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La controversa questione del fondamento normativo: la tesi favorevole all’applicazione dell’art 2059 c.c Critiche

INADEMPIMENTO E DEL SUO FONDAMENTO NORMATIVO

2.4. La controversa questione del fondamento normativo: la tesi favorevole all’applicazione dell’art 2059 c.c Critiche

Il problema della generalizzata risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento nel nostro ordinamento è stato da sempre strettamente correlato a quello dell’individuazione della norma codicistica di riferimento e, dunque, della disciplina applicabile, mancando una disposizione che, in materia di obbligazioni, sia speculare all’art. 2059 c.c. La questione rivestiva particolare importanza soprattutto antecedentemente alla menzionata svolta giurisprudenziale del 2003, in quanto, come si è visto, la tesi tradizionale volta ad escludere o comunque a limitare fortemente il danno non patrimoniale da inadempimento riteneva che il necessario referente normativo dovesse essere individuato nell’art. 2059 c.c.,

124 Dalmartello, Danni morali contrattuali, in Riv. dir. civ., 1933, 53, che costituisce l’unico

contribuito, sotto la vigenza del Codice Civile del 1865, che affronta in maniera ampia ed organica la materia. D’altro canto, vi sono state anche alcune rare ed isolate sentenze che, già allora, hanno attribuito al creditore, danneggiato dall’inadempimento del contratto, una somma idonea a ristorare la specifica voce di danno non patrimoniale. Si segnala, in particolare, Trib. Milano, 12 giugno 1909, in Giur. It., 1909, I, 1, c. 583 ss., che ha riconosciuto, a carico di uno stabilimento sanitario privato, la responsabilità per colpa contrattuale, del suicidio di un paziente con ritardo mentale – ricoverato in quanto pericoloso a sé stesso - ed ha compreso nei danni liquidati alla famiglia anche quelli morali, peraltro osservando espressamente che non poteva disconoscersi, nel caso di specie, la prevedibilità di questa ipotesi di danno fin dal momento della conclusione del contratto.

utilizzando così l’interpretazione restrittiva di tale norma (considerata applicabile solo in presenza di un danno morale da reato) per escludere di fatto ogni rilievo giuridico al danno non patrimoniale da inadempimento.

Sul punto, si è espressa chiaramente autorevole dottrina degli anni ottanta, secondo cui, stante l’allora vigente lettura dell’art. 2059 c.c., “si tratta preliminarmente di verificare l’estensibilità o meno dell’art. 2059 c.c. all’area della responsabilità contrattuale. Ed invero, se si verifica che questa norma risulta spiegare i suoi effetti anche in quell’area, è certo che lo stesso problema della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento viene a perdere immediatamente quasi tutto il suo smalto per l’ovvia ragione che i casi di inadempimento contrattuale integranti al contempo un’ipotesi di reato non solo sono in numero del tutto modesto, ma vieppiù mostrano scarso significato per l’irrilevante frequenza statistica della loro commissione. E’ però altrettanto chiaro che se si riesce a verificare che all’art. 2059 c.c. va semplicemente assegnato il rango di norma di settore che esaurisce la propria sfera di influenza nel campo dell’illecito aquiliano, la questione si presenta del tutto impregiudicata, ed allora occorre esaminare per altra via, precisamente alla luce delle disposizioni direttamente dettate per governare la responsabilità contrattuale (e si allude chiaramente agli artt. 1218 c.c. e ss.), se sia possibile riconoscere che qualora la non esatta esecuzione del rapporto contrattuale dia vita ad un danno non patrimoniale, esso debba essere riparato, salvo ovviamente il limite ricavabile da quanto sancisce l’art. 1225 c.c.”125.

In altre parole, in special modo prima del revirement della Cassazione del 2003, si trattava di valutare che ruolo potesse avere l’art. 2059 c.c. rispetto ai danni che fossero derivati dall’inadempimento di un’obbligazione, essendo chiaro che qualora si fosse sostenuto che l’art. 2059 c.c. è dettato per ogni ambito in cui possono verificarsi danni non patrimoniali, e quindi anche per l’area dell’inadempimento, i danni non patrimoniali contrattuali divengono risarcibili solo qualora l’inadempimento costituisca reato.

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Come si è accennato in precedenza, la dottrina tradizionale, a cui vanno ricondotte le posizioni di maggiore ostilità verso il danno non patrimoniale da inadempimento, ha sostenuto che l’art. 2059 c.c., dettato in tema di illecito aquiliano, è analogicamente applicabile all’ipotesi di illecito contrattuale, in quanto norma di chiusura del sistema e disposizione di generale applicazione per tutte le ipotesi di danno non patrimoniale: risulterebbe infatti inconcepibile che il legislatore, nel momento in cui ha adottato una determinata soluzione di un problema così rilevante, come quello concernente il danno non patrimoniale, abbia inteso circoscrivere la medesima soluzione alla sola sfera extra-contrattuale126. Più precisamente, è stato affermato che “sebbene l’art. 2059 c.c. sia collocato sotto il titolo del fatti illeciti, la sua portata non può restringersi alla sfera extra-contrattuale. Altrimenti, il legislatore avrebbe risolto il problema del risarcimento del danno non patrimoniale solo limitatamente alla sfera extra-contrattuale: esso si sarebbe preoccupato di stabilire che, nell’ambito di questa, il danno non patrimoniale è risarcibile in via d’eccezione, impregiudicato lasciando il problema per quanto concerne la diversa sfera contrattuale. In verità, ad una più matura riflessione risulta inconcepibile che il legislatore, nel momento in cui adottava una determinata soluzione di un problema così grave ed annoso, come quello concernente il danno non patrimoniale, intendesse circoscrivere la medesima soluzione alla sfera extra-contrattuale. E’ più logico ritenere che esso abbia voluto adottare una soluzione generale, tale da eliminare tutte le precedenti incertezze e discussioni”127.

Tuttavia, tale argomentazione appare facilmente superabile se si considera che, viceversa, è proprio la collocazione topografica dell’art. 2059

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Sul punto, si veda anche Bianca, Diritto Civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, p. 170, secondo cui il fatto che l’art. 2059 c.c. sia dettato nel capo degli atti illeciti non rileva: “la possibile coincidenza degli interessi lesi non consente di giustificare una diversa regola di risarcibilità in dipendenza della fonte contrattuale o extra-contrattuale della loro tutela”. Il danno morale contrattuale, dunque, non può sottrarsi ai limiti posti dall’art. 2059 c.c.

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In questi termini, De Cupis, Il danno, Milano,1979, 127 ss., il quale, sulla base di tali considerazioni, conclude poi per l’irrilevanza giuridica del danno contrattuale non patrimoniale. Circa l’applicabilità dell’art. 2059 c.c. anche in ambito contrattuale, si sono espressi favorevolmente anche Russo, Concorso dell’azione aquiliana con la contrattuale

nel contratto di trasporto, in RTDPC, 1950, 971; Asquini, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, in Riv. dir. comm., 1952, II, 9; Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1964, 467; sono invece critici Scognamiglio R, cit., 316 e Ravazzoni, La riparazione del danno non patrimoniale, Milano, 1962, 224.

c.c. nella disciplina dei fatti illeciti ad assumere un ruolo determinante e a non potersi considerare casuale; del resto, la responsabilità contrattuale è correlata solo alle conseguenze dell’inadempimento e nulla ha a che fare con l’illecito aquiliano e avrebbe avuto perciò maggiore senso inserire una specifica disciplina proprio nella materia delle obbligazioni128. E’ evidente, cioè, che il legislatore ha voluto regolare nel modo previsto dall’art. 2059 c.c. solo i danni aquiliani, rimettendo la disciplina del danno non patrimoniale da inadempimento alle norme in materia di responsabilità contrattuale. Tra l’altro, milita a favore di tale ricostruzione anche un altro argomento di carattere sistematico. Se si prende in considerazione l’art. 2056 c.c., si nota come il legislatore abbia inteso estendere i criteri di risarcimento del danno contrattuale a quello aquiliano e non viceversa; pertanto, se effettivamente avesse voluto rendere operante la regola di cui all’art. 2059 c.c. al campo contrattuale, avrebbe formulato una simile previsione nella disciplina del contratto, salvo poi richiamarla, mediante l’art. 2056 c.c., in quello della responsabilità aquiliana129. Pertanto, anche da un punto di vista sistematico, sembrano sussistere sufficienti ragioni per ritenere che la disposizione di cui all’art. 2059 c.c. copra soltanto l’area extracontrattuale.

Alla luce di quanto detto, si può allora affermare che l’art. 2059 c.c. assume rilievo, ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento, solo nel senso che la sua nuova interpretazione è espressione della tendenza in atto nel diritto moderno di ampliare quanto più possibile la tutela di situazioni giuridiche non patrimoniali e consente in questo modo di rivedere anche la tradizionale impostazione che tendeva ad escludere la risarcibilità di tali situazioni qualora la lesione dei beni afferenti alla persona fosse derivata da un inadempimento. Tuttavia, ai fini dell’individuazione del referente normativo, è preferibile ritenere che la questione del danno non patrimoniale da inadempimento segua regole sue proprie e non possa essere soggetta all’applicazione dell’art. 2059 c.c., che è

128 Di questo avviso anche Gazzara, Il danno non patrimoniale, cit. 129

norma incompatibile, per ragioni logiche oltre che sistematiche, con le regole dell’autonomia privata.

2.5. Segue. Necessità di un’interpretazione costituzionalmente

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