4.1- Soggetti, forme e contenuti dell'accordo.
Legittimati all'iniziativa sono, ai sensi dell'art. 444, terzo comma, c.p.p., l'imputato e il pubblico ministero. Al negoziato resta estraneo il danneggiato da reato, il quale, se costituitosi parte civile, laddove si proceda con il rito semplificato viene ad essere estromesso dalla vicenda penale. Tuttavia fino al perfezionarsi dell'accordo esso può rivolgere un contributo dialettico al giudice, che deve vagliare l'iniziativa negoziale135. Se l'accordo tra accusa e difesa
viene raggiunto, alla parte civile non resta che promuovere autonomo giudizio civile per la restituzione ed il risarcimento del danno, salvo la liquidazione, ad opera del giudice del patteggiamento, delle spese di costituzione (a meno che non sussistano giusti motivi idonei a dichiararne la compensazione totale o parziale). Anche il difensore munito di procura speciale o un procuratore speciale, nominato per il compimento della specifica attività, possono presentare istanza o prestare consenso in luogo dell'interessato. La procura dovrà essere conferita con atto scritto e con
135 F. PERONI, Riti alternativi- I) applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 2.
autentica della sottoscrizione e dovrà avere un contenuto specifico. Con riferimento al contenuto della delega possono individuarsi tre opzioni: procura a contenuto vincolato in cui si indica specificamente la misura della pena; procura a contenuto definito che suggerisce più alternative o comunque pone un tetto massimo di pena; procura generica con cui si affida l'incarico di patteggiare “ al meglio”136.
Proprio in quanto si tratta di una attività personalissima che coinvolge un diritto anche questo personalissimo ( il diritto di difendersi provando e quindi il diritto al contraddittorio), l'art 446, quinto comma, c.p.p., prevede che il giudice possa verificare se la volontarietà dell'interessato corrisponde a quanto manifestato in udienza da altri137. L'articolo in
questione consente infatti all'organo giudicante, “ se ritiene
136 D. VIGONI, Applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 25. 137 Molto discussa è stata la configurabilità dell'accordo sulla pena alla stregua di un
contratto di diritto civile o meno.
Un primo orientamento giurisprudenziale ha escluso tale assimilazione: Cass. sez. I, 24.6.1991, Grossi, in Cass. pen., 1992 pagg. 716 ss.
In senso opposto, hanno qualificato il pactum alla stregua di un negozio giuridico processuale: Cass. sez. VI, 12.7.1995, Fiorani, in Cass. pen., 1996, pagg. 3065 ss; Cass. sez. I, 14.3.1995, Sinisi, in Cass. pen., 1996, pagg. 1910 ss.; Cass. sez. I, 27.9.1994, Magliulo, in Cass. pen., 1996, pagg. 599 ss.
Il tema si riflette sulla questione delle divergenze tra dichiarazione e volontà della parte patteggiante. La giurisprudenza è restia ad attribuire rilevanza ai vizi della volontà, in quanto, diversamente opinando, si avrebbero ipotesi di nullità che eccederebbero la tassatività propria di detta sanzione processuale ( Cass. sez. VI, 24.5.1995, Basciano, in C.E.D. Cass., n° 202152; Cass. sez. VI, 25.11.1993, Arvieri, in C.E.D. Cass., n° 197720).
Ritenere la volontà sottesa ad un atto processuale affetta da un vizio (errore, violenza o dolo) equivarrebbe ad introdurre un ipotesi di nullità non prevista dall'ordinamento.
Inoltre la possibilità di far valere la discrasia tra dichiarazione e volontà manifestata renderebbe instabile l'esito raggiunto con il patteggiamento.
Sul tema si veda : F. PERONI, L'applicazione della pena su richiesta, cit., pagg. 13 ss.
opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso”, di disporre la comparizione dell'imputato138. Oltre
a volersi scongiurare l'ipotesi di volontà coartata, evitando il rischio di pressioni o abusi, si vuole anche evitare il rischio che l'imputato non abbia compreso adeguatamente implicazioni e conseguenze del rito speciale cui ha acconsentito139.
Il consenso delle parti può esprimersi in una richiesta congiunta o con adesione. Qualora la manifestazione di volontà sia espressa nel corso delle indagini preliminari o prima dell'udienza preliminare, il codice prescrive l'impiego della forma scritta. Laddove, invece, avvenga nella fase dell'udienza l'iniziativa è ammessa la forma orale. E' facilmente intuibile la ratio che ispira questa previsione: si vogliono infatti fissare i termini dell'accordo, in caso di richiesta avvenuta fuori dall'udienza, mentre ciò non è necessario se la manifestazione di volontà è avvenuta in udienza, posto che ogni attività è oggetto di verbalizzazione140. Si è ritenuto, in ogni caso, non vincolante il
dettato codicistico e quindi non incompatibili modalità alternative. Non si vedrebbe ad esempio ragione per ritenere invalida la richiesta dell'imputato formulata in maniera
138 A. RUGGIERO, Patteggiamento, in DIGESTO delle discipline penalistiche, UTET, 2005, pag. 990.
139 D. VIGONI, Applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 25. 140 D. VIGONI, Applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 25.
scritta nell'ambito dell'udienza preliminare141.
Affinché si possa procedere con il rito dell'applicazione della pena su richiesta delle parti è necessario il consenso di entrambe le parti: imputato e pubblico ministero.
Il codice prevede l'obbligo per il p.m. di giustificare il suo mancato assenso alla proposta di patteggiamento avanzata dall'imputato. Ciò al fine di consentire un vaglio giurisdizionale sulla fondatezza di una decisione che incide sul trattamento sanzionatorio, in quanto preclude l'applicazione dei benefici premiali142. Tale previsione è in
linea con la facoltà riconosciuta all'imputato di poter rinnovare la richiesta di patteggiamento fino all'apertura del dibattimento e con la possibilità di poter lucrare lo sconto di pena in sede dibattimentale o d'impugnazione143 laddove il
giudice reputi infondato il dissenso del p.m. In secondo luogo, la la motivazione circa il mancato assenso all'accordo da parte del p.m., garantisce il pieno esercizio del diritto di difesa dell'interessato: un dissenso immotivato avrebbe reso vano tale diritto, dando al p.m. la possibilità di gestire a proprio piacimento l'alternativa processuale144. La parte
pubblica non deve invece giustificare la sua adesione al rito
141 F. PERONI, L'applicazione della pena su richiesta in La giustizia penale
consensuale- concordati, mediazione e conciliazione (Peroni-Gialuz), Utet
libreria, 2004, pag. 12.
142 M. GIALUZ, Applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 24. 143 F. PERONI, Riti alternativi- I) applicazione della pena su richiesta delle parti,
cit., pag. 3.
speciale, che può anche essere legata a valutazioni di mera opportunità145.
Con riferimento alla revoca della richiesta o del consenso espresso al patteggiamento, il codice si limita a non consentire, all'art. 447, terzo comma, c.p.p., il recesso rispetto all'iniziativa avanzata durante le indagini preliminari. Vista la singolare previsione potrebbe propendersi per una incondizionata revocabilità nelle altre ipotesi146. Una tale tesi
pone però notevoli contraddizioni: infatti, pure ammettendo che la facoltà di un recesso unilaterale sia posta a tutela della posizione dell'indagato, il quale, aderendo al rito durante le indagini preliminari, esprime il proprio consenso con riferimento ad un quadro cognitivo incompleto, analoga facoltà riconosciuta alla parte pubblica si porrebbe in contrasto con la irretrattabilità dell'azione penale. La questione della revocabilità della manifestazione di volontà, volta a realizzare l'accordo per l'accesso al patteggiamento, sembrerebbe trovare una soluzione nella distinzione tra recesso anteriore o posteriore al perfezionarsi del patto. Una volta che le parti abbiano sottoposto le loro richieste all'organo giudicante, queste diventano irrevocabili, viceversa
145 M. GIALUZ, Applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 24. Sussiste una larga discrezionalità del singolo p.m. che può condurre al rischio di
disparità di trattamento, sia tra uffici diversi che nell'ambito dello stesso ufficio. 146 In questo senso una parte minoritaria della giurisprudenza: Cass., 24.6.1991,
Grossi, in Cass. pen., 1992, pag. 716; analoga soluzione in dottrina A. MACCHIA, Il patteggiamento, Milano, 1992, pag. 73.
no147. In questo senso si è orientata pure la giurisprudenza
prevalente148.
Per quanto concerne i contenuti dell'accordo l'art. 444, primo comma, c.p.p., li individua nella irrogazione “nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria. Il patteggiamento è destinato ad epiloghi sanzionatori: la sentenza che accolga la richiesta delle parti non può mai concretarsi in una formula di proscioglimento. Ad esempio il giudice non potrebbe accogliere un accordo che, a seguito di un accorto bilanciamento delle circostanze, portasse la originaria pena edittale ad un livello che renda applicabile un più breve termine prescrizionale e quindi alla dichiarazione di estinzione del reato149.
Ovviamente diversa è l'ipotesi in cui l'estinzione del reato si realizzi autonomamente e non quale risultato del negoziato
147 F. PERONI, Riti alternativi- I) applicazione della pena su richiesta delle parti,
cit., pagg.5-6.
148 Cass., 9.12.1997, Peruzzo, in Cass. pen., 1999, pag. 1890; Cass., 21.11.1997, Aufiero, in Cass. pen., 1999, pag. 1894.
149 In questo senso Cass. sez. un., 28 maggio 1997, Lisuzzo, in Cass. pen., 1997, pagg. 3341 ss., con nota di D. CARCANO, Il giudice del patteggiamento non può
dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione con riguardo alla pena stabilita per il reato ritenuto in sentenza: riemergono i dubbi di compatibilità con l'art. 101, comma 2 Cost.
Su tale questione sono poi ritornate le sezioni unite : Cass. sez. un., 22 febbraio
1999, Messina, in Riv. Pen., 1999, pagg. 247 ss. E in Giust. Pen., 1999, III, pagg. 562 ss., con nota di M. MURONE, Una brutta china! Incompatibilità tra
delle parti150.
L'intento era quello di evitare che le parti potessero liberamente disporre delle circostanze al fine di beneficiare dell'effetto prescrittivo. Ma in realtà mediante questo intervento si è finito per privilegiare, ancora una volta, la logica negoziale, a discapito di quella accertativa. Sarebbe, infatti, logico attendersi dal giudice un accertamento in punto di fatto che consenta, quindi, di verificare la sussistenza e la correttezza delle circostanze prospettate dalle parti. Una volta appurato ciò non si vede perché escludere il prodursi della prescrizione, analogamente a quanto avviene nel rito “tradizionale”.
Prevale la concorde richiesta delle parti, capace di portare ad un'applicazione di pena pure laddove sia maturata una prescrizione.
L'applicazione di una sanzione sostitutiva, di una pena pecuniaria o di una pena detentiva, rappresenta il punto di arrivo , cui le parti giungono mediante la qualificazione giuridica del fatto, l'individuazione delle eventuali circostanze aggravanti ed attenuanti previo loro, eventuale, bilanciamento, l'effettuazione dei calcoli di pena in concreto applicabile e da ultimo l'applicazione della diminuente processuale fino ad un terzo.
Sulla natura della diminuente si sono verificati alcuni
150 F. PERONI, Riti alternativi- I) applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 3.
problemi interpretativi, ma la tesi volta a negare la sua configurazione quale circostanza del reato è quella dominante, peraltro condivisa in giurisprudenza151. Ad
avvalorare questo orientamento si pongono una serie di fattori: in primo luogo l'estraneità della diminuente in questione ad ogni nesso con il fatto e con la personalità dell'autore ( difformemente dalle circostanze del reato); inoltre la presenza di indici normativi dai quali emerge che lo sconto di pena deve intervenire solo dopo avere determinato la stessa, quantificata tenendo conto delle circostanze152.
Connesse alla natura della diminuente si pongono una serie di questioni, prima fra tutte quella riguardante l'applicabilità degli artt. 63,65 e 67 c.p. Queste disposizioni sono volte a regolamentare l'incidenza delle circostanze sull'irrogazione della pena. Appare difficile, una volta negato che la riduzione di un terzo della pena costituisca una circostanza del reato, ritenere applicabili tali norme153. Sembra, invece, debba
ritenersi applicabile l'art. 23 c.p. che fissa limiti di entità minima di ogni pena. La portata generale di questa norma introduce uno sbarramento anche per la diminuente ex art. 444 c.p.p. A conferma di ciò il fatto che l'art. 132, secondo comma, c.p., che prevede una deroga a questo sistema per i “
151 Cass., S.U., 1.10.1991, Biz, in Cass. pen., 1992, pag. 295; Cass. pen. Sez. VI, 2.4.1996, Conte, Cass. pen., 1997, pag. 1835.
152 F. PERONI, Riti alternativi- I) applicazione della pena su richiesta delle parti,
cit., pag. 3.
153 Sulla non applicazione alla diminuente di cui all'art. 444 c.p.p. dell'art. 67 c.p. si veda: Cass. pen. Sez. II, 4.3.1992, Ceschelli, Cass. pen., 1993, pag. 2058.
casi espressamente determinati dalla legge”: previsione derogatoria espressa che manca nel patteggiamento154.
La diminuzione fino ad un terzo non va rapportata al risultato dell'operazione ma va riferita alla misura della riduzione155.
La richiesta di patteggiamento, ai sensi dell'art. 444, primo comma, c.p.p., deve quindi indicare: la “ specie” e la “ misura” della pena applicabile in concreto, sia essa una “sanzione sostitutiva”, “pena pecuniaria” o “pena detentiva”, comprensiva della riduzione premiale e tenuto conto che, in caso di pena detentiva, è ammesso l'accesso al rito solo se non ecceda cinque anni, soli o congiunti a pena pecuniaria. Riguardo alle sanzioni sostitutive l'opinione prevalente ha ritenuto che debba prima procedersi all'individuazione della pena applicabile, comprensiva della diminuente premiale, e poi individuare le sanzioni sostitutive156. Non ha trovato favore la
tesi secondo la quale la riduzione di un terzo debba applicarsi direttamente alle sanzioni sostitutive.
Per la pena pecuniaria non sussistono limiti quanto all'entità della stessa. E' operativo lo sconto premiale di un terzo ed inoltre la pena pecuniaria può essere aggiunta alla pena detentiva, senza che rilevi, però, ai fini del limite massimo per l'accesso al rito ( la sola pena detentiva non deve superare il limite di cinque anni)157.
154 F. PERONI, L'applicazione della pena su richiesta, cit., pagg. 22-23. 155 Cass. sez. un., 24.03.1990, in Foro it.,1990, II, pag. 413.
156 Cass. sez. un., 12.10.1993, in Foro it.,1994, II, pag. 340.
4.2- Segue: La pena “patteggiata”.
Con la sentenza della Corte costituzionale 313/1990158 poi
recepita dalla legge 479/1999 che ha modificato l'art. 444 c.p.p., si è esteso il vaglio del giudice anche alla congruità della pena risultante dall'accordo delle parti, configurando un potere di controllo dello stesso non meramente formale e notarile.
Si è affermato che la Corte avesse prospettato una lesione dell'art. 27, terzo comma, Cost. ( non direttamente invocato dai giudici rimettenti ma ritenuto dalla stessa oggetto di un “ implicito riferimento”), non accogliendo nessuna delle eccepite violazioni, per un intento conservativo del rito. Si sarebbe voluto evitare un intervento radicale e basato su norme di importanza centrale e potenzialmente demolitive delle basi su cui si fonda il rito159. Se la Corte avesse accolto
le censure mosse sulla base dei principi costituzionali attinenti al modello di giurisdizione penale tradizionalmente delineato, la messa in discussione del patteggiamento sarebbe stata più radicale. Si sarebbe travolta l'idea di base che sorregge l'istituto, laddove si fosse pervenuti alla conclusione che l'attività del giudice, quale soggetto terzo ed imparziale, non può subire influenze e condizionamenti da accordi e determinazioni delle parti, sopratutto nell'ambito di un'attività giurisdizionale tipica, quale quella di
158 Corte cost. 2 luglio 1990, n° 313, cit.
determinazione del trattamento sanzionatorio da infliggere. La Consulta ha preferito salvare il nuovo istituto, affermando che l'attività delle parti non menoma le caratteristiche essenziali della giurisdizione e che è comunque consentito al giudice un controllo, non meramente formale, sulla congruità della pena160.
Nonostante questo intervento della Corte costituzionale il patteggiamento continua a suscitare gravi interrogativi sulla compatibilità costituzionale delle pene, che a seguito di questo rito, vengono irrogate. Ne risulterebbe stravolto il sistema di prevenzione generale, dato che le previsioni edittali subiscono alterazioni, di non poco conto, per effetto delle sole scelte delle parti161.
Per riconoscere la compatibilità dell'applicazione della pena su richiesta delle parti si è sostenuta la giustificazione del patteggiamento sulla base di una prevenzione generale c.d. allargata o positiva, intesa cioè non come deterrenza ma in chiave di orientamento socio-culturale e strumento per ottenere la fiducia istituzionale dei cittadini.
La certezza e prontezza di una sanzione produrrebbe un effetto preventivo maggiore di quello derivante da una sanzione meno mite ma di più tarda e incerta applicazione.
160 G. FIANDACA, Pena “patteggiata” e principio rieducativo, cit. pag. 2386. 161 A. MONTAGNI, Il patteggiamento della pena- Profili tecnici e funzionali del
rito di applicazione della pena su richiesta delle parti alla luce della giurisprudenza delle ss.uu della s.c. di cassazione, Maggioli Editore, 2001, pagg.
Una sanzione applicata subito dovrebbe essere sentita come più giusta.
Tale teoria risulta però insoddisfacente, in quanto prontezza e severità di una sanzione rappresentano due elementi inscindibili. La probabilità di incorrere in una sanzione costituisce un deterrente soltanto se riferita ad una sanzione che per severità è adeguata al fatto commesso. Può quindi accadere che la pena “patteggiata”, sia pure di più pronta applicazione, possa essere percepita come eccessivamente lieve per certi reati. Ciò rischia di compromettere la fiducia istituzionale dei cittadini anziché rafforzarla.
Si è anche affermato che l'applicazione pronta di una sanzione penale, anche se ridotta, venga avvertita come giusta, in quanto servirebbe a garantire l'efficienza del sistema processuale.
Rimane però dubbia la possibilità che il cittadino sia in grado di comprendere l'incidenza del rito premiale sul funzionamento complessivo del sistema penale. Anzi potrebbe prodursi l'effetto opposto e cioè di screditare ulteriormente, agli occhi del cittadino, il funzionamento della giustizia penale162.
La questione si è, indubbiamente, accentuata con l'introduzione del patteggiamento “allargato” in cui maggiore
162 G. FIANDACA, Pena “patteggiata” e principio rieducativo: un arduo
appare la deroga al profilo della proporzione della pena.
Proporzione il cui rilievo, oltre che come parametro di giustizia sociale, è legato alla credibilità della risposta sanzionatoria, fondamentale per affermare un' efficacia preventiva della pena.
Circa il rapporto tra prontezza e severità della sanzione, si potrebbe affermare che solo pene del tutto sproporzionate per difetto potranno apparire inefficaci, anche a fronte di una loro irrogazione certa e tempestiva, non invece pene che, pur sensibilmente ridotte, mantengono una loro afflittività. Questo è quanto avviene nel patteggiamento allargato attraverso il quale possono irrogarsi pene fino a cinque anni163.
Perplessità si pongono, poi, anche in merito alla compatibilità del rito alternativo con la prevenzione speciale, in chiave rieducativa.
Cercando di dare una giustificazione all'istituto si è pure affermato che la pena patteggiata sortisca un effetto rieducativo, perché l'imputato che chiede l'applicazione di una pena mostrerebbe ossequio e sottomissione verso l'ordinamento giuridico. Sarebbe un soggetto sensibile ai valori dell'ordinamento, rieducabile e quindi meritevole della riduzione di pena. Tali assunti non sembrano condivisibili sia perché non vi è nessun obbligo giuridico di sottostare ad una
163 F. GIUNTA, I nodi del “patteggiamento” giungono al pettine in Legislazione
pena senza “processo”, sia perché, al contrario, pretendere da parte dell'imputato un processo per un pieno accertamento del fatto (nel contraddittorio) significa mostrare fiducia nell'accertamento giudiziale164.
Una richiesta di patteggiamento può essere legata ad un mero calcolo utilitaristico che non da nessuna indicazione circa un avvenuto ravvedimento.
Nonostante la presa di posizione della Corte che ha riconosciuto al giudice il vaglio circa la congruità della pena, la possibilità di orientare la determinazione della pena in prospettiva di prevenzione speciale rieducativa, rimane difficile e comunque circoscritta.
L'iniziale prospettazione di pena effettuata dalle parti difficilmente potrà essere influenzata da considerazioni sulla idoneità rieducativa. Soltanto ex-post il giudice potrà respingere la richiesta di patteggiamento ove ritenga che la pena prospettata dalle parti si discosti troppo da quella che avrebbe dovuto essere applicata. Tuttavia l'anticipazione dei tempi del giudizio non consentirà al giudice di disporre degli elementi sulla personalità del reo, necessari per valutare se la pena prospettata dalle parti soddisfi esigenze educative. Il controllo si circoscriverà alla valutazione della pena rapportata alla gravità del fatto criminoso.
Certo è che tra proporzione fatto-sanzione e prevenzione
speciale rieducativa sussiste un nesso : nel senso che la proporzionalità della punizione alla gravità dell'offesa, avvertita come tale dal reo, rappresenta un presupposto essenziale per l'accettazione psicologica della sanzione da parte del condannato e per l'apprezzamento dei valori tutelati dall'ordinamento165; è del pari evidente, però che la
proporzionalità al fatto non possa di per sé sola soddisfare la finalità rieducativa.
4.3- le clausole accessorie all'accordo.
L'art 444, terzo comma, c.p.p. prevede la possibilità per la