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Q uando si \;uol definire un discorso sconclusionato si suoli chiam arlo sdher zosam ente discorsio da calzolai; anodo d ì d ire non saprei quanto diffuso m a ohe -costituisce sicu ram ente u n ’in g iu ria g ra tu ita verso la be
n e m e rita classe idei seguaci dì S. C rispino, i qu ali lavorando a difesa dei .piedi ded prossim o non è p ro p rio detto che ragionino anche coi m e
desim i. 'Come s i tsia d e te rm in a to un tale spregievolLe concetto sulla ca
p a c ità in tellettu ale degli artefici rabib e relatori di calzature sarebbe difficile sta b ilire ; forse dovrebbe avervi influito la n otissim a risposta di Apelle « s u to r ne s u p ra crep id am » colla quale il sommo pittore m ise a poeto il saccente calzolaio. A ltre circostanze curiose hanno con
trib u ito a creare su i callzolai u n a cosidetta cattiv a stam pa, e non ne sono a n d a ti esenti n ep p u re i .loro sa n ti p rotettori C rispino e Ctispi- n ian i sui quali nel m edio evo si accreditò la favola che rubassero il cuoio p er fare le sc arp e a i poveri, in base a u n ’a n tic a locuzione tedesca d ’a m b ig u a interpretazio ne (1).
L ’unico c ia b a ttin o rim a sto celebre, come (lo fu in vita, deve l ’ im m o rta lità al dono profetico Uargitogili d a m ad re n a tu ra ; dono funesto se avesse dovuto co starg li le pene dell'inferno ove Dante ilo colilocò in sieme a d a ltri b en p iù fam osi indovini, compensandolo però col sal
v a rn e il nom e d a ll’oblio. C o n d an n a da ritenersi ingiu sta stando al ri
tra tto che del povero ciabattino A'sdente — giacché si tra tta di lui — lasciò il suo co n cittad in o e contem poraneo fra SailimJbene, dipingendolo
« p u ro , semplice, tim orato d i Dio ed illetterato ». Ma anch’egli pretese d iv in a re il .futuro .invecè di tra tta re ili cuoio e lo spago come ne lo rim p ro v era q u a si beffandolo il P oeta, .dhe sui ciabattini non dovette pen
s a r la div ersam en te d a Jacopo P a ssa v a n ti laddove scrisse « non essere s ta ta a l m ondo professione più b assa di quella del calzolaio » (.1).
M a anch e scendendo al Cinquecento non troviam o che il mestiere del calzolaio fosse tenu to m eno a vile, com eebbe a sperim entare il So
dom a che d a n d o si delle a rie da gi<an signore, tollerabile del resto in un a r tis ta della s u a fam a, .fu ferito nelJl’orgoglio sentendosi rinfacciare che e ra il figlio di u n calzolaio. Però da risposta m igliore alOa stolida s o rtita di chi credette um iliare il grande pittore, la dette la corpora
zione stessa idei callzolai senesi commettendo al Bazzi l’affresco ov’ è
(.1) L e m enzogne della storia, M i l a n o . S c u o l a t i p . S a l e s i a n a 1899.
(4 ) F a n t o n i , Poesie, e d . « I t a l i a » 1 8 2 3 v o i . 3 ° .
GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA 49
r a f f i g u r a t a ‘l a M a/donna c o n to rn a ta d a v ari S anti tr a oui S. Crispi/no, il q u a le a ff r e s c o a (detta 'dello istesso V asari tan to poco benevolo verso il p i tt o r e v e rc e lle s e , riu s c ì u n a delle cose sue m igliori (2).
Amebe q u e lla lin g u a m a le d ic a di Nicolò F ranco alle prese con Pie
tro A re tin o c h e v a n ta v a n o b ili orig in i, non seppe trovare argomento m ig lio r e p e r m o rtific a re l 'a l b a g ia che rim p ro v erarg li di esser figlio di u n « v ilis s im o calzolaio » (3). M a a dhe -rintracciare altre prove di a n t i q u a t i p r e g iu d iz i co n tro u n a categ o ria di lavoratori rispetta!)idi al p a r i d i o g n i a ltr o e c a p a c i di com piere nobili gesti, come quel degno c a lz o la io d i A le s s a n d r ia che a Giovanni F a n to n i incarcerato per debiti o ffrì q u a n t o p o sse d e v a p e r lib e ra rlo d a lla p rig io n ia ? La lettera indi
r iz z a ta g li il’ 11 fe b b ra io 1779 d a l g ran d e poeta fivizzanese che non cre
d e tte a p p r o f i t t a r e d ella g e n e ro s a offerta (4) costituisce il migliore elogio d i q u e s ti u m ili a r tie r i t r a i qu'alli per c ita rn e qualcuno non va dimen
tic a to il p a d r e d e l g ra n d e .novelliere A ndersen nonché il ciabattino fio
r e n tin o c u i A n a to le F ra n c e p re stò l’anim o di sereno filosofo.
Q u ello d e l c a lz o la io fu a d u n q u e anticam ente uno dei mestieri meno a p p r e z z a ti m a n o n p erciò accessibile a tu tti; perchè per potervisi istra d a r e e r a in d is p e n s a b ile possedere alm eno u n capitaletto. Fin daMa m età dell q u a t t r o c e n t o in fa tti i p a re n ti di Giovanni Antonio d a Faie incerti suilil’a v vi a m e n to d a d a re a l ragazzo tto, gi erano d ap p rim a proposti di f a r n e u n c a lz o la io ana poi s ’accorsero che m ancavano i q uattrini e vi r i n d i z i a r o n o , m e n tre « urn ago e u n a tax o ra » sarebbero bastati per i l m e s tie r e d e l s a rto (1). E fu .un bene p e r il futuro speziale essersi m e sso a p e s ta r e le d roghe, p erch è se pure coilla su a ferrea volontà fosse g i u n to a iria g .ia te z z a facendo scarpe nessun detersivo avrebbe potuto .n e tta rg li le m a n i im p eciate e gili sarebbe m an c a ta sicuram ente la su
p r e m a soddiisf-azione di vedersi nobilitato colla dignità notarile.
S e n z a c h e q u e s to m e stie re rie n tra sse tr a le vere e proprie arti, un c e rto g u s to a r tis tic o d iv en n e u n a q u a lità indispensabile nei calzolai, q u a n d o colile raffin atezze d e lla R inascenza antìhe la calzatura fu uno d e g li o g g e tti d i v e stia rio in cui si sfoggiò il m aggior lusso, specialmente n e ira 'h b i g li a m e n t o donnesco. 11 genere di c a lz a tu ra più in voga, nei qu at
tr o c e n to e a d o t t a t a in d is tin ta m e n te da aimibo i sessi, fu la pianella. Per t e s t im o n ia n z a dello storico S erdonati, le pianedle e i capelli lunghi co
s t i t u i v a n o .u n d is tin tiv o di n o b iltà; non m ’è infatti m'ai avvenuto di tr o v a r n e t r a g l i oggetti personalli e corredi della gente media. Abbon
d a n o in v e c e in quellii dei nobili. Un eseanjpio dei p iù cospicui è fornito
(2) V a s a r i , V i t a di Gio. B a zzi d e tto il Sod°m a, Ed. Sansoni curata da Q. Milanesi.
(1) P a s s a v a n t i , S c ie n ze v a rie e su p e rstizio n i popolari. Dal «Trattato della Scienza», E d . P o li d o r i .
(3) L u zio e R e n i e r , P ietro A re tin o .
( 1 ) S f o r z a , A u to b io g r a fia d i Gio. A n to n io Faie, in «Archivio St. per le Prov. Par
m en si », N u o v a S e r ie , voi. 4°.
50 GIORNALE STORICO E LETTERARIO DELLA LIGURIA
dal corredo di Costanza F ogliano che id 1478 andò sposa a Francesco M a la f it t a di Fordinovo (1).
Tra gii altri su oi lu ssu o sissim i oggetti si annoveravano infatti nove p aia di p ian elle così descritte :
Un paro di p ian elle d ’oro m undo
ite m un paro di pianelle broohate e racam ate ite m doi pare di p ianelle d i crem esy brochato
ite m un paro d i p ian elle crem esy di brochato arricciato itera un paro di p ian elle d i broeato verde
ite m un paro d i pian elle di velluto crem esy ite m un p aro d i p ian elle d i velluto verde ite m un paro di pianelle di velluto alexandrino
Anche il pontremoilese Nócodemo Trincadini segretario del Duca di M ilano re g istr a tra i suoi ogg etti « iplaneldas pdoires ad ufiuan meuin »;
oltre a 3 p a ia d i p ian elle d a donna, cioè un paio « a la rom anesca » e due (paia « cu m le guize rosate » (2).
N aturalm ente si dette allora tanta im/portanza a questa calzatura che era essenzialm ente la acarpa da casa, perchè la vita della donna si svolse (più di tutto tra le pareti dom estiche, m a servì anche per pas
seggio. P iù tardi la m oda dedda p ian ella si diffuse e nel tardo Cinque
cento la troviam o largam ente adottata in ogni ceto; a Venezia infatti le cortigianie le portavano coi tacchi altissim i che attecchirono anche in altre parti d’ Italia, com e a M assa p. e. ove n ell’inventario di un corredo da sp osa ded 1587 (3) si trovano elencate « pianeflile alte 3 paia cioè un (paro m orelle e due pare negre ». E che si usassero anche dalle classi più um ili ripulita daill’dn v en ta n o di un cailzolaio m assese abitante n el sobborgo d ella rocca in cui sotto l ’anno 1578 figuravano « sessanta pare di form e d a scarpe e pianelle di più sorte » (1). La p ian ella ri
m an e però ancora a lun go la calzatura in cui si sfoggiò il lusso, tan
to che perfino in una legge su n tu aria del Duca di Parm a em anata nel 1693 si trovano vietate le pianelle ricam ate d’oro (2).
Le scarpe si trovano citate in inventari antichissim i. Il loro più lon
tano ricordo in L un igiana credo sia fornito dal dugentesco inventario dei beni ded M archese Opizzone Malaispina di Lusuolo ove si rinvennero nel su o castello « duo p aria caligarum » forse scarpe ferrate da m i
litare, insiem e a « duo p aria scaip aru m de corio ». Qui si tratta di vere e proprie scarpe, m a presto entrarono di moda arocihe le calze
ri-(1) S f o r z a , Le n °zse di C. Fogliano con F. M alaspina, Lucca, Giusti, 1879.
(2) Ferrari P., In v e n ta ri di oggetti a p p a rten en ti a M. Trincadini, in : G. S. L., VI, pp. 102-14.
(3) Contratti del notaio Antonio Calegnini nell’Archivio di Stato di Massa.
(1) Contratti del notaro Giuseppe Guglielmi, ad annum .
(2) Le leggi su n tu a rie a P arm a, in «» Miscellanea in onore di G. Sforza»», Torino bocca, 1923.
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s u o la te ; d e lle q u a li no n occorre qui accennare se non in quanto hian.no re la z io n e co d ia s c a rp a essendosi realizzato con esse un indum ento che d ife n d e v a a d u n teoujpo la gamiba e il piede. A och’esse in progresso di tem p o e pairtiooiLarnieinte nel ’400 divennero oggetto di lusso ohe non si v e rg o g n ò d i uisare il clero stesso; cui furono p erarltro severamente v ie ta te c o m e indioe d i rila ssa te z z a da S. A ntonino quando fu assunto a rc iv e sc o v o a F iren ze. Così legge nella vita del san to scritta da Ve
s p a s ia n o d a B isticci. F u ro n o p erò usate anche dal medio ceto; e tali do
v e tte ro e s s e r e quelle ad o p e ra te d a l pittore B ernardino d a Casteilletlo d i e s i e r a s ta b ilito in Massia ove inori nel 1501. T ra i suoi indolimenti f ig u r a v a i n f a t t i « saiaim b e re tin a m beretini prò uno pare callciaruirn » e si t r a t t a v a ev id en tem en te di calze risuolate.
M a l a cali z a quale fu a n t incanii e rat e colstituì certo un indum ento co
sto so . Per· q u e s to il ric o rd a to speziale lunigianese Sdg. Antonio d a Faie q u a n d o d iv e n u to ricco potè concedersi il lusso inaudito di m angiare g io r n a lm e n te « pane-Jbianco come neva » m entre nei paesi aJli’intorno n o n c e rti a lc u n o d ie n o n lo facesse di panico, enum erando con com
p ì ajcemza t u tt o i l ben did io che si trov ava a godere dice di essere fornito t r a le a l t r e c o se di « cbalce de quele du eey lire al paio e de più mene, s o la te e n o n s o la te ». E p ossedeva andhe degdi stivali d ’avanzo da farne p a r t e a u n a m ic o ; come il b u o n uomo «tesso rico rd a aver fatto quando e s se n d o u n a v o lta anidato a Reggio con un paesano, per farlo compa
r ir e g li p r e s t ò « la c a v a lc a tu ra , u n a pelan d ra, u n paro de calze, u n man- telo, u n a b e r e tà , un paio de sii vafri ». Lo vestì insoanma da capo a piedi.
B e n .a ltr im e n ti forn ito di calzature Nicodemi Trinohedini aveva po
tu to la s c i a r e a Roana in u n a c a ssa d a cam po « doe pare de scarpe nove n e g re » e « u n aJltro pao p a e n az e cum tre sodle usate ».
M a b is o g n a venire al pieno Cinquecento perchè le scarpe divengano d ’u so c o m u n e sovirabb on d an d o specialm ente nettile dalssi privilegiate.
Ne offre inisiig.ne esem pio il C ardinale Innoicenzo Cibo morto in Roma n e l 1550 c h e t r a i suoi effetti p erso n ali lasciò g ra n numero di calzature in oui so n o ra p p r e s e n ta te le fogge più in voga. Eccone l’elenco:
5 (p^ura di stiv a le tti a lla turchesa
2 p a r a di s tiv a le tti di coram e a lla g in etta 1 p a r o di stiv aletti di feltro rosso
4 p a r e d i s c a r p e d i v e l l u t o n e r o
2 ipaira di scarp e de velluto 1 (paio di sc arp e
2 (p a ra di stiv a le tti g rossi 2 {para di pianelle
1 p a io d i zoccoli
A n c h e d e lle callze ce n ’e ra n o di varie so rti:
3 ip a ra de calze n ere nuove con bande de vellluto fodrate de
t a f f e t t à
3 p a r a id. vecdhie
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2 p a n a ide sc a rla tto nuove con bande de velluto 2 (para id. veicolile
1 (paro de stam etto scarilatte nuove 1 pairo de ra sc ia et u n p a ro de 3 1am etto 1 p a ro d el calzette rosse et un paio de scalpini 18 p a r a de calzetti di tetta
U n p a ro de oadzini de taffeta negro con li callisetti de raso (1).
I calzioia a co n tatto del piedie erano adunque d i tela e su di esisi si indossava la calza collo ra ta .
Qui si t r a t ta di un p rin cip e della Chiesa e p e r di più g ià anziano p e r cui le scarp e con tu tta p ro b a b ilità dovevano essere alte, giacché a p e rso n a d ’e tà a v a n z a ta non sarebbe stato ap p ro p riato p o rtarle bass-e.
N ella racconta di lettere dell Vescovo di G'uevara, moìlto lette e ristam p a te ned Cinquecento, ce n ’è u n a in d iriz z a ta a u n gentiluom o spagnolo dhe g ià quasi veicahio aveva avuto la debolezza di lasciarsi invescare d a u n a b ella d a m m a e quel degno P astore cercava di g u arirlo dalla c o tta con savi rag io n am en ti. T ra le altre cose lo avvertiva « in simile e tà n on s i perm ette p o rta re scarpe tagliate, ‘b e rre tta piccoila, saio corto·, le m aniche d e lla cam iscia lav o rate da m ano, il colare della cam iscia di perle, m ed ag lia d ’oro in la Iberetta e divisa dei colori d ella dam a... ».
C’ è il q u a d ro del giovanotto elegante come sem bra si fosse rimesso a fare lo stag io n ato gentiluom o m em ore dei bei tempi, e un segno di gio
vanile eleganza e ra appu n to p o rta r le scarpe tagliate che lasciavano scoperta l a gam ba.
QueU’am eno ingegno di Anton Francesco Doni tra i « F ru tti della zucca » fa a n c h ’egli uno schizzo poco dissim ile m a ben più efficace del giovane g alan te : « P oi s u a sig n o ria a tu tto il tran sito tag lia scanpette di terzo pelo et fra s ta g lia calze, il suo tocco puntattato et la pium a g a lan te, il sa io n corto d a ^bricco, la profum ata cam iscia lav orata di seta di colore e nel cappelletto il suo m edaglino in oro » (1).
iLe scarp e ta g lia te erano pertan to in uso in Spagna come in Italia.
Anche in questo campo si potrebbe spigolare largam ente m a sa
rem m o p o rta ti troppo lungi dal nostro assunto perchè il modesto cal
zolaio che h a dato argom ento a questo articolo appartenne a un paese ove probaJbilmente in quel tem po si facevano più che ailtro scarpe gros
solane a d a tte a lav o rato ri dlie dovevano g u ardare più aLla solidità che a lla eleganza.
Si tra tta , come apparisce dal contratto di locazione, di un giovinetto rim a sto priv o del p a d re e affidato alla tu tela di uno zio paterno, il quale sceglie il m estiere del cailzolaio che gli d a rà d a vivere onesta
m ente. E com ’e ra solito allo ra a farsi, anche per altre arti, stabilisce
(1) A rchivio del C ard in ale Innocenzo Cibo nel!’Archivio di S tato di Mapea.
il; L a zucca del Doni ecc. Di quest/opera aurio-a e interessate esistono m olte edi
zioni che è su p erflu o cita re .
GIORNALE STORICO e LETTERARIO DELLA LIGURIA 53
di a n d a r e a c o n v iv e re col suo m aestro in quale sd impegna a tenerlo con sè p e r jsei a n n i , q u a n ti cioè ne occorrevamo p e r farne un provetto cal
zolaio. M a sicco m e que'sti d o v rà anche n u trirlo e provvederlo decente
m e n te d i v e s ti, r e s ta in te so che l’ap p ren d ista gli lascierà sfruttare d u r a n t e 1 a l u n n a t o i suoi beni m obili e immobili presum ibilm ente assai m o d e s ti. Il (p atto che il discepolo paghi ili m aestro sia per il r?uo m an
te n im e n to c o m e anche p e r l ’inseginam ento del m estiere lo troviamo p ra
t ic a to a n c h e f u o ri d ’ Ita lia , benché generalm ente si frasi la somma che nel c a s o n o s tr o è in d e te rm in a ta . In alcuni co n tratti d'apprentissage d e lla S a v o ia in cu i fig u ran o an ch e notai, viene aggiunta adda somma p a t t u i t a a n c h e u n a co rresp on sio ne a lla m oglie del m aestro per i servigi che 'd o v rà p r e s t a r e a l discepolo; così un sarto apprendista paga 100 fio
rin i a l -sno m a e s tr o p iù 5 fio rini alila moglie per due anni di alunnato.
M a p e r di p iù il m a e stro calzolaio c a rra re se assunse l’obbligo di m a n d a r e il saio a llie v o 'a sc u o la p e r un anno, tan to che im parava alla m e g lio a le g g e r e e sc riv e re e ten e re i conti. C’erano adunque fin d ’al
lo r a le s c u o le p u b b lic h e in C a r r a r a alm eno in embrione, m a sem bra ohe l ’is tr u z io n e e le m e n ta re b iso g n asse p a g a rse la individualm ente; e, degno di n o ta , ch i te n e v a sc u o la era. u n pubblico notaio che per arrotondare g li S c a rs i p ro v e n ti p ro fe ssio n a li aveva dovuto acconciarsi a insegnare
V a b 'b i c ì .
L ’i n s e g n a n t e e ra in fa tti u n notaio siciliano tale Giacomo Ballena, c a p it a t o c h i s a come dm C a rra ra , al qua-le forse non dovevano m an
c a re .sc o la ri p e rc h è e ra c o n su etu d in e fa r im p a rtire i prim i elementi ai r a g a z z i dhe si afj^plicav an o a un m estiere. E quell tabellione non teneva m e n o a l tito lo di m a e s tro che a quello di notairo perché in una sua s o tto s c riz io n e a mn c o n tra tto ro g ato i(l 3 ottobre 1528 si legge : « Ego J a c o b u s q m . L-eonardi B a lle n a siculu s ad presens m agister scole commà- t a t i s C a r a r i e p u b b lic u s ap o sto lica im perialique auctoritate notarius ».
(S ta n d o alfta p rim a s ta tis tic a della popolazione di C arrara (1) della s e c o n d à m e t à dell C inquecento il num ero dei calzolai non doveva sor
p a s s a r e ila d ie c in a con c irc a a ltre tta n ti coiari; «troppo pochi per racco
g lie r s i in c o rp o ra z io n e come troviam o invece fino dal Trecento in varie a ltr e c it tà . T u t ta v i a le no rm e tradizionali p er praticare do/po sì lungo tir o c in io r u m i l e m estiere di calzolaio risu ltano osiservate dal documento q u i s o tto r if e r i to , il q uale s ta a testim oniare la serietà di preparazione n e c e s s a r i a p e r esserne a b ilita ti m aestri quando a benefìcio dei mortaci n o n e r a s t a t o a n c o ra in v en ta to il cartone cuoio.
UMBERTO GIAMiPAOLI
(1) S forza F ., Le p rim e s ta tis tic h e della popolazione di Carrara, Modena, Vincenzi.
« Γ
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p rò p o s s e s u o in d ie ta a rte calzolarie et alia facere ad que de jure te n e t u r e t ex consuetudfime aJLioru-τη tenentium discipulos discentes artem c a l zollarle i n t e r r a Ganarie etc. hoc addito ex pacto speciali solenni bus stijpulatioT iiibus v a lla to quod in te rim d urante dicto term ino eex anno
ru m d ic tu s Iosejp'hus te n e a tu r et deibeat .mittere dictum Iacobum ad scolas s u is e x p e n s is p e r u n u m animum donec didicerit legere et scribere et fa
c ere e iu s c o m ip u ta etc. se cu n d u m m orem 'alio rum discipulorum in simili a r t e etic.
Q ue ommiia e t s in g u la am be diicte p a rta s dictis modis et nominibus p r o se e t s u i s h ere d ib u s p ro m is e ru n t observare ad invicem etc. sub perna Jiib ra ru m cen tu m im p e ria liu m pro dimiidia applicandarum Camere I llu s tr is s im e d o m in e M arch io nisse Caæarie etc et pro alia dimidia parti o lb se rv a n ti etc.
A c tu m C a r a r ie in dom o C om unis praesentibu s Bastiano oliim Iohannis M a rie N-eilli .de C arard a et N icolao olim Toni Guidi de Torano: testibus etc.
I