5.1- L'orientamento della Cassazione.
La questione riguardante la natura della pronuncia che applica la pena su richiesta delle parti, se appartenga o meno al genus delle sentenze di condanna, e gli interrogativi circa la presenza nella stessa di un accertamento del fatto/responsabilità, costituiscono, fin dall'introduzione dell'istituto del patteggiamento, i tratti più problematici e su cui si sono poste più riflessioni.
Tali aspetti, infatti, non sono fini a sé stessi, ma incidono su una pluralità di fattori.
In primo luogo, è proprio dalla presunta mancanza di un accertamento di responsabilità della sentenza ex. art. 444 c.p.p. che discendono i dubbi di legittimità costituzionale sul rito in esame, di cui si è parlato precedentemente.
Ancora la questione è suscettibile di riverberarsi sulla disciplina degli effetti della sentenza di patteggiamento, in particolare sul modo di intendere la clausola di equiparazione alla sentenza di condanna, posta dopo aver enunciato gli effetti premiali con cui si deroga alle ordinarie conseguenze di una “ normale” pronuncia di condanna.
La giurisprudenza della Cassazione dopo una serie di altalenanti indirizzi, si è ormai, da tempo, attestata nell'affermare la natura acognitiva della sentenza di patteggiamento.
Un primo orientamento della suprema Corte278 aveva
affermato la natura di sentenza di condanna della pronuncia ex art. 444 c.p.p., la quale presupporrebbe l'accertamento del reato e l'attribuzione della responsabilità, sia pure in base agli elementi in quel momento raccolti.
Tale indirizzo rinviene il suo fondamento in primo luogo nella asserita impossibilità di slegare una condanna dall'accertamento dei fatti e dall'affermazione della responsabilità dell'imputato. La legge, vincolando la decisione alle risultanze dagli “atti”, e non al contenuto dell'accordo,
278 Si veda: Cass. sez. VI, 13 novembre 1990, Palladini, in Giur. it., 1991, II, pagg. 409 ss., con nota di T. TREVISSON LUPACCHINI, In tema di motivazione della
sentenza che applica la pena su richiesta delle parti; Cass. sez. III, 21 novembre
1990, Costa, in Crit. Pen., 1991, 1-2, pagg. 141 ss., con nota di T. TREVISSON LUPACCHINI, Sull'inquadrabilità della sentenza che definisce il processo, nelle
forme dell'applicazione della pena a richiesta delle parti, nella categoria delle sentenze di condanna; Cass. sez. V, 18 marzo 1991, Pace, in Giur. it., 1992, II,
pagg. 442 ss., con nota di M. MARGARITELLI, Il controllo sulla qualificazione
giuridica del fatto in caso di Patteggiamento, e con nota di A. CONFALONIERI, Il “patteggiamento” ridimensionato, pagg. 533 ss; Cass sez. I, 26 marzo 1991,
Negri, in Cass. pen., 1992, pagg. 375, 238; Cass. sez. III, 30 aprile 1991, Di Leo, in Riv. Pen., 1992, pagg. 393 ss.; Cass. sez. I, 3 aprile 1991, Bozzoli, in Giur. it., 1991, II, pagg. 315 ss; Cass. sez. VI, 11 novembre 1991, Albanese, in Riv. Pen., 1992, pagg. 452 ss; Cass. sez. I, 9 dicembre 1991, Ravizza, in Arch. n. proc. pen., 1992, pagg. 614 ss.; Cass. sez. IV, 9 marzo 1992, Avolio, in Riv. Pen., 1993, pagg. 748 ss.; Cass. sez. VI, 5 giugno 1992, Arena ed altro, in Arch. n. proc. pen., 1993, pagg. 119 ss.; Cass. sez. VI, 16 giugno 1992, Rosi, in Giust. Pen., 1992, III, pagg. 645 ss.; Cass. sez. fer., 7 settembre 1993, Angelucci, in Cass. pen., 1994, pagg. 1009, 590; Cass. sez. V, 5 ottobre 1993, Alessiani, in Giust. Pen., 1994, II, pagg. 33 ss.; Cass. sez. VI , 31 marzo 1995, Palmisciano, in Giur. it., 1996, II, pagg. 225 ss., con nota di K. MAMBRUCCHI, Sui limiti alla revisione delle sentenze di
“patteggiamento”; Cass. sez. IV, 24 gennaio 1994, Tirindelli, in Cass. pen., 1995,
spingerebbe a ritenere sussistente un accertamento della responsabilità. La necessità poi di escludere la sussistenza di situazioni che comportino l'immediato proscioglimento ex art. 129 c.p.p., il controllo sulla congruità della pena, la possibile condanna dell'imputato al pagamento delle spese verso la parte civile, presupporrebbero la sussistenza di elementi di colpevolezza. Infine l'equiparazione alla sentenza di condanna , sia pur prevedendo delle deroghe ad alcuni effetti tipici della condanna, dimostrerebbe l'intenzione di non allontanarsi da questo modello di sentenza279.
Altro indirizzo280 vuole invece individuare nel consenso o nella
richiesta del rito, da parte dell'imputato una affermazione implicita di responsabilità, comportante un non pieno accertamento della responsabilità ed una riduzione dell'attività cognitiva del giudice.
Si comincia a distinguere la sentenza di patteggiamento da quella di condanna, cui sarebbe assimilabile solo in riferimento agli effetti. La sentenza “ trova il suo fondamento primario e la sua ragion d'essere nella volontà
279 D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pagg. 318- 319.
280 In questo senso: Cass. sez. VI, 15 ottobre 1990, Moncef, in Cass. pen., 1992, pagg. 371, 236; Cass. sez. VI, 8 novembre 1990, Nappo, in Cass. pen., 1992, pagg. 722, 1386 con nota di FANCHINOTTI; Cass. sez. I, 14 maggio 1991, Criscuolo, in Riv. Pen., 1992, pagg. 491 ss; Cass. sez. VI, 29 maggio 1991, Gualtieri, in Cass. pen., 1992, pagg. 1284, 671; Cass. sez. I, 20 maggio 1992, Calculli, in Giur. it., 1993, II pagg. 531 ss.; Cass. sez. I, 22 marzo 1993, Pezzurro, in Arch. n. proc. pen., 1993, pagg. 761 ss; Cass. sez. VI, 24 maggio 1993, Mazzacane, in Arch. n. proc. pen., 1994, pagg. 92 ss.; Cass. sez. I, 12 gennaio 1994, Di Modugno, in Arch. n. proc. pen., 1994, pagg. 543 ss.
delle parti” ed è “affermativa di responsabilità sulla base di un accertamento implicito”, per questo non può essere considerata quale “ vera e propria sentenza di condanna”. Così si esprime la Cassazione a Sezioni Unite281, intervenuta a
dirimere un contrasto vertente sull'obbligo di motivazione della sentenza ex. art. 444 c.p.p.
Per risolvere i contrasti sorti in tema di motivazione della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti, la Corte ritiene preliminare la soluzione del quesito circa la natura della sentenza . La “particolare natura” della sentenza ex art. 444 c.p.p., che non si identifica “in una vera e propria sentenza di condanna”, incide sull'obbligo di motivazione282.
Si opera, poi, quella distinzione in ordine alla motivazione tra una “delibazione ad un tempo positiva e negativa”283.
Alla pronuncia che applica la pena su richiesta delle parti viene ad attribuirsi natura di sentenza “atipica” e “sui generis”, “ non catalogabile secondo gli schemi giuridici tradizionali”.
Talvolta, le diversità rispetto al modello ordinario hanno
281 Cass. sez. un., 27 marzo 1992, Di Benedetto, in Foro it., 1993, II, pagg. 9 ss. 282 D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, cit. pag. 349. 283 Il controllo è positivo in rapporto a quattro indici: esistenza dell'accordo
sull'applicazione della pena indicata; correttezza della qualificazione giuridica del fatto e dell'applicazione e comparazione delle circostanze; congruità della pena sulla base dell'art. 27, terzo comma, Cost.; concedibilità della sospensione condizionale della pena, se a questa è stata subordinata la richiesta.
E' invece negativo con riguardo all'esclusione di cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p. Vi sarebbe l'obbligo di specifica motivazione “ soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi”; diversamente “ è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di aver effettuato, con esito negativo, la verifica richiesta dalla legge.
indotto, comunque, a considerare la pronuncia in esame come sentenza di condanna284; altre volte si è affermata una
equiparazione solo in relazione agli effetti, negandosi un'affermazione di responsabilità285, oppure si è respinto
apertamente che rientri tra quelle di condanna e che affermi la colpevolezza dell'imputato286.
L'orientamento287 volto a negare alla sentenza che applica la
pena su richiesta delle parti natura di pronuncia di condanna, ha assunto, nel tempo, carattere dominante.
Questa ricostruzione è risultata prevalente e si è consolidata, a seguito di una serie di interventi delle Sezioni Unite.
Rilevano, in particolare, due sentenze del Supremo
284 Cass. sez. fer., 6 settembre 1990, Torregrossa, in Giur. it., 1991, II, pagg. 218 ss.; Cass. sez. VI, 7 maggio 1991, Donnini, in Riv. Pen., 1992, pagg. 593 ss.; Cass. sez. I, 8 luglio 1991, Berselli, in Riv. Pen., 1992, pagg. 492 ss.
285 Cass. sez. VI, 5 novembre 1990, Drago, in Riv. Pen., 1992, pagg. 182 ss.; Cass. sez. V, 21 marzo 1991, Msabah, in Cass. pen., 1991, II, pagg. 624, 212.
286 Si ritiene che l'espressa pronuncia di condanna costituisca una irregolarità formale cui si può ovviare con la mera correzione dell'” improprio termine” in : Cass. sez. I, 10 febbraio 1995, Massone, in C.E.D. Cass., n. 200503; Cass. sez, VI, 12 luglio 1991, Prandi, in Riv. Pen., 1992, pagg. 679 ss.; Cass. sez. VI, 26 maggio 1992, Cogo, in Riv. Pen., 1993, pagg. 625 ss.
Si annulla, invece, con rinvio, con riferimento all'erronea dichiarazione di responsabilità in : Cass. sez. V, 21 marzo 1994, Deligio, in Cass. pen., 1995, pagg. 1941, 1195; Cass. sez. I, 22 febbraio 1993, Oliveto, in Cass. pen., 1994, pagg. 692,421.
Per un annullamento senza rinvio: Cass. sez. IV, 30 ottobre 1997, Lonardi, in
Cass. pen., 1999, pagg. 626, 245.
287 Cass. sez. VI, 26 giugno 1995, Capriglia, in Foro it., 1996, II, pagg. 356 ss.; Cass. sez. I, 12 gennaio 1994, Rusciano, in Foro it., 1995, II, pagg. 243 ss.; Cass. sez. I, 6 giugno 1994, Lo Monaco, in Riv. Pen., 1995, pagg. 799 ss.; Cass. sez. VI, 25 maggio 1993, Franco, in Arch. n. proc. pen., 1994, pagg. 93 ss.; Cass. sez. IV, 21 maggio 1993, Paone, in Arch. n. proc. pen., 1994, pagg. 246 ss.; Cass. sez. IV, 11 marzo 1992, Maradona, in Giur. it., 1993, II, pagg. 283 ss., con nota di P. MOSCARINI, Contumacia e applicazione della pena su richiesta delle parti; Cass. sez. V, 6 novembre 1991, Masciulli, in Arch. n. proc. pen., 1992, pagg. 564 ss.; Cass. sez. I, 19 febbraio 1990, Migliardi, in Foro it., 1990, II, pagg. 362 ss.
Collegio288, in tema di revocabilità della sospensione
condizionale della pena precedentemente concessa. Per la soluzione del quesito fondamentale era l'esame circa la natura della sentenza e il tipo di accertamento giudiziale svolto.
Nella sentenza del 1996 289, secondo la Corte, emerge
“nettissima” la “fondamentale differenza”: la decisione in esito al rito ordinario si svolge con “ un giudizio di colpevolezza che solo il magistrato giusdicente può compiere, con la conseguente condanna a una pena da lui determinata”. Nel procedimento ex art. 444 c.p.p., invece, “ si perviene ad una pronuncia giurisdizionale senza giudizio, sia con riguardo alla fondatezza dell'accusa ed alla responsabilità dell'imputato, sia relativamente alla conseguente statuizione sulla pena, che non può essere altra se non quella indicata dalle parti, e non scelta dal giudice né da lui modificabile”. L'equiparazione di cui all'art. 445 c.p.p. consiste nella sola applicazione della pena: “ di pena, difatti, si tratta in entrambi i casi ma, mentre nella sentenza ordinaria la
288 Per una ricostruzione degli orientamenti delle sezioni unite si veda: D. VIGONI,
L'applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pagg. 308 ss., nonché Sulla natura della sentenza ex art. 444 c.p.p., in Riv. dir. Proc., 1999, pagg. 264 ss.; V.
BONINI, La riscoperta del modello cognitivo e la sua prevalenza sulla
negozialità processuale: un significativo superamento di consolidati orientamenti della Corte di Cassazione, in Indice penale, 2007, pagg. 167 ss.
289 Cass. sez. un., 8 maggio 1996, De Leo, in Foro it., 1997, II, pagg. 28 ss.; in
Cass. pen., 1996, pagg. 3579, 2002, con nota di O. CEDRANGOLO, Effetti della sentenza di patteggiamento e revoca della sospensione condizionale della pena; in Dir. pen. e proc., 1996, pagg. 1227, con nota di F. PERONI, Il patteggiamento senza revoca della sospensione condizionale concessa in precedenza; in Arch. n. proc. pen., 1996, pagg. 587.
condanna è indissolubilmente legata al previo giudizio, nell'altra questo giudizio manca del tutto”.
Viene quindi abbandonata la tesi, precedentemente fatta propria dalle Sezioni Unite nel 1992, secondo la quale l'imputato aderendo o richiedendo il patteggiamento riconosceva implicitamente la propria responsabilità.
La Corte prosegue nel sottolineare questa sostanziale differenza ed afferma che “ è una differenza di così radicale portata da rendere, più che azzardata concettualmente, giuridicamente improponibile l'ipotesi di estendere l'equiparazione fra i due tipi di sentenze, proprio nel punto che in modo irriducibile le differenzia, essendo nell'uno imprescindibile e nell'altro inesistente il giudizio di colpevolezza formulato dal giudice”.
Sulla stessa linea della precedente pronuncia si colloca la sentenza del 1997290, sul medesimo tema.
Ci si sofferma sulle “differenze formali, strutturali, genetiche e funzionali” del rito. La “atipicità” della sentenza di patteggiamento è dovuta al fatto che manca “l'accertamento giudiziale della responsabilità penale,
290Cass. sez. un., 26 febbraio 1997, Bahrouni, in Gazz. Giur., 1997, n° 21, 53, con nota di M. BUSETTO, Natura giuridica del c.d. “ patteggiamento” e revoca
della sospensione condizionale: le sezioni unite ribadiscono una conclusione discutibile; in Foro it., 1997, II, pagg. 457 ss., in Arch. n. proc. pen., 1997, pagg.
344, in Riv. Pen., 1997, pagg. 571 ss., in Dir. Pen. e proc., 1997, con nota di T. TREVISSON LUPACCHINI, Sospensione condizionale della pena: un
successivo patteggiamento ne comporta o no la revoca?; in Cass. pen., 1997,
pagg. 2666, 1469, con nota di D. CARCANO, La sentenza di patteggiamento non
è titolo per la revoca di una precedente sospensione condizionale della pena: una soluzione da rimeditare?.
formalmente estrinsecabile in una espressa dichiarazione di colpevolezza”, sostituito dalla “ricognizione dell'accordo intervenuto tra le parti sul merito del processo e sulla pena da applicare”291.
Il potere di determinare la pena è rimesso alle parti ed al giudice, nonostante la verifica della congruità della pena introdotta dalla sentenza 313/90, “ non resta che la sola possibilità di esercitare un diritto di veto, essendogli interdetto il compito di modificare il contenuto dell'accordo”. L'applicazione della pena prescinde da un accertamento “ completo ed esauriente” sulla sussistenza del reato e sulla responsabilità dell'imputato.
La Corte esclude che il consenso dell'imputato al rito possa comportare un riconoscimento “esplicito o implicito” della colpevolezza. “Il riconoscere di non possedere elementi utili, allo stato degli atti, per dimostrare l'insussistenza del reato contestato, o comunque, la propria innocenza, non può certo equivalere ad un riconoscimento della propria colpevolezza”. In riferimento alla esclusione dell'efficacia vincolante della sentenza nei giudizi civili e amministrativi, si afferma che non si tratti di un effetto premiale ma della “coerente conseguenza” dell'impossibilità di trasferire in altre sedi giurisdizionali, “l'esito di un accertamento giudiziale che non può mai avere in quel procedimento il carattere della
completezza e, quindi, della oggettiva certezza processuale”. Sull'equiparazione della sentenza ex art. 444 c.p.p. alla pronuncia di condanna si afferma che essa non consente la produzione di tutti gli effetti generali non oggetto di espressa deroga, ma occorre operare un giudizio di compatibilità con una decisione che ha in comune con la sentenza di condanna solo l'applicazione di una pena292.
La Corte parla di “mancanza di una essenziale componente, l'accertamento giudiziale della responsabilità penale”.
Questa posizione assunta dal Supremo Collegio trova però alcune resistenze fra i giudici di merito293.
Un altra sentenza delle Sezioni Unite del 1998294 ha ribadito
le considerazioni precedentemente svolte.
Si afferma che sono applicabili quegli effetti che “ non postulano un giudizio di responsabilità, ma conseguono di diritto alla sentenza ( di patteggiamento), stante la sua equiparazione , per gli effetti compatibili con la sua speciale natura, alla sentenza di condanna”. Si riconosce quindi la possibilità di applicare sanzioni amministrative
292 D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 325. 293 Si veda Trib. Milano, ord. 9 aprile 1997, Sadik, in Cass. pen. 1997, pagg. 3197,
1811, nonché in Foro it., 1997, II, pagg. 457 ss., dove sugli interventi delle Sezioni Unite si osserva che “ nonostante l'autorevolezza delle decisioni, non ritiene il tribunale di poter condividere il principio enunciato...perché esso è il frutto di un'interpretazione la quale, priva di qualsiasi riferimento alle norme costituzionali in materia, non appare pienamente convincente”.
294 Cass. sez. un., 27 maggio 1998, Bosio, in Foro it., 1999, II, pagg. 185 ss.; in
Arch. n. proc. pen., 1998, pagg. 555 ss.; in Guida al dir., 1998, n°38, pagg. 86 ss.,
con nota di R. BRICCHETTI, Quando il giudice deve determinare la durata
valgono i criteri dell'autorità amministrativa; in Gazz. Giur., 1998, n° 33, pagg.
automaticamente ricollegate al reato come la sospensione della patente di guida.
Il richiamo operato, ai fini dell'applicazione della sanzione in questione, all' “accertamento del reato” che poteva fungere da ostacolo all'applicazione della stessa nell'ambito del patteggiamento, vista la asserita natura acognitiva di questo, viene ad essere sfumato, e gli viene attribuito un significato approssimativo e generico295.
In tema di revisione si ha, nello stesso anno, un'ulteriore pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite296.
Dalla mancanza di un accertamento in punto di fatto/responsabilità, la Corte afferma l'inoperatività della revisione con riferimento alla pronuncia ex art. 444 c.p.p.. Vista “ l'intrinseca inidoneità “ della stessa “ a potersi rapportare” alle fattispecie di cui all'art. 630 c.p.p., dovendosi escludere la possibilità “ di confronto fra dati disomogenei”, si conclude per l'inoperatività del rimedio straordinario297.
Un mutamento di prospettiva, seppur lieve, al fine di consentire la produzione di alcuni effetti derivanti
295 D. VIGONI, L'applicazione della pena su richiesta delle parti, cit., pag. 427. 296 Cass. sez. un., 25 marzo 1998, Giangrasso, in Gazz. Giur., 1998, n° 32, 53; in
Arch. n. proc. pen., 1998, pagg. 375 ss.; in Cass. pen., 1998, pagg. 2897, 1575; in Cass. pen., 1999, pagg. 82,8 , con nota di A. SCALFATI, Inammissibile la revisione per la sentenza di pena concordata: un corollario dalle premesse discutibili; in Cass. pen., 1999, pagg. 453, 155, con nota di F. PERONI, Patteggiamento e revisione: logica negoziale ed esigenze di giustizia sostanziale a confronto.
dall'accertamento del fatto, è stato compiuto in un altra pronuncia delle Sezioni Unite298, in tema di dichiarazione di
falsità.
La Corte osserva come la dichiarazione di falso non richieda una pronuncia di condanna e un accertamento della responsabilità, ma necessiti della sola verifica circa la non rispondenza al vero dell'atto o del documento.
Il Supremo Collegio rileva come l'idea per cui nella sentenza di patteggiamento sarebbe assente un accertamento del fatto “ è sicuramente priva di probanti riscontri normativi ed è contraddetta dal costante orientamento giurisprudenziale”. Le Sezioni Unite affermano che l'accertamento del fatto “ non finalizzato all'affermazione della colpevolezza dell'imputato e alla pronuncia di una condanna”, è “ inderogabilmente postulato, oltre che nell'ottica dell'applicazione di cause di non punibilità, tanto ai fini di controllo dell'esattezza della qualificazione giuridica, che si attua attraverso la verifica della corrispondenza del fatto accertato con la fattispecie legale, quanto ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie”. Così facendo si vuole rendere possibile la declaratoria di falso anche nell'ambito del rito semplificato in esame.
298 Cass. sez. un., 3 dicembre 1999, Fraccari, in Dir. Pen. proc., 1999, pagg. 1504 ss., con nota di M. MONTAGNA, Principi di diritto enunciati ai sensi dell'art.
173 comma 3 disp. att. c.p.p.; in Guida al dir., 2000, n° 5, 87, con nota di R.
BRICCHETTI, L'alterazione dell'autenticità del documento deve emergere dalle
La Corte, del resto, in un altro intervento ha, nel ribadire la carenza di un vero e proprio accertamento della responsabilità, ammesso la sussistenza di un accertamento del fatto nell'ambito del patteggiamento.
Le Sezioni Unite299 hanno affermato che il giudice nella
sentenza di patteggiamento “ non solo accerta il fatto e, nell'accertarlo, allo stato degli atti, valuta se ricorrano le condizioni per il proscioglimento nel merito prescindendo dalla valutazione, sul punto, delle parti; ma una volta accertato il fatto, deve valutarne la correttezza della qualificazione giuridica così come prospettata dalle parti, il che sta, con chiarezza, a significare che le parti non hanno alcun dominio del fatto così come emerge dallo stato degli atti”.
La posizione assunta dalla Corte, con riferimento alla revoca della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa, nelle due pronunce del 1996 e 1997 è stata sostanzialmente confermata nel 2000300. Si è , infatti,
continuata a negare la revoca della sospensione condizionale di cui all'art. 168, comma primo, n°1, c.p., in caso di sopravvenuta sentenza di patteggiamento, in quanto non si tratterebbe di una sentenza di condanna.
299 Cass. sez. un., 13 novembre 2000, Cerboni, in Arch. Nuova proc. pen., 2000, pag. 631.
300 Cass. sez. un., 22 novembre 2000, Sormani, in Cass. pen., 2001, pagg. 3013 ss., con nota di D. CARCANO, Brevi note a margine di una sentenza complessa in
La Corte ha invece ammesso la revoca, nell'ipotesi di cui all'art. 168, comma primo, n°2, c.p., in quanto l'effetto caducatorio deriverebbe dal mero superamento del limite di pena previsto dall'art. 163 c.p., e si tratterebbe di un effetto connesso alla componente sanzionatoria della sentenza e non ad un accertamento della responsabilità301.
Nonostante gli interventi normativi del 2001 prima ( l. n° 97/2001), che ha esteso l'efficacia della sentenza di patteggiamento ai giudizi disciplinari, e del 2003 dopo ( l. n° 134/2003), che ha ampliato l'ambito operativo del rito