3.1- Regole e principi costituzionali sul processo penale: il giusto processo.
La Costituzione repubblicana contiene una serie cospicua di principi e regole fondamentali per la disciplina del processo penale. Essi, peraltro, sono stati ampliati nel tempo: la Carta fondamentale ha subìto, dalla sua entrata in vigore, poche riforme, tra cui la modifica dell'art. 111 Cost. mediante l'inserimento dei cardini del c.d. “ giusto processo”56.
Verranno brevemente esaminati soltanto i principi che sono suscettibili di provocare ed hanno provocato dubbi circa la compatibilità costituzionale del patteggiamento, essendo di gran lunga più numerosi i principi che, in qualche modo, interessano il processo penale e la magistratura in generale. In primo luogo, nella Parte Prima sui diritti e doveri dei cittadini, emergono gli artt. 24, 25 e 27 Cost.
56 Modifica avvenuta con la l. cost. 23 novembre 1999, n°2.
Con riferimento alla modifica dell'art. 111 Cost. si veda: M. CECCHETTI, Giusto
processo (diritto costituzionale), cit., pagg. 595 ss; E. MARZADURI, La riforma dell'art. 111 Cost. tra spinte contingenti e ricerca di un modello costituzionale del processo penale, cit., pagg. 790 ss; P. FERRUA, Il giusto processo, cit.
L'art 24 Cost57. garantisce l'azionabilità e la difendibilità
delle proprie situazioni giuridiche soggettive58.
Al primo comma si afferma che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi” ( diritto di azione) e si proclama, al secondo comma, “inviolabile in ogni stato e grado del procedimento” il diritto di difesa , inteso sia come difesa personale sia come difesa tecnica59. Si riconosce l'incondizionata tutelabilità delle
posizioni giuridiche soggettive vantate da qualsiasi soggetto di diritto. Il diritto alla tutela giurisdizionale rientra fra quelli inviolabili dell'uomo tutelati dall'art. 2 Cost., ed è quindi ascrivibile tra i principi supremi del nostro ordinamento60.
L'art 2561, secondo comma, Cost., stabilisce che “ nessuno può
essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Si afferma così il principio di legalità in materia penale, da cui può trarsi, a sua volta, il principio nulla poena sine iudicio.
La pena può essere irrogata solo in esito ad un giudizio.
La pena può essere comminata solo a seguito di un controllo
57 Si veda a riguardo P. FERRUA, Difesa (diritto di), in Dig. disc. pen., III, Torino, 1989, pagg. 470 ss.; G. P. VOENA, Difesa penale, in Enc. giur., X, Roma, 1988, pagg. 15 ss.
58 G. DE VERGOTTINI, Diritto costituzionale, Cedam, 2006, pag.604.
59 G. CONSO e V. GREVI, Principi della Costituzione aventi rilevanza nel
processo penale, in Compendio di procedura penale, Cedam, 2010, pag. XXIII.
60 G. DE VERGOTTINI, Diritto Costituzionale, cit., pag. 605.
61 Si veda a riguardo F. BRICOLA, Art. 25, 2° e 3° comma in Commentario della
di corrispondenza tra la condotta, di cui all'imputazione, e lo schema legale astratto. La fattispecie concreta deve essere sussumibile in quella astratta.
L'art. 27 Cost., secondo comma, enuncia il principio per cui “ l'imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva”. Si tratta della c.d. presunzione di non colpevolezza62, che viene meno soltanto, se e quando, nei
confronti dell'imputato è pronunciata sentenza irrevocabile di condanna63. Dunque fino al momento in cui non sia dal
giudice definitivamente accertata la responsabilità, il soggetto non è considerato colpevole. Al terzo comma, l'articolo in questione, dopo aver vietato pene comportanti “ trattamenti contrari al senso di umanità”, afferma che le stesse “ devono tendere alla rieducazione del condannato64.
Passando alla Parte Seconda sull'ordinamento della repubblica, al Titolo IV troviamo una serie di norme dedicate alla funzione giurisdizionale.
La contestuale lettura degli artt. 101, 102, 103, 104, 108 e 111 Cost., consente di affermare che la funzione giurisdizionale di interpretazione e applicazione delle norme,
62 Sul principio si veda V. GAROFOLI, Presunzione d' innocenza e considerazione
di non colpevolezza- La fungibilità delle due formulazioni, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1998, pagg. 1168 ss.; P. P. PAULESU, La presunzione di non colpevolezza dell'imputato, Giappichelli, 2009; G. ILLUMINATI, La presunzione d'innocenza dell'imputato, Zanichelli, 1979.
63 G. CONSO e V. GREVI, Principi della Costituzione aventi rilevanza nel
processo penale, cit., pag. XXIV.
64 Si veda a riguardo E. DOLCINI, Razionalità nella commisurazione della pena:
al fine di risolvere questioni controverse, “ si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge” ed è assegnata in via esclusiva agli organi che fanno parte, a seconda dei casi, delle giurisdizioni ordinarie o speciali, senza che gli altri poteri possano interferire65.
L'art. 111 Cost. è stato modificato dalla l. cost. 23 novembre 1999, n° 2 che ha premesso cinque commi al testo originario. Attraverso la riforma costituzionale del 1999 si è risolto alla radice il problema circa il rango e la portata dei principi contenuti nell'art 6 CEDU, che sono stati recepiti e posti in Costituzione.
Il 4 novembre 1950 a Roma fu firmata, da alcuni Stati membri del Consiglio d'Europa, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificata dall'Italia con la l. 4 agosto 1955, n° 848. Un altro corpo normativo, in ambito internazionale, importante per il diritto processuale penale è il Patto sui diritti civili e politici, siglato nell'ambito delle Nazioni Unite il 19 dicembre 1966 e ratificato in Italia con la l. 25 ottobre 1997, n°881.
A seguito della loro entrata in vigore i due corpi normativi menzionati hanno posto notevoli interrogativi circa la loro collocazione nella gerarchia delle fonti: se si trattasse di norme di legge ordinaria o di rango costituzionale. La Corte
costituzionale e la Corte di cassazione avevano accolto la prima tesi, visto che, tanto la Convenzione che il Patto, erano entrati nel nostro ordinamento attraverso una legge ordinaria. Fu con le sentenze n° 348 e 349 del 2007 ( ribadite con la sentenza n° 93 del 2010) che la Corte costituzionale ha assunto una posizione diversa, ritenendo che le norme della CEDU integrino il parametro costituzionale dell'art 117 Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Si tratterebbe di norme interposte al parametro costituzionale.
Nonostante la Corte nelle pronunce in esame si sia pronunciata con riferimento alle disposizioni convenzionali, analogo discorso sembrerebbe applicabile anche alle disposizioni del Patto internazionale sui diritti civili e politici. Siamo, dunque, in presenza di parametri di riferimento per eventuali questioni di legittimità costituzionale, ma anche di regole di condotta processuale ove si tratti di norme self- executing66.
I due commi iniziali del rinovellato art. 111 Cost. hanno portata generale, avendo riguardo a qualsiasi tipo di processo avente natura giurisdizionale. Il primo comma prevede, infatti, “ la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge” ed il secondo “ogni processo si svolge nel
66 A. GIARDA, Il sistema delle “fonti” della procedura penale in Compendio di
contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”. Con la riforma in parola si inserisce il riferimento ad una ragionevole durata del processo.
La previsione posta in Costituzione è più stringente rispetto all'art. 6 CEDU, paragrafo 1, dove si parla di “diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole”. L'affermazione posta nella Carta fondamentale comporta, come corollario, che le garanzie non potranno dilatarsi fino a rendere irragionevoli i tempi processuali67.
Gli altri tre commi, dei cinque di nuova introduzione, sono riferiti, invece, al solo processo penale.
Il terzo comma dell'art. 111 Cost., prevede con un disposto che in larga parte ricalca l'art. 6 CEDU68 ,innanzi tutto, che “
nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico...”. Nell'art. 111 Cost. il termine “processo” va rapportato alla singola garanzia, potendo, a seconda dei casi, comprendere o meno anche la fase delle indagini preliminari. Inoltre si assicura che l'accusato “ abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o far interrogare le persone che
67 G. CONSO, Introduzione in Compendio di procedura penale (Conso-Grevi), Cedam, 2010, pagg. XXXIV ss.
68 Si veda M. CHIAVARIO, Art.6 CEDU Diritto ad un processo equo , in AA.VV.
Commentario alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ( a cura di Bartole, Conforti e Raimondi), Padova, 2001, pagg. 154
rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l'interrogazione di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell'accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore”.
Si tratta di garanzie nettamente indirizzate verso un processo di stampo accusatorio e che trovano un forte appoggio nel contraddittorio in senso forte, contemplato dal comma successivo.
Il quarto comma, dell'art. 111 Cost69., in linea con la logica
accusatoria, afferma il principio secondo il quale la prova si forma nel contraddittorio tra p.m. ed imputato, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. A completamento di tale previsione si stabilisce che la colpevolezza dell'imputato non può provarsi sulla base delle dichiarazioni di chi si è sempre sottratto all'interrogatorio dell'imputato o del suo difensore, volontariamente.
Si è quindi previsto un processo improntato ad un contraddittorio in senso forte, cioè il cui esercizio riguarda il momento di formazione della prova, dove, salvo eccezioni, le dichiarazioni rese nelle fasi predibattimentali non assumono valore probatorio. Processi che praticano il contraddittorio in senso debole sono, invece, quelli nei quali anche le dichiarazioni raccolte unilateralmente possono costituire
69 Si veda a riguardo G. GIOSTRA, Contraddittorio (principio del), in Enc. giur., VIII, Roma, 2001, pagg. 1 ss.; G. L. VERRINA, Principio del contraddittorio, in
prova quando siano opposte, a chi le ha rese, nel corso dell'esame orale70.
Il quinto comma, del medesimo articolo, prevede, però, dei casi nei quali la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per: consenso dell'imputato, accertata impossibilità di natura oggettiva, effetto di provata condotta illecita.
L'art 112 Cost. sancisce il carattere obbligatorio dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero71. Il p.m. è, quindi, tenuto a procedere richiedendo
al giudice di pronunciarsi in proposito. I magistrati del pubblico ministero sono soggetti all'obbligo di esercitare l'azione penale, senza alcun margine di discrezionalità che non sia quella meramente tecnica, quando sussistano i presupposti di tale obbligo. Con tale previsione da un lato si garantisce l'indipendenza del p.m e dall'altro si sancisce la parità di trattamento fra tutti gli individui, di fronte alla legge penale72.
Un processo per poter essere giusto deve rispettare quattro condizioni che possiamo individuare: a) una disciplina del processo che garantisca requisisti di equità ( terzietà del giudice e principio dell'audiatur et altera pars); b)
70 P. FERRUA, Il giusto processo, cit., pag. 74.
71 Si veda O. DOMINIONI, voce Azione penale, in Digesto disc. pen., 1987, pagg. 398 ss.; G. RICCIO, Il diritto di azione in Principi costituzionali e riforma della
procedura penale ( Riccio, De Caro, Marotta), Napoli, 1991, pagg. 97 ss.
72 G. CONSO e V. GREVI, I principi della Costituzione aventi rilevanza nel
osservanza di forme e regole procedurali fissate dalla legge; c) corretta qualificazione giuridica del fatto; d) congruenza della ricostruzione storica del fatto rispetto alle prove acquisite; cioè la condanna se la colpevolezza è provata oltre ogni ragionevole dubbio, viceversa il proscioglimento73.
Se fossero sufficienti queste condizioni avremo un esempio di giustizia procedurale pura, in quanto mancherebbe un criterio esterno al processo per decidere sulla giustizia dello stesso. In realtà non è così, quando si parla di “risultato giusto” si fa riferimento alla circostanza che siano condannati i colpevoli e prosciolti gli innocenti. Per questo il processo costituisce un esempio di giustizia procedurale imperfetta, perché a differenza di quella perfetta non esiste un metodo, osservando il quale, sia garantito l'esito giusto. Alle quattro condizioni deve aggiungersene una quinta, cioè che l'enunciato formulato dal giudice sia vero. Non potrebbe certo dirsi giusta una condanna e rieducativa una pena quando la sentenza, pur preceduta da contraddittorio e fondata sulle prove di cui disponeva il giudice, ritenesse colpevole un innocente. Tutti gli ordinamenti considerano un concetto di giustizia che trascende quello di legalità, come confermano le norme sulla revisione del giudicato.
Lo stesso discorso potrebbe compiersi nel caso in cui sia assolto il colpevole, anche se qui a differenza dell'altra
ipotesi, non si potrebbe rimediare non essendo consentita la revisione del giudicato di assoluzione74.
Con l'abbandono della logica inquisitoria si sono affermati due modi di concepire il modello accusatorio. Uno che fa leva sui poteri dispositivi delle parti, sulla logica del laissez faire, sulla discrezionalità dell'azione penale; l'altro sul contraddittorio nella formazione della prova, sull'impegno conoscitivo, sull'obbligatorietà dell'azione penale. Dal complesso delle norme costituzionali appare privilegiato il secondo modello: obbligatorietà dell'azione penale, contraddittorio, garanzie di indipendenza della magistratura costituiscono un tutt'uno con la funzione cognitiva del processo.
L'obbligatorietà dell'azione penale è il presupposto affinché fatti penalmente rilevanti siano portati all'attenzione del giudice, il contraddittorio lo strumento perché il materiale probatorio non rappresenti la prospettiva soltanto dell'accusa ( o della difesa), l'indipendenza della magistratura la condizione per una decisione oggettiva del giudice , conforme alle risultanze probatorie e alle norme. Una magistratura non protetta da interferenze del potere politico mette a rischio la funzione cognitiva del processo. Le esigenze cognitive riguardano sia il giudizio di fatto che di diritto.
Ma, mentre gli errori nell'interpretazione della legge sono sempre documentabili, e anche quando si sia formato il giudicato l'esegesi corretta ha buone probabilità di affermarsi, non così per gli errori in fatto. Gli errori in fatto sono documentabili solo sulla base di prove la cui disponibilità non è né pubblica né durevole.
Da qui la grande rilevanza della completezza delle indagini, del contraddittorio nella formazione della prova, dell'imparzialità e terzietà del giudice: la scienza, prima o dopo, corregge i propri errori ma fatti non correttamente accertati nel processo penale, sono quasi sempre definitivi75.
3.2- Il patteggiamento e i principi costituzionali.
Il procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti ha, sin dalla sua origine, suscitato non poche incertezze circa l'insorgere di alcune incongruenze rispetto alle linee portanti dell'ordinamento costituzionale. I principi più volte richiamati come parametri alla luce dei quali offrire una lettura dissonante delle norme sul patteggiamento attengono: alla soggezione del giudice solo alla legge ( art. 101, comma secondo, Cost.); alla presunzione di non colpevolezza ( art. 27, comma secondo, Cost.); all'inviolabilità o “indisponibilità” della libertà personale ( art. 13, comma primo, Cost.); all'esplicazione del diritto di difesa ( art. 24, comma
secondo, Cost.)76.
I problemi più significativi in tema di legittimità costituzionale del patteggiamento sono, in particolare, determinati dalla tesi secondo la quale questo rito semplificato non richiederebbe un accertamento di responsabilità77.
Con l'entrata in vigore del codice dell'ottantotto, l'originaria disciplina dell'applicazione della pena su richiesta delle parti aveva determinato dubbi circa la compatibilità con l'art. 101, secondo comma, Cost ( “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”). L'art 444 c.p.p., nella sua versione originaria, stabiliva che, laddove fosse stato raggiunto l'accordo delle parti e non fosse risultato applicabile l'art. 129 c.p.p., “ il giudice, sulla base degli atti, se ritiene che la qualificazione giuridica del fatto e l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti sono corrette, dispone con sentenza l'applicazione della pena indicata.” Al giudice non veniva riconosciuto alcun sindacato sulla congruità della pena richiesta. Nella relazione al progetto preliminare si era affermato che l'istituto del patteggiamento previsto nel codice di rito, in rapporto al “patteggiamento” della l. 689/1981, “ ha superato le originarie incertezze anche di natura costituzionale”, in quanto si è previsto che il giudice
76 M. MONTAGNA. Profili soggettivi, oggettivi e temporali dei procedimenti
speciali, cit., pag. 89.
77 G. LOZZI, La legittimità costituzionale del c.d. patteggiamento, in Riv. it. dir. e
applichi la sanzione richiesta dall'imputato anche quando “ dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione... ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero e congrua la pena”. In tal modo si sarebbero recepite le indicazioni della sentenza 120/198478
della Corte Costituzionale. Con tale sentenza si era dichiarata non incostituzionale la l. 689/1981 nella parte in cui richiedeva il parere favorevole del p.m per l'emanazione della sentenza che applicando la sanzione sostitutiva, prosciolga per estinzione del reato. Il parere negativo, si era affermato, precluderebbe un epilogo anticipato del rito ma non impedirebbe l'accoglimento della richiesta dell'imputato da parte del giudice, una volta completato il dibattimento. Con riferimento all'applicazione della pena su richiesta delle parti, la Relazione non aveva tenuto conto del fatto che il problema di compatibilità dell'art. 101, secondo comma, Cost. si pone non tanto in riferimento al dissenso del p.m, ma per il limite che l'accordo delle parti determinava al potere giurisdizionale del giudice79.
L'articolo della Costituzione in questione, nell'interpretazione in più circostanze fornita proprio dalla Corte costituzionale, nell'affermare che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” va inteso come volto a tutelare
78 C. cost., sent. 03/4/1984 n°120, in G. cos., 1984, I, pag. 618.
79 G. LOZZI, Giudizi speciali e deflazione del dibattimento, in Legislazione penale, 1989, pagg. 567-568.
la libertà e la terzietà dell'organo giudicante “nel senso di vincolare la sua attività alla legge e solo alla legge, in modo che egli sia chiamato ad applicarla senza interferenze o interventi al di fuori di essa, che possano incidere sulla formazione del suo libero convincimento”80.
Appare quindi in contrasto con questo principio inibire al giudice la valutazione circa la pena spettante all'imputato, considerando la materia come riservata alla determinazione esclusiva delle parti81.
Il giudice doveva inevitabilmente applicare la pena concordata, anche laddove l'avesse ritenuta contrastante con i parametri dell'art. 133 c.p.p. La violazione dell'art. 101 Cost. appariva evidente, e non era evitabile neppure affermando che era la stessa legge, in deroga all'art. 133 c.p.p., a privare il giudice del patteggiamento del potere di commisurare la pena. La ratio dell'articolo risulta violata quando il giudice venga privato di un potere attribuitogli dalla legge non in virtù di una situazione rigorosamente determinata dalla legge, ma a causa di un potere discrezionale attribuito ad altri soggetti82.
La sottrazione, all'attività giurisdizionale, del potere di intervenire sulla misura della pena poteva determinare una
80 Corte cost. 27 febbraio 1962, n°8, in Foro it., 1962, I, pag. 400.
81 G. TRANCHINA, “Patteggiamento e principi costituzionali:una convivenza
piuttosto difficile, in Foro it., 1990, I.2, pagg. 2394-2395.
violazione anche dell'art. 102, primo comma, Cost. ( “la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario”). Nel concetto di “giurisdizione” deve ricomprendersi, anzitutto, l'attività decisoria che è peculiare e propria del giudice83 e che non può affidarsi a soggetti che giudici non
sono. Riservare l'individuazione del quantum di pena alla determinazione esclusiva delle parti avrebbe significato trasferire alle stesse l'esercizio di una attività che dovrebbe essere consentita solo all'organo giurisdizionale84.
La dizione originaria dell'art. 444 c.p.p. quindi sembrava far prevalere la logica della negozialità su quella della giurisdizionalità, rendendo il giudice mero “notificatore” dell'accordo sulla pena raggiunto dalle parti.
I problemi legati alla sottrazione della determinazione della pena al giudice sono stati risolti, come noto, con la sentenza 313/199085con cui la Corte ha dichiarato l'illegittimità
dell'art. 444 c.p.p. per violazione dell'art 27, terzo comma, Cost.
Il potere di valutare il quantum di pena è stato restituito all'organo giudicante. Tale declaratoria è stata poi recepita dalla l. 479/1999.
Ma ancora più “a monte” si colloca il problema
83 Corte cost. 29 aprile 1975, n°96, in Foro it., 1975, I, pag. 1323.
84 G. TRANCHINA, “Patteggiamento” e principi costituzionali: una convivenza
piuttosto difficile, cit., pag.2396.
dell'accertamento di responsabilità da condurre ai fini dell'applicazione della pena.
La tesi ormai consolidata in Cassazione circa la natura anticognitiva della sentenza di patteggiamento, la quale prescinde da un accertamento di responsabilità, è stata ritenuta da gran parte della dottrina in contrasto con i