fondamentale mappa formulata da Holmes (1972). Ciò che nella versione di Holmes era definito univocamente come “Translation criticism”, nella rielaborazione di Munday si articola in tre diverse modalità: “reviews”, “evaluation of translation”, “revision”, in cui al processo di controllo e modifica migliorativa di un testo e del relativo prodotto si aggiungono anche l’elemento critico insito nelle recensioni e l’elemento valutativo.

Parlando della revisione come forma di critica della traduzione non possiamo omettere di citare l’illuminante lavoro di Reiss (2000) e le riflessioni ivi contenute, soprattutto intorno alla oggettività/soggettività di ogni attività critica e valutativa in relazione alle diverse tipologie testuali. Come sottolineato in molte delle definizioni illustrate finora, anche per Reiss l’elemento comparativo è fattore indispensabile e requisito necessario di ogni attività valutativa:

[…] translation criticism is possible only by persons who are familiar with both the target and source languages, and is accordingly in a position to compare the translation directly with its original. In brief, translation criticism requires a comparison of the target and source texts. (p. 3)

Sempre facendo leva sull’importanza dell’elemento comparativo della revisione, Lee arriva a utilizzarlo come criterio per distinguere la revisione da altre attività di controllo e intervento sul testo che non prevedono il confronto con il testo di partenza e a formulare la seguente definizione di revisione di una traduzione o revisione bilingue: “examen, par un traducteur ou un réviseur connaisant la langue de départ, d’un texte traduit pour le rendre conforme aux besoins et aux attentes du desinataire” (p. 414).

Un altro tema che attraversa inevitabilmente molti contributi e riflessioni sulla revisione, soprattutto intesa come lavoro di verifica e controllo sul proprio lavoro di traduzione (auto- revisione), è quello dell’oggettività. È infatti proprio in questo tipo di revisione che diventa più

38

difficile adottare uno sguardo lucido, distaccato e dunque oggettivo sulle scelte fatte. Come osserva Hansen (2009):

One reason why self-revision is difficult is that people fall in love with their own formulations. The same myelin threads are used again and again. The space of time between writing and revising the translation, looking at the task with ‘fresh eyes’, plays an important role here. (p. 263)

Il problema dell’oggettività in revisione diventa ancora più evidente se si sceglie di condividere la posizione di Delisle (1988), per il quale il momento della verifica, inteso come terza e ultima fase del processo cognitivo di una traduzione e il cui obiettivo è quello di confermare l’accuratezza delle strategie e soluzioni adottate, è da leggersi come “a function of the interpretation that preceded re-expression”, ed essa stessa “a form of interpretation”(p.66), di fatto una seconda interpretazione che ha luogo dopo la fase di riformulazione e prima della scelta della soluzione finale. Il suo scopo, prosegue Delisle, “is to determine whether the signifiers of the tentative solution accurately convey the ideas of the message” (ibid.).

Si intuisce che questa visione della fase di verifica come nuova, seconda interpretazione acquisisce un peso notevole quando l’attività stessa di verifica – e dunque di revisione – è svolta da una persona diversa dal traduttore, che può dunque operare le proprie scelte e i propri interventi sulla base di una interpretazione, sia del testo originale sia della traduzione, diversa da quella del traduttore.

Come infatti delineato da Gile (1995) nel suo modello sequenziale dell’attività di traduzione, il revisore ripercorre un circuito di riformulazione iniziando il processo dal testo tradotto – e non dal testo originale, come fa il traduttore – verificandone l’accettabilità editoriale e la fedeltà all’originale. Nello svolgere questa attività di verifica, strettamente legata alla qualità del testo tradotto, alla sua importanza per il mercato e la cultura di arrivo, e alla reputazione del traduttore, il revisore può essere costretto a ripercorrere anche un circuito di comprensione – e dunque di interpretazione. In questo caso “revision can be said to follow in a way a process going in the direction opposite to that followed by the translation process itself” (p. 111).

Alla soggettività di comprensione e interpretazione, può dunque sommarsi una soggettività di riformulazione, motivo alla base di situazioni – non certo infrequenti – in cui i revisori “impose their own linguistic preferences at the expense of the translator’s decision” (Künzli, 2007a, p. 124).

39

Per ovviare almeno in parte al problema della soggettività e alle frustrazioni che ne scaturiscono (quella del traduttore che si vede costretto a subire una revisione percepita come “estranea”, e quella del revisore visto come nemico giurato del traduttore), Chakhachiro, (2005) invoca il ricorso alla comunicazione traduttore-revisore:

The revisers’ emendations and their discussions with or reports to the original translator should be systematic in order to control their own subjectivity and achieve consensus about an outcome that is acceptable to all parties concerned. (p. 227)

Sottolineando l’aspetto decisionale della revisione, Chakhachiro riesce a racchiudere in un interessante contributo le diverse dimensioni fin qui sottolineate (interpretativa, analitica e correttiva), aggiungendo anche una visione della revisione come attività descrittiva e propositiva.

“Decision-making in revision involves interpretation of source-text messages, determination of the style and the audiences of the source and target texts, the identification of the semantic and stylistic problems in target texts, a description of problems when there is a need for a reviser’s report, and suggestions for alternatives.”(p. 235)

Nell’individuare poi gli elementi chiave di ogni revisione che possa definirsi di qualità e che assolva dunque al suo compito principale – ovvero assicurarsi che la traduzione sia una versione accurata e accettabile di un testo fonte per i lettori della lingua di arrivo – Chakhachiro introduce indirettamente parametri relativi alla modalità di esecuzione della revisione e alle competenze del revisore dichiarando che lo scopo della revisione

is to exert quality control. This requires contrastive analyses, which, in my view, require a comprehension of the message of the source-text, a fair assessment of the process of translating, and a familiarity with the target-language culture, audience, and literature (in the broadest sense of the word). (ivi, p. 225)

Usando come elemento caratterizzante di varie tipologie di revisione l’agente dell’attività stessa, e prendendo spunto da definizioni simili già formulate in lingua francese da Horguelin e Brunette (1998) e Rochard (2002), Parra Galiano (2005) arricchisce la distinzione fra auto-revisione ed etero-revisione con altri termini quali revisión reciproca (tra traduttori che si rivedono l’un l’altro con o senza confronto con il testo originale), la revisión de concordancia (ovvero la lettura di una traduzione a voce alta con un collega che controlli la corrispondenza con il testo originale), la

40

fosse un originale, al fine di individuare e correggere errori formali), la revisión colectiva (svolta da più persone, spesso afferenti ad ambiti disciplinari diversi o con diverse competenze), e infine la

revisión pericial (il cui scopo è quello di dirimere eventuali divergenze di opinione sorte tra

traduttore e cliente e convalidare o rifiutare la qualità di una traduzione).

Un altro elemento caratterizzante della revisione, ovvero la ricorsività e dunque la sua presenza in maniera più o meno manifesta e consapevole in ogni momento del processo di traduzione, è invece alla base della definizione che segue

[…] revision is not identifiable as a distinct subprocess, but rather as another instance of text production in which the text-produced-so-far serves as an input for reading, evaluating and problem- solving. (Breedveld, 2002, p. 96)

Di stampo cognitivista è la prospettiva adottata da Englund Dimitrova (2005) il cui lavoro, basandosi sull’analogia fra processo traduttivo e processo di produzione di un testo scritto, inserisce la traduzione nel modello di scrittura originale formulato da Hayes e Flower (1980) e poi rielaborato da Hayes (1996) che prevede la presenza di tre fasi distinte: pianificazione, produzione del testo e revisione. In questa prospettiva, Englund definisce la revisione come una serie di procedure volte a individuare, diagnosticare e risolvere problemi:

Processes of revision involve evaluation of the text written so far, finding and diagnosing problems and fixing them. This is an important aspect of monolingual writing, and certainly of a translation task as well. (2005,p.5)

Avendo introdotto l’analogia tra processo di traduzione e processo di scrittura originale, soprattutto per quanto riguarda la sua organizzazione e suddivisione in fasi operative, e nella convinzione che i due ambiti possano beneficiare di una cross-fertilization disciplinare, vengono di seguito riportati contributi sulla revisione tratti da testi di riferimento negli studi sulla scrittura e sulla retorica della composizione scritta.

Inizieremo con una definizione formulata con l’intento di catturare l’essenza del processo, superando le molteplici definizioni che accostano la revisione alla riscrittura o all’editing, che si concentrano su interventi di forma o di contenuto, e che passano al vaglio tutte le operazioni retoriche di cui uno scrittore si serve durante il processo di scrittura. Evitando dunque di entrare

41

nel particolare di cosa si fa in revisione, come e quando, il contributo di Horning (2002) si limita a descrivere la revisione come

the interaction of conscious and unconscious choices writers make in a draft as they weave readable writing for readers, drawing on a balance of several kinds of self-awareness and on specific skills to produce the finished fabric of a readable text. (p.5)

Passando a definizioni meno generaliste, e che entrano invece nel merito di certi aspetti distintivi della revisione, si riporta quella tratta da Roussey & Piolat (2008) dove della revisione viene sottolineato l’elemento valutativo, decisionale e correttivo:

“Revising is regarded as a fundamental process in all models of written text production. […] It requires going back over the text at least once for evaluation purposes, and making changes in the text to correct whatever problems were detected during the evaluation. […] this basic cognitive architecture can be broken down into various subprocesses (task definition, evaluation, strategy selection, text and/or text-plan modification) which require knowledge […] and which lead to the construction of mental representations.” (Roussey, J.Y., Piolat, A., 2008: 765)

Nel presentare e commentare la nascita e l’evoluzione di diversi modelli di scrittura Alamargot e Chanquoy (2001) – in riferimento al modello di Hayes e Flower sopracitato – sottolineano come la fase di “reviewing”, il cui scopo è verificare che ci sia conformità tra il testo scritto e le peculiarità linguistiche, semantiche e pragmatiche dell’obiettivo di scrittura, si compone di due sotto-processi che attendono alla attività di revisione, ovvero “the analytical reading of the already written text (Reading) and its possible correction (Editing)” (p. 5). Nel capitolo che gli autori dedicano al processo di revisione, vengono riportate interessanti definizioni di revisione nell’ambito della scrittura, di cui si riporta quella tratta da Fitzgerald (1987), che scrive:

revision means making any changes at any point in the writing process. It involves identifying discrepancies between intended and instantiated text, deciding what could or should be changed in the text and how to make desired changes and operating, that is, making the desired changes. Changes may or may not affect meaning of the text and they may be major or minor. (p. 484)

Da notare come la definizione non entri nello specifico delle tipologie di intervento, raggruppate invece nella categoria onnicomprensiva di “changes”. Sottolinea, tuttavia, come questi cambiamenti siano il frutto di un’analisi critica e di una riflessione sulla possibilità o la necessità di intervento – distinzione che Mossop (2001/2014) includerà fra i principi fondamentali di ogni attività di revisione. Altra particolarità di questa definizione è il riferimento alla revisione come

42

attività operativa, ovvero non solo di critica analitica e valutativa ma come attività pratica di intervento sul testo, la cui portata può essere più o meno forte. Dal punto di vista della collocazione temporale nel processo di scrittura, la definizione non pone la revisione in un momento fisso e prestabilito, bensì come una costante che interessa l’intero arco dell’attività di scrittura, condividendo così l’idea di ricorsività già espressa in numerose altre definizioni.

Un’altra definizione che vuole mettere in luce il carattere complesso, intuitivo ed elusivo del processo di revisione, e soprattutto la sua “non linearità” temporale si trova in Horning & Becker (2006) le quali, sulla base del loro lavoro ampio di ricerca nell’ambito di scrittura e scrittori, descrivono la revisione come “a recursive, interwoven, intersecting process” (p. 198).

In un’ultima analogia con la traduzione, soprattutto letteraria, e con il florilegio di descrizioni creative e metaforiche su cui può contare (si parla ad esempio di traduzione come ponte, interpretazione musicale, nuova veste, riflesso speculare), anche la revisione di una produzione scritta suscita un’ampia gamma di formulazioni e definizioni. Ecco dunque che la si descrive come un movimento per andare incontro a esigenze interne ed esterno al testo; un momento di svolta, di cambio di direzione; un processo organico che agisce sulle ossa, sui muscoli e sulla pelle di un testo; un abile lavoro di tessitura; un’attività critica; una diagnosi curativa; un percorso di crescita, sviluppo e scoperta, e infine una rivelazione d’identità e di ”voce” (Horning & Becker, 2006).